Valida l’impugnazione del licenziamento effettuata dal difensore già munito di procura alle liti

La procura ex art. 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché, ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione ex art. 6 della legge n. 604/1966, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stato contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo di rappresentanza.

Principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 16416, pubblicata il 19 giugno 2019. La vicenda decisa licenziamento impugnato con atto stragiudiziale sottoscritto dal solo difensore munito di procura alle liti, quest’ultima trasmessa al datore di lavoro unitamente al ricorso e decreto notificati in data successiva alla scadenza del termine di 60 giorni previsto dalla legge n. 604/1966. Un lavoratore impugnava, con il tramite del difensore a cui aveva conferito procura alle liti, il licenziamento intimatogli. Il difensore, munito di regolare procura speciale alle liti ex art. 83 c.p.c., inviava il giorno successivo al rilascio della procura, l’atto stragiudiziale di impugnazione del licenziamento e contestualmente, il medesimo giorno, depositava in cancelleria il ricorso giudiziale ex legge n. 92/2012. Il Giudice della fase sommaria riteneva decaduto il lavoratore dall’impugnazione viceversa il Tribunale in sede di opposizione riteneva tempestiva l’impugnazione e decideva nel merito la vicenda, confermando la legittimità del recesso. Veniva così proposto da un lato reclamo da parte del lavoratore e dall’altro impugnazione incidentale da parte del datore di lavoro, il quale ribadiva l’eccezione di decadenza. La corte d’appello accoglieva quest’ultima eccezione, riaffermando la decadenza dall’impugnazione, omettendo di conseguenza ogni ulteriore accertamento nel merito. Il lavoratore ricorreva in Cassazione. La provenienza dell’atto stragiudiziale di impugnazione. La Suprema Corte ripercorre prima di tutto l’ iter giurisprudenziale in tema di atto di impugnazione del licenziamento argomento che aveva dato luogo a contrasti di interpretazione, risolti poi dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 2179/1987, ove si è affermato che l'impugnazione del licenziamento, per la quale è prevista la forma scritta ad substantiam ” costituisce un vero atto negoziale, sicché la procura del lavoratore ad un terzo per la proposizione di tale impugnazione deve essere rilasciata per iscritto in data anteriore all'impugnazione medesima. In mancanza è consentita la ratifica successiva, purché sia fatta anch'essa per iscritto e sia comunicata al datore di lavoro prima della scadenza del termine per l'impugnazione. In pratica l’atto stragiudiziale di impugnazione può essere sottoscritto o dal lavoratore personalmente, o da un rappresentante sindacale, al quale la rappresentanza deriva ex lege , o infine da un soggetto terzo munito di apposita procura, rilasciata in forma scritta in data antecedente il compimento dell’atto medesimo. La ratifica dell’atto da parte dell’interessato. Si era anche affermato che l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento può essere ratificata dall’interessato, ai sensi dell’art. 1399 codice civile, purché l’atto di ratifica venga portato a conoscenza del datore di lavoro entro il termine di 60 giorni prevista per l’impugnazione stessa, pena la decadenza dall’impugnazione. Il potere di rappresentanza del difensore. Applicando tali principi si può affermare che anche il difensore, munito di procura alle liti, può validamente sottoscrivere l’atto stragiudiziale di impugnazione, ove la procura sia stata rilasciata in data antecedente al compimento di tale incombente. Nel caso portato all’esame degli Ermellini, il difensore del lavoratore, acquisita regolarmente la procura alle liti in data 5 dicembre 2016, il giorno successivo 6 dicembre inviava tempestivamente l’atto di impugnazione del licenziamento, da lui sottoscritto e il medesimo giorno provvedeva a depositare il ricorso giudiziale in cancelleria. Ricorso che infine veniva notificato al datore di lavoro il successivo 14 dicembre, oltre la scadenza del termine di decadenza di 60 giorni. Conseguentemente il datore di lavoro ha eccepito l’intervenuta decadenza dall’impugnazione. Il Supremo Collegio non ritiene fondata tale eccezione, osservando che, come nel caso deciso, ove il difensore sia munito di procura alle liti, tale atto conferisce al difensore stesso il potere di compiere tutti gli atti, anche stragiudiziali, necessari per il valido compimento dell’azione. Dunque, l’atto stragiudiziale di impugnazione è stato efficacemente compiuto da soggetto già munito di procura e non da falsus procurator , con necessità di applicazione di ratifica ex art. 1399 c.c La Corte di legittimità, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, ha così escluso la decadenza dall’impugnazione ed ha cassato la sentenza impugnata, enunciando il seguente principio di diritto La procura ex art. 