Infortunio sul lavoro: il datore di lavoro risponde del danno non risarcito dall’INAIL

In tema di danni derivanti da infortunio sul lavoro, se è vero che per tutti i danni coperti dall’assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere civilmente, è altrettanto vero che tale esonero sussiste solo nei limiti in cui il danno sia indennizzabile.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23263/17, depositata il 5 ottobre. Il caso. La Corte di Appello di Potenza, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava una società al risarcimento del danno biologico e morale patito da un suo dipendente in conseguenza di un infortunio sul lavoro. Ritenevano i Giudici di merito che la responsabilità per tale infortunio fosse imputabile ad un inadempimento datoriale, consistito nell’assenza di presidi di sicurezza rispetto ad un particolare macchinario e nell’assenza di vigilanza sull’organizzazione del lavoro. Avverso tale pronuncia i tre soci della soccombente nelle more dichiarata estinta proponevano ricorso alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Il rigetto può essere anche tacito. Con un primo motivo i ricorrenti si dolevano che la Corte di Appello avesse omesso di pronunciarsi sull’eccepita inammissibilità del gravame, poiché notificato ad una società dichiarata estinta in epoca precedente alla notifica. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Cassazione, per la quale affinché si configuri il vizio di omessa pronuncia [.] è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto , circostanza che non si verifica quando la pretesa avanzata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia. Nella specie, i Giudici di merito avevano disposto la chiamata in causa dei soci, integrando così una condotta logicamente incompatibile con una pronuncia di inammissibilità, e configurando, al contrario, una statuizione implicita di rigetto. Non sussiste una responsabilità oggettiva del datore di lavoro ma quasi . Con un secondo motivo i ricorrenti si dolevano che la pronuncia di appello avesse erroneamente valutato le circostanze fattuali, affermando un’inesistente inadempimento datoriale agli obblighi di cui all’art. 2087 c.c Motivo che ancora una volta non viene condiviso dalla Corte, la quale ribadisce il proprio consolidato principio per cui ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c. - la quale non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito [] un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno [] non potendo il datore medesimo essere esonerato da responsabilità in forza dell'eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest'ultimo, in quanto del tutto imprevedibile e rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento . Nel caso di specie, ritiene la Corte, i Giudici di merito avevano congruamente motivato le ragioni in fatto per le quali avevano ritenuto sussistere una concorrente responsabilità datoriale, precludendole così un ulteriore esame nel merito. Il datore di lavoro è obbligato all’integrale ristoro del danno. Con un terzo motivo i ricorrenti lamentavano che la pronuncia di merito avrebbe operato una duplicazione del danno risarcito al lavoratore, atteso che il risarcimento riconosciuto dall’INAIL sarebbe comprensivo anche del danno biologico invece liquidato al lavoratore. Motivo che ancora una volta non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Muovendo infatti dalla formulazione dell’art. 10 d.P.R. n. 1124/1965 per il quale l’assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro , la Corte afferma che laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza dei presupposti di legge non opera l’esonero e pur trovando il danno origine dalla prestazione di lavoro, la responsabilità è disciplinata dal codice civile senza i limiti posti dal T.U. del 1965 . In altre parole, nel condivisibile avviso della Corte, se non si fa luogo alla prestazione previdenziale, non vi è assicurazione mancando l’assicurazione, cade l’esonero . Dal che discende, in conclusione, che ove l’assicurazione obbligatoria non operi, per ragioni oggettive o soggettive, il datore di lavoro è esclusivamente responsabile del danno patito dal lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 maggio – 5 ottobre 2017, numero 23263 Presidente Bronzini – Relatore Lorito Fatti di causa La Corte d’Appello di Potenza, in riforma della pronuncia di primo grado, ed in parziale accoglimento delle domande proposte da D.T. , condannava la s.numero c. F.S.T. di T.G. e C. al pagamento della somma di Euro 165.881,60 a titolo di risarcimento del danno biologico e morale risentiti all’esito dell’infortunio sul lavoro verificatosi in data 2/6/1998. A fondamento del decisum la Corte distrettuale