Ospita a casa l’ex moglie disabile: legittimo l’utilizzo dei permessi riconosciutigli dall’azienda

Respinta la visione adottata dalla società datrice di lavoro, che aveva censurato il comportamento tenuto dal dipendente, punendolo col licenziamento. Per i giudici, difatti, il dipendente non ha fatto un uso improprio dei permessi ma li ha utilizzati per finalità assistenziali.

Ospita a casa l’ex moglie disabile. Ciò è sufficiente per ritenere legittimo da parte dell’uomo l’utilizzo dei permessi concessigli dall’azienda, alla luce della legge 104 , per prestare assistenza alla familiare. Illegittime, di conseguenza, secondo i giudici, le osservazioni critiche mosse dalla società datrice di lavoro e concretizzatesi nel licenziamento del dipendente. Cassazione, sentenza n. 21529/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Compresenza . Decisivo è il passaggio in Corte d’Appello, laddove viene ribaltata l’ottica adottata dal Tribunale e viene sancita l’illegittimità del licenziamento deciso dall’azienda. Per i Giudici, in sostanza, il lavoratore finito nel mirino dell’azienda non ha fatto un uso improprio dei permessi richiesti ma li ha utilizzati nelle due giornate contestate per attendere a finalità assistenziali in favore dell’ex moglie presso la propria abitazione . Secondo il legale dell’azienda, però, bisogna tenere a mente che la mera compresenza sotto lo stesso tetto della disabile sarebbe avvenuta in fasce orarie diverse da quelle in cui l’uomo sarebbe stato chiamato a lavorare , come certificato dai turni di servizio prodotti in atti . In sostanza, vi è stato almeno un indebito parziale utilizzo dei permessi in questione , sostiene con forza il legale. Assistenza. La visione proposta dall’azienda, però, non convince i giudici della Cassazione. Questi ultimi riconoscono che l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza alla persona disabile , ma osservano che in questa vicenda è impossibile parlare di un utilizzo abusivo della legge 104 . Ciò perché si è potuto appurare che nelle due giornate in discussione il lavoratore di è occupato di assistere l’ex moglie, con lui in quei giorni convivente perché la figlia era stata sottoposta a due interventi chirurgici che le impedivano l’assistenza della madre , in particolar modo nelle ore serali, ossia quelle più pericolose per lo stato di salute della disabile, più volte trasportata al Pronto soccorso per tentativi di suicidio in ore notturne . Peraltro, è emersa anche una sostanziale coincidenza fra turno di lavoro che sarebbe stato svolto in mancanza del permesso ed assistenza prestata all’ex moglie durante il permesso , e quindi, osservano i Giudici, è possibile affermare che il lavoratore non ha fatto un uso improprio dei permessi ex lege 104 del 1992, ma li ha utilizzati per finalità assistenziali . E questa visione non può essere messa in discussione dal richiamo fatto dall’azienda a un inadempimento parziale del lavoratore, cioè al fatto che una parte della giornata in cui ha fruito del permesso’ non sarebbe stata dedicata all’assistenza del disabile .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 maggio 20 agosto 2019, n. 21529 Presidente Di Cerbo Relatore Amendola Fatti di causa 1. Con sentenza del 18 dicembre 2017, la Corte di Appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato il licenziamento disciplinare intimato in data 28 novembre 2014 a Fr. Pe. dalla Securitas Metronotte Srl ed ha condannato quest'ultima alle conseguenze previste dall'art. 18, comma 4, L. n. 300 del 1970, come novellato dalla legge n. 92 del 2012. 2. La Corte, premesso che il comportamento del lavoratore il quale, in costanza di permesso ex art. 33 L. n. 104 del 1992, si avvalga dello stesso non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi dell'abuso del diritto, ha tuttavia ritenuto nella specie che, dalle deposizioni testimoniali assunte in grado d'appello nonché dalla documentazione prodotta, risultasse come, nei giorni contestati del 21 settembre e 24 ottobre 2014, Fr. Pe. non avesse fatto uso improprio dei permessi richiesti, ma li avesse utilizzati per attendere a finalità assistenziali in favore della ex moglie presso la propria abitazione. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società con 2 motivi Fr. Pe. ha resistito con controricorso. La società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. in relazione all'art. 33 della legge n. 104 del 1992 nella parte in cui la sentenza impugnata ha sostenuto che l'attività di assistenza del parente disabile può essere espletata, nella giornata in cui è concesso il permesso, anche in orari diversi da quelli coincidenti con il normale orario di lavoro giornaliero e nonostante la evidente prevalenza quantitativa 13 ore consecutive su 24 nell'arco della giornata del 25 ottobre dell'attività non conforme allo scopo e conseguente integrale o a tutto voler concedere parziale inadempimento dell'obbligo di sicurezza . Si sostiene che nella specie la mera compresenza sotto lo stesso tetto della disabile sarebbe avvenuta in fasce orarie diverse da quelle in cui il ricorrente sarebbe stato chiamato a lavorare e tale circostanza risulterebbe provata dai turni di servizio prodotti in atti si eccepisce che, in ogni caso, vi sarebbe stato quanto meno un indebito parziale utilizzo dei permessi in questione. 