L’apprendistato non è altro che un rapporto di lavoro indeterminato bi-fasico

Il rapporto di lavoro di apprendistato è formato da una prima fase a causa mista, in cui allo scambio tra prestazione e retribuzione si aggiunge lo scambio tra attività lavorativa e formazione, e da una seconda fase, eventuale, che rientra nell’ordinario aspetto del rapporto di lavoro subordinato.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 20394/18, depositata il 1° agosto. La vicenda. La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la sentenza del Tribunale di Lucca con la quale veniva riconosciuta la nullità del rapporto di apprendistato intercorso tra Poste Italiane e il lavoratore, ritenendo sussistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e ordinando alla società la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento danni nei confronti dell’interessato. Il Giudice di secondo grado aveva ritenuto corretta la valutazione probatoria del Tribunale ritenendo provata l’assenza delle condizioni tipiche dell’apprendistato, quali la formazione e l’affidamento ad un tutor. Contro la pronuncia di merito Poste Italiane ha proposto ricorso per cassazione. Apprendistato o indeterminato? La Cassazione ha ritenuto incensurabile il ragionamento dei Giudici di merito. In particolare, ricorda i Giudici di legittimità, in tema di contratto di formazione e lavoro l’inadempimento degli obblighi di formazioni ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obbiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in un attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obbiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto . Resta ferma la possibilità per il giudice di valutare la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto Cass. n. 1324/15 . Il Giudice di merito, secondo la Suprema Corte, ha fatto corretta applicazione del citato principio. Termini di fase e non di scadenza. Inoltre, aggiungono gli Ermellini, il rapporto di lavoro in questione è in realtà un rapporto indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale , mentre la secondo fase – soltanto eventuale, perché condiziona al mancato recesso ex art. 2128 c.c. – rientra nell’ordinario aspetto del rapporto di lavoro subordinato . Tanto premesso in caso di licenziamento in evidenza del periodo di formazione, avendo il contratto di formazione non un termine di scadenza ma un termine di fase , non è applicabile la disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine. Quindi, in assenza di disdetta, l’apprendistato determina la prosecuzione del rapporto di lavoro ordinario, nel corso del quale l’illegittimo recesso trova le tutele tipiche del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non quelle di cui all’art. 32 Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato , l. n. 183/2010, come invocato dal ricorrente. In conclusione la Cassazione rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 aprile – 1 agosto 2018, n. 20394 Presidente Bronzini – Relatore Leone Fatti di causa La Corte di appello di Firenze con la sentenza n. 1339/2012 aveva confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Lucca aveva riconosciuto la nullità del rapporto di apprendistato intercorso tra Poste Italiane spa e P.P. , ritenendo invece sussistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ed aveva disposto la reintegrazione della P. nel suo posto di lavoro, anche condannando la società al risarcimento del danno pari alle retribuzioni percepite dal licenziamento del 16.9.2005 sino alla ripresa del lavoro. La Corte aveva ritenuto corretta la valutazione fatta dal Tribunale sul materiale probatorio acquisito, sia testimoniale che documentale, e quindi provata l’assenza delle condizioni tipiche dell’apprendistato, quali la formazione e l’affidamento ad un tutor, aveva poi valutato qualificabile quale licenziamento l’allontanamento della lavoratrice dal posto di lavoro. A riguardo aveva quindi ritenuto corretta la tutela di cui all’art. 18 della L. n. 300/70, riconosciuta dal Tribunale. Avverso tale decisione la società Poste ha proposto ricorso affidandolo a tre motivi, cui ha resistito con controricorso P.P. . Ragioni della decisione 1 con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 421 e 437 c.p.c., ex art. 360 co.1 n. 3 , avendo, la Corte, erroneamente interpretato le risultanze istruttorie ritenendo che la società non avesse adempiuto l’onere di formazione della lavoratrice, e non avesse esercitato i doveri/poteri di cui all’art. 437 e 421 c.p.c. per accertare la verità dei fatti. Quanto al primo profilo della censura questa Corte ha in molte occasioni affermato che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata ex multis