Licenziamento e tutela reale: anche i soci lavoratori della cooperativa nel computo del requisito dimensionale

I soci lavoratori della società cooperativa devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro. Di conseguenza, deve essere riconosciuto la fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dall’art. 18, l. n. 300/1970, nel testo novellato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92/2012.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6947/19, depositata l’11 marzo. Il fatto. La Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza di prime cure, condannava una società cooperativa alla riassunzione di un lavoratore per illegittimità del licenziamento intimato, o in mancanza, al pagamento di un’indennità risarcitoria a suo favore pari a 4 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ritenendo applicabile il c.d. rito Fornero” anche alla tutela obbligatoria. Il lavoratore ricorre dunque in Cassazione. Notifica del ricorso a mezzo PEC. In via preliminare, la Corte esamina l’eccezione di nullità o inesistenza del ricorso perché notificato a mezzo PEC ma non sottoscritto e prodotto in formato modificabile .doc . Veniva inoltre sottolineata la mancata indicazione della dizione notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”. Gli Ermellini precisano che in tal caso ci si trova di fronte ad una mera irregolarità e non nullità della notifica, qualora tra le parti sia avvenuto il perfezionamento della notifica. Affermazione che vale anche in relazione alla modalità di redazione dell’atto se in estensione .doc o .pdf , sempre che la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale. La posizione del socio lavoratore. Passando al merito del ricorso, il lavoratore deduce violazione degli artt. 18, comma 8 e 9, stat. lav., come modificato dalla l. n. 92/2012, e 2 l. n. 142/2001 per erronea esclusione nel computo del requisito dimensionale dell’impresa cooperativa dei soci lavoratori subordinati. Superando il precedente orientamento giurisprudenziale, la Corte pone l’accento sulla tutela del posto di lavoro dei soci lavoratori non in base alla stabilità del rapporto ma allo stesso patto sociale . Con la l. n. 142/2001, il legislatore ha introdotto una nuova visione della posizione del socio lavoratore, non più quale mero adempimento del contratto sociale, ma piuttosto radicata in un ulteriore” rapporto appunto di lavoro, ai sensi dell’art. 1, terzo comma, l. cit. . La prestazione lavorativa del socio ha assunto dunque una propria autonomia ed è stato ritenuto che il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa sia assistito dalla garanzia di stabilità, poiché, in caso di licenziamento, la maggiore onerosità per il conseguimento della tutela restitutoria, legata, oltre che all’impugnativa del licenziamento stesso, anche alla tempestiva opposizione alla contestuale delibera di esclusione, non può essere, di per sé, definita equivalente ad una condizione di metus caratterizzante lo svolgimento del rapporto lavorativo, tale da indurre il socio lavoratore a non esercitare i propri diritti per timore di perdere il posto di lavoro . Posto che l’art. 18, comma 8 e 9, stat. lav. non fa riferimento alla figura di tali lavoratori per il computo dei dipendenti per la dimensione rilevante ai fini dell’applicazione della tutela reale, la Corte di Cassazione sottolinea che la vigente disciplina deve essere intesa nel senso della sua integrale applicazione, in costanza di rapporto associativo, ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato sicchè, anch’essi devono essere computati ai fini del requisito dimensionale . In conclusione, il ricorso viene accolto in applicazione del principio così cristallizzato in una società cooperativa, anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro con la conseguenza della fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dall’art. 18, l. n. 300/1970, nel testo novellato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92/2012 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 gennaio – 11 marzo 2019, n. 6947 Presidente Nobile – Relatore Patti Fatti di causa Con sentenza in data 16 giugno 2017, la Corte d’appello di Palermo condannava la s.c.ar.l. Autoservizi Adranone alla riassunzione entro tre giorni di C.G. o, in mancanza, al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto così riformando la sentenza di primo grado, che in parziale riforma dell’ordinanza che aveva accertato l’illegittimità del licenziamento intimato con lettera del 10 settembre 2014, per giustificato motivo oggettivo per crisi di liquidità con riduzione delle corse nell’invarianza delle linee di trasporto urbano esercitato nei comuni di omissis e di omissis e condannato la società datrice al pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto aveva condannato la società cooperativa alla reintegrazione di C.G. e alla corresponsione, in suo favore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni, commisurate all’ultima globale di fatto, dal licenziamento all’effettiva reintegrazione. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale escludeva preliminarmente l’ammissibilità di riesame delle eccezioni di contumacia della società cooperativa datrice nella fase cautelare, di improcedibilità della sua opposizione e di irrituale elezione di domicilio di ritorsività del licenziamento di contestazione della sussistenza del giustificato motivo oggettivo di violazione dell’obbligo di repechage del lavoratore, in quanto meramente reiterate ai sensi dell’art. 346 c.p.c., e non oggetto di reclamo incidentale. Essa riteneva poi applicabile il cd. rito Fornero anche alla tutela obbligatoria ed omessa la pronuncia del Tribunale sulla domanda riconvenzionale risarcitoria della società cooperativa per condotte abusive del lavoratore nelle procedure esecutive pendenti , comportante una nullità tuttavia non rientrante tra le ipotesi degli artt. 353 e 354 c.p.c., di retrocessione al primo giudice ma suscettibile di esame per la sua conversione in mezzo di gravame sicché, in esito ad esso, la ravvisava inammissibile in assenza di una stretta connessione con i fatti costitutivi del licenziamento e comunque infondata per oggettiva genericità. Infine, la Corte palermitana riteneva violato l’obbligo di repechage, per l’assunzione di un nuovo dipendente, ancorché a tempo determinato e parziale, in concomitanza con la decisione del licenziamento e applicabile la tutela obbligatoria, in difetto del requisito dimensionale dell’impresa. Con atto notificato il 10 agosto 2017, il lavoratore ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui resisteva la società con controricorso, contenente ricorso incidentale con unico motivo, cui il primo replicava con controricorso. Entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 8 e 9, come mod. dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, L. n. 142 del 2001, art. 2, per erronea esclusione nel computo del requisito dimensionale dei soci lavoratori della cooperativa con rapporto di lavoro subordinato con essi invece integrato , in funzione dell’applicazione della tutela reale. 2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 60, per mancato esame delle eccezioni processuali e di merito proposte dal lavoratore in primo grado dalla Corte territoriale sull’erroneo assunto della necessità di una riproposizione con reclamo incidentale, in assenza di alcuna prescrizione di decadenza a differenza che per le ipotesi stabilite dall’art. 1, commi 58, 59 e 60 nel richiamo ai commi 51, 52 e 53 del medesimo articolo, tenuto conto della specialità del rito. 3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione ed omessa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 7, come sost. dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 40, per omissione del procedimento obbligatorio di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro, e per conoscenza pure al lavoratore, dell’intenzione di effettuare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo e delle eventuali misure di assistenza alla ricollocazione dello stesso ben rilevabile d’ufficio, in quanto norma imperativa, in ogni stato e grado del giudizio. 4. Con il quarto, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51, per inammissibilità della domanda riconvenzionale della società datrice, con memoria di costituzione depositata oltre il termine di decadenza di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza ovvero dalla comunicazione, se anteriore stabilito dalla norma denunciata. 5. Con unico motivo, la controricorrente a propria volta, in via di ricorso incidentale, deduce omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 5, per erronea statuizione di violazione dell’obbligo di repechage, in assenza di assunzione di personale dopo il licenziamento ed essendo F.A. semplicemente subentrato al padre socio dimissionario e lavoratore subordinato, in qualità di socio della cooperativa e con un contratto a tempo determinato e parziale dal 13 settembre al 30 novembre 2014. Essa infine deduce l’inutilizzabilità, nell’ipotesi di giustificato motivo oggettivo consistente nella generica riduzione di personale fungibile, del criterio dell’impossibilità di repechage, per l’equivalenza delle posizioni lavorative e la potenziale licenziabilità di tutti i lavoratori. 