Sospensione del difensore e interruzione del processo: gli atti successivi sono sempre nulli?

Non si verifica alcuna nullità degli atti processuali nel caso in cui il periodo di sospensione del difensore dalla professione cada interamente tra un’udienza e quella successiva, in quanto non si determina alcun effetto negativo sulle attività difensive della parte, conseguendone la mancata nullità della sentenza emessa successivamente pur in presenza dell’evento interruttivo.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Sezione Lavoro della Suprema Corte n. 26220/19, depositata il 16 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello di Bari dichiarava la nullità della decisione emessa in primo grado di giudizio, accogliendo l’opposizione proposta dall’INPS contro il precetto notificato dall’avvocato nonché attuale ricorrente avente ad oggetto i crediti professionali derivanti da attività giudiziale. La Corte, infatti, dopo aver riconosciuto che tale provvedimento era nullo a causa della mancata interruzione del processo per via della sospensione cautelare dell’avvocato dall’iscrizione all’albo, aveva ritenuto che l’avvenuta riattivazione del processo in appello ne aveva impedito l’estinzione, sussistendo la competenza del giudice del lavoro per l’origine del credito professionale. Contro tale pronuncia, l’avvocato propone ricorso per cassazione, lamentando la mancata conformità al diritto dell’interpretazione accolta dal Giudice di seconde cure. Sospensione dall’esercizio della professione e interruzione del processo. La Corte di Cassazione dichiara infondato il ricorso dell’avvocato. Gli Ermellini rilevano, infatti, che la declaratoria di nullità della decisione impugnata non si conforma alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, solo se si verifica un concreto pregiudizio arrecato dall’evento al diritto di difesa , non determinandosi alcuna nullità degli atti e della sentenza successivamente emessa nel caso in cui il periodo della sospensione del difensore cada interamente tra un’udienza e la successiva, non verificandosi nessun effetto negativo sul diritto di difesa nonostante l’evento interruttivo. Ora, la Corte ravvisa nel caso di specie esattamente la situazione appena descritta, dunque deve ritenersi errata la declaratoria di nullità della pronuncia di primo grado che il Giudice ha fatto conseguire automaticamente all’intervenuta sospensione cautelare, pur negando la presenza di effetti estintivi per la carenza di conoscenza dell’evento interruttivo in capo all’INPS. Tuttavia, l’errore della Corte non ha prodotto effetti sostanziali sull’esito del giudizio potendo esso essere corretto ai sensi dell’art. 384 c.p.c. , considerando che essa ha comunque esaminato correttamente i motivi di ricorso. Alla luce di quanto esposto, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 27 giugno – 16 ottobre 2019, n. 26220 Presidente D’Antonio – Relatore De Marinis Rilevato che la Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 2638/2014 ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado ed accolto l’opposizione proposta dall’Inps avverso il precetto notificato dall’avvocato L.O. per crediti professionali da attività giudiziale, pronunciando sull’appello proposto dal medesimo avvocato avverso la sentenza del Tribunale di Trani che aveva accolto l’opposizione a tale precetto proposta dall’Inps la Corte territoriale, dopo aver riconosciuto che la sentenza di primo grado era nulla per la mancata interruzione del processo a seguito della sospensione cautelare dell’avvocato L. dall’iscrizione all’albo degli avvocati, ha deciso nel merito dell’opposizione a precetto, dando atto che l’avvenuta riattivazione del processo in appello aveva impedito l’estinzione e che, come affermato dal primo giudice, sussisteva la competenza del giudice del lavoro in ragione dell’origine del credito professionale, derivante da sentenza su rapporto previdenziale inoltre ha rilevato che con il precetto erano state chieste somme per diritti ed onorari successivi alla sentenza per le quali non vi era un titolo ma che non erano state liquidate da parte dell’ufficiale giudiziario ex art. 91 c.p.c., comma 2, e che tuttavia l’Inps aveva corrisposto una maggior somma rispetto a quella indicata in sentenza proprio al fine di coprire in modo forfetizzato tali ulteriori spese avverso tale sentenza, l’avvocato L. propone ricorso per cassazione con tre motivi Resiste l’INPS con controricorso illustrato da memoria. Considerato che - con il primo motivo, l’avv. L. ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 298 e 304 c.p.c., lamenta la non conformità a diritto dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale per la quale quanto previsto circa l’impossibilità di compiere durante la sospensione atti del procedimento opererebbe limitatamente al perdurare della causa dell’interruzione e non si protrarrebbe fino alla richiesta di prosecuzione o alla riassunzione del processo - con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 302, 303 e 305 c.p.c., il ricorrente lamenta la non conformità a diritto del pronunciamento della Corte territoriale che ha escluso essersi determinata l’estinzione del processo a fronte dell’asserito difetto della richiesta di prosecuzione e di riassunzione del processo - nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. è prospettata con riferimento allo scostamento dal principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa nel pronunziarsi sul merito della controversia in difetto di domanda dell’INPS, da svolgersi in via incidentale, di conferma della pronunzia di primo grado di accoglimento nel merito dell’opposizione a precetto a fronte della declaratoria di nullità di quella sentenza chiesta dall’avv. L. in sede di gravame - i primi due motivi, connessi e da trattare congiuntamente, si rivelano infondati perché non sussiste la causa di interruzione invocata, con il consequenziale effetto estintivo del giudizio di opposizione a precetto che il ricorrente connette alla mancata tempestiva riattivazione - va, infatti, rilevato che la declaratoria di nullità adottata dalla sentenza impugnata non si conforma alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo la quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, solo se si verifica un concreto pregiudizio arrecato dall’evento al diritto di difesa e, pertanto, non si determina alcuna nullità degli atti processuali nell’ipotesi in cui il periodo di sospensione del difensore dalla professione cada integralmente tra una udienza e la successiva in quanto nessuna incisione negativa sulle attività difensive della parte può ritenersi verificata, con conseguente esclusione della nullità della sentenza successivamente emessa, nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo in parola cfr., in termini, Cass. 10/07/2015, n. 14520 Cass. 08/04/2016, n. 6838 Cass. 5/03/2018, n. 5106 Cass. n. 10527 del 2018 e n. 10769 del 2018 queste ultime proprio in fattispecie tra le stesse parti - dunque, poiché è proprio questa la situazione processuale verificatasi nel caso di specie, deve ritenersi erronea la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado che la Corte d’appello ha fatto discendere in via automatica dalla mera intervenuta sospensione cautelare, pur negando la sussistenza di effetti estintivi per la carenza di conoscenza legale dell’evento interruttivo in capo all’Inps - peraltro, l’errore della Corte d’appello, che qui si corregge ai sensi dell’art. 384 c.p.c. essendo la sentenza impugnata comunque pervenuta ad esito conforme a diritto, non ha prodotto effetti sostanziali sull’esito del giudizio giacché, la Corte stessa ha comunque, correttamente, esaminato i motivi d’appello indicati in sentenza quali capi sub c e d che riproducevano, seppure in via subordinata, le ragioni fatte valere nel giudizio di opposizione a precetto già disattese dal primo giudice ciò non ha determinato ultrapetizione, ed in tal senso è pure infondato il terzo motivo di ricorso, proprio in quanto era stato lo stesso appellante a reiterare, in via subordinata, l’eccezione di incompetenza per materia e per valore del Tribunale di Trani Sezione Lavoro a giudicare sull’opposizione a precetto proposta dall’Inps e, comunque, a chiedere alla Corte d’appello di giudicarla infondata, con ciò devolvendo al grado d’appello anche tali aspetti nell’ipotesi in cui non fosse accolta la richiesta di accertamento dell’estinzione del giudizio per inattività delle parti - in definitiva, il ricorso va rigettato le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 800,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.