Avvocato, se vai in pensione, ti cancelli

La cancellazione dall’albo degli avvocati e dei procuratori concorre ad integrare la fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità, unitamente alla prevista anzianità di iscrizione e contribuzione alla Cassa di Previdenza e Assistenza Forense. Ciò in analogia alla cessazione dell’attività lavorativa prevista per la pensione dei lavoratori dipendenti.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29780/2017, depositata il 12 dicembre. La pensione di anzianità per gli avvocati. Un avvocato ricorreva avanti il giudice del lavoro per ottenere da Cassa Forense il riconoscimento e la corresponsione della pensione di anzianità, pur non avendo provveduto alla propria cancellazione dall’albo professionale. Nel caso di specie, in particolare, l’avvocato aveva maturato il requisito contributivo ed assicurativo attraverso la c.d. totalizzazione della contribuzione, che risultava in parte versata presso INPS dal 1970 al 1981 e in parte presso Cassa Forense dal 1981 al 2006 . Il quesito posto alla Corte di Cassazione riguarda la necessità di provvedere alla cancellazione dall’albo, pur in presenza del requisito contributivo, poiché, secondo l’avvocato ricorrente, l’art. 3 l. n. 576/1980, che subordina la corresponsione della pensione di anzianità ala cancellazione dell’albo, sarebbe stato abrogato implicitamente dal d.lgs. n. 42/2006 che ha introdotto la totalizzazione della contribuzione. Invero, secondo la Suprema Corte, non vi sarebbe stata nessuna abrogazione implicita, non incidendo il d.lgs. n. 42/2006 sulle discipline pensionistiche previste dai diversi enti previdenziali. Per giungere a una simile decisione, la Corte di Cassazione ripercorre la recente stratificazione della disciplina della pensione di anzianità per gli avvocati. Un percorso a tappe Nel 1999 la Corte Costituzionale sent. n. 61/1999 aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni della l. n. 45/1990 laddove non prevedevano la facoltà per i liberi professionisti di scegliere tra ricongiunzione onerosa dei contributi e totalizzazione gratuita dei periodi contributivi al fine di conseguire una pensione unica. Venne quindi introdotta la l. n. 388/2000 che ha esteso l’applicazione della totalizzazione a tutti i lavoratori le cui pensioni erano calcolate con il sistema retributivo o misto, senza nulla prevedere per coloro che rientravano nel sistema di calcolo contributivo inoltre il Legislatore, sempre nel 2000, specificava che, per la totalizzazione, i periodi di contribuzione da cumulare non dovevano essere coincidenti e comunque sarebbero stati utili al solo conseguimento delle sole pensioni di vecchiaia, inabilità ed ai superstiti, con esclusione, quindi, della pensione di anzianità. Nel 2002 interviene nuovamente la Corte Costituzionale sent. n. 198/2002 che rivede il proprio orientamento attribuendo alla totalizzazione dei periodi di contribuzione natura di istituto di carattere speciale” con la funzione di consentire al lavoratore di cumulare i contributi che, in ragione di percorsi lavorativi diversi, siano stati versati a differenti enti previdenziali. Da questo punto di vista, quindi, la totalizzazione risponderebbe soprattutto ad una esigenza di politica sociale legata alla crescente flessibilità dei rapporti di lavoro. Il cambio di rotta della Corte Costituzionale si giustifica con una rilettura del caso del 1999 che riguardava, nello specifico, un lavoratore che non aveva maturato il diritto al trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali è stato iscritto. Su tali basi si innesta il d.lgs. n. 42/2006 che estende la totalizzazione anche ai lavoratori che abbiano già maturato il diritto alla pensione presso uno dei regimi previdenziali di iscrizione, ma non siano ancora titolari di trattamento pensionistico autonomo viene inoltre introdotta la possibilità di cumulare i contributi anche per la pensione di anzianità. Per rendere più fluido il meccanismo del calcolo pensionistico il Legislatore del 2006 prevede, tra l’altro, che sia l’INPS e non più separatamente le singole gestioni ad erogare le quote di pensione che esse stesse liquidano , previa stipulazione di convenzioni ad hoc . Con la l. n. 247/2007 sono stati ulteriormente ampliati i limiti soggettivi della totalizzazione estendendola anche a coloro che non avessero maturato il diritto alla pensione in alcuna delle previdenze. Dal descritto processo si evince come la disciplina della totalizzazione non abbia in alcun modo interferito con le regole di erogazione dei trattamenti pensionistici di anzianità proprie di ciascun ente previdenziale, limitandosi – finalmente! - a valorizzare tutti i contributi versati dal lavoratore nella sua intera vita, per conseguire il diritto alla pensione o ad una pensione più elevata. Secondo la Corte di Cassazione, quindi, deve disattendersi la tesi del ricorrente secondo cui il d.lgs. n. 42/2006 avrebbe introdotto una nuova fattispecie di trattamento pensionistico, priva del requisito della cancellazione dall’Albo. Invero, la corresponsione della pensione di anzianità per gli Avvocati è ancora subordinata alla cancellazione dall’Albo professionale