Solo la retribuzione fissa rientra nel trattamento economico effettivo

La l. n. 549/1995 mirava a garantire, in capo ai dipendenti dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato interessati da procedure di ricollocazione, il tendenziale mantenimento del livello reddituale precedente, per la determinazione del quale deve tuttavia aversi a riferimento ai soli elementi retributivi fissi e continuativi.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 21187/18, depositata il 27 agosto. Il caso. La Corte di Appello di Lecce, riformando la pronuncia di primo grado, accertava come non dovuto il c.d. compenso di produttività collettiva, previsto dal CCNL del Comparto Autonomie locali del 1998 nei confronti dei lavoratori comandati dai Monopoli di Stato al Ministero dell’Economia ai sensi del d.lgs. n. 283/1998. In particolare, ritenevano i Giudici di merito che la fonte normativa della fattispecie fosse rinvenibile nell’art. 3, commi 232 e 233, l. n. 549/1995, il quale prevedeva la corresponsione di un assegno personale riassorbibile pari alla differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio dalla p.a. di provenienza e il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione e non comprensivo del compenso di produttività collettiva” . Attesa la natura di trattamento teso alla realizzazione di obiettivi e programmi di incremento della produttività del compenso di produttività, esso difettava di quei requisiti di continuità e fissità necessari per l’inserimento nella base di calcolo dell’assegno personale riassorbibile. Contro tale pronuncia vari ricorrenti promuovevano ricorso alla Corte di Cassazione, articolando un unico motivo. Il dato letterale della legge era chiaro In particolare ad avviso dei ricorrenti, per quanto qui interessa, la Corte di merito aveva errato nell’escludere il compenso in discorso dall’assegno personale riassorbibile poiché la l. n. 549/1995 non conteneva alcuna distinzione tra trattamenti accessori fissi e trattamenti accessori di altro tipo. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. In particolare, la Corte rileva come i commi 232 e 233 prevedevano che ai dipendenti dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato trasferiti, anche in soprannumero, nei ruoli del Ministero delle Finanze in conseguenza dell'attuazione del piano di ristrutturazione aziendale, è attribuito un assegno personale non pensionabile e non rivalutabile, pari all'eventuale differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all'atto del passaggio ed il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione [.] L'assegno personale di cui al comma 232 è conservato fino al riassorbimento a seguito di futuri aumenti delle predette quote di retribuzione accessoria . La norma mirava quindi a garantire il mantenimento del livello reddituale precedente in capo ai dipendenti dei Monopoli oggetto di ricollocazione in virtù in sintesi della privatizzazione dell’Ente. e si limitava ai soli trattamenti continuativi. In questo contesto, ad avviso della Cassazione, nel determinare il trattamento economico complessivo da attribuire al personale di provenienza ETI, il ministero aveva considerato gli emolumenti accessori della retribuzione a carattere fisso e continuativo, mentre aveva escluso il premio incentivante per la produzione collettiva in quanto compenso accessorio, sebbene collegato al raggiungimento di specifici risultati [.] erogabile all'esito di verifiche annuali circa il raggiungimento dei risultati ottenuti . Per tale ragione, bene avevano quindi fatto i Giudici di merito a ritenere tale erogazione esclusa dalla base di calcolo dell’assegno ad personam , attesa l’assenza di qualsivoglia elemento di continuità o predeterminatezza. La soluzione risulta ancor più corretta in chiave sistematica. Infine, conclude la Corte, con la legge in discorso il Legislatore si è mosso nel solco della precedente l. n. 537/1993 che disciplinava taluni passaggi di carriera la quale, prevedendo all’art. 3 una disciplina estremamente simile a quella in discorso, veniva interpretata dalla Legge Finanziaria per il 2006 nel senso che alla determinazione dell'assegno personale non riassorbibile e non rivalutabile concorre il trattamento fisso e continuativo, con esclusione della retribuzione di risultato e di altre voci retributive comunque collegate al raggiungimento di specifici risultati o obiettivi . Circostanza che, nell’avviso della Cassazione, suffraga ulteriormente la correttezza della decisione adottata nel caso di specie dai Giudici di merito ed il conseguente rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 aprile – 27 agosto 2018, numero 21187 Presidente Napoletano – Relatore De Felice Fatto e diritto Rilevato che