La contribuzione da lavoro autonomo soggetto a gestione separata

L’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941, n. 8, c.c. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire e non una mera difficolta di accertamento del credito e dunque quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione.

Da ciò consegue che la mancata compilazione da parte di un professionista del quadro RR della dichiarazione dei redditi costituisce comportamento doloso volto ad impedire all’INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo e la derivante obbligazione contributiva. Condotta dolosa tale da determinare la sospensione del decorso della prescrizione, ai sensi della predetta norma codicistica. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6677, pubblicata il 7 marzo 2019. La vicenda opposizione a cartella esattoriale Inps con cui veniva richiesto il pagamento di contributi dovuti per la voro autonomo. Un avvocato si opponeva alla cartella esattoriale notifica da INPS, con cui venivano richiesti importi a titolo di contribuzione da lavoro autonomo, soggetto a gestione separata. Il giudice di primo grado accoglieva l’opposizione, ma la Corte d’Appello, decidendo sull’impugnazione proposta da INPS, riformava la sentenza di primo grado, rigettando l’opposizione alla cartella. Ricorreva così il Cassazione il professionista. La prescrizione della pretesa contributiva. Il ricorrente censura la decisione della corte di merito, poiché ha ritenuto non prescritto il diritto dell’INPS a pretendere i contributi dovuti. In particolare viene eccepito lo spirare della prescrizione quinquennale, decorrente, nel caso specifico, dal 31 maggio 2005, termine ultimo di pagamento dei contributi anno 2004. Essendo la richiesta di pagamento del 23 agosto 2010 il credito previdenziale doveva ritenersi ormai prescritto. Invoca, a sostegno del motivo di censura, la pronuncia della Suprema Corte n. 27950 del 2018. Gli ermellini tuttavia non condividono la tesi prospettata. E’ pur vero che, come affermato dal Supremo Collegio nella decisione citata, in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo. E, sempre secondo la corte di legittimità, per ciò che concerne i contributi a percentuale, posto che il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è rappresentato dall'avvenuta produzione da parte del lavoratore autonomo di un determinato reddito professionale, la prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini di pagamento per il versamento delle relative somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. La sospensione del decorso della prescrizione. Nel caso portato all’attenzione della Suprema Corte si ravvisa una causa di sospensione del decorso della prescrizione contemplata dall’art. 2941 c.c. l’aver dolosamente occultato al creditore l’esistenza del debito art. 2941 n. 8 c.c. . Il professionista ricorrente infatti ha omesso di compilare, all’atto della presentazione della dichiarazione dei redditi, l’apposito quadro RR” documento che costituisce l’unico ed esclusivo strumento che avrebbe consentito all’INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo da parte del professionista, non assoggettato ad altre obbligazioni contributive e suscettibile di iscrizione alla gestione separata ed obbligazione alla relativa contribuzione. Così facendo ha dato luogo ad un comportamento omissivo doloso, in danno dell’ente previdenziale. Secondo i giudici di legittimità, ai fini della configurabilità di una ipotesi di dolo dell'assicurato, che consente l'incondizionata ripetibilità, da parte dell'ente previdenziale, delle somme indebitamente corrisposte, non è sufficiente salvo alcuni casi specificamente indicati dalla legge il semplice silenzio o la reticenza dell' accipiens , ancorché in malafede, non potendo attribuirsi al comportamento omissivo, di per se stesso, valore di causa determinante dell'erogazione non dovuta in tutti i casi in cui le situazioni ostative all'erogazione siano note all'ente previdenziale ovvero siano da esso conoscibili facendo uso della diligenza richiesta dalla sua qualità di soggetto erogatore della prestazione. Sussiste invece l'ipotesi di dolo, idonea ad escludere l'applicazione delle norme limitative della ripetibilità delle somme non dovute, nel caso in cui l'assicurato abbia effettuato dichiarazioni non conformi al vero di fatti e comportamenti finalizzate ed idonee ad indurre in errore l'ente erogatore, ingenerando così una rappresentazione alterata della realtà, tale da incidere sull'attribuzione della prestazione. Nel caso di comportamento doloso la prescrizione rimane sospesa, a norma dell'art. 2941 n. 8 c.c., finché il dolo non sia stato scoperto. La Corte d’Appello, nella sentenza impugnata, ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati, ritenendo non prescritto il credito vantato da Inps, affermando che l’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 n. 8 del cod. civ. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire e non una mera difficolta di accertamento del credito e dunque quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione, quale, nel caso di specie, l’aver omesso la dovuta dichiarazione del reddito da lavoro autonomo. Il ricorso proposto è stato così rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 9 gennaio – 7 marzo 2019, n. 6677 Presidente Manna - Relatore Mancino Rilevato che 1. con sentenza in data 25 marzo 2013, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato legittima l’iscrizione dell’avvocato D.C.F. alla gestione separata e rigettato l’opposizione a cartella esattoriale per il pagamento dei contributi dovuti 2. la Corte di merito premetteva che l’INPS aveva costituito in mora la D.C. chiedendo con intimazione del 23 agosto 2010 il pagamento dei contributi dovuti alla gestione separata, alla quale la professionista non si era iscritta, per l’anno 2004, e che la predetta professionista non aveva compilato, nella dichiarazione dei redditi 2005, il modello RR necessario per la determinazione dei contributi per l’anno 2004, e neanche rispettato il termine del 31 maggio, dell’anno successivo, previsto, per legge, per il versamento dell’ultima quota della contribuzione dovuta alla gestione separata ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 212, lett. c 3. per la Corte del gravame, la condotta della professionista - che neanche aveva compilato, in sede di dichiarazione dei redditi, il quadro necessario per la determinazione dei contributi, da parte del Fisco, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, e D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10, - si era risolta in un’attività diretta, intenzionalmente, ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione e aveva ingenerato un’obiettiva situazione preclusiva, per l’ente previdenziale, della conoscenza del credito, della conseguente adozione delle relative determinazioni e, in definitiva, della possibilità di far valere il proprio diritto 4. avverso tale sentenza D.C.F. ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con controricorso 5. Equitalia Gerit S.p.A. è rimasta intimata. Considerato che 6. con i motivi di ricorso la parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e art. 2941 c.c., n. 8 e assume l’erroneità della decisione impugnata per aver ritenuto sospeso il termine di prescrizione della contribuzione previdenziale dovuta alla gestione sperata, e da calcolarsi sul reddito prodotto, valorizzando la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi 2005 per l’anno 2004, dovendo, invece, farsi decorrere - ad avviso della ricorrente - il termine di prescrizione quinquennale dalla data del versamento del saldo dei contributi per l’anno 2004, ossia dal 31 maggio 2005, con la conseguenza che alla data della richiesta di pagamento dell’INPS il 23 agosto 2010 il credito vantato dall’ente previdenziale doveva ritenersi ormai prescritto primo motivo omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte del gravame pronunciato sull’eccezione di decadenza secondo motivo 7. il ricorso va rigettato 8. la sentenza impugnata ha motivatamente ravvisato un intenzionale occultamento doloso del debito, da parte della professionista, nell’omettere, nella dichiarazione dei redditi, i proventi da lavoro autonomo, a fini fiscali, condotta di doloso occultamento ai predetti fini riverberatasi, nella specie, sull’obbligatoria copertura previdenziale dell’attività professionale svolta, non assoggettata ad altra contribuzione obbligatoria presso altri Enti o Casse professionali, e del pari dolosa, identico essendone il presupposto a prescindere dal rilievo che la doverosità o meno, per la professionista, o i professionisti in genere, dell’iscrizione alla gestione separata per i proventi da attività professionale non assoggettata ad altra contribuzione obbligatoria, costituisse ancora vexata quaestio nel periodo di cui si controverte v., per tutte, in tema di iscrizione dei professionisti alla gestione separata, Cass. 14 dicembre 2018, nn. 32506 e 32505, in riferimento, rispettivamente, a dottore commercialista e a ingegnere Cass. 11 gennaio 2019, n. 519, in riferimento ad avvocato 9. il recente precedente di questa Corte, sentenza 31 ottobre 2018, n. 27950, evocato dalla parte ricorrente per suffragare la tesi difensiva patrocinata, nel senso del decorso del termine quinquennale di prescrizione dei contributi dalla data di scadenza del versamento contributivo e non già dalla diversa data di presentazione della dichiarazione dei redditi, non va, invero, nella direzione pretesa e non è di conforto alla prospettazione illustrata ancora con la memoria illustrativa 10. invero, con la menzionata decisione, questa Corte ha dipanato il filo argomentativo anche in ordine alla questione della rilevanza dell’incompletezza della dichiarazione dei redditi sotto il profilo dell’omessa individuazione, al suo interno, degli obblighi contributivi riconnessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione per la gestione separata il quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi , non tanto sotto il profilo dell’efficacia interruttiva di tale dichiarazione, quale atto ricognitivo del debito, evidentemente insussistente nel momento in cui essa risulti carente proprio degli aspetti attinenti al debito contributivo, quanto sotto il profilo, affine al tema all’esame ora del Collegio, della ricorrenza dell’ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito art. 2941 c.c., n. 8 , rimettendone esame, e valutazione, al Giudice del rinvio, pur in assenza di allegazione nei gradi di merito, da parte dell’ente previdenziale, di una condotta dolosa di occultamento, alla stregua dell’orientamento per cui l’eccezione di sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c., n. 8 integra un’eccezione in senso lato e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice all’uopo richiamando Cass. 30 settembre 2016, n. 19567 11. diversamente dalla vicenda già al vaglio della Corte di legittimità con la decisione appena esaminata, la sentenza ora gravata, come illustrato nei paragrafi che precedono, ha chiaramente valutato e dato atto della condotta dolosa della professionista, di occultamento del credito per non avere compilato, dichiarando i relativi proventi, il quadro adibito alla determinazione dei contributi da parte del Fisco D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, e D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10 , con giudizio di fatto che si sottrae ad ogni sindacato in sede di legittimità 12. la sentenza impugnata, muovendo dunque dalla descritta premessa fattuale, ha correttamente applicato l’insegnamento di questa Corte, nel senso che l’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8 tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto ricorre quando sia posta in essere, dal debitore, una condotta tale da comportare, per il creditore, una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e dunque quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare, al creditore, l’esistenza dell’obbligazione cfr., tra le tante, Cass. 18 ottobre 2018, n. 26269 Cass. 11 settembre 2018, n. 22072 Cass. 7 marzo 2012, n. 3584 13. nella vicenda all’esame del Collegio, la compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi costituiva l’unico ed esclusivo documento che avrebbe consentito all’INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, da parte della professionista, non assoggettato ad altre obbligazioni contributive, e suscettibile dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata e dell’obbligazione contributiva in proporzione matematica predeterminata rispetto al reddito prodotto 14. con il secondo motivo di ricorso si lamenta, secondo il paradigma dell’omesso esame di un fatto decisivo art. 360 c.p.c., n. 5 , quella che, al più, si appalesa come un’omessa pronuncia da devolvere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 sull’eccezione di decadenza dalla notifica dell’avviso di accertamento, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, ma il motivo, già irritualmente dedotto, e come tale inammissibile, neanche chiarisce dove e quando l’eccezione sarebbe stata sollevata e coltivata in modo tale da imporre, in capo ai giudici d’appello, un obbligo di pronuncia 15. le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza 16. non si provvede alla regolazione delle spese per la parte rimasta intimata 17. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.