e comunque al requisito contributivo e ciò anche in analogia alla disciplina del lavoro dipendente ove il primo requisito per ottenere il riconoscimento della pensione è la cessazione di ogni attività lavorativa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 ottobre – 12 dicembre 2017, n. 29780 Presidente D’Antonio – Relatore Calafiore Fatti di causa Con sentenza n. 38/2011, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale di Verona di rigetto della domanda proposta dall’avvocato C.N. nei riguardi della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, per ottenere la pensione di anzianità - avendone maturato il requisito assicurativo e contributivo mediante totalizzazione della contribuzione versata presso l’INPS dal luglio 1970 al marzo 1981 con gli anni di contribuzione alla Cassa compresi tra aprile 1981 e gennaio 2006- pur non avendo provveduto alla propria cancellazione dall’albo professionale. La Corte territoriale ha osservato che l’art. 3 della legge n. 576/1980, che subordina la corresponsione della pensione di anzianità alla cancellazione dall’albo, non è stata abrogata implicitamente dal d.lgs. 42/2006 che si è limitato a consentire la totalizzazione della contribuzione senza incidere sulla specifica disciplina preesistente presso la gestione interessata. Avverso la sentenza d’appello l’avvocato C.N. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense resiste con controricorso illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso - denunciando nullità della sentenza e o del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. - il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare tutte le ragioni addotte nei motivi d’appello risolvendo la questione con argomentazioni estranee alle difese delle parti. 2. Con il secondo motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione per non avere considerato il fatto, controverso e decisivo, della illegittimità della delibera del Consiglio di Amministrazione della Cassa forense n. 279 del 23 giugno 2006 alla luce del d.lgs. n. 42/2006, posto che l’avvocato C. aveva domandato il riconoscimento del diritto all’erogazione della pensione totalizzata e non della pensione di anzianità presso la Cassa forense, per cui aveva diritto all’applicazione della relativa disciplina e non all’applicazione delle regole proprie della pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense che prevede il presupposto della cancellazione dagli albi professionali, ai sensi dell’art. 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576. 3. Il primo motivo è infondato. La denuncia di nullità della sentenza si fonda sull’affermazione di novità delle ragioni addotte dalla Corte territoriale per risolvere la questione controversa. In verità, la sentenza compie una valutazione sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 42/2006 e ne deduce che l’introduzione della facoltà di totalizzazione dei contributi non abbia comportato modifiche sulle condizioni ulteriori richieste per l’erogazione del trattamento pensionistico di anzianità- a carico della Cassa nazionale forense. Si tratta, quindi, di un giudizio di rilievo esclusivamente giuridico relativo al sistema normativo già dedotto in causa che non imponeva alla Corte d’appello di Venezia di vagliare le singole argomentazioni delle parti o del primo giudice ben potendo scegliere un proprio percorso argomentativo anche difforme rispetto a quello seguito in primo grado o nell’atto d’appello. Questa Corte di cassazione ha, infatti, affermato che la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione cd. terza via , non è nulla in quanto, da tale omissione può solo derivare un vizio di errore in iudicando , ovvero di error in iudicando de iure procedendi , la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato qualora, invece, si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini Cass. 16.2.2016 n. 2984 SS.UU. 20935/2009 . 4. Il secondo motivo è infondato. Il contesto normativo in cui si inserisce la fattispecie di cui si discute è costituito dal decreto legislativo n. 42/2006 e dall’art. 3 della legge n. 576/1980 in particolare, vi è contrasto sulla individuazione delle concrete modalità di completamento della fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità in favore dell’avvocato che intenda avvalersi della totalizzazione di due periodi contributivi costituiti l’uno presso l’Inps e l’altro presso la Cassa forense. In altri termini, va verificato se la totalizzazione della diversa contribuzione versata incida anche sulla condizione specifica della cancellazione dagli albi richiesta dalla normativa professionale. Dal punto di vista della ricostruzione storico - sistematica dell’istituto della totalizzazione è opportuno osservare che - a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 61/1999, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge n. 45 del 1990, laddove non prevedevano che ai liberi professionisti che non avessero maturato il diritto a pensione, oltre alla ricongiunzione dei periodi contributivi spettasse la facoltà di scelta fra la ricongiunzione onerosa e la totalizzazione gratuita dei periodi contributivi