La Cassazione smonta la categoria del danno non patrimoniale: danno morale risarcito in via autonoma

È ammessa l’autonoma risarcibilità del danno morale distinta da quella del danno biologico solo nel caso di lesioni di non lieve entità e, quindi, al di fuori dell’ambito di applicazione delle c.d. lesioni micro permanenti di cui all’art. 139, d.lgs. n. 209/2005.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23793/2015, depositata il 20 novembre 2015, rivisita le sentenze di San Martino”. La salute del lavoratore dopo una rapina. La questione sottoposta alla Corte di Cassazione riguarda l’obbligo di tutela della salute del lavoratore, previsto ex art. 2087 c.c. e la risarcibilità dell’eventuale danno patrimoniale e non . Nel caso di specie, una dipendente di Poste Italiane spa chiedeva il risarcimento del danno biologico e morale subito a seguito di una rapina avvenuta nell’ufficio postale in cui lavorava la sventurata, infatti, era stata rinchiusa in bagno dal rapinatore, con la pistola puntata alla tempia. I giudici di merito riconoscevano alla lavoratrice il solo danno biologico per lesioni micro permanenti, la Corte di Cassazione è, quindi, chiamata ad accertare la possibilità della doppia liquidazione del danno biologico e morale. Due punti fermi. In primo luogo, è dovere del datore di lavoro proteggere la salute psico-fisica dei propri dipendenti, approntando le necessarie misure di sicurezza. In ogni caso, la corretta predisposizione di tutte le misure di sicurezza non può garantire, in maniera assoluta, il verificarsi di episodi dannosi, tanto più quando il danno è causato da un evento criminoso. E’ sufficiente, infatti, che i mezzi di tutela predisposti dal datore di lavoro siano idonei, secondo i criteri di comune esperienza, a svolgere una funzione almeno dissuasiva e, quindi, preventiva e protettiva. In secondo luogo, la Corte precisa che dall’art. 2087 cod. civ. non discende un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno! Di conseguenza, non è configurabile una responsabilità automatica del datore di lavoro ogni qual volta si verifichi un danno. Danno non patrimonialeuna macro categoria smontata. Nei primi due gradi di giudizio, i giudici avevano rilevato alcune falle nel sistema di sicurezza dell’ufficio postale, di conseguenza, avevano riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro nella causazione del danno alla salute patito dalla lavoratrice ed avevano liquidato a quest’ultima il solo danno non patrimoniale. La dipendente, reclamava , invece, anche il danno morale, dovuto al grande spavento sopportato durante la rapina. Per valutare la possibilità di liquidare sia il danno biologico che quello morale, la Corte di Cassazione parte dalle celebri sentenze San Martino, per poi sovvertirle. Secondo le Sezioni Unite Cass. SS. UU. 26972/2008 e 26976/2008 , il danno non patrimoniale è risarcibile sia per fatto illecito, sia per inadempimento contrattuale. Sempre secondo la citata giurisprudenza, la categoria danno non patrimoniale” ricomprende il danno biologico e quello morale. Quest’ultimo, infatti, non costituirebbe un’autonoma categoria di danno diversa da quella del danno biologico. Tuttavia, la Corte di Cassazione ritiene di dover valorizzare il danno morale, soprattutto in caso in cui viene violato un diritto costituzionalmente garantito, pertanto, sulla scia di una recente giurisprudenza Cass., 11851/2015 ammette un’autonoma risarcibilità del danno morale autonoma rispetto a quella del danno biologico , quando il danno morale è ricollegabile alla violazione di un interesse tutelato dalla Costituzione, a condizione che le lesioni patite non siano di lieve entità e si pongano, quindi, al di fuori delle c.d. lesioni micro permanenti di cui all’art. 139 d.lgs. 209/2005. Tale norma, infatti, consente, previo equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, un aumento dell’importo liquidato per il danno biologico sino ad un quinto. Nel caso di specie, la lavoratrice ricorrente aveva riportato un’inabilità permanente pari al 5%, il che significa aver subito una lesione micro permanete, pertanto non ha diritto al risarcimento del danno morale, che può essere liquidato solo di fronte