Permessi retribuiti e assistenza alla madre: valida l’integrazione documentale a giudizio in corso

Respinte le obiezioni proposte dall’azienda. Legittima la scelta della lavoratrice di presentare durante il processo in Tribunale gli atti riguardanti la diagnosi della malattia e le cure eseguite.

Prima la documentazione medica inviata all’azienda e relativa all’effettivo ricovero della madre e all’assistenza prestatale dalla figlia lavoratrice. Poi la messa sul tavolo della certificazione riguardante la diagnosi della malattia e delle cure a cui è stata sottoposta la donna. Questa integrazione documentale è assolutamente legittima, nonostante l’opposizione della società, e decisiva per vedere sancito il diritto della dipendente al permesso retribuito Cassazione, ordinanza n. 14794/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Documentazione. Vittoria a metà per la lavoratrice, che, tra Tribunale e Corte d’Appello, vede sì riconosciuto il diritto al permesso retribuito per assistenza alla madre, sottopostasi ad un intervento chirurgico , ma limitatamente a una sola giornata, poiché la documentazione medica è pervenuta alla datrice di lavoro in ritardo . Nessun cambiamento arriva con la decisione della Cassazione, che respinge il ricorso proposto dall’azienda, ricorso mirato a mettere in discussione anche il singolo giorno di permesso retribuito riconosciuto alla dipendente. I Giudici del ‘Palazzaccio’ osservano che la lavoratrice ha fatto pervenire il certificato medico il 21 maggio, cioè nel termine di sette giorni dal 14 maggio, epoca di insorgenza della infermità della madre – come attestato dal certificato di ricovero del 19 maggio – e successivamente nel corso del giudizio di primo grado è stata prodotta la relazione di dimissioni del 23 maggio con indicazione del motivo del ricovero e della diagnosi, con descrizione del percorso di ricovero e dei trattamenti eseguiti . Correttamente, quindi, si è ritenuto che la documentata grave infermità, quale presupposto per riconoscere il diritto al permesso, non deve necessariamente essere contenute nei certificati medici presentati dal lavoratore nei termini stabiliti , poiché la grave infermità può essere provata successivamente attraverso idonea documentazione medica, anche prodotta in giudizio . Confermata anche la valutazione con cui si è stabilito che spettava solo il rimborso per il 21 maggio, unico giorno rientrante nell’arco temporale previsto dalla legge, poiché è stata indicata nel 14 maggio la data di insorgenza della infermità e sono stati fruiti tre ‘permessi’ nei giorni 21, 22 e 24 maggio .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 30 gennaio – 30 maggio 2019, numero 14794 Presidente Bronzini – Relatore Curcio Rilevato che La corte di Appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza del tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda di Do. Pa., dipendente della Magneti Marelli spa, diretta a far accertare il suo diritto a tre giorni di permesso retribuito ai sensi dell'articolo 4 della legge numero 53/2000, per ragioni di assistenza alla madre sottopostasi ad un intervento chirurgico la corte torinese ha confermato la decisione di primo grado quanto all'idoneità della certificazione medica inviata dalla Pa. alla datrice di lavoro, dove si attestava l'effettivo ricovero della madre e l'assistenza svolta dal 14.5.2012 dalla Pa., potendo tale documentazione - che non recava la precisa infermità - essere integrata successivamente in giudizio, come poi verificatosi, dove era stata prodotta certificazione della diagnosi della malattia e delle cure eseguite la corte distrettuale ha poi rilevato che il D.M., attuativo delle modalità di fruizione, espressamente prevede che detti permessi vengano fruiti entro sette giorni dall'accertamento dell'insorgenza della grave infermità e che nel caso in esame la documentazione medica era pervenuta alla datrice di lavoro in ritardo atteso che, essendo stata indicata nel 14.5.2014 la data di insorgenza dell'infermità ed essendo stati fruiti tre permessi nel giorni 21,22,e 24 maggio, spettava solo il rimborso per il 21 maggio, unico giorno