la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della pronuncia del locale Tribunale, ha accolto il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze rivolto a sentir dichiarare come non dovuto il cd. compenso di produttività collettiva , previsto dagli artt. 65 e 66 del c.c.numero l. 1998-2001 del comparto Aziende autonome, nei confronti dei lavoratori comandati dai Monopoli di Stato al Ministero dell’Economia e Finanze ai sensi del d.lgs. numero 283/1998 la Corte territoriale ha ritenuto che la fonte di disciplina della fattispecie fosse costituita dall’art. 3, commi 232 e 233 della L. numero 549/1995, il quale prevedeva la corresponsiope di un assegno personale riassorbibile, di misura pari alla differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio dalla p.a. di provenienza e il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione, e non comprensivo del compenso di produttività collettiva ha statuito che, in quanto trattamento accessorio mirante alla realizzazione di obiettivi e programmi di incremento della produttività, il compenso in oggetto fosse privo di quei requisiti di continuità e fissità, richiesti dall’art. 3, co. 232 della L. numero 549/1995, tali da giustificarne il computo nella base di calcolo dell’assegno personale riassorbibile avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione A.P.A. ed altri ventisei, con un unico motivo illustrato da memoria, e il MEF resiste con tempestivo controricorso. Considerato che con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, numero 3 cod. proc. civ., i ricorrenti deducono Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 232 e 233 della L. 28 dicembre 1995, numero 549, dell’art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, numero 537, dell’art. 202 del d.p.r. 10 gennaio 1957, numero 3, dell’art. 1, comma 226, della legge 23 dicembre 2005, numero 266, dell’art. 2112, comma 3, cod. civ., degli artt. 31 e 45 del d.lgs. 30 marzo 2001, numero 165, degli artt. 51, 52 e 57 del c.c.numero l. 5 aprile 1996 comparto Aziende e degli artt. 60, 65 e 66 del c.c.numero l. 24 maggio 2000 del medesimo comparto, per avere erroneamente affermato che l’assegno personale riassorbibile pari alla differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio ed il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione non comprenderebbe il compenso per la produttività collettiva poiché esulerebbero dall’assegno i trattamenti privi di carattere fisso e continuativo i ricorrenti sostengono l’erroneità della ricostruzione compiuta dalla Corte d’appello, in quanto i commi 232 e 233 dell’art. 3 della L. numero 549/1995 non conterrebbero alcuna distinzione tra trattamenti accessori fissi e continuativi e trattamenti accessori di altro tipo, e ciò in quanto il legislatore avrebbe inteso tutelare i lavoratori al momento del passaggio da un ente all’altro, consentendo la conservazione del trattamento retributivo accessorio già acquisito da riassorbire nei successivi incrementi, di uguale natura, spettanti nelle nuove posizioni lavorative, così da assicurare la conservazione effettiva del trattamento in godimento il motivo di ricorso contesta, altresì, l’utilità del richiamo alle norme collettive dell’Ente cessionario e dell’Ente di provenienza ai fini della soluzione della controversia, ovvia essendo, per un verso, la conclusione del Giudice dell’appello quanto all’immediata applicazione ai ricorrenti del c.c.numero l. per il personale del MEF, e, per altro verso, inconferente il riferimento alle disposizioni collettive riguardanti il comparto delle Aziende pubbliche cc.cc.nnumero ll. del 1996 e del 2000 , dal momento che la sola norma che disciplina la fattispecie è l’art. 3, commi 232 e 233 L. numero 549/1995, che individua il compenso per la produttività collettiva quale normale trattamento accessorio, diretto a incentivare la produzione collettiva per il miglioramento dei servizi, senza ulteriori distinzioni che possano far ritenere giustificabile la perdita del diritto in capo ai ricorrenti il motivo è infondato giova premettere che la ratio decidendi della sentenza impugnata è costituita dall’interpretazione dell’art. 3, commi 232 e 233 della legge numero 549/1995, i quali prevedono, rispettivamente che Ai dipendenti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato trasferiti nei ruoli del Ministero delle Finanze in conseguenza dell’attuazione del piano di ristrutturazione aziendale, è attribuito un assegno personale non pensionabile e non rivalutabile, pari all’eventuale differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio ed il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione co. 232 e che L’assegno personale di cui al comma 232 è conservato fino al riassorbimento a seguito di futuri aumenti delle