6. In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inesistenza o nullità del ricorso per cassazione, in quanto notificato a mezzo p.e.c., non sottoscritto e in formato .doc modificabile con notifica priva della dicitura notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 con procura alle liti in formato.PDF ottenuta mediante scansione dell’originale cartaceo sottoscritto, senza firma digitale con attestazione di conformità dell’atto notificato via p.e.c. dell’originale cartaceo priva di firma digitale. 6.1. Essa deve essere disattesa, siccome infondata. 6.2. Ed infatti, qualora l’originale del ricorso per cassazione rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che gli ha conferito la procura, la mancanza degli stessi elementi sulla copia notificata determina l’inammissibilità del ricorso soltanto in caso di assoluta incertezza sull’identificazione della parte e del difensore Cass. s.u. 29 luglio 2003, n. 11632 Cass. 24 febbraio 2011, n. 4548 Cass. 18 febbraio 2014, n. 3791 nel caso di specie da escludere per la redazione dell’atto in forma analogica cartacea e la notificazione a mezzo p.e.c. con indirizzo risultante da pubblico elenco . 6.3. Non si pone poi una questione di sottoscrizione con firma digitale, richiesta a pena di nullità per l’atto nativo digitale notificato, nel diverso caso di ricorso predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica Cass. s.u. 24 settembre 2018, n. 22438 neppure rilevando per l’attestazione di conformità dell’atto notificato via p.e.c. dell’originale, regolarmente sottoscritto dando atto della sua redazione in forma analogica. 6.4. Integra quindi una mera irregolarità, e non una nullità, la mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio di PEC, della dizione notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994 , qualora tra le parti sia avvenuto il perfezionamento della notifica e così pure la modalità di redazione in estensione.doc , anziché in formato.pdf dell’atto, se la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale Cass. s.u. 18 aprile 2016, n. 7665 Cass. 31 agosto 2017, n. 20625 Cass. s.u. 28 settembre 2018, n. 23620 . 7. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, artt. 18, commi 8 e 9, come mod. dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, e L. n. 142 del 2001, art. 2, per erronea esclusione nel computo del requisito dimensionale dell’impresa cooperativa dei soci lavoratori subordinati, è fondato. 7.1. Reputa questa Corte che debba essere superato il precedente indirizzo, seguito dalla Corte territoriale, di esclusione dal computo dei dipendenti di un’impresa cooperativa ai fini dell’applicabilità della disciplina limitativa dei licenziamenti, sull’essenziale rilievo della tutela del posto di lavoro dei soci lavoratori non in base alla stabilità del rapporto ma allo stesso patto sociale Cass. 17 luglio 1998, n. 7046 . E ciò per effetto della disciplina innovativa introdotta dalla L. 3 aprile 2001, n. 142, di revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore , assunta a discrimine della im possibilità di qualificazione dei soci di cooperative di produzione e lavoro alla stregua di dipendenti delle medesime, per le prestazioni rivolte a consentire ad esse il conseguimento dei fini istituzionali e rese secondo le prescrizioni del contratto sociale, appunto in riferimento al regime anteriore a quello introdotto dalla legge citata Cass. 21 ottobre 2003, n. 15750 Cass. 19 agosto 2004, n. 16281 Cass. 24 febbraio 2009, n. 4415 . 7.2. Con la nuova normativa è stata infatti introdotta una diversa visione della prestazione lavorativa del socio, non più quale mero adempimento del contratto sociale, ma piuttosto radicata in un ulteriore rapporto appunto di lavoro, ai sensi dell’art. 1, comma 3 L. cit. Essa ha così assunto una propria autonomia, segnando un’espansione degli istituti e delle discipline propri del lavoro subordinato in funzione protettiva del socio lavoratore, in virtù di una ridefinizione del rapporto associativo e di lavoro alla stregua di un collegamento negoziale, sia pure nella fase estintiva unidirezionale, nel senso dell’ineluttabile cessazione del rapporto di lavoro per effetto della cessazione del rapporto associativo, ma non viceversa. Tuttavia, non in modo tale da obliterare la rilevanza di quello di lavoro anche nella fase estintiva si è ritenuto, infatti, non essere preclusa dall’omessa impugnativa della delibera di esclusione dalla società cooperativa, qualora per le medesime ragioni afferenti al rapporto lavorativo siano stati contestualmente emanati la delibera e il licenziamento, la tutela risarcitoria stabilita dalla L. n. 604 del 1966, art. 8, ma soltanto quella restitutoria della qualità di lavoratore Cass. s.u. 20 novembre 2017, n. 27436 . 