a gravi lesioni di interessi costituzionalmente garantiti. In ogni caso, secondo la Suprema Corte. La risarcibilità del danno morale avrebbe potuto essere assorbita dal mancato assolvimento del puntuale onere della prova da parte della lavoratrice, la quale non aveva dedotto le circostanze che avrebbero dovuto dimostrare il patimento morale. Il ricorso è, quindi, rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 ottobre – 20 novembre 2015, n. 23793 Presidente Nobile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata l'I 1.11.09 il Tribunale di Perugia condannava Poste Italiane S.p.A. a pagare alla dipendente B.C. il risarcimento dei danni da lei patiti in occasione d'una rapina, avvenuta il , ai danni dell'ufficio postale di OMISSIS presso il quale lavorava. Con sentenza depositata il 19.5.11 la Corte d'appello di Perugia, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, riduceva a complessivi Euro 9.119,15 il risarcimento spettante ex art. 2087 c.c. - per il solo danno biologico, con esclusione di quello morale - alla predetta lavoratrice, che oggi ricorre per la cassazione della sentenza affidandosi a due motivi. Poste Italiane S.p.A. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale basato su tre motivi, cui a sua volta resiste con controricorso la B. . Motivi della decisione 1- Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi perché aventi ad oggetto la medesima sentenza. 2- Il ricorso principale. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2087, 2043 e 2059 c.c. in relazione all'art. 185 c.p., nonché vizio di motivazione, nella parte in cui la gravata pronuncia ha escluso la risarcibilità del danno morale sull'erroneo presupposto della sua configurabilità solo in via extracontrattuale e in presenza di reato. Con il secondo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e comunque vizio di motivazione per avere la Corte territoriale omesso di pronunciare sulla domanda subordinata proposta dalla B. , che aveva chiesto anche in via extracontrattuale il risarcimento del danno morale oltre a quello biologico . 3- Il ricorso incidentale. Il primo motivo prospetta violazione dell'art. 2087 c.c. e vizio di motivazione per non avere i giudici di merito individuato quale misura di sicurezza dovesse in concreto esigersi dalla società, a tal fine non bastando un generico rinvio ad ogni cautela possibile e innominata diretta a prevenire l'evento dannoso la rapina, nel caso di specie . Il secondo motivo deduce violazione dell'art. 2697 c.c. e vizio di motivazione per non essere stata raggiunta la prova che l'infortunio di cui era rimasta vittima la lavoratrice che, con la pistola di uno dei rapinatori puntatale contro, era stata rinchiusa per almeno venti minuti in un bagno fosse dipeso proprio dalla mancata osservanza di norme di sicurezza da parte del datore di lavoro. Il terzo motivo lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 414, 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 2697 c.c., nonché degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata basato il riconoscimento del danno biologico patito dalla B. su una CTU che non aveva fornito alcuna prova rigorosa, in termini di nesso causale, tra la rapina e l'asserita omissione di misure di sicurezza da parte della società, da un lato, e - dall'altro - i disturbi di carattere psichico lamentati dalla lavoratrice. 4- Per esigenze di ordine espositivo è opportuno esaminare dapprima i motivi del ricorso incidentale, che investono l'esistenza stessa d'una responsabilità risarcitoria di Poste Italiane S.p.A Il primo motivo è infondato. Come anche di recente questa Corte Suprema ha avuto modo di statuire proprio in riferimento ad una rapina ad un ufficio postale cfr., da ultimo, Cass. n. 7405/15 , l'art. 2087 c.c. rende necessario l'apprestamento di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro, nonché delle plurime reiterazioni di rapine in un determinato arco temporale. Nello specifico, questa Corte ha cassato la sentenza che aveva negato il nesso causale tra la verificazione degli eventi criminosi e la mancata adozione di qualsivoglia misura specificamente diretta ad impedire, prevenire o comunque rendere più difficoltoso