Se la domanda non è tempestiva, l’erogazione dell’assegno di invalidità deve essere oggetto di una nuova verifica

La richiesta di conferma dell’assegno di invalidità deve essere formulata entro i 120 giorni successivi alla scadenza del precedente assegno. In caso di richiesta tardiva, l’erogazione di tale assegno sarà condizionata ad una nuova verifica circa la sussistenza dei requisiti contributivo e sanitario.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 9745 depositata il 8 aprile 2019. Il caso. La Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di un lavoratore volta ad ottenere il ripristino dell’assegno di invalidità, condannandolo altresì alla restituzione all’INPS delle somme percepite in virtù della riformata pronuncia. Riteneva in particolare la Corte di merito che l’assegno di invalidità di cui all’art. 1, comma 7, della Legge n. 222/1984 a mente del quale l’assegno è riconosciuto per un periodo di tre anni ed è confermabile per periodi della stessa durata, su domanda del titolare dell'assegno, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione [.] La conferma dell'assegno ha effetto dalla data di scadenza, nel caso in cui la domanda sia presentata nel semestre antecedente tale data, oppure dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, qualora la stessa venga inoltrata entro i centoventi giorni successivi alla scadenza suddetta fosse confermabile solo in caso di presentazione della domanda entro i 120 giorni successivi alla scadenza. In caso contrario la domanda di ripristino - come correttamente avvenuto nella specie - doveva essere rigettata, ferma la possibilità di formulare una domanda nuova soggetta tuttavia alla verifica della sussistenza dei requisiti contributivo e sanitario . Contro tale pronuncia l’invalido proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Il termine di 120 giorni è perentorio. In particolare, ad avviso del ricorrente, l’inosservanza del termine di 120 giorni per la presentazione della domanda di conferma non determinava alcuna decadenza, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, ragion per cui evidente era l’errore dei Giudici di merito. Doglianza che tuttavia non viene condivisa dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ed infatti, nell’avviso della Corte, la l. n. 222/1984 regola da una parte la durata dell’assegno per tre anni rinnovabile per analogo periodo su domanda ed, al contempo e sulla base del successivo art. 1, comma 8, della medesima legge a mente del quale dopo tre riconoscimenti consecutivi, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente, ferme restando le facoltà di revisione di cui al successivo art. 9 , un autonomo e generale potere dell’INPS di revisione attivabile discrezionalmente. Sulla base della medesima norma, prosegue la Cassazione, risulta del tutto evidente che la conferma dell’assegno per tre periodi triennali consecutivi presupponga la domanda del titolare dell’assegno” alla quale la legge ricollega termini ed effetti. Domanda che, se tardiva, dovrà essere considerata come domanda di erogazione ex novo dell’assegno di invalidità, con conseguente onere di verificare i requisiti sanitario e contributivo quest’ultimo, nella specie, assente . Per usare le parole della Corte, la domanda di conferma presentata senza il rispetto dei termini di cui al comma 7 [.] impone dunque la verifica dei requisiti contributivo e sanitario restando, invece, improprio il richiamo ad un concetto di decadenza che implicherebbe la definitiva perdita del diritto, mentre la suddetta inosservanza del termine determina solo la necessità di accertare entrambi i requisiti, sanitario e contributivo, al pari di una domanda nuova . Nemmeno possono rilevare i contributi versati alla Gestione Separata. Sotto altro profilo, il ricorrente si doleva di come i Giudici di merito non avessero adeguatamente considerato i contributi da lui versati alla Gestione Separata dell’INPS, che avrebbero potuto e dovuto essere totalizzati con quelli versati al FPLD. Motivo che ancora non viene condiviso dalla Cassazione in quanto in tema di totalizzazione dei periodi assicurativi, l’art. 71 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 [], nel prevedere la facoltà di cumulare, per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dei trattamenti pensionistici per inabilita, i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso diverse gestioni, non ha esteso la facoltà del cumulo ai fini del conseguimento del [] assegno di invalidità [] Ne consegue che il ricorrente non può, ai fini del raggiungimento del requisito contributivo, [.] sommare i contributi versati dal 2001 nella gestione separata .