ai fini del conseguimento di una pensione unica, venne introdotto l’articolo 71 della legge n. 38.8.del 2000, che ha esteso l’ambito di applicazione della totalizzazione ai lavoratori le cui pensioni erano liquidate con il sistema retributivo o misto, senza tuttavia abrogare le precedenti disposizioni precedenti contenute nell’articolo 1 del d.lgs. n. 184 del 1997 che continuava ad avere riguardo ai i lavoratori le cui pensioni erano liquidate esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo - per aver diritto alla totalizzazione, anche per il legislatore del 2000, i periodi di contribuzione da cumulare non devono essere coincidenti, il lavoratore non deve aver maturato il diritto a pensione nel regime generale, nei regimi speciali sostitutivi, esclusivi o esonerativi di quello generale, ed anche nei regimi privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, nei quali egli sia, o sia stato, iscritto inoltre, anche questa ulteriore fattispecie di totalizzazione non è prevista per il conseguimento della pensione di anzianità, ma soltanto per il conseguimento delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti - interviene, dunque, la Corte costituzionale che con la sentenza n. 198 del 2002 ha affermato che, nel nostro ordinamento, la totalizzazione dei periodi di contribuzione non è un istituto di carattere generale ed il precedente esaminato dalla sentenza n. 61/1999 della stessa Corte è chiaramente delimitato al caso specifico del lavoratore che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni alle quali è stato iscritto la Corte costituzionale, inoltre, afferma che la funzione e le finalità della totalizzazione è quella di consentire al lavoratore di cumulare, anche ai fini della misura della pensione, i contributi che, in ragione dei percorsi lavoratori intrapresi, siano stati versati a diverse istituzioni previdenziali , risponde soprattutto ad un’esigenza di politica sociale legata alla crescente flessibilità dei rapporti di lavoro - Su tali basi interviene la legge n. 243 del 2004 di riforma del sistema previdenziale e pensionistico che delega al Governo di adottare uno o più decreti legislativi per rivedere e ridefinire la disciplina della totalizzazione, estendendone ulteriormente l’operatività . Le deleghe contenute nella legge n. 243 del 2004 sono attuate con il decreto legislativo n, 42 del 2006, che estende, per quanto ora di interesse, la totalizzazione anche ai lavoratori che già abbiano maturato il diritto a pensione presso uno dei regimi previdenziali di iscrizione, ma non siano ancora titolari di trattamento pensionistico autonomo e la possibilità di cumulare i contributi viene prevista per il conseguimento oltre che delle pensioni di vecchiaia, di inabilità ed ai superstiti anche della pensione di anzianità art. 1 comma 1 d.lgs. 42/2006 . È, inoltre, previsto che sia l’Inps e non più separatamente le singole gestioni ad erogare le quote di pensione che esse stesse liquidano, previa stipulazione di apposite convenzioni con gli enti interessati . 6. La disciplina dettata dal decreto legislativo n. 42 del 2006 prevede, poi, che ogni singola quota della pensione totalizzata sia calcolata non più sulla base dei requisiti e secondo i criteri stabiliti da ciascun ordinamento, ma esclusivamente con le regole del sistema contributivo. Inoltre, è previsto che il diritto a pensione sorga soltanto a condizione che il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contribuzione e abbia raggiunto un’età di 65 anni, ovvero abbia maturato un’anzianità contributiva di almeno 40 anni, indipendentemente dall’età sussistano gli ulteriori, eventuali, requisiti diversi dall’età anagrafica e dall’anzianità contributiva previsti dai rispettivi ordinamenti per l’accesso alla pensione di vecchiaia i periodi di contribuzione siano considerati tutti e per intero la legge n. 247 del 2007, infine, ha ulteriormente ampliato i limiti soggettivi di utilizzabilità della totalizzazione modificando anche il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 184 del 1997, abrogando le parole che non abbiano maturato in alcuna delle predette forme il diritto al trattamento previdenziale . 7. Da quanto si è fin qui esposto emerge con chiarezza che la disciplina della totalizzazione non ha in alcun modo lambito le regole di erogazione dei trattamenti pensionistici di anzianità proprie di ogni singolo ordinamento interessato dalla totalizzazione contributiva, alla luce del disposto dell’art. 1 comma tre del d.lgs. 148/1997, limitandosi a consentire di valorizzare effettivamente tutti i contributi versati dal lavoratore nel corro della sua intera vita lavorativa, per conseguire il diritto a pensione, o ad una pensione più elevata. 