osservava, per quanto in questa sede rileva, che l’evento infortunistico occorso al lavoratore non era ascrivibile ad una sua improvvida iniziativa extra ordinem, bensì ad esclusiva responsabilità datoriale riconducibile alla mancanza di un presidio di sicurezza del macchinario cui era addetto il dipendente ed alla omissione di una doverosa attività di vigilanza sulla organizzazione del lavoro. La cassazione di tale decisione è domandata da T.G. e Gi. evocati in giudizio in grado di appello - già soci della s.numero c. F.S.T. di T.G. e C. società dichiarata estinta - sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso il D. , il quale ha spiegato ricorso incidentale affidato ad unico motivo, al quale hanno replicato con controricorso, T.G. e Gi Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex articolo 378 c.p.c Ragioni della decisione 1.Va esaminato con priorità, in ordine logico, il ricorso principale proposto da T.G. e Gi. . Con il primo motivo si denuncia omessa pronuncia, in violazione degli articolo 112 c.p.c. e 2495 c.c. in relazione all’articolo 360 comma primo numero 4 c.p.c Si stigmatizza l’impugnata sentenza per avere trascurato di statuire in ordine alla eccezione di inammissibilità del gravame - eccepita dalla società appellata in memoria di costituzione - in quanto notificato nei confronti di società già cessata nel corso del giudizio di primo grado, circostanza in ragione della quale la Corte territoriale aveva disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei singoli soci. Si richiama l’orientamento espresso dalle sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio con la sola eccezione della fictio iuris contemplate dall’articolo 10 legge fall. pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli articolo 299 e ss. cod. proc. civ., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’articolo 110 cod. proc. civ. qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso Cass. S.U. 12/3/2013 numero 6070 . 2. Il motivo non è meritevole di accoglimento. Affinché si configuri il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia vedi ex aliis, Cass. 20/9/2013 numero 21612, Cass. 4/10/2011 numero 20311, Cass.21/7/2006 numero 16788, . Nello specifico, l’eccezione deve ritenersi implicitamente respinta, laddove il giudice del gravame ha disposto la chiamata in causa dei soci T.G. e Gi. , giacché l’evocazione in giudizio degli stessi si palesa logicamente incompatibile con una eventuale pronuncia di inammissibilità del ricorso per effetto della estinzione della società di persone. 3. Con la seconda critica è dedotta violazione e falsa applicazione degli articolo 2059 e 2087 c.c. nonché dell’articolo 116 c.p.c. all’articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c Sul rilievo della insussistenza nel nostro ordinamento, in materia infortunistica, di un principio di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, così come di un totale esonero da qualsiasi onere probatorio a carico del lavoratore, ci si duole che la Corte territoriale abbia accertato la responsabilità della società datoriale pure in assenza di alcun concorso nella determinazione dell’evento, come fatto palese dal materiale probatorio acquisito in atti di cui si lamenta l’erronea lettura. 4. Anche tale censura va disattesa. Per il tramite del vizio di violazione di legge, si tende infatti a pervenire ad una rivisitazione degli approdi ai quali è addivenuta la Corte di merito sulla esegesi del quadro istruttorio delineato in prime cure, inammissibile in questa sede di legittimità cfr. Cass. 11/1/2016 numero 195 . Il giudice dell’impugnazione, invero, con motivazione coerente con i canoni sanciti dall’articolo 360 comma primo numero 5, nella versione di testo introdotta dall’articolo 54 c.1 lett.b d.l. 22/6/2012 numero 83 conv. in 1.7/8/2012 numero 134, e non rispondente ai requisiti dell’assoluta omissione, della mera apparenza ovvero della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta che avrebbero potuto giustificare l’esercizio del sindacato di legittimità vedi per tutte Cass. 7/4/2014 numero 8053 , ha interpretato i dati istruttori acquisiti giungendo alla conclusione che l’evento infortunistico occorso al dipendente, si era verificato a causa a di un difetto del macchinario al quale era stato adibito privo della barra salvamano b della omessa vigilanza da parte del datore di lavoro, sulla iniziativa della rimozione di detta barra c della adibizione di un dipendente in non perfette condizioni di salute ad un macchinario in relazione al quale non era stata impartita alcuna adeguata formazione. 