Il riconoscimento delle prestazioni sociali agli stranieri con titolo di soggiorno

Per il riconoscimento delle prestazioni sociali, finalizzate a rispondere ai bisogni primari della persona, nel nostro ordinamento non è consentita, ai sensi degli artt. 2 e 3 Cost, differenziazione alcuna tra cittadini italiani e stranieri che hanno titolo di soggiorno nel territorio dello Stato italiano.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 23763/18 depositata il 1° ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente il ricorso proposto da un padre, in veste di amministratore di sostegno della figlia, nata in Colombia nel 1989 e condannava l’INPS a corrisponderle la pensione di invalidità civile a decorrere dal maggio 2011, data in cui ella aveva ottenuto il permesso di soggiornare in Italia per lungo periodo confermava invece la sentenza del Tribunale nella parte in cui rigettava la pretesa per il periodo precedente. Avverso la sentenza di secondo grado, il padre propone ricorso per cassazione, denunciando la violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione tra cittadini ed extracomunitari in materia di disabilità. Le prestazioni sociali. A differenza di quanto sostenuto dall’INPS nel caso in esame, il Supremo Collegio afferma che, ai fini del riconoscimento delle prestazioni sociali, volte a rispondere a tutti i bisogni primari della persona, nel nostro ordinamento giuridico non è consentita, ai sensi degli artt. 2 e 3 Cost., alcuna differenziazione tra cittadini italiani e stranieri che hanno ottenuto il titolo di soggiornare nel territorio dello Stato italiano. Per questa ragione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando per le spese alla Corte territoriale in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 28 marzo – 1 ottobre 2018, numero 23763 Presidente Berrino – Relatore Riverso Fatto e diritto rilevato che con la sentenza numero 774/2012 la Corte d’Appello di Genova, accoglieva parzialmente l’appello proposto da T.M.L.S. , nella qualità di amministratore di sostegno, della figlia R.T.B.E. , nata in omissis , e condannava l’INPS a corrispondere la pensione di invalidità civile e spettante a quest’ultima ma soltanto a decorrere dal 24 maggio 2011 data in cui ella aveva ottenuto il permesso di soggiornante di lungo periodo confermava invece in mancanza dello stesso titolo di soggiorno la sentenza del tribunale di Genova per la parte in cui aveva rigettato la pretesa per il periodo precedente avendo la stessa parte presentato domanda amministrativa il 13.12.2007 a fondamento della decisione la Corte genovese sosteneva che ai fini del conseguimento delle prestazioni sociali domandate in giudizio, pur a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale nnumero 306/2008, 11/2009, 187/2010, 329/2011 , mentre era illegittimo subordinare l’erogazione delle provvidenze di natura assistenziale alla titolarità di un determinato reddito, condizionante il rilascio della carta di soggiorno ed ora del permesso per soggiornanti di lungo periodo , non era invece impedito al legislatore condizionare l’accesso a quelle stesse provvidenze, per i cittadini extracomunitari, al carattere non episodico del loro soggiorno e che, pertanto, valesse ancora il limite temporale previsto dalla legge per ottenere la carta di soggiorno per i soggiornanti di lungo periodo ossia cinque anni per cui il diritto vantato prima del perfezionamento della requisito della regolare soggiorno per cinque anni non potesse sussistere avverso detta sentenza T.M.L.S. , nella qualità di amministratore di sostegno, della figlia R.T.B.E. , ha proposto ricorso per cassazione, nella qualità sopraindicata, affidando le proprie censure ad un unico motivo che resiste l’INPS con controricorso il P.G. ha depositato le proprie osservazioni con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o in subordine il rigetto. considerato che con il primo ed unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 18/1980 e dell’articolo 80, comma 19 della legge 23.12.2000 numero 388 in relazione all’articolo 10 della Cost., all’articolo 14 della CEDU all’articolo 1 del Protocollo addizionale della Convenzione, adottato a Parigi il 20 marzo 1952 e reso esecutivo con I. 4.8.1955 numero 848 alla Convenzione ONU di New York recepita in Italia con 1.176/1991 alla Convenzione di Lussemburgo del 1980, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il 13.12.2006 e ratificata con I. 3.3.2009 numero 18 articolo 360 c.p.c. numero 3 , nonché la violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione tra cittadini e stranieri extracomunitari in materia di disabilità. Ciò in quanto la Corte d’appello aveva negato le provvidenze di cui alla domanda sostenendo che fosse ragionevole subordinarne l’erogazione alla sussistenza del requisito temporale di permanenza lungo ed affermando perciò che le prestazioni in discorso non fossero intese a rimediare a gravi situazioni di urgenza che sole, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, avrebbero tolto ragionevolezza al collegamento dell’erogazione della prestazione alla non episodicità ed alla breve durata del soggiorno il ricorso è fondato alla stregua dell’orientamento che si è venuto formando all’interno di questa Corte di legittimità in conformità alla serie di pronunce emesse in materia dalla Corte Costituzionale sentenze 306/2008, 11/2009, 187/2010, 40/2013, 329/2011, 22/2015, 230/2015 la quale, a partire dalla sentenza numero 306/2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, numero 388 e dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286 nella parte in cui escludono che l’indennità di accompagnamento possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo con la successiva sentenza 11.03.2013 numero 40, la Corte Cost. ha poi dichiarato l’illegittimità della stesso articolo 80, comma 19 1.23 dicembre 2000 numero 388 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello stato dell’indennità di accompagnamento e della pensione di inabilità la Corte era chiamata a decidere questa volta sulla necessità del requisito di soggiorno quinquennale in relazione ai due istituti indennità di accompagnamento e pensione di inabilità sui quali si era già pronunciata, con le sentenze nnumero 306/2008 e 11/2009, con riferimento ai soli requisiti reddituali ed ancora una volta la Corte ha ribadito che ove si tratti di provvidenze destinate al sostentamento della persona nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il disabile si trova inserito, qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all’articolo 14 della CEDU, avuto riguardo alla interpretazione rigorosa che di tale norma è stata offerta dalla giurisprudenza della Corte Europea l’introduzione di una norma a carattere restrittivo viene quindi riconosciuta dalla Corte priva di giustificazione in ragione delle gravi condizioni di salute dei soggetti di riferimento vengono infatti ad essere coinvolti una serie di valori di essenziale risalto - quali, in particolare, la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, i doveri di assistenza per le famiglie che rendono priva di giustificazione la previsione di un regime restrittivo ratione temporis, così come ratione census nei confronti di cittadini extracomunitari, legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato da tempo apprezzabile ed in modo non episodico, come nei casi di specie in conclusione, ed a differenza di quanto sostenuto dall’INPS, va affermato che ai fini del riconoscimento di prestazioni sociali volte a rispondere ai bisogni primari della persona, nel nostro ordinamento non sia consentita, ex artt. 2 e 3 Cost., alcuna differenziazione tra cittadini italiani e stranieri che hanno titolo al soggiorno nel territorio dello Stato italiano Cass.1797/2016 593/2016 15944/2016 20116/14771 la sentenza impugnata non è pertanto conforme ai principi esposti, ne consegue che il ricorso debba essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al giudice designato in dispositivo per l’ulteriore esame della controversia il giudice del rinvio provvederà altresì, ex articolo 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.