2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 n. 3, c.p.c. in relazione all'art. 33, co. 3, L. n. 104/1992, nella parte in cui la sentenza d'Appello, a fronte della mera circostanza che il ricorrente al più ha convissuto con il parente assistito nei giorni oggetto di contestazione, ha ritenuto per ciò dimostrato l'attività di assistenza e cura, obliterando la differenza tra l'elemento dell'assistenza e della mera convivenza . 3. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento. 3.1. Invero per pacifica giurisprudenza di questa Corte può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore che fruisca di permessi ex lege n. 104 del 1992, in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso Cass. n. 4984 del 2014 Cass. n. 8784 del 2015 Cass. n. 5574 del 2016 Cass. n. 9749-del 2016 ancora di recente Cass. n. 23891 del 2018 e Cass. n. 8310 del 2019 . In coerenza con la ratio del beneficio, l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l'assistenza al disabile. Tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore e dalla coscienza sociale come meritevoli di superiore tutela. Ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto cfr. Cass. n. 17968 del 2016 , o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale che dell'Ente assicurativo anche ove non si volesse seguire la figura dell'abuso di diritto che comunque è stata integrata tra i principi della Carta dei diritti dell'unione Europea art. 54 , dimostrandosi così il suo crescente rilievo nella giurisprudenza Europea in termini v. Cass. n. 9217 del 2016 . 3.2. Tutto ciò premesso la verifica in concreto, sulla base dell'accertamento in fatto della condotta tenuta dal lavoratore in costanza di beneficio, dell'esercizio con modalità abusive difformi da quelle richieste dalla natura e dalla finalità per cui il congedo è consentito appartiene alla competenza ed all'apprezzamento del giudice di merito in termini Cass. n. 509 del 2018 v. anche Cass. n. 29062 del 2017 Cass. n. 30676 del 2018 . 3.3. Pertanto va rilevato che la Corte romana non ha in diritto violato o falsamente applicato norme di legge, anzi si è esplicitamente uniformata ai principi già espressi da questa S.C. affermando che il lavoratore il quale, in costanza di permesso ex art. 33 L. n. 104 del 1992, si avvalga dello stesso non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi dell'abuso del diritto ogni ulteriore sindacato circa la ricostruzione dei fatti ed il grado di sviamento della condotta concreta rispetto al legittimo esercizio del congedo, è precluso in sede di legittimità, tanto più nel vigore dell'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. novellato, trattandosi di apprezzamento appartenente al dominio dei giudici del merito cui è istituzionalmente riservato. In particolare la Corte territoriale ha ritenuto nella specie che, dall'esame delle deposizioni testimoniali assunte con specifica istruttoria in grado d'appello nonché dalla documentazione prodotta, risultasse come, nei giorni del 21 settembre e 24 ottobre 2014, Fr. Pe. si occupasse di assistere l'ex moglie, con lui in quei giorni convivente ndr, perché la figlia era stata sottoposta a due interventi chirurgici che le impedivano l'assistenza della madre , in particolar modo nelle ore serali, ossia quelle più pericolose per lo stato di salute della disabile ndr. più volte trasportata al pronto soccorso per tentativi di suicidio in ore notturne che vi è una sostanziale coincidenza fra turno di lavoro che sarebbe stato svolto in mancanza del permesso ed assistenza prestata all'ex moglie durante il permesso che è possibile affermare che Pe. Fr. non ha fatto un uso improprio dei permessi ex lege n. 104 del 1992, ma li ha utilizzati per finalità assistenziali e non per attendere ad altra attività di proprio esclusivo interesse . Si tratta evidentemente di una ricostruzione della vicenda fattuale che non può essere rimessa in discussione innanzi a questa Corte di legittimità. In particolare non giova a parte ricorrente l'assunto secondo cui vi sarebbe stato quanto meno un inadempimento parziale del Pe. perché una parte della giornata in cui ha fruito del permesso non sarebbe stata dedicata all'assistenza al disabile. Ribadito che il grado di sviamento della condotta concreta rispetto al legittimo esercizio del congedo spetta al giudice del merito, la prospettiva di parte ricorrente denuncia una visione meramente quantitativa dell'assistenza rispetto alla quale occorre invece che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale v. Cass. n. 29062/2017 cit. che deve avere carattere permanente e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile, tenuto altresì conto dei valori di rilievo costituzionale coinvolti dalla disciplina in esame che postulano una peculiare e rafforzata tutela degli interessi regolati v. Corte cost. n. 232 del 2018 . 4. Il secondo motivo è inammissibile in quanto sotto la veste solo formale della denuncia dell'error in iudicando invece, nella sostanza, lamenta quello che, a dire del ricorrente, sarebbe un errato apprezzamento dei fatti ad opera della Corte territoriale in ordine alla circostanza che il Pe., rientrato a casa, effettivamente assistesse la disabile. In presenza di una tale quaestio facti ogni margine di sindacato è precluso a questa Corte dal novellato n. 5 dell'art. 360 c.p.c, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite civili sent. nn. 8053 e 8054 del 2014 . 5. Conclusivamente il ricorso va respinto, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza. Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall'art. 1, co. 17, L. n. 228 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.