5. Gli approdi ai quali è pervenuto il giudice del gravame, congruamente motivati per quanto sinora detto, si pongono in continuità con l’indirizzo tracciato da questa Corte secondo cui ai fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex articolo 2087 cod. civ. - la quale non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva - al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, incombe l’onere di provare l’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato le suddette circostanze, l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver vigilato circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente, non potendo il datore medesimo essere esonerato da responsabilità in forza dell’eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la condotta di quest’ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo tipico ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell’evento vedi ex plurimis, Cass. 17/2/09 numero 3786 con cui questa Corte ha confermato la sentenza impugnata che - con riferimento all’infortunio occorso ad un portalettere caduto dal ciclomotore a causa del peso esorbitante della corrispondenza e della sua cattiva distribuzione sul veicolo - aveva affermato la responsabilità di Poste Italiane s.p.a. sul presupposto che i dirigenti del servizio avessero omesso di controllare che i portalettere si avvalessero effettivamente dell’ausilio fornito dai motofurgoni aziendali per il trasporto dei plichi più pesanti ed avessero lasciato che l’utilizzo di detto supporto fosse rimesso interamente alla scelta individuale del singolo dipendente, cui adde Cass. 29/1/2013 numero 2038 . In definitiva, la statuizione impugnata, in quanto sorretta da motivazione congrua e conforme a diritto per quanto sinora detto, resiste alla censura all’esame. 6. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2059 c.c. e 10 d.p.r. numero 1124 del 1965 ex articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c Si lamenta che nella liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice dell’impugnazione sia incorso in duplicazione del danno liquidato, inibita nel nostro ordinamento alla luce dei numerosi approdi della giurisprudenza di legittimità. Muovendo dall’assunto che il danno da lesione della capacità lavorativa generica risulta riconducibile al danno biologico, parte ricorrente argomenta che l’intero indennizzo già riconosciuto al lavoratore dall’Inail - in quanto attinente al ristoro della riduzione della capacità lavorativa generica sarebbe comprensivo anche del danno biologico di guisa che, vertendosi in ipotesi di danno differenziale, l’esatta determinazione del risarcimento deve essere determinata sottraendo dall’importo del danno complessivo, quello delle prestazioni liquidate dall’Inail. 7. Anche detta censura è priva di fondamento. Occorre premettere, per un ordinato iter argomentativo, che ai sensi dell’articolo 10, co. 1, del D.P.R. numero 1124 del 1965, applicabile anche agli eventi di malattia professionale in ragione del generale rinvio contenuto nell’articolo 131 dello stesso Testo Unico, nella formulazione tuttora vigente L’assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro . Dal disposto chiaramente si ricava che, ex lege, per tutti i danni coperti dall’assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere civilmente, di guisa che l’esonero del datore di lavoro sussiste solo nei limiti in cui il danno sia indennizzabile. Come affermato dai Giudici delle Leggi in significativi arresti che pur hanno segnato una progressiva espansione delle tutele del lavoratore, l’esonero opera all’interno e nell’ambito dell’oggetto dell’assicurazione, cosi come delimitata dai suoi presupposti soggettivi ed oggettivi. Laddove la copertura assicurativa non interviene per mancanza di quei presupposti, non opera l’esonero e pur trovando il danno origine dalla prestazione di lavoro, la responsabilità è disciplinata dal codice civile, senza i limiti posti dall’articolo 10 del T.U. del 1965. In tal senso si è espressa anche autorevole dottrina, secondo cui, in estrema sintesi, se non si fa luogo alla prestazione previdenziale, non vi è assicurazione mancando l’assicurazione, cade l’esonero Corte cost. numero 356 del 1991 v. poi Corte cost. numero 405 del 1999 principi ribaditi anche da questa Corte Cass. 29/10/2003 numero 16250 Cass.11/4/2006 numero 8386 Cass.5/5/2010 numero 10834, e da ultimo, in motivazione, Cass. 10/4/2017 numero 9166 . Ne consegue che ove l’assicurazione obbligatoria non operi, per ragioni soggettive od oggettive, non è configurabile alcun esonero del datore di lavoro. Tale fenomeno si è reso particolarmente evidente proprio in relazione al danno biologico, originariamente non coperto dall’INAIL, per cui costituiva danno complementare sottratto alla regola dell’esonero ed il datore di lavoro poteva sempre essere chiamato a rispondere con azione diretta del lavoratore danneggiato, secondo i comuni presupposti della responsabilità civile cfr. Corte cost. numero 87 del 1991 . Solo successivamente, con l’articolo 13 del d. lgs. 28 febbraio 2000, numero 38, è stata estesa la tutela INAIL al danno biologico definito come la lesione all’integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona , al cui ristoro vengono destinate prestazioni . determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato e secondo una tabella di calcolo dell’indennizzo che sia comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali . 8. In fattispecie attinente a periodo anteriore alla entrata in vigore del citato d. lgs. 38/2000, sovrapponibile dunque, a quella qui scrutinata, questa Corte ha affermato il principio, che va qui ribadito, secondo cui in tema di infortuni sul lavoro, per le fattispecie anteriori all’ambito temporale di applicazione dell’articolo 13 del d.lgs. numero 38 del 2000 il datore risponde dell’intero danno non patrimoniale, non potendo essere decurtati gli importi percepiti a titolo di rendita INAIL, corrispondenti, nel regime allora vigente, solo al danno patrimoniale legato al pregiudizio alla capacità lavorativa generica vedi Cass. 1/3/2016 numero 4025 . Peraltro, anche in relazione ad evento infortunistico verificatosi successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. numero 38 del 2000, in armonia con i principi ricavabili dalle sentenze della Corte cost. numero 356 e 485 del 1991, è stato affermato che l’esonero da responsabilità per il datore di lavoro non riguarda il danno alla salute o biologico e il danno morale di cui all’articolo 2059 c.c., entrambi di natura non patrimoniale, al cui integrale risarcimento il lavoratore ha diritto ove sussistano i presupposti della relativa responsabilità del datore di lavoro cfr., Cass. cit. numero 777/2015 . È stato infatti rimarcato che le stesse ragioni, che hanno indotto a giudicare non soddisfacente la tutela ordinaria e ad introdurre un sistema di assicurazione sociale obbligatoria contro il rischio per il lavoratore di infortuni e malattie professionali capaci di incidere sulla sua attitudine al lavoro, inducono a ritenere che anche il rischio della menomazione dell’integrità psico-fisica del lavoratore medesimo, prodottasi nello svolgimento e a causa delle sue mansioni, debba per se stessa, e indipendentemente dalle sue conseguenze ulteriori, godere di una garanzia differenziata e più intensa, che consenta, mediante apposite modalità sostanziali e procedurali, quella effettiva, tempestiva ed automatica riparazione del danno che la disciplina comune non è in grado di apprestare. Alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata, è stato quindi escluso che le prestazioni eventualmente erogate dall’INAIL esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato v. altresì, in motivazione, Cass. 26/10/2012 numero 18469 . 9.Corollario di quanto sinora detto è che la Corte distrettuale ha reso una pronuncia corretta sul versante giuridico, avendo disposto buon governo dei principi che regolano la materia delibata innanzi richiamati ed ai quali si intende dare continuità. Alla stregua delle superiori argomentazioni, la doglianza va pertanto respinta. 10. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 110, 111, 112 c.p.c. ex articolo 360 comma primo nnumero 1, 3 e 4 c.p.c Il ricorrente lamenta che i giudici del gravame abbiano limitato la condanna nei confronti della società senza estenderla nei confronti di T.G. e Gi. , pur ritualmente evocati in giudizio, omettendo ogni pronuncia in ordine alla istanza ritualmente formulata in tal senso. 11. La censura è meritevole di accoglimento. Risulta, infatti, per tabulas che il ricorrente, a seguito della costituzione in giudizio di T.G. e Gi. , soci della estinta F.S.T. di T.G. e C. s.numero c. abbia espressamente richiesto la condanna degli appellanti al risarcimento del danno, ed in ordine a siffatta domanda la Corte di merito ha omesso ogni pronuncia incorrendo in violazione del disposto di cui all’articolo 112 c.p.c. tale da determinare la nullità in parte qua, della decisione gravata. In tali sensi il ricorso incidentale merita accoglimento, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello designata in dispositivo che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione. Si dà atto, infine, della sussistenza delle condizioni richieste dall’articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, per il versamento da parte dei ricorrenti in via principale, a titolo di contributo unificato, dell’ulteriore importo pari a quello versato per il ricorso principale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Salerno. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.