Il diritto di riscatto delle somme versate al fondo di previdenza complementare in caso di decesso dell’aderente

Nel caso di decesso di un soggetto aderente ad un fondo di previdenza complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, il diritto di riscatto che sorge in capo agli eredi non è soggetto alle norme in tema di successione ereditaria.

Così l’ordinanza n. 19571/19, depositata dalla Corte di Cassazione il 19 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello di Bolzano ha confermato la decisione di prime cure di rigetto dell’opposizione proposta da un Fondo pensione avverso il decreto ingiuntivo emesso per il riscatto degli importi versati dal coniuge defunto della creditrice, che aveva ottenuto solo un quarto della somma. Ritenevano infatti i giudici di merito che in caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi o dai diversi beneficiari designati. Il diritto di riscatto, in altre parole, non rientra nel patrimonio nel de cuius, ma sorge iure proprio in capo agli eredi o ai beneficiari designati. Il Fondo ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione deducendo la violazione dell’art. 14, comma 3, d.lgs. n. 252/2005. Diritto di riscatto. La Corte coglie l’occasione per ricordare che, con riferimento al contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, la giurisprudenza ha affermato il principio secondo cui nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920, comma 3, c.c., un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non può, quindi, essere oggetto delle sue eventuali disposizioni testamentarie né di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima . Di conseguenza la designazione dei terzi beneficiari del contratto mediante il riferimento agli eredi legittimi o testamentari non comporta l’assoggettamento del rapporto alle regole della successione ereditaria, in quanto mera indicazione del criterio di identificazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro appartenenza ai soggetti indicati dal contratto Cass. Civ. n. 26606/16 . Nel caso di specie, richiamando il testo di cui all’art. 14, comma 3, d.lgs. n. 252/2005, gli Ermellini sottolineano come sia evidente che il diritto di riscatto sorge direttamente in capo ai soggetti individuati dal legislatore negli eredi ovvero nei diversi beneficiari individuati dall’aderente al fondo. Ciò posto, per eredi si intendono coloro che, chiamati all’eredità, l’abbiano accettata. In caso di più chiamati, il diritto di riscatto non va ripartito in parti uguali per ciascuno, ma solo tra coloro che sono diventati eredi in parti uguali, non essendo appunto applicabili le norme relative alla successione ereditaria. Applicando tali principi alla vicenda in esame ed essendo risultato che la vedova era la sola erede dell’aderente al Fondo, ad essa spettava per intero il riscatto degli importi versati. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 marzo – 19 luglio 2019, n. 19571 Presidente Manna – Relatore Fernandes Rilevato in fatto che 1. con sentenza del 10 giugno 2016, la Corte di appello di Bolzano, confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto dell’opposizione proposta dal Fondo Pensione Laborfonds d’ora in avanti, Fondo avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore di A.E. della somma di Euro 9.276,39 oltre interessi legali dal 21 febbraio 2013 al saldo la A. , in qualità di vedova ed unica erede di M.G. avendo gli ulteriori chiamati all’eredità o rinunciato alla medesima o perso il diritto ad accettarla per mancata risposta in sede di actio interrogatoria , chiesto il riscatto degli importi versati dal defunto coniuge al Fondo ed avendone ottenuto il versamento solo di un quarto, aveva proposto ricorso per ingiunzione di pagamento, ottenendola, relativamente ad i restanti tre quarti 2. ad avviso della Corte territoriale era pacifico tra le parti che i diritti scaturenti dall’adesione di M.G. al fondo pensione complementare Laborfonds non fossero ancora esistenti nel suo patrimonio al momento del decesso essendo questo intervenuto prima del compimento del quinquennio dalla data di adesione al Fondo doveva, quindi, applicarsi il disposto del D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 14, comma 3, secondo cui In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche omissis il diritto di riscatto, non rientrante nel patrimonio del de cuius, non si era trasferito iure successionis ma era sorto iure proprio in capo agli eredi o diversi beneficiari sin dalla adesione del M. al Fondo, sia pure per la sola ipotesi di morte dell’aderente verificatasi prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica il termine eredi , come correttamente ritenuto dal primo giudice, doveva essere inteso nel significato di indicare, nell’assenza di altri beneficiari designati direttamente dall’aderente al Fondo, il criterio per la individuazione dei titolari del diritto di riscatto da individuarsi, quindi, in coloro che, chiamati all’eredità, avevano acquisito la qualità di eredi per averla accettata nel caso in esame, poiché dei quattro chiamati all’eredità del M. per successione legittima la coniuge ed i tre fratelli del de cuius solo la moglie era divenuta erede non avendo gli altri chiamati accettato l’eredità od essendo decaduti dall’accettarla, a lei doveva essere riconosciuto per intero il diritto al riscatto 3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Fondo affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso la A. 4. il Procuratore Generale da depositato requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso 5. entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c Considerato in diritto che 6. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 14, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la Corte territoriale - pur affermando che il diritto di riscatto della prestazione previdenziale spettasse iure proprio - ritenuto, in modo del tutto contraddittorio ed erroneo, che il termine erede utilizzato nell’art. 14, comma 3, cit. dovesse essere utilizzato non solo come criterio per l’individuazione dei soggetti beneficiari dell’indennizzo, ma anche come criterio per la determinazione della quota a ciascuno attribuibile ed infatti, così operando, aveva finito con l’applicare le norme proprie della successione ereditaria a diritti che non si erano trasferiti iure haereditatis e non potevano esserlo in quanto non rientranti nel patrimonio del de cuius al momento dell’apertura della successione e che, invece, erano sorti direttamente in capo ai beneficiari e non necessitavano di un’accettazione rilevando unicamente, ai fini dell’acquisto del diritto, che tra il beneficiario ed il de cuius sussistesse lo specifico rapporto richiesto dalla legge. In definitiva, e diversamente da quanto sostenuto nell’impugnata sentenza, con il termine erede la legge intendeva indicare i beneficiari, non stabilire i criteri di ripartizione del riscatto 7. il motivo è infondato. Vale chiarire che, con riferimento al contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo la prevalente giurisprudenza di questa Corte ha affermato il principio secondo cui Nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920 c.c., comma 3, un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non può, quindi, essere oggetto delle sue eventuali disposizioni testamentarie né di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima sicché la designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari, non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, in modo che qualora i beneficiari siano individuati, come nella specie, negli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che, in linea teorica e con riferimento alla qualità esistente al momento della morte dello stipulante, siano i successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all’eredità . Cass. n. 26606 del 21/12/2016, in questa sentenza si dà atto della pronuncia di segno diverso di cui a Cass. n. 19210 del 29/09/2015 e, comunque, la si supera dando conferma al precedente consolidato orientamento di cui a Cass. n. 6531 del 23/03/2006 Cass. n. 4484 del 14/05/1996 che è stato, di recente ribadito da Cass. n. 25635 del 15/10/2018 . In effetti, alla fattispecie in esame non è pedissequamente estensibile il riportato principio di diritto in quanto la fonte del diritto riconosciuto iure proprio è nella legge e non in un contratto di assicurazione di cui devono essere interpretate le clausole relative all’ipotesi di morte dell’assicurato ove individuino i terzi beneficiari del contratto mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari. Invero, il D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 14, comma 3, nella formulazione ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica apportata dal D.Lgs. 13 dicembre 2018 n. 147, art. 1, comma 15 stabilisce che 3. In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti, la posizione, limitatamente alle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 13, viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Nelle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 3, comma 1, lettere da a a g , e art. 12, la suddetta posizione resta acquisita al fondo pensione . È, dunque, evidente che il diritto di riscatto sorge direttamente in capo ai soggetti individuati dalla riportata norma negli eredi ovvero dai diversi beneficiari indicati dall’aderente al fondo. Per eredi deve intendersi - come correttamente ritenuto nella impugnata sentenza - coloro che, chiamati all’eredità l’abbiano accettata. Con la conseguenza che, in caso di più chiamati, il diritto di riscatto non va ripartito in parti uguali per ciascun chiamato, ma solo tra coloro che, con l’accettazione dell’eredità, sono diventati eredi ed in parti uguali non essendo applicabili le norme relative alla successione ereditaria. Peraltro, che la norma intenda riferirsi a coloro che hanno acquistato la qualifica di eredi è dimostrato dalla previsione in essa contenuta secondo cui solo nell’ipotesi in cui l’aderente non abbia indicato dei beneficiari e non vi siano eredi è prevista la devoluzione dell’intera posizione individuale maturata - e non di una parte - a finalità sociali. Ne consegue, nel caso in esame, che essendo la A. la sola erede dell’aderente al Fondo alla stessa spettava per intero il riscatto degli importi versati al Laborfonds. Ovviamente non possono essere considerate cogenti in questa sede le indicazioni fornite dal presidente dell’autorità di vigilanza COVIP riportate dal ricorrente Fondo a sostegno del proprio assunto 8. non ricorrono i presupposti per disporre la condanna per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., proprio in considerazione della mancanza di un indirizzo giurisprudenziale consolidato sulla questione e della indicazioni fornite ai Fondi dall’autorità di vigilanza COVIP né per disporre la pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 120 c.p.c., non ricorrendo un danno suscettibile di essere riparato in forma specifica anche mediante pubblicazione della sentenza, modalità riparatoria, questa, peraltro riservata alla discrezionale valutazione del giudice di merito Cass. n. 2491 del 01/03/1993 N. 2491/93 Cass. n. 4799 del 24/07/1981 9. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo 10. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 legge di stabilità 2013 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.