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 dicembre 2018 – 8 aprile 2019, n. 9745 Presidente Manna – Relatore D’Antonio Fatti di causa 1.La Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza del Tribunale,ha rigettato la domanda di M.F. volta ad ottenere il ripristino dell’assegno di invalidità ed ha condannato il ricorrente alla restituzione a favore dell’Inps delle somme pagate in esecuzione della sentenza del Tribunale. La Corte territoriale ha rilevato che, sulla base del L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 7, l’assegno ordinario era riconosciuto per un periodo di tre anni ed era confermabile con domanda da presentarsi entro 120 giorni dalla scadenza che nella specie tale termine non era stato rispettato e che, pertanto, era infondata la pretesa del ricorrente di ripristino della prestazione senza nuova verifica del requisito contributivo, oltre che di quello sanitario. Secondo la Corte, pertanto, la domanda di ripristino doveva essere rigettata non possedendo il ricorrente il requisito contributivo tre anni nel quinquennio nel Fondo lavoratori dipendenti in relazione alla domanda di conferma presentata l’11/5/2005. Ha rilevato,inoltre,che i contributi versati successivamente alla gestione separata non potevano essere computati al fine di integrare il requisito contributivo di tre anni nel quinquennio precedente, cioè cumulando i contributi relativi alle due gestioni, in quanto in violazione del L. n. 222 del 1984, art. 4. La Corte territoriale ha, inoltre, rilevato che costituiva domanda nuova, e quindi inammissibile, quella volta al riconoscimento dell’assegno di invalidità a carico della gestione separata con la conseguenza che non potevano essere oggetto di disamina, né la questione dell’esistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’assegno a carico della gestione separata, né le questioni relative alle modalità di determinazione di tale eventuale assegno. 2. Avverso la sentenza ricorre il M. con tre motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378. Resiste l’Inps. Ragioni della decisione 3.Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del L. n. 222 del 1984, art. 1, 4 e 9 del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 del D.M. n. 282 del 1996, artt. 1 - 5 della L. n. 388 del 2000, art. 71 degli artt. 279, 345 e 437 c.p.c. dell’art. 3 e 38 Cost Il ricorrente, titolare di assegno ordinario di invalidità avente scadenza il 20/11/2004, lamenta che erroneamente la Corte aveva ritenuto necessario l’accertamento del requisito contributivo per la conferma,e non solo di quello sanitario, sebbene il requisito contributivo una volta acquisito fosse acquisito per sempre. Deduce che l’inosservanza del termine di 120 per la presentazione della domanda di conferma non determinava alcuna decadenza, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, e rileva che la L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 7, andava inteso nel senso che il rispetto dei 120 giorni determinava la conferma automatica dell’assegno dopo tre riconoscimenti, mentre la presentazione della domanda di conferma dopo i 120 giorni non avrebbe consentito di avvalersi delle precedenti conferme. Si duole che la Corte territoriale abbia escluso l’incostituzionalità della norma ove interpretata in senso difforme da quanto indicato dal ricorrente. Censura l’affermazione della Corte secondo cui, se domanda nuova , sarebbe dovuta ricadere sulla gestione autonoma presso cui era iscritto dal 2001, ma in tal caso non ne sussistevano i presupposti contributivi,in particolare il requisito contributivo generico nonché l’affermazione in base alla quale, considerata domanda vecchia , non avrebbe potuto tenersi conto della contribuzione versata alla gestione autonoma stante l’inapplicabilità della totalizzazione dei periodi assicurativi presso gestioni diverse nella specie gestione separata e fondo lavoratori dipendenti ai fini del conseguimento dei requisiti contributivi, in particolare del requisito specifico della contribuzione nell’ultimo quinquennio, necessario per il