Ripercussioni fisiche post vaccino antipolio: riconosciuto il diritto all’indennizzo

Condanna definitiva per il Ministero. Accolta la domanda presentata da una donna, in qualità di tutore del figlio, colpito da tetraparesi spastica, insufficienza mentale ed epilessia. In Cassazione viene ritenuta corretta la valutazione compiuta in Appello, laddove si è affermato che la patologia poteva essere ragionevolmente collegata alla vaccinazione.

Serissime ripercussioni fisiche manifestatesi subito dopo la vaccinazione antipolio. A pagare per i gravi problemi di salute subiti dal bambino – oramai diventato adulto – è il Ministero della Salute, condannato a risarcire la madre che ha presentato domanda ad hoc in qualità di tutrice del figlio. Cassazione, ordinanza n. 22078/2018, Sezione Lavoro, depositata oggi . Nesso. La drammatica vicenda ha origine nel lontano ottobre del 1961. All’epoca il bambino – lo chiameremo Paolo, utilizzando un nome di fantasia – viene sottoposto alla vaccinazione antipolio tipo Salk . Pochi giorni dopo, però, egli è vittima di un malore, e la situazione va purtroppo peggiorando nel tempo i genitori debbono prendere atto delle patologie che hanno colpito Paolo, ossia tetraparesi spastica, insufficienza mentale ed epilessia . Ora, a distanza di quasi sessant’anni, vengono riconosciute le responsabilità del Ministero della Salute, condannato a versare alla madre di Paolo l’indennizzo previsto dalle leggi 210/1992 e 362/1999. Respinta anche in Cassazione l’obiezione relativa a una presunta decadenza dal diritto a presentare richiesta di indennizzo nei confronti dello Stato. Ma, soprattutto, i Giudici del ‘Palazzaccio’ mostrano di considerare corretta la valutazione compiuta in Appello, laddove si è ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la vaccinazione – intesa come operazione di inoculamento del vaccino – e il successivo manifestarsi della patologia . In sostanza, alla luce della relazione messa nero su bianco dal consulente tecnico d’ufficio, è emersa l’assenza di elementi che giustificavano la sintomatologia, tranne la somministrazione del vaccino . A completare il quadro, poi, il fatto che la letteratura scientifica accettasse un rapporto di causa ed effetto, secondo un meccanismo di reazione allergica autoimmune, il verificarsi del primo malore a pochi giorni dalla prima inoculazione del vaccino . Logico concludere, spiegano i Giudici, che il complesso morboso in questione poteva essere ragionevolmente collegato alla somministrazione del vaccino .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 30 maggio – 11 settembre, numero 22078 Presidente Napoletano – Relatore Tricomi Fatto e diritto Rilevato 1. che la Corte d'Appello di Brescia, con la sentenza numero 116 del 2013, pubblicata il 15 marzo 2013, rigettava l'impugnazione proposta dal Ministero della salute nei confronti di Pe. Li., quale tutrice del figlio, la ASL di Bergamo e la Regione Lombardia, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Bergamo. 2. Il Tribunale aveva accertato il diritto del figlio della Pe. all'indennizzo ex articolo 2 della legge numero 210 del 1992, e art 3, comma 3, della legge numero 362 del 1999, a decorrere da maggio 2006. 3. La Corte d'Appello ha ritenuto che, anche per il termine decadenziale di cui all'articolo 3, comma 3, della legge numero 362 del 1999, andavano applicati i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo all'articolo 3, comma 7, della legge numero 210 del 1992, secondo cui il termine di decadenza decorre dal momento in cui l'interessato ha avuto conoscenza del danno, e solo se tale conoscenza già vi è stata, dall'entrata in vigore della legge. Ha quindi ritenuto che, in ragione dei complessivi esiti della CTU, come esposto in motivazione, sussisteva un ragionevole collegamento tra la vaccinazione antipolio tipo Salk e la patologia occorsa all'interessato. 3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il Ministero della salute prospettando due motivi di ricorso. 4. Resiste Pe. Li., nella qualità, con controricorso. 5. La ASL di Bergamo e la Regione Lombardia non si sono costituite. 5. La Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO 1. che con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione della legge numero 362 del 1999, nel combinato disposto con la legge numero 210 del 1992, in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. Difetto di motivazione in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. Assume il Ministero che la norma in questione fa riferimento, come dies a quo per la decorrenza del termine di decadenza, alla data di entrata in vigore della legge e che, dunque, erroneamente, la Corte d'Appello avrebbe fatto riferimento alla conoscenza del danno con riferimento alla sua eziologia. 1.1. Il motivo non è fondato. 1.2. Va premesso che non è contestata dal Ministero la conoscenza della eziologia, intervenuta nel 2006 quando veniva presentata domanda di indennizzo ex articolo 3, comma 3, della legge numero 362 del 1999, per i danni conseguenti alla vaccinazione antipolio tipo Salk somministrata all'interessato l'11 ottobre 1961, ma si prospetta che la domanda è intervenuta dopo la scadenza del termine di decadenza da computare dall'entrata in vigore della legge numero 362 del 1999, e non dalla conoscenza del nesso eziologico tra patologia e vaccinazione. 