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché, ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione ex art. 6, legge n. 604/1966, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stato contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo di rappresentanza. L’anteriorità della procura rispetto all’atto di impugnazione stragiudiziale esclude che si sia in presenza di attività compiuta da falsus procurator e rende inapplicabili i principi affermati in tema di ratifica. La procura rilasciata ex art. 83 c.p.c. è assistita da efficacia privilegiata anche in relazione alla data di compimento dell’atto, attestata dal difensore nell’esercizio di una funzione pubblicistica .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 aprile – 19 giugno 2019, n. 16416 Presidente Napoletano – Relatore Di Paolantonio Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Palermo ha confermato con diversa motivazione la sentenza del Tribunale di Marsala che, all’esito del giudizio di opposizione della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 51, aveva rigettato il ricorso proposto da C.G.G.L. , volto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dal Comune di Pantelleria il 12 ottobre 2016. 2. Il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’eccezione di decadenza, sollevata dal Comune ed accolta dal giudice della fase sommaria, ed aveva esaminato nel merito la domanda, ritenendola infondata. La pronuncia era stata reclamata dal C. , il quale aveva censurato la sentenza impugnata per avere erroneamente escluso l’eccepita nullità del procedimento disciplinare e la sproporzione della sanzione irrogata rispetto ai fatti addebitati. Al reclamo aveva resistito il Comune di Pantelleria che, con impugnazione incidentale, aveva riproposto l’eccezione di decadenza, sul rilievo che la stessa erroneamente era stata respinta dal giudice dell’opposizione. 3. La Corte territoriale, seguendo l’ordine logico delle questioni, ha esaminato il ricorso incidentale e l’ha ritenuto fondato, perché il licenziamento era stato impugnato in via stragiudiziale con missiva inviata a mezzo PEC il 6 dicembre 2016, sottoscritta dal solo difensore. Nello stesso giorno era stato depositato il ricorso giudiziale unitamente alla procura alle liti, ma l’atto era stato notificato al Comune il 14 dicembre 2016, quando era ormai spirato il termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 604 del 1966, art. 6. 4. Il giudice d’appello ha, in sintesi, evidenziato che non può ritenersi valida l’impugnazione del licenziamento proveniente dal difensore del lavoratore privo di preventiva procura scritta nè è ammissibile una ratifica con effetto retroattivo, consentita solo se comunicata entro il termine di decadenza. Ha aggiunto che la più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la procura deve essere documentata solo qualora il datore di lavoro ne faccia richiesta entro i 60 giorni concessi per l’impugnazione stragiudiziale, può trovare applicazione nel solo caso in cui sia pacifico che la procura, benché non comunicata, sia stata rilasciata in epoca antecedente alla formazione dell’atto. 5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.G.G.L. sulla base di tre motivi, ai quali ha opposto difese il Comune di Pantelleria con tempestivo controricorso, illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e si duole dell’omesso esame della documentazione prodotta dalla quale emergeva che a la procura era stata rilasciata il 5 dicembre 2016 b l’impugnazione stragiudiziale conteneva l’esplicito riferimento al mandato conferito c il 6 dicembre 2016 il difensore non si limitava ad inoltrare l’impugnazione stragiudiziale, ma depositava anche il ricorso giudiziale con la procura a margine. Nella specie, pertanto, il difensore aveva operato in virtù del potere già conferitogli in forma scritta e non si poteva configurare una ratifica, ipotizzabile solo nei casi in cui agisca un falsus procurator. La data certa era altresì desumibile dal deposito del ricorso, per cui correttamente il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’eccezione. 