diritto all’assegno ordinario di invalidità. Deduce, ancora, che,avendo l’Inps escluso la sussistenza dei requisiti contributivi per godere dell’assegno a carico della gestione autonoma, avrebbe dovuto riconoscergli il diritto alla liquidazione della pensione supplementare, previsto ai sensi della L. n. 1338 del 1962, art. 5, e successive modifiche, qualora gli iscritti alla gestione separata non raggiungano i requisiti per il diritto ad una pensione autonoma,ma conseguono la titolarità di un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e censura, pertanto, la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile il punto F delle conclusioni dell’appello incidentale interpretate, erroneamente, nel senso di richiesta della nuova prestazione dell’assegno di invalidità a carico della gestione separata. Afferma, infine,che in corso di causa aveva versato alla gestione separata Inps ulteriori contributi maturando il requisito per l’assegno presso detta gestione. 4. Il ricorso è infondato. Secondo la disciplina stabilita dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, l’assegno ordinario d’invalidità decorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda ed ha una durata triennale è, dunque, prestazione di carattere non definitivo. Esso può essere confermato, sempre a domanda del titolare dell’assegno, per altre tre volte consecutive, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione stessa, tenuto conto anche dell’eventuale attività lavorativa svolta dal titolare. La conferma dell’assegno ha effetto dalla scadenza - nel caso in cui la domanda sia presentata nel semestre antecedente tale data -, oppure dal primo giorno successivo a quello della presentazione della domanda qualora la stessa venga inoltrata entro i cento venti giorni dalla predetta scadenza. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l’assegno d’invalidità è confermato automaticamente, ma l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha la facoltà di procedere a revisione dell’assegno come previsto dall’art. 9. 5. La legge regola dunque, da una parte, la durata dell’assegno per tre anni, rinnovabile per analogo periodo su domanda e prevede, dall’altra, un autonomo e generale potere di revisione in capo all’INPS che prescinde dalla durata dell’assegno e che è attivabile discrezionalmente dall’Istituto comma 9, può essere sottoposto ad accertamenti sanitari per la revisione dello stato di invalidità o di inabilità ad iniziativa dell’Istituto nazionale della previdenza sociale . 6. Risulta, inoltre, del tutto evidente, in base alla disciplina di legge dianzi citata, che la conferma dell’assegno per tre periodi triennali consecutivi presupponga la domanda del titolare dell’assegno , domanda di cui la legge regola termini ed effetti in quanto la conferma dell’assegno ha effetto dalla data di scadenza, nel caso in cui la domanda sia presentata nel semestre antecedente tale data, oppure dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, qualora la stessa venga inoltrata entro i centoventi giorni successivi alla scadenza suddetta .La disposizione, dunque, impone un obbligo di presentazione della domanda qualora si intenda continuare a percepire l’assegno sussistendone i presupposti e solo dopo tre riconoscimenti consecutivi, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente ,ossia senza la domanda dell’interessato salvo il generale potere di revisione dell’INPS . 7. Costituisce circostanza pacifica tra le parti che la domanda per la conferma dell’assegno ordinario di invalidità è stata presentata dal M. l’11/5/2005, oltre i 120 giorni dalla scadenza del precedente assegno avvenuta in data 30/11/2004. La questione posta all’esame di questa Corte consiste nello stabilire se tale domanda di ripristino, senza l’osservanza del termine di cui al comma 7 citato, imponga l’accertamento sia del requisito sanitario,sia di quello contributivo al pari di una domanda nuova. La tesi accolta dalla Corte d’appello e l’interpretazione delle norme da essa affermata secondo cui il riconoscimento del diritto al ripristino era subordinato, a fronte dell’inosservanza del termine di cui al citato comma 7, all’accertamento dei requisiti sia contributivi che sanitari risulta fondata. 