rientrante nell'arco temporale di cui al citato D.M. ha proposto ricorso per cassazione la società Magneti Marelli spa, affidato ad un unico motivo, poi illustrato da memoria ex articolo 380 c.p.c, ha resistito con controricorso la Pa. Considerato che con l'unico motivo di gravame la società ricorrente deduce la violazione dell'articolo 4 legge numero 53/2000, in relazione alla norma applicativa di cui all'articolo 3 del D.M. 278/2000 la norma di cui all'articolo 4 citato ha demandato al Ministero competente l'emanazione di un regolamento recante le disposizioni di attuazione della legge, stabilendo i criteri di fruizione del permesso, tra cui l'obbligo di presentazione della certificazione relativa alla grave infermità del familiare entro 5 giorni dalla ripresa dell'attività lavorativa. Ne consegue, secondo la società, l’ impossibilità di fruire del permesso in questione in caso di mancata presentazione, nel termine previsto, della certificazione che documenti la grave infermità, che è elemento costitutivo del diritto erroneamente la corte torinese ha, quindi, ritenuto idoneo a legittimare la concessione del permesso il certificato prodotto dalla lavoratrice denominato relazione di ricovero , in quanto in esso non viene menzionata esplicitamente la gravità dell' infermità, né vi è riferimento alcuno alla legge numero 53/2000, così che mancherebbe ogni documentazione della condizione richiesta dall'articolo 4 citato, perché il documento prodotto dalla Pa., pur contenendo la descrizione del motivo di ricovero e dell'intervento, non ha alcuna qualificazione medica dell'infermità. Il motivo è infondato va preliminarmente rilevato che risulta non contestato che la Pa. abbia fatto pervenire il certificato medico del 21.5.2012 nel termine dei sette giorni dal 14.5.2012 - epoca di insorgenza dell'infermità della madre, egualmente attestata dal certificato di ricovero del 19.5.2012 e che è stata poi prodotta, nel corso del giudizio di primo grado, la relazione di dimissioni del 23.5.2012 con indicazione del motivo del ricovero e della diagnosi di aneurisma dell'arteria vertebrale sinistra, con descrizione del percorso di ricovero e dei trattamenti eseguiti correttamente la corte di merito ha ritenuto che la documentata grave infermità di cui all'articolo 4 della legge numero 53 /2000 quale presupposto per riconoscere il diritto al permesso non deve necessariamente essere contenuta nei certificati medici presentati dal lavoratore nei termini stabiliti dal D.M. attuativo della legge, che definisce i criteri di fruizione dei congedi in termini ivi indicati, pena la decadenza dal diritto, potendo la grave infermità essere provata successivamente attraverso idonea documentazione medica, anche prodotta in giudizio ed infatti non vanno confuse le modalità amministrative per fruire dei permessi , che sono disciplinate dall' articolo 3 del D.M. 278/2000 attuativo, in termini di presentazione della richiesta di permesso correlata all' effettiva assistenza al malato e dunque in tempi ravvicinati all'evento, con la prova che il lavoratore deve dare della sussistenza del presupposto richiesto dall' articolo 4 della legge citata, ossia dell' effettiva esistenza di una grave infermità che, ove venga contestata dal datore di lavoro, potrà essere dimostrata anche in giudizio , come avvenuto nel caso in esame. La lavoratrice infatti ha prodotto con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la relazione di ricovero in cui si attesta la degenza dal 14.5 al 24.5.2012 e si indica il motivo e la diagnosi della malattia aneurisma dell'arteria vertebrale sinistra quanto alla valutazione della gravità di tale infermità che la sentenza impugnata ha ritenuto sussistere, si tratta di un giudizio in fatto che spetta al giudice di merito, non sindacabile in questa sede ove, come in questo caso, sia stato oggetto di corretto e comprensibile esame da parte della sentenza impugnata. il ricorso deve pertanto essere respinto, con condanna della ricorrente , soccombente , alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater D.P.R. numero 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.