L’avvocato è responsabile della gestione della propria casella PEC

La Cassazione ha richiamato i principi, ormai consolidatisi nella giurisprudenza di legittimità, in ordine all’onere dell’avvocato di gestire la propria utenza PEC dopo che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

La vicenda. Così i Giudici di legittimità con la sentenza n. 13532/19, depositata il 20 maggio, decidendo sul ricorso di un lavoratore avverso la sentenza della Corte d’Appello che dichiarava inammissibile il gravame per tardività. In particolare, la Corte territoriale aveva rilevato che l’ordinanza ex art. 1, comma 49, l. n. 92/2012 era stata comunicata all’indirizzo PEC dell’avvocato domiciliatario del lavoratore ma la comunicazione non era andata a buon fine in quanto la casella di posta elettronica era risultata piena. Era dunque stata disposta la comunicazione mediante deposito in cancelleria ex art. 16, comma 6, d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012, escluso l’obbligo di comunicazione alla PEC dell’altro avvocato domiciliatario. L’opposizione si era rivelata comunque tardiva non avendo l’opponente osservato neppure il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c Il lavoratore ha dunque proposto ricorso in Cassazione. La casella PEC dell’avvocato. Riepilogato il quadro normativo in materia di comunicazioni e notificazioni telematiche, la Corte ricorda che laddove non sia possibile ricorrere alla PEC per cause imputabili al destinatario le comunicazioni e notificazioni sono effettuate mediante deposito in cancelleria. Nel caso in cui vi sia invece una causa non imputabile al destinatario, è applicabile la disciplina di cui all’art. 136 c.p.c La giurisprudenza ha inoltre chiarito che il legale ha l’onere, in quanto destinatario di notifiche telematiche, di dotarsi degli strumenti adeguati per decodificarle o leggerle non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario , salva comunque la prova del caso fortuito. Con specifico riferimento all’ipotesi del saturamento della cesella PEC, la giurisprudenza ha imputato tale evento al difensore anche ai fini del diniego della rimessione in termini. Ed infatti una volta ottenuta dell’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere di procedere alla verifica periodica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo . In virtù di tali principi, l’impedimento della comunicazione a mezzo PEC è stato correttamente imputato al difensore con conseguente idoneità del deposito in cancelleria del provvedimento. Dichiarando infine infondate anche le censure, principali ed incidentali, attinenti al merito della questione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 febbraio – 20 maggio 2019, n. 13532 Presidente Di Cerbo – Relatore Pagetta Fatti di causa 1. Con sentenza n. 1246/2017 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata quanto alla declaratoria di inammissibilità dell’opposizione proposta da C.S. avverso l’ordinanza dichiarativa della legittimità del licenziamento allo stesso intimato da Enel Distribuzione s.p.a., ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale proposta da quest’ultima società nel giudizio di opposizione. 1.1. In particolare il giudice del reclamo, premesso che, per come pacifico, la comunicazione della ordinanza L. 28 giugno 2012, n. 92, ex art. 1, comma 49, all’indirizzo PEC dell’Avv. Nunzio Pinelli, procuratore domiciliatario del C. unitamente all’Avv. Paola Librizzi, non era stata consegnata per casella piena e, quindi, per causa imputabile al destinatario, rilevato che si era proceduto alla comunicazione mediante deposito in cancelleria ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, comma 6, convertito in L. 17/12/2012 n. 221, escluso l’obbligo di comunicazione all’indirizzo PEC dell’altro procuratore domiciliatario del C. , ha confermato la statuizione di inammissibilità della opposizione in quanto tardiva, ulteriormente osservando che l’opponente non aveva neppure rispettato il termine semestrale di impugnazione stabilito dall’art. 327 c.p.c. il deposito della opposizione era, infatti, avvenuto solo in data 18.11.2015 a fronte di un’ordinanza emessa in data 18.11.2014 la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione travolgeva anche la domanda riconvenzionale della società stante il giudicato ormai formatosi sulla domanda opposta. 