7.3. In continuità con una tale impostazione è stato quindi ritenuto che il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa sia assistito dalla garanzia di stabilità, poiché, in caso di licenziamento, la maggiore onerosità per il conseguimento della tutela restitutoria, legata, oltre che all’impugnativa del licenziamento stesso, anche alla tempestiva opposizione alla contestuale delibera di esclusione, non può essere, di per sé, definita equivalente ad una condizione di metus caratterizzante lo svolgimento del rapporto lavorativo, tale da indurre il socio lavoratore a non esercitare i propri diritti per timore di perdere il posto di lavoro Cass. 9 luglio 2018, n. 17989 . 7.4. Occorre inoltre considerare come, nel novellato testo della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 8 e 9, e prima nela L. n. 108 del 1990, ’art. 1, commi 1 e 2 , sia assente, in riferimento alla peculiare figura di lavoratori in esame, alcuna esplicita esclusione dalla previsione di computo dei dipendenti per la dimensione rilevante ai fini dell’applicazione della tutela reale, al di fuori del coniuge e dei parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e collaterale e che anzi è stabilita espressamente l’applicazione, ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato, della L. n. 300 del 1970, con la sola esclusione dell’art. 18, ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo L. n. 142 del 2001, art. 2, comma 1 . 7.5. Ed allora, la vigente disciplina deve essere intesa nel senso della sua integrale applicazione, in costanza di rapporto associativo, ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato sicché, anch’essi devono essere computati ai fini del requisito dimensionale. 7.6. Né conclusivamente si può escludere, come preteso dalla società controricorrente, la mancanza comunque dell’integrazione del requisito minimo di rilevanza per l’applicazione del regime di tutela reale del rapporto più di quindici dipendenti , a norma della L. n. 300 del 1970, art. 35, comma 1 , sul rilievo dell’accertamento dalla Corte territoriale del mancato raggiungimento della soglia per la non computabilità tra i lavoratori addetti ai fini della tutela reale dei soci effettivi C.P. , V.A. e M.M.A. , posto che rivestivano anche la qualità di Consiglieri di Amministrazione nelle rispettive qualità di Presidente, Vice Presidente e Consigliere di Amministrazione così al primo capoverso di pg. 9 della sentenza . Ed infatti, non sussiste una preclusione pregiudizialmente ostativa alla cumulabilità delle qualità di amministratore e di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali, purché si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato essendo onerato della prova del vincolo di subordinazione, ossia dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società Cass. 6 novembre 2013, n. 24972 Cass. 30 settembre 2016, n. 19596 . 7.7. In esito alle superiori argomentazioni il motivo deve essere pertanto accolto, in applicazione, previo l’accertamento del giudice di rinvio di un eventuale rapporto di lavoro subordinato prestato anche dagli amministratori della società cooperativa predetti ai fini dell’integrazione del requisito dimensionale, del seguente principio di diritto In una società cooperativa, anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l’applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro con la conseguenza della fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dalla L. n. 300 del 1970, nel testo novellato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42 . 8. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 60 L. n. 92 del 2012 per mancato esame delle eccezioni processuali e di merito proposte dal lavoratore in primo grado sull’erroneo assunto della necessità di una riproposizione con reclamo incidentale, è inammissibile. 8.1. Esso difetta di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in assenza di una specifica indicazione, né tanto meno di trascrizione degli atti processuali nei quali sarebbero contenute le eccezioni non esaminate, così da inibirne a questa Corte di cassazione un esame diretto ex actis Cass. 15 luglio 2015, n. 14784 Cass. 27 luglio 2017, n. 18679 . 9. Il terzo motivo, relativo a violazione ed omessa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 7, come sost. dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 40, per omissione del procedimento obbligatorio di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro dell’intenzione di effettuare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è parimenti inammissibile. 