Assegno sociale e requisiti per i cittadini stranieri

Ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno sociale di cui all’art. 3 l. n. 335/1995, il requisito della titolarità della carta di soggiorno è soddisfatto dal legale soggiorno in Italia per oltre 10 anni a prescindere da ogni considerazione sulla natura del titolo di soggiorno.

La vicenda. Con la sentenza n. 397/2018, depositata il 7 agosto, il Tribunale di Monza accoglie la richiesta di un cittadino straniero proposta nei confronti dell’INPS al fine di vedersi riconosciuto il diritto a percepire l’assegno sociale di cui all’art. 3 l. n. 335/1995. L’INPS aveva infatti negato l’erogazione del trattamento previdenziale richiesto sulla base della mancanza di titolo di soggiorno valido, nonostante l’istante avesse evidenziato che non gli può essere rilasciato il permesso di lungo soggiorno CE, ma solo la carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario . Requisiti. Il Tribunale ripercorre la disciplina applicabile richiamando in primo luogo l’art. 80, comma 19, l. n. 388/2000 secondo cui Ai sensi dell’art. 41 d.lgs. n. 286/98 l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno . La nozione di carta di soggiorno” era riferita sia al documento rilasciato allo straniero regolarmente soggiornante da almeno 5 anni, titolare di un permesso di soggiorno che consente un numero indeterminato di rinnovi art. 9, comma 1 TU come vigente dal 2.9.98 al 20.2.2007 sia al documento rilasciato al genitore convivente di un cittadino italiano o di un cittadino dell'Unione Europea art. 9, comma 2 . Successivamente il d.lgs. n. 3/2007 di recepimento della Direttiva 2003/109 che ha riformulato il testo dell'art. 9 del d.lgs. n. 286/1998 introducendo la denominazione di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” il d.lgs. n. 30/2007 ha invece recepito la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri , mantenendo per tali soggetti la dizione carta di soggiorno” - a norma dell'art. 10 d.lgs. 30/2007 o carta di soggiorno permanente” - a norma dell'art 17 d.lgs. n. 30/2007. Il Tribunale sottolinea dunque che l’interpretazione restrittiva dell’INPS che pretende di affermare che la carta di soggiorno di cui alla legge n. 388/2000 sia da riferirsi unicamente al titolo permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” e non anche al diverso titolo di soggiorno relativo ai familiari che continua a chiamarsi appunto carta di soggiorno non è fondata né sul dato testuale né su alcuna ipotizzabile ratio legis . In conclusione, essendo il ricorrente titolare di una carta di soggiorno, titolo testualmente richiesto dalla norma ai fini del riconoscimento dell’assegno sociale, il Tribunale accoglie il ricorso e condanna l’INPS al pagamento.

Tribunale di Monza, sentenza 10 luglio – 7 agosto 2018, numero 397 Giudice Stefanizzi Svolgimento del processo Con ricorso in data 26 aprile 2017 A.B. chiedeva al Tribunale di Monza in funzione di Giudice del Lavoro di accertare e dichiarare il proprio diritto a percepire l’assegno sociale di cui all’art. 3 della legge numero 335/1995 a decorrere dal 01.08.2016 o dalla diversa data ritenuta di giustizia, con conseguenza condanna dell’INPS al pagamento della somma maturata a tale titolo alla data del 30 aprile 2017 nella misura di euro 4.191,17 oltre interessi legali dal dovuto al saldo, nonché le ulteriori quote mensili maturate e maturande. L’INPS si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto. Il Giudice istruiva la causa con l’acquisizione della documentazione prodotta e, all’odierna udienza, dopo la discussione, la decideva, pronunciando dispositivo di sentenza ex art. 429 primo comma primo periodo c.p.c Motivi della decisione Col presente ricorso B.A. contesta il rifiuto opposto dall’INPS alla richiesta di accesso all’assegno sociale ex art. 2 legge numero 335/1995. Il diniego è stato motivato dall’INPS esclusivamente con riferimento alla mancanza del necessario titolo di soggiorno in capo al ricorrente. Infatti, l’INPS, dapprima, con lettera del 11.08.2016, ha comunicato la reiezione della domanda con la seguente motivazione non è stato prodotto valido permesso di soggiorno per la procedibilità della domanda e la documentazione estera richiesta relativa al coniuge” cfr. lettera del 11.08.16 doc.7 -fascicolo ricorrente . A seguito della richiesta di riesame presentata dal ricorrente con relativa integrazione documentale relativa alla posizione del coniuge, l’INPS ha risposto in difetto del titolo di soggiorno necessario la domanda di riesame non può essere accolta . cfr. doc.10 fascicolo ricorrente . Infine, il ricorrente, in data 19.10.2016, ha presentato ricorso amministrativo avverso la comunicazione di diniego e, con delibera numero 171485 in data 22.2.2017, il Comitato Provinciale dell'INPS ha respinto il ricorso, evidenziando che Nel ricorso, il ricorrente afferma che non gli può essere rilasciato il permesso di lungo soggiorno CE, ma solo la carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario. Pertanto, per stessa ammissione di parte ricorrente non sussiste il requisito richiesto cfr. doc.11 fascicolo ricorrente . Il thema decidendum deve intendersi pertanto circoscritto all’adeguatezza o meno del titolo di soggiorno posseduto dal ricorrente ai fini della concessione del beneficio in oggetto. Il possesso degli ulteriori requisiti prescritti dalla legge deve ritenersi pacifico, in quanto non contestato dall’Istituto previdenziale. Tanto premesso, ad avviso del Tribunale, il diniego dell’INPS non è corretto e si fonda su una errata lettura del dato normativo. L’art. 80, comma 19 L. 388/00 cosi dispone Ai sensi dell’art. 41 Dlgs 286/98 l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali, sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno”. Alla data di entrata in vigore di detta novella legislativa, la denominazione carta disoggiorno”, richiamata dal comma 19 citato, era riferita sia al documento rilasciato allo straniero regolarmente soggiornante da almeno 5 anni, titolare di un permesso di soggiorno che consente un numero indeterminato di rinnovi art. 9, comma 1 TU come vigente dal 2.9.98 al 20.2.2007 sia al documento rilasciato al genitore convivente di un cittadino italiano o di un cittadino dell'Unione Europea art. 9, comma 2 . Il testo dell’art. 9 TU immigrazione era infatti, alla data di entrata in vigore del comma 19, art. 18, L. 388/00, il seguente 1. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno per se', per il coniuge e per i figli minori conviventi. La carta di soggiorno è a tempo indeterminato. 2. La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell'Unione europea residente in Italia.” L’art. 30, comma 4 del citato dlgs 286/1998, nella formulazione vigente nel 2000, prevedeva che Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di cui all'articolo 9, è rilasciata una carta di soggiorno”. Come ben evidenziato dalla difesa di parte ricorrente, i termini utilizzati per le due situazioni il lungo soggiornante e il familiare di cittadino si sono differenziati solo negli anni successivi allorché da un lato la condizione del lungo soggiornante è stata regolata dal dlgs 3/2007 – di recepimento della Direttiva 2003/109 - che ha riformulato il testo dell'art. 9 del dlgs 286/1998 introducendo la denominazione di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” dall’altro il dlgs 30/2007 ha recepito la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri , mantenendo per tali soggetti la dizione carta di soggiorno” - a norma dell'art 10 dlgs 30/2007 o carta di soggiorno permanente” - a norma dell'art 17 dlgs 30/2007. L’interpretazione restrittiva dell’INPS che pretende di affermare che la carta di soggiorno di cui alla legge numero 388/2000 sia da riferirsi unicamente al titolo permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo” e non anche al diverso titolo di soggiorno relativo ai familiari che continua a chiamarsi appunto carta di soggiorno non è fondata né sul dato testuale né su alcuna ipotizzabile ratio legis. Il ricorrente è titolare di carta di soggiorno, esattamente il titolo testualmente richiesto dalla norma art. 80 co. 19, l. 388/2000 ai fini del riconoscimento dell’assegno sociale che pertanto è stato illegittimamente negato dall’INPS. Si aggiunga, infine, che secondo una significativa parte della giurisprudenza di merito, L’art. 20 comma 10 d.l. 112/2008, convertito cin legge con modificazioni nella legge numero 133/2008 ha previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale di cui all’art. 3 co. 5 l. 8 agosto 1995, numero 335, è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale”. Nell’interpretazione della normativa appena citata deve ritenersi che il requisito del soggiorno legale e decennale in Italia richiesta pur anche agli stessi italiani dalla normativa del 2008, come ha notato Corte cost. 15.7.2016, numero 180 è venuto a superare l’esigenza del possesso della carta di soggiorni di lungo periodo per i cittadini extracomunitari dovendosi aggiungere che l’interpretazione ora enunciata, oltre che aderente al testuale e chiaro tenore delle disposizioni citate, risulta l’unica conforme alla Costituzione e alla normativa sovranazionale in materia artt. 10, primo comma, e 1117, primo comma della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU , firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, numero 848 .” Corte d’Appello di Firenze, sentenza numero 563 dell’11 maggio 2017 Il legale soggiorno in Italia per oltre dieci anni è requisito pacificamente posseduto dal ricorrente e sarebbe da solo sufficiente, in presenza dei requisiti reddituali altrettanto pacificamente posseduti, ad affermare il suo diritto al conseguimento del beneficio richiesto, a prescindere da ogni considerazione sulla natura del titolo di soggiorno da questi detenuto. L’Istituto previdenziale va pertanto condannato a pagare in favore del ricorrente l’assegno sociale nella misura di euro 4.191,17 così quantificata in ricorso e non contestata da controparte, alla data del 30 aprile 2017, nonché al pagamento degli ulteriori ratei spettanti, al permanere delle ulteriori condizioni previste dalla legge, oltre al pagamento degli interessi legali dalla data di maturazione dei singoli ratei al saldo. Le spese, liquidate come in dispositivo e da distrarre, si pongono a carico dell’Istituto soccombente. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza eccezione o deduzione respinta, così provvede 1. Accoglie il ricorso e, per l’effetto dichiara tenuto e condanna l’INPS al pagamento in favore del ricorrente dell’assegno sociale di cui all’art. 3 L 335/1995 a decorrere dal 01.08.2016 nella misura di euro 4.191.17 alla data del 30 aprile 2017 oltre interessi legali dal dovuto al saldo, nonché le ulteriori quote mensili maturate e maturande fino a che ne permangano le condizioni 2. condanna l’INPS a rimborsare alla parte ricorrente le spese di lite, che si liquidano complessivamente in € 1.300,00 per onorari , oltre IVA, CPA e rimborso delle spese forfetarie come per legge. 3. Fissa il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.