‘Metodo Di Bella’, l’eventuale efficacia sul singolo individuo non basta per caricare la spesa sul SSN

Respinta definitivamente la domanda presentata da una donna che aveva chiesto di ottenere la somministrazione del ‘metodo Di Bella’, a carico però del servizio sanitario nazionale. Per i Giudici sono decisive le comunicazioni ufficiali dell’Istituto superiore della sanità, con cui si è esclusa l’efficacia come cura contro i tumori. E comunque l’eventuale efficacia della terapia nel singolo caso non può giustificare l’accollo della spesa a carico della collettività.

La somministrazione del c.d. ‘multitrattamento Di Bella’ non può essere posto a carico del Servizio sanitario nazionale. A chiarirlo in modo netto è la Cassazione, respingendo la richiesta avanzata da una donna. Per i Giudici è irrilevante il richiamo da lei fatto alla presunta efficacia della specifica terapia medico-farmacologica nel suo caso Cassazione, ordinanza n. 28451/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Efficacia. Precisa la domanda avanzata da una donna nei confronti di un’azienda sanitaria ottenere la somministrazione del cosiddetto ‘metodo Di Bella’ come cura per il cancro ponendolo a carico del servizio sanitario nazionale . La richiesta viene accolta in Tribunale e respinta invece in Appello, laddove si è posto in evidenza soprattutto il fatto che nel 1998 l’‘Istituto superiore della sanità’ ha reso nota l’assenza di risposte favorevoli in ordine alla verifica dell’attività antitumorale del trattamento . Ultimo appiglio per la donna è la Cassazione. Il ricorso si rivela però inutile. Anche per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, la somministrazione del ‘trattamento Di Bella’ non può essere posta a carico dello Stato. La donna ha provato a porre in evidenza, di fronte ai Giudici, l’efficacia della terapia nei suoi confronti , aggiungendo che tale dato era da considerare sufficiente per includerla nell’ambito dei trattamenti alternativi che debbono essere posti a carico del servizio sanitario nazionale . I giudici hanno ribattuto richiamando le comunicazioni dell’‘Istituto superiore della sanità’, comunicazioni con cui si è, in sostanza, escluso che il cosiddetto ‘trattamento Di Bella’ possa costituire una valida alternativa terapeutica rispetto a quella tradizionale nella lotta al cancro. Impossibile, quindi, percorrere altre strade, altrimenti si arriverebbe a sostenere che un trattamento medico-farmacologico debba essere posto a carico della collettività laddove sussista una qualsiasi speranza terapeutica , mentre invece ciò che conta è l’evidenza scientifica dei benefici apportati alla salute dalla cura . Tirando le somme, anche l’eventuale efficacia meramente individuale di una terapia non può giustificare l’accollo alla collettività della relativa spesa , hanno concluso i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 24 settembre – 5 novembre 2019, n. 28451 Presidente Manna – Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza depositata il 16.4.2013, la Corte d'appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di Fi. Na. volta ad ottenere la somministrazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale del cd. multitrattamento Di Be. che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione Fi. Na., deducendo due motivi di censura che l'Azienda Sanitaria Locale di Bologna ha resistito con controricorso che parte ricorrente ha depositato memoria Considerato in diritto che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 32 Cost. e 1, comma 4, D.L. n. 536/1996 conv. con L. n. 648/1996 , anche in relazione all'art. 1, comma 4, D.L. n. 186/1998 conv. con L. n. 257/1998 , ed eventualmente dell'art. 10, comma 2., D.L. n. 463/1983 conv. con L. n. 638/1983 , per non avere la Corte di merito ritenuto che l'acclarata efficacia, nei suoi confronti, della terapia valesse ad attrarre quest'ultima nell'ambito dei trattamenti alternativi che pure, ai sensi dell'art. 1, comma 4, D.L. n. 536/1996, cit, debbono essere posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. per non avere la Corte territoriale vagliato le proprie argomentazioni difensive, rigettando la domanda in relazione all'avvenuta chiusura della sperimentazione sul cd. multitrattamento Di Be., nonostante che l'impostazione data dalla sua difesa prescindesse da tale aspetto della vicenda a beneficio dell'indispensabile e prioritaria l'indagine medico-legale sull'efficacia del trattamento medico-farmacologico nel caso concreto che il primo motivo è infondato, essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui, prevedendo la disposizione cit. l'erogabilità a carico del servizio sanitario nazionale di farmaci non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e di farmaci da impiegare per una indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, sempre che non esista valida alternativa terapeutica, e avendo l'Istituto Superiore della Sanità, con comunicazioni in data 28.7.1998 e 13.11.1998, reso nota l'assenza di risposte favorevoli in ordine alla verifica dell'attività antitumorale del trattamento in parola, la sperimentazione effettuata e ormai conclusa deve ritenersi che abbia escluso che il cd. multitrattamento Di Be. possa costituire una valida alternativa terapeutica, secondo la formula usata dall'art. 1, comma 4, cit., rispetto a quella tradizionale cfr. in termini Cass. n. 23671 del 2011 che argomentare diversamente equivarrebbe a sostenere che un trattamento medico-farmacologico debba essere posto a carico della collettività laddove sussista una qualsiasi speranza terapeutica , in contrasto con il consolidato principio secondo cui, al fine del riconoscimento del diritto alla erogazione da parte del S.S.N. di cure tempestive non erogabili dal servizio pubblico, l'evidenza scientifica dei benefici apportati alla salute dalla terapia o cura richiesta costituisce requisito imprescindibile della domanda, l'adeguatezza della terapia rispetto al singolo caso potendo venire in rilievo solo per escludere che terapie corroborate scientificamente possano comunque essere concesse così da ult. Cass. n. 6775 del 2018, sulla scorta di Cass. nn. 17244 del 2016 e 18676 del 2014 che in tale ultimo senso deve intendersi il rilievo attribuito dalla giurisprudenza di questa Corte alla necessità che il giudice di merito tenga conto del principio di appropriatezza fissato dalla norma di legge e operi in relazione ad esso anche il giudizio di efficacia della terapia così Cass. nn. 10692 del 2008, 18676 del 2014, 7279 del 2015 , non potendo l'eventuale efficacia meramente individuale di una terapia per la quale non esistano obiettive evidenze scientifiche giustificare l'accollo alla collettività della relativa spesa in tal senso, da ult., Cass. n. 8733 del 2019 che il secondo motivo è invece inammissibile, essendosi chiarito che l'art. 360, comma 1., n. 5, c.p.c, nel testo riformulato dall'art. 54, D.L. n. 83/2012 conv. con L. n. 134/2012 , introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione che è relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel quale paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive Cass. n. 14802 del 2017 che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, nulla statuendosi sulle spese di lite in applicazione dell'art. 152 att. c.p.c che, in considerazione del rigetto del ricorso, debbono ritenersi sussistenti i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.