9.1. Esso pone una questione nuova, che non è stata trattata dalla sentenza impugnata, neppure avendo il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per tale ragione, assolto all’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde consentire alla Corte di Cassazione di controllare direttamente dagli atti la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa Cass. 12 settembre 2000, n. 12025 Cass. 2 aprile 2004, n. 6542 Cass. 28 luglio 2008, n. 20518 Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675 Cass. 13 giugno 2018, n. 15430 Cass. 9 agosto 2018, n. 20694 . 10. Anche il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51, per inammissibilità della domanda riconvenzionale della società datrice, è inammissibile. 10.1. Esso contiene una doglianza, per cui il lavoratore non ha interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., posto che la Corte territoriale ha reso una pronuncia di inammissibilità o comunque di infondatezza della domanda riconvenzionale che ne è oggetto al terzo e quarto capoverso di pg. 7 della sentenza sicché, non sussiste una soccombenza del ricorrente nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che egli subisca a causa della decisione, da apprezzarsi in relazione all’utilità giuridica che possa derivargliene dall’eventuale accoglimento Cass. 12 aprile 2013, n. 8934 Cass. 29 maggio 2018, n. 13395 . 11. L’unico motivo incidentale, relativo ad omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 1 e 5, per erronea statuizione di violazione dell’obbligo di repechage, in assenza di assunzione di personale dopo il licenziamento, è inammissibile. 11.1. In via di premessa, occorre ribadire come ancora recentemente da Cass. 25 ottobre 2018, n. 27094 che, qualora la riorganizzazione imprenditoriale sia modulata, non già sulla soppressione tout court della posizione lavorativa, ma piuttosto sulla riduzione di personale in una porzione dell’ambito organizzativo, si pone una questione invece inconferente nella diversa ipotesi di soppressione di posizione lavorativa Cass. 7 giugno 2017, n. 14178 di valutazione comparativa tra lavoratori di pari livello, interessati dalla riduzione ed occupati in posizione di piena fungibilità Cass. 21 dicembre 2016, n. 26467 Cass. 14 giugno 2007 n. 13876 Cass. 3 aprile 2006, n. 7752 . E che essa deve essere compiuta nel rispetto del principio di correttezza e buona fede nell’individuare il dipendente da licenziare Cass. 13 ottobre 2015, n. 20508 Cass. 11 giugno 2004 n. 11124 anche attingendo ai criteri indicati dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, quale standard idoneo ad assicurare una scelta conforme a tale canone, non potendo tuttavia escludersi l’utilizzabilità di altri criteri, purché non arbitrari, improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati Cass. 28 marzo 2011, n. 7046 Cass. 7 dicembre 2016, n. 25192 . 11.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato in fatto una nuova assunzione, sia pure a tempo determinato e parziale, di un lavoratore da parte della società cooperativa e ritenuto irrilevante la sua successione nella posizione di socio della cooperativa al padre dimissionario, in concomitanza con il licenziamento impugnato per le ragioni esposte dall’ultimo capoverso di pg. 7 al terzo di pg. 9 della sentenza . Né parte datrice ha offerto alcuna prova dell’inutilizzabilità aliunde del lavoratore licenziato, con indicazione, in relazione alle assunzioni effettuate, delle qualifiche e mansioni affidate ai nuovi dipendenti né dimostrazione che queste ultime non fossero da ritenersi equivalenti a quelle svolte dal lavoratore licenziato, tenuto conto della professionalità da questi raggiunta Cass. 1 agosto 2013, n. 18416 . 11.3. Infine, non si configura l’omesso esame di alcun fatto, alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053 Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498 Cass. 26 giugno 2015, n. 13189 Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439 , quanto piuttosto una contestazione probatoria e dell’accertamento in fatto, di esclusiva competenza del giudice di merito, congruamente argomentato e pertanto insindacabile in sede di legittimità. 12. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del primo motivo di ricorso principale, l’inammissibilità degli altri e del ricorso incidentale, con la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, dichiara inammissibili gli altri motivi e il ricorso incidentale cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.