predette quote di retribuzione accessoria co. 233 la legge numero 549 del 1995 mirava, così, a garantire il tendenziale mantenimento del livello reddituale precedente in capo ai dipendenti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato interessati da procedure di ricollocazione, per gli esuberi derivanti dalla trasformazione della stessa, ad opera del d.lgs. numero 238/1998, prima nell’Ente Tabacchi Italiani e in seguito nella società ETI s.p.a. le norme e gli accordi siglati tra le parti sociali intendevano, in particolare, garantire la conservazione del livello di inquadramento acquisito presso l’amministrazione di provenienza, nonché l’anzianità corrispondente al servizio prestato e la posizione economica che i dipendenti avrebbero conseguito presso l’amministrazione finanziaria se, in attesa del trasferimento previsto dal comma 232, non fossero prima transitati nell’Ente o nelle società, in virtù di un piano di graduale immissione nei ruoli del MEF art. 4, co.4 L. numero 283/1998 Nel determinare il trattamento economico complessivo da attribuire al personale di provenienza ETI, il Mef aveva perciò considerato gli emolumenti accessori della retribuzione a carattere fisso e continuativo, mentre aveva escluso il premio incentivante per la produzione collettiva, compenso, altresì, accessorio, sebbene collegato al raggiungimento di specifici risultati rivolti all’aumento della produttività e all’assiduità sul lavoro, erogabile all’esito di verifiche annuali circa il raggiungimento dei risultati ottenuti la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che detta indennità accessoria, per il suo carattere né fisso né continuativo e, soprattutto, in quanto legata a una valutazione sulla capacità del singolo di contribuire al tasso di produttività collettiva, non concorresse alla determinazione della base di calcolo dell’assegno ad personam riassorbibile previsto dall’art. 3, commi 232 e 233 L. numero 549/1995 a ben vedere, la L. numero 549/1995 si era mossa nel solco della precedente L. numero 537/1993 che aveva disciplinato i passaggi di carriera di cui all’art. 202 del d.P.R. numero 3/1957 e alle altre analoghe disposizioni tra cui va annoverata anche quella riguardante il passaggio dai Monopoli di Stato al Ministero dell’Economia e Finanze , in cui veniva previsto che Nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica con la legge finanziaria per il 2006 numero 266/2005 , il legislatore emanava una norma di interpretazione autentica circa la base di calcolo dell’assegno personale art. 1, co. 226 la quale prevedeva che L’art. 3, co. 57 della L. 24 dicembre 1993, numero 537, nei confronti del personale dipendente si interpreta nel senso che alla determinazione dell’assegno personale non riassorbibile e non rivalutabile concorre il trattamento fisso e continuativo, con esclusione della retribuzione di risultato e di altre voci retributive comunque collegate al raggiungimento di specifici risultati o obiettivi nel caso in esame, essendo l’assegno personale riassorbibile, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che, in base dell’art. 31 d.lgs. numero 165/2001 e 2112, comma 3 cod. civ., ai dipendenti trasferiti dall’amministrazione degli ex Monopoli di Stato dovesse essere applicato in via immediata il contratto collettivo dei Ministeri, il quale contiene, peraltro, meccanismi retributivi incentivanti analoghi a quelli percepiti presso l’Amministrazione di provenienza, e ciò anche in ossequio al principio di parità di trattamento retributivo di cui all’art. 45, comma 2, prima parte del d.lgs. numero 165/2001 la sentenza gravata affronta altresì il tema della modalità di erogazione mensile dell’indennità controversa, introdotto dai ricorrenti al fine di sostenerne la natura fissa e continuativa. In proposito, la formula di calcolo adottata, basata sul premio per l’incremento del rendimento industriale percepito nell’anno di riferimento, agganciato alle presenze giornaliere effettuate nel mese e ad un coefficiente di assenteismo comparato, costituisce per la Corte territoriale lo spunto per affermare - condivisibilmente - il carattere ontologicamente incompatibile del compenso di produttività collettiva con le caratteristiche di fissità e continuatività degli elementi della retribuzione accessoria, posti a base del calcolo dell’assegno ad personam riassorbibile, corrisposto ai dipendenti dell’ex Amministrazione dei Monopoli di Stato trasferiti presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze in seguito all’attuazione di procedure di mobilità collettiva. In definitiva, essendo l’unica censura infondata, il ricorso è rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, nei confronti del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.