1.3. Occorre ricordare che la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 27 del 1998, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 2 e 32 della Costituzione, l'articolo 1, comma 1, della legge numero 210 del 1992, nella parte in cui non prevedeva il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite, in favore dei soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959 numero 695, recante Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica . Tale legge, poi abrogata dall'articolo 5 della legge 4 febbraio 1966, n 51, aveva fortemente incentivato la vaccinazione, pur non imponendola come obbligo giuridico. 1.4. Quindi, la legge 14 ottobre 1999, numero 362 estendeva l'indennizzo previsto dal comma 1 dell'articolo 1 della legge numero 210, alle condizioni ivi stabilite, ai soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959 numero 695, e stabiliva, per i predetti soggetti danneggiati, un termine di decadenza dalla data di entrata in vigore della legge, per la presentazione della domanda all'azienda unità sanitaria locale competente. La fissazione di un termine decadenziale, con decorrenza dall'entrata in vigore della legge numero 362 del 1999, era funzionale a stabilire un ragionevole arco temporale massimo nel quale, coloro che già avevano avuto conoscenza di un danno conseguente alla sottoposizione a vaccinazione antipolio prima delle entrata in vigore della legge, potessero conseguire l'indennizzo in ossequio alla pronuncia del Giudice delle Leggi. D'altro canto, la Corte costituzionale con la citata sentenza, dichiarava l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, numero 210, nella parte in cui non prevedeva il diritto all'indennizzo, alle condizioni ivi stabilite alle condizioni e ai modi di cui alla legge medesima, come si afferma nel medesimo articolo 1 , di coloro che siano stati sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, numero 695. E la legge numero 210 del 1992, nello stabilire condizioni e modi , all' articolo 3, comma 1, ultimo periodo, prevedeva I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno , e al comma 7 sanciva che Per coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già subito la menomazione prevista dall'articolo 1, il termine di cui al comma 1 del presente articolo decorre dalla data di entrata in vigore della legge stessa . Quindi la previsione dell'articolo 3, comma 3, della legge 362 del 1999, va interpretata in linea con il dictum del Giudice delle Leggi sentenza numero 27 del 1998 e con i principi costituzionali a cui quest'ultima dava attuazione, nonché tenuto conto del rinvio, contenuto net medesimo articolo 3 all'articolo 1 della legge numero 210 del 1992 e in quest'ultimo anche all'articolo 3 della medesima legge numero 210 del 1992 , nel senso che la stessa stabilisce quale dies a quo della decorrenza del termine di decadenza l'entrata in vigore della legge solo con riguardo ai casi in cui la conoscenza del nesso eziologico è intervenuto prima dell'entrata in vigore della legge medesima. 1.5. Quindi, fermo il rilievo della conoscenza ai fini della decorrenza del termine decadenza, il legislatore del 1999 ha fissato, quale dies a quo, l'entrata in vigore della legge per le situazioni già note ai danneggiati ma prive di tutela prima dell'entrata in vigore della legge medesima. 1.6. Nel caso di specie, invece, la conoscenza del danno interveniva successivamente all'adozione della legge e pertanto, come stabilito dalla legge numero 210 del 1992, il dies a quo decorre dalla suddetta conoscenza, con conseguente tempestività della domanda. 1.7. In tal senso, si richiamano i principi enunciati da questa Corte con l'ordinanza numero 11339 del 2018. Va premesso, in proposito, che da ultimo, il decreto-legge 7 giugno 2017, numero 73 convertito, con modificazioni, con legge 31 luglio 2017, numero 119, all'articolo 5-quater, rubricato Indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze irreversibili da vaccinazioni ha introdotto, nell'ordinamento, una disposizione di chiusura che estende la tutela prevista dalla legge numero 210 a tutte le vaccinazioni indicate nell'articolo 1 del citato decreto-legge numero 73, tra le quali risulta inclusa la vaccinazione antipoliomielite. Questa Corte, con la citata ordinanza numero numero 11339 del 2018, ha affermato che alla stregua del predetto articolo 5-quater, anche alle vaccinazioni antipoliomielite si applicano, in caso di lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica, le disposizioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, numero 210, senza alcun limite temporale come fissato, in passato, dalla legge numero 362 del 1999, in riferimento al limitato periodo di vigenza della legge numero 695 del 1959, alla stregua dell'interpretazione letterale, sistematica e costituzionalmente orientata. Risulta, ora, definitivamente espunto dall'ordinamento, con la norma introdotta dal legislatore del 2017, il ristretto ambito di protezione dei soggetti danneggiati dalle vaccinazioni antipoliomielite non obbligatorie somministrate nell'arco temporale di vigenza di una norma già abrogata nel 1966 citata legge 4 febbraio 1966, numero 51, articolo 5 ma della quale l'ordinamento aveva voluto conservare, molti anni dopo, la limitata vigenza temporale onde delimitare l'ambito