8. Deve, quindi, disattendersi la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui il d.lgs. 42/2006 avrebbe introdotto sostanzialmente una nuova fattispecie di trattamento pensionistico di anzianità con l’effetto, nel caso di specie, di far venir meno l’obbligo di cancellazione dagli albi professionali previsto dalla disposizione in tema di pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense art. 3 l. n. 476/1980 che prevede La pensione di anzianità è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno 35 anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa. La corresponsione della pensione è subordinata alla cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore, ed è incompatibile con l’iscrizione a qualsiasi albo professionale o elenco di lavoratori autonomi e con qualsiasi Attività di lavaro dipendente. La pensione è determinata con applicazione dei commi dal primo al quinto dell’art. 2. Verificandosi uno dei casi di incompatibilità di cui al secondo comma, la pensione di anzianità è revocata con effetto dal momento in cui si verifica l’incompatibilità”. 9. La disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima Corte cost. 28 febbraio 1992, n. 73 , nella parte in cui prevede l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dagli albi di avvocato e di procuratore, e con qualsiasi attività di lavoro dipendente”. Deve, quindi, affermarsi che la cancellazione dagli albi di avvocato e di procuratore concorre ad integrare, con la prevista anzianità di iscrizione e contribuzione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense di almeno trentacinque anni - la fattispecie costitutiva del diritto alla pensione di anzianità a carico della stessa Cassa vedi Cass. n. 1311/98, nonché Cass. n. 11935/2004, 8347/2003, 6571/2001, con riferimento alla analoga cessazione dell’attività lavorativa, quale requisito per l’accesso alla pensione di anzianità in favore di lavoratori dipendenti ed a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti . 10. La presenza di tale presupposto è stata ritenuta conforme a Costituzione articoli 3, 4, 35, comma 1, e 38, comma 2 - secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale n. 73/1992 n. 362/1997 - in quanto si tratta di una condizione che, analogamente alla pensione di anzianità dei lavoratori subordinati, è concepita come forma di riconoscimento e di premio a coloro che hanno adempiuto il dovere prescritto dall’art. 4, secondo comma, Cost. con una partecipazione assidua a un’attività di produzione sociale durata almeno trentacinque anni, sia che la si intenda come anticipo del godimento della pensione concesso in considerazione del presumibile logoramento psico-fisico sopravvenuto dopo un lungo periodo di attività professionale” Corte cost. n. 73/92 . Inoltre, l’erogazione della pensione di anzianità, secondo Corte cost. n. 362/97, consegue ad una libera scelta dell’interessato” ed è subordinata alla cessazione dell’attività lavorativa per quasi tutti i lavoratori, subordinati ed autonomi vedi Corte cost. n. 73/92, cit. . 11. Peraltro questa Corte di legittimità Cass. n. 11935/2004, 8347/2003, 6571/2001 ha affermato che il requisito della cessazione di ogni attività lavorativa subordinata - per l’accesso dei lavoratori dipendenti alla pensione di anzianità fin dalla istituzione della pensione stessa ai sensi dell’articolo 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153 non è mutato neanche dopo la riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare legge 8 agosto 1995, n. 335 - avendone questa modificato soltanto i requisiti assicurativi e contributivi articolo 1, commi 25 e seguenti, della stessa legge n. 335/95, cit. . Di conseguenza, non è configurabile l’asserita abrogazione tacita ai sensi dell’articolo 15 delle preleggi della disposizione articolo 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576, cit. - che prevede, appunto, l’analogo requisito della cancellazione dall’albo professionale, per l’accesso alla pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense - a seguito dell’entrata in vigore della stessa legge di riforma legge n. 335 del 1995, cit. e, segnatamente, in dipendenza della armonizzazione alle pensioni di anzianità a carico dell’AGO articolo 3, comma 12, penultimo periodo - quanto a requisiti assicurativi, appunto, e contributivi per l’accesso di cui all’articolo 1, commi 25 e seguenti, cit., appunto - dei pensionamenti anticipati di anzianità a carico degli enti previdenziali privatizzati quale la Cassa resistente . 12. Peraltro gli stessi enti - anche dopo la privatizzazione ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 - continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalità giuridica di diritto privato , rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni, e continuano a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione articolo 1 dello stesso decreto legislativo n. 509 del 1994, cit. . Coerentemente, è rimasta immutata - in difetto di qualsiasi abrogazione, deroga o modifica - anche la disposizione articolo 3 della legge 20 settembre 1980, n. 576, cit. - quale si legge dopo la sentenza di parziale accoglimento della Corte costituzionale sentenza n. 73 del 1992, cit. - che prevede - la cancellazione dall’albo professionale degli avvocati e procuratori, quale requisito per l’accesso alla pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense. 13. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento, in favore del contro ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3500,00 per diritti, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.