il realizzarsi di rapine ai danni di un ufficio postale di ridotte dimensioni, presso il quale non vi era alcun sistema di allarme rivolto all'esterno, ma solo una protezione del banco cassa con vetro antisfondamento. Analoga è la situazione che è stata accertata dai giudici di merito nella vicenda in esame, nel senso che gli unici accorgimenti contro il rischio di rapine erano costituiti da sbarre alle finestre, pareti esterne a spessore rinforzato ed istruzioni affinché il personale dell'ufficio non opponesse resistenza alcuna. Ciò premesso, va ribadito che è dovere del datore di lavoro apprestare tutte le misure di sicurezza previste dalla normativa di riferimento o comunque esigibili secondo la tecnologia del momento, il che non significa che tali mezzi debbano essere certamente in grado di impedire il verificarsi di episodi criminosi a danno del dipendente, bensì che gli stessi siano idonei, secondo criteri di comune esperienza, a svolgere una funzione almeno dissuasiva e, quindi, preventiva e protettiva. Inoltre, se è vero che dall'art. 2087 c.c. non può evincersi la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità del datore di lavoro ogni qual volta si verifichi un danno cfr., ad esempio, Cass. n. 12863/04 , nondimeno nel caso di specie i giudici di merito hanno in concreto individuato v. pag. 5 della sentenza impugnata svariati accorgimenti suggeriti dalla tecnica al giorno d'oggi disponibile al fine di prevenire il rischio di rapine, evidenziando che nessuno di essi era stato adottato presso l'ufficio postale di Borgo Cerreto. 5- Ancora infondati sono il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, da esaminarsi congiuntamente perché entrambi aventi ad oggetto la prova del nesso causale tra la patologia sviluppata dalla lavoratrice e la rapina di cui è stata vittima. Come si legge nella gravata pronuncia, tale nesso causale è stato specificamente accertato dall'espletata CTU, condivisa dai giudici di merito anche in base al rilievo che prima della rapina in discorso la ricorrente non aveva manifestato nessuno dei disturbi psichici poi riscontrabile subito dopo. Quanto all'asserita mancanza di allegazione - a monte - del nesso eziologico da parte della ricorrente, si tratta di censura comunque non autosufficiente perche non trascrive né allega l'atto introduttivo di lite che, secondo Poste Italiane S.p.A., sarebbe risultato carente. 6- Il primo motivo del ricorso principale va disatteso. È pur vero che, secondo Cass. S.U. n. 26972/08, il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale. Tuttavia - sempre alla luce della citata pronuncia delle S.U., che qui si condivide - il danno morale non costituisce un'autonoma posta di danno diversa da quella relativa al c.d. danno biologico, entrambi essendo riconducibili al più ampio concetto di danno non patrimoniale. Ed è significativo, ad esempio, che anche la più recente giurisprudenza cfr. Cass. n. 11851/15, che qui si condivide che, in sostanziale contrario avviso rispetto a Cass. S.U. n. 26972/08, ammette un'autonoma risarcibilità del danno morale - ove ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato - distinto da quello biologico, lo fa soltanto in ipotesi di lesioni di non lieve entità e, dunque, al di fuori dell'ambito applicativo delle lesioni c.d. micro permanenti di cui all'art. 139 del d.lgs. 7.9.05 n. 209 il cui co. 3 consente soltanto, previo equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, un aumento dell'importo liquidato per il danno biologico in misura non superiore ad un quinto . A ciò si aggiunga che nel caso in oggetto la ricorrente principale - che ha riportato un'inabilità permanente pari al 5% come si legge nella gravata pronuncia , ossia una micro permanente - non ha allegato in cosa sia consistito il danno morale al di là di quello biologico già inteso nella sua dimensione dinamica, il che dimostra la non decisività della doglianza. Ciò assorbe la disamina del secondo motivo del ricorso principale. 7- In conclusione, entrambi r ricorsi vanno rigettati, il che consiglia di compensare per intero le spese del giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa per intero le spese del giudizio di legittimità.