2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.S. sulla base di due motivi, ciascuno articolato in più profili l’intimato ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi. 3. Entrambe le parti hanno depositato memorie, sia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in relazione alla originaria adunanza camerale fissata per il giorno 10 ottobre 2018 all’esito della quale la causa è stata rinviata a nuovo ruolo ,sia ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in relazione alla fissazione del ricorso per la udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2019 . Ragioni della decisione Sintesi dei motivi di ricorso principale. 1. Con il primo motivo di ricorso principale C.S. deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 a ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., del principio di parità di trattamento, del diritto di difesa, e violazione dell’art. 113 c.p.c. b ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 49 e 51 cit., della L. n. 179 del 2012, artt. 16 e 16 sexies cit. e L. 21 gennaio 1994, n. 53 c violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 159 c.p.c., della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 49 e 51 cit 1.1. Sotto il primo profilo deduce la mancata considerazione della circostanza che ad Enel Distribuzione s.p.a., parimenti assistita da due procuratori con mandato disgiunto e congiunto, la ordinanza de qua era stata comunicata ad entrambi i procuratori. Sotto il profilo della violazioni di diritto richiamate sub a lamenta che l’ufficio non aveva, in occasione della costituzione del C. , provveduto a censire in piattaforma anche l’altro procuratore, Avv. Paola Librizzi, secondo una scelta del tutto arbitraria dell’ufficio di cancelleria. Sotto il profilo delle ulteriori violazioni di norme di diritto denunziate deduce che il giudice del reclamo avrebbe dovuto considerare la ratio che disciplina il contraddittorio tra le parti e operare un’applicazione teleologicamente orientata della disciplina in tema di comunicazioni telematiche di cancelleria. Assume che costituiva obbligo dell’ufficio di cancelleria, stante la impossibilità di effettuare la comunicazione a mezzo PEC, ricercare metodi di notifica alternativi inviando la comunicazione anche all’altro procuratore domiciliatario munito di PEC. Sotto altro profilo evidenzia che poiché il destinatario della notifica non può essere che la parte rappresentata dai difensori presso i quali è domiciliata a questa non era imputabile il mancato recapito si duole, inoltre, dell’assenza di motivazione in punto di dedotta nullità ex art. 156 c.p.c. della ordinanza non comunicata. 2. Con il secondo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 49 e 51 cit., degli artt. 156 e 159 c.p.c., travisamento dei fatti e degli elementi documentali in processo contraddittorietà di motivazione, censura, sotto vari profili, l’affermazione del giudice di appello relativa alla tardività, anche ai sensi dell’art. 327 c.p.c., della opposizione avverso la ordinanza L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 49 cit Sintesi dei motivi di ricorso incidentale. 3. Con il primo motivo di ricorso incidentale E-distribuzione S.p.A. già Enel Distribuzione s.p.a. , denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 329, 346 e 434 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere omesso di pronunziare sulla specifica eccezione sollevata in seconde cure intesa a far valere il passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado la quale, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla società, aveva dichiarato la legittimità del licenziamento senza preavviso irrogato al C. e condannato quest’ultimo alla restituzione della somma di Euro 10.167,52 percepita a titolo di indennità sostitutiva del preavviso. 4. Con il secondo motivo, denunziando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., censura la statuizione di inammissibilità della domanda riconvenzionale ancorata dal giudice di appello alla valutazione di tardività della stessa, osservando che nel giudizio di opposizione l’unico termine per costituirsi e proporre domande riconvenzionali era quello di dieci giorni prima dalla data dell’udienza di discussione fissata con decreto. Esame dei motivi del ricorso principale. 5. Il primo motivo di ricorso principale è infondato. 