Al dipendente pubblico illegittimamente licenziato non si applica il nuovo art. 18

Finché non verrà adottato un intervento normativo di armonizzazione da parte del Ministero della Funzione Pubblica, non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’art. 18 stat. lav. da parte della l. n. 92/2012.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25376/17, depositata il 25 ottobre. I fatti. Un lavoratore, dipendente del Ministero dell’Istruzione, chiedeva invano al Tribunale la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli dalla parte datoriale. La Corte territoriale, riformando la pronuncia di prime cure, accoglieva la domanda rilevando il superamento del termine perentorio per l’adozione del provvedimento disciplinare e applicando l’art. 18, comma 6, stat. lav. condannava il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La sentenza viene impugnata dal lavoratore per cassazione denunciando violazione degli artt. 18 stat. lav. e 51 d.lgs. n. 165/2001 disciplina del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni . In particolare sostiene il ricorrente l’inapplicabilità al pubblico impiego dell’art. 18 cit. come modificato dalla l. n. 92/2012. Art. 18 stat. lav Sul tema la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 11868/16 con la quale è stato stabilito che le modifiche apportate dalla l. n. 92/2012 all’art. 18 non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, con la conseguenza che la tutela del dipendente pubblico licenziato illegittimamente a seguito dell’entrata in vigore della predetta l. n. 92 resta quella prevista dall’art. 18 stat. lav. nella formulazione antecedente. Depongono in tal senso non solo il rinvio normativo ad un successivo intervento del legislatore di cui all’art. 1, comma 8, l. n. 92/2012, ma anche l’inconciliabilità della nuova normativa con le disposizioni in materia di pubblico impiego e la natura fissa non mobile del rinvio di cui all’art. 51, comma 2, d.lgs. n. 165/2001. Ed è proprio il profilo della disciplina del licenziamento che rende non sovrapponibili le norme dettate per il lavoratore privato e quelle per il dipendente pubblico. La conseguenza di tale impostazione normativa è che sino ad un successivo intervento normativo di armonizzazione da parte del Ministero della Funzione Pubblica non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’art. 18 stat. lav. . Per questi motivi, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 giugno – 25 ottobre 2017, n. 25376 Presidente Macioce – Relatore Boghetich Fatti di causa 1. Con sentenza depositata il 27.7.2015, la Corte d’appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda proposta da V.A. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania, dell’Ufficio scolastico provinciale di Salerno, dell’Istituto statale di istruzione secondaria superiore omissis per la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 24.3.2014. 2. La Corte distrettuale ha rilevato l’intervenuta decadenza del Ministero e dell’Ufficio scolastico regionale ex articolo 55 bis, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 per superamento del termine perentorio di 120 giorni per l’adozione del provvedimento disciplinare e, in applicazione dell’articolo 18, comma 6, della legge n. 300 del 1970 come novellata dalla legge n. 92 del 2012, ha condannato il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge. 3. Per la cassazione della sentenza il V. ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ragioni della decisione 1. Con entrambi i motivi di ricorso il V. , denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 18 della legge n. 300 del 1970 come riformulato dalla legge n. 92 del 2012, 51, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché vizio di motivazione, avendo, la Corte distrettuale, fatto discendere dalla ritenuta violazione delle regole procedimentali dettate dall’articolo 55 bis, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 le conseguenze previste dal comma 6 dell’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 nel testo modificato nel 2012. Lamenta, il ricorrente, l’applicazione dell’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 come riformulato dalla legge n. 92 del 2012, trattandosi di novella inapplicabile al pubblico impiego privatizzato in forza delle previsioni contenute nell’articolo 1, commi 7 e 8, della legge n. 92 del 2012 e della circoscritta operatività del rinvio mobile contenuto nell’articolo 51, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. 2. Il ricorso è fondato. Questa Corte con decisione n. 11868/2016 prendendo consapevole posizione critica nei confronti di altra precedente pronunzia cfr. Cass. n. 24157/2015 , ha recentemente statuito che Le modifiche apportate dalla l. n. 92 del 2012 all’articolo 18 della l. n. 300 del 1970 non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, sicché la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata l. n. 92, resta quella prevista dall’articolo 18 st.lav. nel testo antecedente la riforma rilevano a tal fine il rinvio ad un intervento normativo successivo ad opera dell’articolo 1, comma 8, della l. n. 92 del 2012, l’inconciliabilità della nuova normativa, modulata sulle esigenze del lavoro privato, con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, neppure richiamate al comma 6 dell’articolo 18 nuova formulazione, la natura fissa e non mobile del rinvio di cui all’articolo 51, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, incompatibile con un automatico recepimento di ogni modifica successiva che incida sulla natura della tutela del dipendente licenziato . In particolare, la inconciliabilità della nuova normativa con le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 165 del 2001 è stata ritenuta particolarmente evidente in relazione al licenziamento intimato senza il necessario rispetto delle garanzie procedimentali, posto che il comma 6 dell’articolo 18 fa riferimento al solo articolo 7 della legge n. 300 del 1970 e non agli artt. 55 e 55 bis del d.lgs. citato, con i quali il legislatore, oltre a sottrarre alla contrattazione collettiva la disciplina del procedimento, del quale ha previsto termini e forme, ha anche affermato il carattere inderogabile delle disposizioni dettate ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 e seguenti c.c. . Ciò comporta che, sino al successivo intervento normativo di armonizzazione del Ministero della Funzione pubblica allo stato non adottato , non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma. 3. La Corte distrettuale, decidendo la controversia in epoca in cui si erano formati nella giurisprudenza di merito anche sulla base delle indicazioni provenienti dalla dottrina , orientamenti contrastanti sulla applicabilità ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato dell’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 come novellato dalla legge n. 92 del 2012, non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto sopra sintetizzato. Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata poiché le conseguenze della illegittimità del licenziamento del V. debbono essere nuovamente valutate dal giudice di merito alla luce del principio di diritto innanzi enunciato, con ulteriore pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.