8.La Corte ha sottolineato che il diritto all’assegno di invalidità è a termine avendo durata triennale con possibilità di conferma a domanda dell’interessato ed in via automatica soltanto dopo tre riconoscimenti consecutivi come previsto dal comma 8 ha osservato, pertanto, che la conferma determina un nuovo riconoscimento del diritto che è venuto meno alla scadenza del termine triennale e dei successivi 120 giorni fissati per la richiesta di conferma di cui al comma 7. La domanda di conferma presentata senza il rispetto dei termini di cui al comma 7, in assenza di alcun dato testuale che consenta di ritenere che possa avvenire sulla base del requisito contributivo accertato al momento del precedente riconoscimento dell’assegno o, come richiesto dal ricorrente, che essa possa riguardare il solo requisito sanitario, impone dunque la verifica dei requisiti contributivo e sanitario restando, invece, improprio il richiamo ad un concetto di decadenza che implicherebbe la definitiva perdita del diritto, mentre la suddetta inosservanza del termine determina solo la necessità di accertare entrambi i requisiti, sanitario e contributivo, al pari di una domanda nuova. Il richiamo ai principi sanciti da questa Corte cfr da ultimo Cass. n. 10596/2017 in tema soppressione dell’assegno di invalidità per il venir meno del requisito sanitario, di successivo ripristino con data successiva a quella della soppressione e di conseguente necessità di controllare anche d’ufficio l’esistenza del requisito contributivo prendendo quale termine di riferimento la domanda di ripristino e non già l’originaria domanda, risulta, invero, confermare la bontà del’interpretazione accolta dalla Corte territoriale. Anche nel caso qui in esame si è verificata una cessazione dell’erogazione della prestazione in assenza di una tempestiva domanda di conferma il requisito sanitario e contributivo dovranno essere accertati con riferimento al giorno di presentazione della nuova domanda amministrativa di ripristino, da cui decorreranno gli effetti in caso di accertamento degli altri requisiti, e non a quello dell’originaria domanda. 9. Né l’interpretazione accolta evidenzia dubbi di incostituzionalità, peraltro, neppure ben esposti dal ricorrente che propone una lettura della norma non aderente al dato normativo - secondo cui il rispetto dei 120 giorni determina la conferma automatica dell’assegno dopo tre riconoscimenti,mentre la presentazione della domanda di conferma dopo i 120 giorni non avrebbe consentito di avvalersi delle precedenti conferme. La fissazione di un termine entro il quale deve essere proposta la domanda di conferma dell’assegno non è irragionevole,ma è legata alle caratteristiche della prestazione in esame condizionata non solo al permanere del requisito sanitario,ma anche a quello del reddito e dei contributi. Tutela adeguatamente anche l’invalido che, ottenuto l’assegno, non sia più in grado di lavorare atteso che l’art. 1, comma 6, stabilisce che Ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione di cui al successivo art. 4, comma 2, si considerano utili i periodi di godimento dell’assegno di invalidità, nei quali non sia stata prestata attività lavorativa , ipotesi di cui il ricorrente non si è potuto avvalere avendo continuato a lavorare. Inconferenti appaiono, inoltre, i richiami svolti dal ricorrente alla giurisprudenza costituzionale in tema di irriducibilità del livello virtuale di pensione raggiunto in corso di rapporto di lavoro cfr Corte Cost.n 264/1994 citata dal ricorrente trattandosi di pronunce che hanno riguardato norme diverse, estranee alla materia delle prestazioni riconosciute a favore degli invalidi. 10. Quanto alle ulteriori censure circa il rigetto dell’applicazione della cd totalizzazione va ribadito, come già affermato da questa Corte Cass. n. 9582/2014, n. 12810/2011 che in tema di totalizzazione dei periodi assicurativi, la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 71, per effetto della cui entrata in vigore è rimasto abrogato il D.M. 2 maggio 1996, n. 282, poi a sua volta abrogato, unitamente al D.M. 7 febbraio 2003, n. 57, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, art. 7 , nel prevedere la facoltà di cumulare, per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dei trattamenti pensionistici per inabilità, i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso diverse gestioni, non ha esteso la facoltà del cumulo ai fini del conseguimento della diversa prestazione costituita dall’assegno di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 1 . Ne consegue che il ricorrente non può ai fini del raggiungimento del requisito contributivo, in particolare quello specifico, sommare i contributi versati dal 2001 nella gestione separata. 