5.1. Secondo il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221, comma 4 Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici . Il comma 6 dispone poi Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario . Aggiunge il comma 8 che Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l’art. 136 c.p.c., comma 3, e gli artt. 137 c.p.c. e segg . . Ne deriva che, in seguito all’entrata in vigore di detta legge, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Laddove non sia possibile ricorrere alla posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario le comunicazioni e le notificazioni vanno effettuate mediante deposito in cancelleria . Solo ove vi sia una causa non imputabile al destinatario si rende applicabile la disciplina dell’art. 136 c.p.c 5.2. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la notifica a mezzo PEC L. n. 53 del 1994, ex art. 3 bis cit. di un atto del processo formato fin dall’inizio in forma di documento informatico ad un legale, implica, purché soddisfi e rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa vigente, l’onere per il suo destinatario di dotarsi degli strumenti per decodificarla o leggerla, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario, salva l’allegazione e la prova del caso fortuito, come in ipotesi di malfunzionamenti del tutto incolpevoli, imprevedibili e comunque non imputabili al professionista coinvolto peraltro, costituendo la normativa sulle notifiche telematiche la mera evoluzione della disciplina delle notificazioni tradizionali ed il suo adeguamento al mutato contesto tecnologico, l’onere in questione non può dirsi eccezionale od eccessivamente gravoso, in quanto la dotazione degli strumenti informatici integra un necessario complemento dello strumentario corrente per l’esercizio della professione Cass. 25/9/2017 n. 22320 . In particolare, con specifico riferimento alla ipotesi di saturazione della casella PEC, è stato escluso che tale saturazione configuri un impedimento non imputabile al difensore al fine di legittimare la richiesta di rimessione in termini per la notifica di un atto Cass. 12/11/2018 n. 28864, in motivazione . Tale affermazione si pone in continuità con precedenti pronunzie di questa Corte che hanno sottolineato come, una volta ottenuta dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di PEC al Ministero della Giustizia per il tramite del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo, indicato negli atti processuali, non potendo far valere la circostanza della mancata apertura della posta per ottenere la concessione di nuovi termini per compiere attività processuali Cass. 2/7/2014 n. 15070 . 5.3. In ordine alle conseguenze, sul piano processuale, connesse all’esito negativo della consegna dell’atto inviato a mezzo PEC, per cause imputabili al destinatario, questa Corte, ha confermato la statuizione di inammissibilità per tardività dell’opposizione L. 28 giugno 2012, n. 92, ex art. 1, comma 51, proposta avverso l’ordinanza che aveva rigettato l’impugnativa di licenziamento, considerato che, a seguito di comunicazione del provvedimento effettuata in via telematica con esito negativo per causa imputabile al difensore, l’atto era stato depositato in cancelleria, come previsto dalla norma, senza necessità di procedere alla notifica a mezzo fax Cass. 23/1/2018 n. 1647, in motivazione . Tale principio è stato ribadito anche di recente, con specifico riferimento al caso della mancata comunicazione per saturazione della casella di posta elettronica avendo questa Corte osservato che il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 6, cit., conv. in L. n. 221 del 2012 cit., come modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 47, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114 Cass. 21/3/2018 n. 7029 . 5.4. In applicazione di tali principi, ai quali si ritiene di dare continuità, il motivo in esame deve essere respinto stante la imputabilità al difensore del disguido che non ha consentito la recezione della comunicazione di cancelleria e la conseguente idoneità del deposito in cancelleria del provvedimento non comunicato a determinare il decorso del termine per la proposizione dell’opposizione. 5.5. Priva di fondamento normativo si rivela la tesi del ricorrente relativa alla necessità di invio della comunicazione all’altro difensore munito di indirizzo PEC, alla stregua della richiamata disciplina la quale non onera la cancelleria di alcuna ulteriore attività di invio del provvedimento una volta non andata a buon fine il primo tentativo di comunicazione. La tesi del ricorrente non potrebbe, peraltro, trovare fondamento neppure, su un piano più generale, nelle previsioni del codice di rito il quale non sanziona con la nullità la mancata comunicazione a tutti i procuratori della parte. 