Vivere in Italia è un requisito inderogabile per la pensione di invalidità

Ai sensi dell’art. 10- bis , comma 1, del Regolamento CEE numero 1408/1971, come modificato dal Regolamento CEE numero 1247/1992, le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo non sono esportabili in ambito comunitario, e sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione . Di conseguenza in Italia non è dovuta la pensione di invalidità civile al cittadino residente all’estero.

Così la Cassazione con ordinanza n. 21901/18, depositata il 7 settembre. Il caso. La Corte territoriale rigettava sia l’appello principale promosso dagli eredi del richiedente deceduto sia l’appello incidentale formulato dall’INPS, confermando così la decisione di prime cure con la quale l’ente previdenziale veniva condannato ad erogare la pensione di invalidità civile agli eredi del defunto. In particolare la Corte d’Appello aveva ritenuto infondate le censure mosse dall’INPS relative alla sussistenza del requisito sanitario e della mancata residenza in Italia dell’interessato. Contro la decisione di merito ha proposto ricorso per cassazione l’INPS denunciando, con l’unico motivo, la violazione dell’art. 10- bis del regolamento CEE 14 giugno 1971, atteso che nel caso di specie era provato che prima della morte l’interessato fosse residente all’estero e, quindi, non aveva titolo a pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità per il periodo di permanenza all’estero. Inesportabilità in ambito comunitario. Per risolvere la questione la Cassazione ha richiamato il consolidato principio secondo cui per quel che concerne la cosiddetta inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive si rileva che la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contempla un principio per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, e dunque sono inesportabili negli Stati membri dell’Unione Europea . In particolare in Italia tra le prestazione inesportabili si ricomprendono le pensioni sociali, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili, nonché la pensione e le indennità per sordomuti e ciechi, l’integrazione delle pensione minima e dell’assegno di invalidità, l’assegno sociale e la maggiorazione sociale. Ciò in applicazione dell’art. 10- bis Regolamento CEE n. 1408/1971 come modificato dal Regolamento CEE n. 1247/1992. Per questo motivo la Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 29 marzo – 7 settembre 2018, n. 21901 Presidente D’Antonio – Relatore Riverso Fatto e diritto Ritenuto che la Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza n. 118/2012 rigettando l’appello principale proposto da R.C. e litisconsorti, in qualità di eredi di R.G. , e l’appello incidentale proposto dall’Inps confermava la sentenza che condannava l’Istituto ad erogare la pensione di invalidità civile, ritenendo infondate le censure rivolte alla sentenza di primo grado dagli originari ricorrenti sotto il profilo della decorrenza e dall’Inps sotto il profilo della sussistenza del requisito sanitario e della mancata residenza in Italia di R.G. contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con un motivo, mentre sono rimasti intimati gli eredi di R.G. Considerato che con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 10 bis del regolamento CEE del 14 giugno 1971, come modificato dal regolamento n. 1247 del 30 aprile 1992, nonché errata motivazione su un punto controverso decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 nn. 3 e 5 c.p.c. , atteso che nel caso di specie era provato e non contestato che il signor R.G. nel periodo che va dal 1 settembre 2005 sino alla morte del 17 giugno 2006 fosse residente all’estero come da certificato di residenza riprodotto in ricorso talché il signor R. e per esso gli eredi, anch’essi peraltro tutti residenti all’estero, non avevano titolo per pretendere il pagamento dei ratei di pensione di invalidità per il periodo indicato, in quanto la residenza sul territorio dello Stato italiano costituisce un requisito costitutivo del diritto alla provvidenza richiesta il motivo è fondato atteso che, come di recente riaffermato da questa Corte sentenza 7914/2017 , per quel che concerne la cosiddetta inesportabilità in ambito comunitario delle prestazioni in danaro non contributive si rileva che la disciplina comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale contempla un principio per cui le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo, sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, e dunque sono inesportabili negli Stati membri dell’Unione Europea. Per l’Italia, tra le prestazioni inesportabili si ricomprendono le pensioni sociali le pensioni, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili le pensioni e le indennità ai sordomuti le pensioni e le indennità ai ciechi civili l’integrazione della pensione minima l’integrazione dell’assegno di invalidità l’assegno sociale la maggiorazione sociale. Infatti, il Regolamento CEE n. 1247/92 del Consiglio, del 30 aprile 1992, che ha modificato il regolamento CEE n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, ha previsto all’art. 1, punto 4 , l’inserimento dell’articolo 10 bis Prestazioni speciali a carattere non contributivo che stabilisce quanto segue Nonostante l’articolo 10 e il titolo III, le persone alle quali il presente regolamento è applicabile beneficiano delle prestazioni speciali in denaro a carattere non contributivo di cui all’articolo 4, paragrafo 2 bis esclusivamente nel territorio dello Stato membro nel quale esse risiedono ed in base alla legislazione di tale Stato, purché tali prestazioni siano menzionate nell’allegato II bis. Tali prestazioni sono erogate a carico dell’istituzione del luogo di residenza va pertanto affermato che in virtù del principio, contemplato dall’art. 10-bis, comma 1, del Regolamento CEE n. 1247 del 1992, le prestazioni speciali in denaro, sia assistenziali che previdenziali, ma non aventi carattere contributivo non sono esportabili in ambito comunitario, e sono erogate esclusivamente nello Stato membro in cui i soggetti interessati risiedono ed ai sensi della sua legislazione, sicché la pensione di invalidità civile non è dovuta al cittadino residente fuori dal territorio nazionale in definitiva il ricorso va accolto, la sentenza cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda originariamente svolta da R.C. e litisconsorti le spese di lite del giudizio di cassazione seguono la soccombenza degli intimati mentre sussistono i presupposti per la compensazione di quelle relative ai giudizi di merito come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda originaria. Compensa le spese processuali dei giudizi di merito. Condanna gli intimati al pagamento delle spese processuali del presente giudizio nella misura di Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.