11. La Corte territoriale ha ritenuto, inoltre, inammissibili tutte le richieste formulate dal ricorrente volte ad ottenere l’assegno di invalidità in forza dei requisiti assicurativi e di contribuzione maturati presso la gestione separata anche in corso di causa. Secondo la Corte nel ricorso il M. si era limitato a chiedere l’accertamento del suo diritto alla conferma dell’assegno di invalidità e, pertanto, in accoglimento dell’appello dell’Inps la Corte ha accertato la violazione dell’art. 112 c.p.c., da parte del Tribunale per aver affermato il diritto del M. all’assegno sulla base della ritenuta sussistenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione nella diversa gestione autonoma. A riguardo non risultano formulate censure autosufficienti, né con riguardo alle conclusioni assunte con il ricorso in primo grado anche con riguardo alla richiesta di un supplemento di pensione, né con riferimento alla sentenza del Tribunale e,comunque, lo stesso ricorrente manifesta di voler ottenere la conferma dell’assegno dallo stesso originariamente goduto e non già un nuovo assegno a carico della gestione autonoma. 12. Per le considerazioni che precedono,in assenza del requisito di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 4, di tre anni nel quinquennio precedente, correttamente la Corte territoriale ha rigettato la domanda. 13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112, 132, 345 e 437 c.p.c. della L. n. 222 del 1984, artt. 1, 4 e 9 nonché nullità della sentenza. Censura l’interpretazione della sentenza del Tribunale data dalla Corte d’appello ed il conseguente accoglimento dell’appello dell’Inps con cui era stata denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c Ribadisce che il Tribunale aveva riconosciuto la vecchia prestazione limitandosi ad affermarne una diversa decorrenza e, comunque, rileva che l’inps aveva eccepito solo in appello tardivamente il difetto del requisito generico con riferimento alla gestione autonoma. 14.Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 222 del 1984, artt. 1, 4 e 9, della L. n. 335 del 1995, art. 1, della L. n. 335 del 1935, art. 1, degli artt. 3 e 38 Cost. nonché nullità della sentenza. Lamenta che la sentenza impugnata era insufficiente e contraddittoria circa la configurazione della prestazione riconosciuta dal Tribunale come nuovo assegno di invalidità da porre a carico della gestione separata e da liquidare sulla base della sola anzianità contributiva e assicurativa maturata nella gestione separata con le regole del sistema contributivo. In realtà il Tribunale aveva riconosciuto la vecchia prestazione tenendo conto dei contributi versati anche alla gestione fondo lavoratori dipendenti ed in applicazione del sistema retributivo. Lamenta che l’Inps aveva liquidato la prestazione riconosciuta dal Tribunale come un nuovo assegno di invalidità calcolato sulla base dei soli contributi maturati presso la gestione separata ponendosi in contrasto con un radicato orientamento della Corte Costituzionale volto a sterilizzare le vicende che determinerebbero effetti depressivi sulla posizione assicurativa ormai giunta ad un punto tale da consentire l’erogazione della prestazione previdenziale . 15. I due motivi congiuntamente esaminati sono inammissibili atteso che non è ravvisabile l’interesse del ricorrente. Lo stesso M. ha qui affermato e ribadito che la sua domanda è di conferma del precedente assegno goduto a carico del Fondo lavoratori dipendenti e che non vi è necessità di un nuovo accertamento dei contributi, anzi lo stesso ricorrente riferisce di aver proposto davanti al Tribunale di Treviso una nuova domanda volta ad ottenere un nuovo assegno a carico della gestione autonoma. Ne consegue che è privo di interesse con riferimento a censure attinenti all’interpretazione della sentenza di primo grado come intesa dalla Corte d’appello, e che cioè si tratterebbe di riconoscimento dell’assegno a carico della gestione autonoma nonché in ordine alle modalità di calcolo della prestazione a carico della gestione autonoma quali adottate dall’Inps. 16. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.