5.6. Infine, la censura intesa a denunziare, sotto il profilo del vizio motivazionale, l’omessa considerazione che l’ordinanza L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 49 cit. era stata comunicata a mezzo PEC ad entrambi i difensori della società risulta inammissibile per la dirimente considerazione che la circostanza in questione, a prescindere da ogni profilo relativo alla decisività della stessa, non risulta evocata nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, come prescritto Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053 . 6. Il rigetto del primo motivo di ricorso principale, che censura una delle due autonome rationes decidendi alla base della statuizione di inammissibilità dell’opposizione, assorbe la necessità di esame del secondo motivo di ricorso principale. Esame dei motivi di ricorso incidentale. 7. Il primo motivo di ricorso incidentale difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 6, non avendo parte ricorrente incidentale individuato e tanto meno trascritto il contenuto degli atti processuali nei quali sarebbero contenute le eccezioni asseritamente non esaminate, così da inibire a questa Corte di cassazione un esame diretto ex actis Cass. 15/7/2015, n. 14784 Cass. 27/7/2017, n. 18679 . 7.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis , la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale , detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi 04/07/2014, n. 15367 Cass. 14/10/2010, n. 21226 Cass. 19/03/2007, n. 6361 . 7.2. Quanto ora osservato assorbe la ulteriore considerazione secondo la quale ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice sulla domanda o sul motivo di impugnazione ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa o dell’eccezione fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia Cass. 11/9/2015 n. 17956 Cass. 20/9/2013 n. 21612 Cass.4/10/2011 n. 20311 . Quest’ultima è, infatti, la situazione ravvisabile nel caso di specie posto che la eccezione di giudicato deve ritenersi implicitamente disattesa dalla Corte di merito laddove ha ritenuto fondato il motivo di reclamo del C. inteso a contestare la stessa ammissibilità della domanda riconvenzionale tardivamente formulata dalla società. 8. Il secondo motivo di ricorso è infondato. 8.1. La giurisprudenza di questa Corte, a partire da Cass. Sez. Un. 31//2014 alla quale sono seguite, tra le altre, Cass. Sez. Un. 18/9/2014 n. 19674 e Cass. 20/1/2015 n. 797 ha riconosciuto al provvedimento conclusivo della fase sommaria L. n. 92 del 2012, ex art. 1, commi 47 e segg., cit. la idoneità ad acquisire i caratteri della immodificabilità e definitività, propri del giudicato, in assenza di opposizione. È stato, in particolare, affermato che tale procedimento, pur caratterizzato da sommarietà dell’istruttoria, ha natura, semplificata e non cautelare in senso stretto, non riferendosi la sommarietà anche alla cognizione del giudice, nè sussistendo un’instabilità dell’ordinanza conclusiva di tale fase, che è idonea al passaggio in giudicato in caso di omessa opposizione Cass. Sez. Un. n. 19674 /2014 cit. ed è stata sottolineata la assonanza del procedimento in esame con quello di repressione della condotta antisindacale sotto il profilo degli effetti sostanziali di carattere definitivo” pacificamente riconosciuti in quel singolare contesto alla decisione sommaria non opposta Cass. n. 797/2015 cit. . 8.2. Dalla riconosciuta idoneità del provvedimento conclusivo del procedimento ex L. n. 92 del 2012, cit., art. 1, commi 47 e sgg., ad assumere i caratteri del giudicato in assenza di opposizione situazione equiparabile, sul piano degli effetti processuali, a quella della opposizione proposta oltre il prescritto termine di trenta giorni, discende la inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla parte convenuta nel giudizio di opposizione tardivamente instaurato, secondo un meccanismo analogo a quello espressamente prefigurato dal codice di rito alla stregua del combinato disposto di cui agli artt. 334, 343 e 371 c.p.c. in tema di impugnazione incidentale tardiva la quale perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile v. tra le altre, Cass. 16/11/2018 n. 29593 . 9. Al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale segue la compensazione delle spese di lite. 10. Sussistono, nei confronti della parte ricorrente principale e nei confronti della parte ricorrente incidentale, le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.