1.2. La seconda censura addebita alla sentenza impugnata la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, nonché degli artt. 24 e 36 Cost Ribadito che il potere di rappresentanza era già stato conferito con atto scritto al momento della impugnazione stragiudiziale, il ricorrente sostiene che l’interpretazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, deve essere condotta alla luce dei principi costituzionali di effettività della giustizia e di tutela del lavoratore . Aggiunge che il licenziamento può essere impugnato senza formalità alcuna e senza il necessario utilizzo di formule sacramentali, persino dalle organizzazioni sindacali prive di ius postulandi, sicché non può trovare ingresso un’esegesi della norma che escluda il potere del difensore al quale sia già stata rilasciata procura. Richiama giurisprudenza di questa Corte per sostenere che il rappresentante non è tenuto a fornire la prova del potere rappresentativo di cui è investito, essendo sufficiente che egli manifesti di agire in nome e per conto altrui e non in proprio e che, pertanto, grava sul datore di lavoro l’onere di richiedere che il soggetto che ha agito dimostri il fondamento del suo potere. 1.3. La terza critica censura il capo della sentenza relativo al regolamento delle spese di lite e denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., perché il giudice d’appello avrebbe dovuto tener conto dei diversi orientamenti giurisprudenziali e in ragione degli stessi compensare in tutto o in parte le spese del giudizio. Richiama la sentenza n. 77/2018 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 92 c.p.c. e sottolinea che costituivano gravi ed eccezionali ragioni l’evidente situazione di inferiorità economica del lavoratore licenziato nonché le incertezze interpretative sull’applicabilità all’impiego pubblico contrattualizzato del rito disciplinato dalla L. n. 92 del 2012 e delle forme di impugnazione imposte dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dalla L. n. 183 del 2010. 2. È infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del Comune di Pantelleria. Nello storico di lite si è evidenziato che la Corte territoriale, ritenuto assorbente il reclamo incidentale con il quale era stata riproposta la questione della maturata decadenza dal potere di impugnare il licenziamento, non ha esaminato i motivi dell’impugnazione principale, volti a censurare la sentenza di primo grado che aveva affermato la legittimità, sostanziale e procedurale, della sanzione disciplinare inflitta. Il ricorrente, pertanto, in questa sede doveva necessariamente limitarsi a contrastare l’unica ratio decidendi della pronuncia, posto che nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale, con la conseguenza che, solo in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l’eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate Cass. n. 23558/2014 e negli stessi termini Cass. n. 4804/2007 . Dal principio di diritto discende che va esclusa la formazione del giudicato interno sulla legittimità del licenziamento, ritenuta dal giudice di prime cure, perché la decisione era stato oggetto di specifici motivi di reclamo, sui quali la Corte territoriale non ha pronunciato, motivi che non dovevano nè potevano essere riproposti in questa sede Cass. n. 8817/2012 . 3. I primi due motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logico-giuridica, sono fondati. Superato l’iniziale contrasto risolto da Cass. S.U. n. 2179/1987, si è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui l’impugnativa della L. n. 604 del 1966, ex art. 6, che deve essere proposta dal lavoratore a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’atto di recesso, costituisce una manifestazione di volontà negoziale, riconducibile allo schema proprio del negozio giuridico, in quanto manifestazione di volontà diretta ad uno scopo pratico tutelato dal diritto, od anche come manifestazione di volontà le cui conseguenze giuridiche sono dirette ad attuare il fine pratico voluto e tutelato dalla legge S.U. n. 2179/1987 . Se ne è tratto, quale conseguenza della qualificazione giuridica dell’atto, il principio secondo cui allo stesso si applica, in forza del rinvio contenuto nell’art. 1324 c.c., la disciplina dettata dagli artt. 1387 c.c. e segg., in tema di rappresentanza, e, pertanto, si è affermato che l’impugnativa può provenire dal lavoratore personalmente, dall’associazione sindacale, alla quale il potere di rappresentanza è conferito per legge, oppure da un terzo munito di procura, che deve essere rilasciata in forma scritta, ai sensi del combinato disposto della L. n. 604 del 1966, art. 6 e art. 1392 c.c., in data antecedente al compimento dell’atto cfr. fra le più recenti Cass. nn. 25118/2017, 23603/2018, 1444/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata . 3.1. È stato precisato che l’atto compiuto dal soggetto privo del necessario potere può essere ratificato dall’interessato ex art. 1399 c.c., ma la norma deve essere applicata nelle sole parti compatibili con la funzione che l’ordinamento assegna agli atti unilaterali da compiersi entro un termine perentorio, sicché si è esclusa la retroattività della ratifica prevista del richiamato art. 1399 c.c., comma 2 e si è affermato che la ratifica stessa può spiegare effetti solo qualora intervenga entro sessanta giorni dalla comunicazione del recesso, posto che le esigenze di certezza sottese alla fissazione dei termini di prescrizione e decadenza non sono conciliabili con l’instaurazione di una situazione di pendenza suscettibile di protrarsi in maniera indeterminata, ben oltre la loro scadenza, e la cui durata rimarrebbe nell’esclusiva disponibilità del dominus Cass. n. 8262/1997 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. n. 2374/1998, Cass. n. 15888/2012, Cass. n. 9182/2014 . 3.2. Detti principi sono stati estesi anche all’attività compiuta nell’interesse del lavoratore dal difensore, il quale, al pari di ogni altro terzo, deve essere munito di procura al momento del compimento dell’atto. Le Sezioni Unite hanno, pertanto, affermato che qualora venga proposto come impugnativa direttamente il ricorso introduttivo del giudizio la procura relativa al difensore contiene quella a proporre l’impugnativa sostanziale, ma esso va direttamente notificato o comunicato al destinatario, per i suoi effetti sostanziali e negoziali. Così pure, ove la precedente impugnativa sia stata effettuata da un legale senza procura scritta, la proposizione del ricorso giudiziario può contenere, con la relativa procura al difensore stesso che già abbia posto in essere detto atto, la ratifica scritta del suo operato, ma anche tale atto va notificato o comunicato al datore di lavoro Cass. S.U. n. 2179/1987 . 3.3. Dal principio si desume che la procura ex art. 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente alla formazione dell’atto di impugnazione della L. n. 604 del 1966, comma 2 e quest’ultimo, sottoscritto dal solo difensore, sia comunicato al datore entro il termine di legge, non viene in discussione l’applicazione dell’art. 1399 c.c., perché l’impugnativa proviene non da un falsus procurator, bensì da soggetto al quale il potere è già stato attribuito dal titolare del diritto. Non opera, pertanto, il principio secondo cui il ricorso deve essere notificato nel rispetto del termine di decadenza, perché quest’ultima è già stata impedita dalla comunicazione dell’impugnativa, sottoscritta da rappresentante munito del relativo potere. 3.4. In detta ipotesi, che viene in rilievo nel presente giudizio, le questioni che si pongono sono quelle relative all’accertamento dell’anteriorità della procura rispetto alla formazione dell’atto stragiudiziale e alla sussistenza o meno dell’obbligo del difensore, che dichiari di agire nell’interesse del proprio assistito e ne spenda il nome, di giustificare il potere di rappresentanza, mediante comunicazione di copia dell’atto scritto dal quale il suo potere deriva. Quanto al primo aspetto rileva il principio, affermato da questa Corte ad altri fini ma di portata generale, secondo cui per la contestazione della data della sottoscrizione apposta dalla parte ad una procura speciale rilasciata in calce o a margine degli atti di cui all’art. 83 c.p.c., comma 3 e autenticata dal difensore è necessario lo speciale procedimento della querela di falso di cui all’art. 221 c.p.c., giacché deve riconoscersi al difensore il potere di certificare non soltanto l’autografia della sottoscrizione ma anche la data di apposizione della stessa Cass. n. 5620/2006 che richiama Cass. 14137/1999 . Dal richiamato principio discende che, ogniqualvolta non vi sia coincidenza fra il rilascio della procura ed il deposito del ricorso, non è corretto sostenere che solo quest’ultimo attribuisce data certa all’atto di conferimento del potere, perché il difensore al momento dell’autentica della procura compie un negozio giuridico di diritto pubblico e riveste la qualità di pubblico ufficiale Cass. nn. 19785/2018 e 17473/2015 con la conseguenza che l’atto è assistito dall’efficacia privilegiata di cui all’art. 2700 c.c., anche in relazione alla data in cui è attestato il compimento dell’attività di autentica. 