degli aventi diritto alla tutela. Questa Corte, con la citata ordinanza, nel riportare l'articolato excursus normativo e giurisprudenziale, e nell'inquadrare il carattere assistenziale della tutela indennitaria nell'ambito della sicurezza sociale, e non risarcitorio, a tutela della lesione permanente dell'integrità psico-fisica, quindi della salute come tale, nell'esaminare la questione in cui la somministrazione della vaccinazione antipoliomielite in epoca antecedente al 30 luglio 1959, abbia prodotto un danno permanente alla salute, ha quindi affermato che va riconosciuta la tutela indennitaria anche ai danneggiati da vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria somministrata in epoca antecedente al 30 luglio 1959, la proponibilità della domanda, per opporre il diritto all'autorità amministrativa preposta l'autorità sanitaria deve ricondursi nell'alveo della norma generale della legge numero 210 e del termine triennale di decadenza ivi previsto. 1.8. In particolare, per quanto qui rileva, questa Corte, con la citata ordinanza numero 11339 del 2018, ha ulteriormente precisato che il termine di decadenza decorre dal momento in cui, sulla base della documentazione prescritta nella norma, l'avente diritto risulti avere avuto conoscenza del danno, in tal senso richiedendosi la consapevolezza dell'esistenza di una patologia ascrivibile causalmente alla vaccinazione, dalla quale sia derivato un danno irreversibile. 2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. 2.1. Il motivo è inammissibile. 2.2. Occorre rilevare che il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell'attribuzione ad essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata. Nella specie, il motivo, pur rubricato come violazione delle suddette norme, si sostanzia nella prospettazione di un vizio di motivazione, venendo contestato l'accertamento di fatto e la motivazione dello stesso svolti dalla Corte d'Appello. 2.3. È applicabile, ratione temporis, alla fattispecie l'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., nel testo modificato dalla legge 7 agosto 2012 numero 134 pubblicata sulla G.U. numero 187 dell'11.8.2012 , di conversione del d.l. 22 giugno 2012 numero 83, che consente di denunciare in sede di legittimità unicamente l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. 2.4. Hanno osservato le Sezioni Unite di questa Corte Cass. S.U. numero 19881 del 2014 e Cass. S.U. numero 8053 del 2014 che la ratio del recente intervento normativo è ben espressa dai lavori parlamentari lì dove si afferma che la riformulazione dell'articolo 360 numero 5, cod. proc. civ. ha la finalità di evitare l'abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, e, quindi, di supportare la funzione nomofilattica propria della Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non dello ius litigatoris, se non nei limiti della violazione di legge. Il vizio di motivazione, quindi, rileva solo allorquando l'anomalia si tramuta in violazione della legge costituzionale, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione , sicché quest'ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perché non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno della propria tesi. 2.5. Ciò non ricorre nel caso in esame, atteso la Corte di merito ha rigettato l'appello del Ministero con accertamento di fatto che ha ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la vaccinazione - intesa come operazione di inoculamento del vaccino - effettuata dall'interessato ed il successivo manifestarsi della patologia tetraparesi spastica, insufficienza mentale, epilessia , facendo applicazione dei principi già affermati da questa Corte con la sentenza numero 25119 del 2017, secondo cui in tema di danni da vaccinazione obbligatoria, la sussistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e il verificarsi del danno alla salute deve essere valutata secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica ispirato al principio del più probabile che non , da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi cd. probabilità quantitativa , ma riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto cd. probabilità logica . La Corte d'Appello nel richiamare la CTU, rilevava che l'assenza di elementi che giustificavano la sintomatologia tranne la somministrazione del vaccino, il fatto che la letteratura scientifica accettasse un rapporto di causa ed effetto secondo un meccanismo di reazione allergica autoimmune, il verificarsi del primo malore a pochi giorni dalla prima inoculazione del vaccino, facevano concludere che il complesso morboso in questione poteva essere ragionevolmente collegato alla somministrazione del vaccino. 3. Il ricorso deve essere rigettato. 4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Pe. Li Nulla spese nei confronti della ASL Bergamo e della Regione Lombardia non costituitesi. Non può trovare applicazione nell'ipotesi d'impugnazione, anche incidentale, della amministrazione pubblica, la disposizione, di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla legge numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17 Cass., numero 23514 del 2014, Cass. S.U., numero 9938 del 2014 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida nei confronti di Pe. Li., in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.