Cass. n. 19011/2017 Cass.n. 16056/2016 . In conformità ai principi esposti deve quindi ritenersi inammissibile la censura in quanto diretta a richiedere una nuova valutazione del materiale probatorio non consentita in questa sede. Infondata risulta poi la censura inerente la violazione degli artt. 421 e 437 cpc. in quanto, se pur nel rito del lavoro, stante l’esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 cod. proc. civ., ove reputi insufficienti le prove già acquisite, possa in via eccezionale ammettere, anche d’ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, Cass. n. 6753/2012 , ciò può fare sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento Cass. n. 6753/2012 . Deve quindi ritenersi che i poteri del giudice siano spendibili solo nelle situazioni in cui sia necessario integrare o approfondire i temi di indagine secondo una valutazione che lo stesso giudice effettuerà sulla base del materiale probatorio già acquisito. Il giudizio espresso dalla Corte territoriale, basato sull’esame del materiale raccolto, rende evidente la ritenuta sufficienza del materiale probatorio, non sindacabile in questa sede di legittimità. 2 con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e 414 cpc, per aver, la Corte territoriale, accolto le richieste economiche della lavoratrice. Il motivo risulta inconferente in quanto esamina e censura la statuizione della sentenza del Tribunale e non quella della Corte di appello. In realtà quest’ultima si è limitata a confermare semplicemente, condividendolo, quanto in merito statuito da Tribunale. Pertanto le doglianze della società risultano del tutto fuori bersaglio ed inammissibili. 3 con il terzo motivo è denunciata la mancata applicazione dell’art. 32, 5 comma della legge n. 183/2010, quale ius superveniens rispetto alla fattispecie in esame. Preliminarmente deve rilevarsi la assoluta mancanza di indicazioni circa il vizio in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale. Già solo tale ragione renderebbe inammissibile la censura, stante il principio di tassatività dei motivi di ricorso in cassazione. Deve peraltro osservarsi che In tema di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza Cass. n. 1324/2015 . Tale principio risulta peraltro coerente con quanto affermato da questa Corte Cass. n. 17373/2017 con riguardo alla particolare natura del contratto in questione riferito ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bi-fasico, nel quale la prima fase è contraddistinta da una causa mista al normale scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione si aggiunge, con funzione specializzante, lo scambio tra attività lavorativa e formazione professionale ,mentre la seconda fase soltanto eventuale, perché condizionata al mancato recesso ex art. 2128 cod.civ. rientra nell’ordinario assetto del rapporto di lavoro subordinato . Soggiunge la richiamata decisione che tale qualificazione non è contraddetta dall’articolo 7 della legge n. 25/1955 a tenore del quale l’apprendistato non può avere una durata superiore a quella stabilita dai contratti collettivi di lavoro e, comunque, a cinque anni giacché il termine finale della formazione professionale non identifica un termine di scadenza del contratto ma un termine di fase all’esito del quale, in assenza di disdetta, il rapporto unico continua con la causa tipica del lavoro subordinato. Il principio di diritto qui ribadito ha quale immediato effetto la inapplicabilità al contratto di apprendistato, in caso di licenziamento intervenuto in evidenza del periodo di formazione, della disciplina relativa al licenziamento ante tempus nel rapporto di lavoro a termine. Tale conclusione è del resto imposta dalle sentenze additive di accoglimento della Corte Costituzionale del 28.11.1973 nr. 169 e del 4 febbraio 1970 nr. 14 per effetto delle citate pronunzie l’intero corpus di norme di cui alla legge 604/1966 è stato esteso al contratto di apprendistato, proprio sul presupposto della sua assimilabilità all’ordinario rapporto di lavoro . La costruzione così articolata dell’istituto rende evidente la distinzione con l’ipotesi del contratto a termine sia con riguardo alla configurazione della causa mista e del caratterizzate profilo formativo, che con riferimento alla valenza del termine che, nel caso dell’apprendistato, se scaduto in assenza di disdetta, determina la prosecuzione di un ordinario rapporto di lavoro, nel corso del quale l’illegittimo recesso trova le tutele tipiche del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non quelle di cui all’art. 32 l. n. 183/2010 destinata all’illegittimo termine apposto al contratto. Il motivo deve essere comunque rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.