3.5. Infine si deve escludere che il difensore, munito di procura rilasciata in data antecedente al compimento dell’atto, debba comunicare, entro il termine di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, al datore di lavoro anche la fonte del potere rappresentativo. Il Collegio, pur nella consapevolezza dei difformi orientamenti espressi da questa Corte in merito all’applicabilità dell’art. 1393 c.c. esclusa fra le più recenti da Cass. 23603/2018 ed affermata, invece, da Cass. n. 1444/2019 in continuità con Cass. n. 3634/2017 e Cass. n. 7866/2012 , ritiene di dovere aderire alla tesi secondo cui, ferma la necessaria anteriorità della procura, è sufficiente che il difensore manifesti di agire in nome e per conto del proprio assistito e dichiari di avere ricevuto apposito mandato. Va detto, infatti, che, una volta ritenuta applicabile all’impugnazione del licenziamento la disciplina dettata dagli artt. 1387 e seguenti c.c., in forza del rinvio di cui all’art. 1324 c.c., solo l’incompatibilità fra normativa dettata per i contratti e natura dell’atto unilaterale può giustificare la sottrazione di quest’ultimo a specifiche disposizioni che valgono per i primi. Al riguardo si osserva che le ragioni per le quali si è ritenuta inapplicabile la disposizione dettata dall’art. 1399 c.c., comma 2, sull’efficacia retroattiva della ratifica, non possono essere invocate per configurare in capo al rappresentante un obbligo, non previsto dalla legge, di comunicazione della fonte costitutiva del potere, perché l’esigenza di certezza sottesa alla fissazione di un termine di decadenza è già assicurata dalla dichiarazione del difensore di agire in nome e per conto del proprio assistito ed in forza di procura dallo stesso conferita, sicché in tal caso sarà onere del datore, qualora intenda contestare la dichiarazione stessa, avvalersi della facoltà di cui all’art. 1393 c.c In altri termini ove non si versi in tema di ratifica viene meno qualsiasi aggancio normativo, teleologico o sistematico, per gravare il procuratore del lavoratore e si noti soltanto costui rispetto alla generalità delle possibili ipotesi di rappresentanza nel diritto privato dell’onere di dare esplicita contezza, senza che alcuno gliene abbia fatto richiesta, della fonte del potere conferitogli Cass. n. 3634/2017 . D’altro canto, poiché l’art. 1393 c.c., non pone a carico del terzo un obbligo ma gli conferisce solo una facoltà, il mancato immediato esercizio del potere non impedisce che successivamente il datore possa contestare l’efficacia dell’impugnazione stragiudiziale ed in tal caso sarà onere del lavoratore dimostrare la validità dell’atto compiuto dal difensore, offrendo la prova dell’anteriorità della procura scritta, che andrà fornita tenendo conto del principio di diritto richiamato al punto 3.4 4. La sentenza impugnata ha attribuito rilievo alla sola data di notifica del ricorso giudiziale, senza compiere alcun accertamento sulla data del rilascio della procura ex art. 83 c.p.c. e sull’anteriorità della stessa rispetto all’impugnativa, e, pertanto, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto di seguito enunciati la procura ex art. 83 c.p.c., conferita dal lavoratore al difensore ai fini dell’impugnazione del licenziamento, attribuisce il potere di compiere tutte le attività, anche stragiudiziali, alle quali è condizionato il valido esercizio dell’azione, sicché ove la procura stessa venga rilasciata in data antecedente all’atto di impugnazione della L. n. 604 del 1966, ex art. 6, quest’ultimo, se sottoscritto dal solo difensore, spiega effetti nella sfera giuridica del rappresentato anche nell’ipotesi in cui al datore di lavoro non sia stata contestualmente comunicato in copia l’atto attributivo del potere di rappresentanza. L’anteriorità della procura rispetto all’atto di impugnazione stragiudiziale esclude che si sia in presenza di attività compiuta da falsus procurator e rende inapplicabili i principi affermati in tema di ratifica. La procura rilasciata ex art. 83 c.p.c., è assistita da efficacia privilegiata anche in relazione alla data di compimento dell’atto, attestata dal difensore nell’esercizio di una funzione pubblicistica . Alla Corte territoriale è demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di legittimità. La fondatezza dei primi due motivi di ricorso, assorbe il terzo motivo e rende inapplicabile del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte accoglimento il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione.