Il datore di lavoro non risponde dell’infortunio riconducibile alla colpa della dipendente

Il dovere di prevenzione imposto dall’art. 2087 c.c. al datore di lavoro, non comporta la deduzione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza che il datore di lavoro sia considerato responsabile ogni volta che un danno si sia comunque verificato, occorrendo invece che l’evento sia pur sempre riferibile a sua colpa per violazione di specifici obblighi di comportamento concretamente individuati ed imposti da norme di fonte legale o suggerite dalla tecnica.

E’ quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6881/15 depositata il 3 aprile. Il caso. A seguito di infortunio subito dalla cassiera di un istituto bancario che, chinatasi per raccogliere dei fogli fuoriusciti dalla stampante batteva violentemente il capo contro un cassetto, con postumi permanenti, la banca datrice di lavoro, ritenuta dalla lavoratrice responsabile per la mancata adozione di adeguate misure di sicurezza, veniva convenuta in giudizio per il risarcimento dei danni relativi alla riduzione della capacità lavorativa, alla perdita di chance nonché al danno biologico subito. La domanda veniva respinta dal Tribunale adito il quale, pur rilevando che la banca non aveva provato cause di esonero dalla responsabilità, sottolineava che il risarcimento già ottenuto dalla lavoratrice da parte della compagnia assicurativa chiamata in causa dalla banca era ampiamente compensativo dei titoli risarcitori azionati. La pronuncia veniva successivamente confermata anche dalla sentenza d’appello, la quale viene impugnata con ricorso in Cassazione. Il concorso di colpa del lavoratore. Con il primo motivo del ricorso, la lavoratrice lamenta la violazione dell’art. 2087 c.c. in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto ritiene che tale disposizione sia dettata non solo per tutelare il lavoratore da incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza, con la conseguente responsabilità della parte datoriale per ogni tipo di infortunio occorso nel luogo di lavoro, non potendo riconoscersi alcuna portata esimente al concorso di colpa del lavoratore, salvo abnormità, inopinabilità ed esorbitanza del comportamento dello stesso. Il datore di lavoro è responsabile solo se inosservante di specifici obblighi. Il motivo così prospettato risulta essere infondato, in quanto la Corte di Cassazione ha già avuto modo di chiarire che dal dovere di prevenzione imposto dall’art. 2087 c.c. al datore di lavoro, non è possibile dedurre un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza che il datore di lavoro sarà considerato responsabile ogni volta che un danno si sia comunque verificato. Occorre invece che l’evento sia pur sempre riferibile a sua colpa, individuabile per la violazione di specifici obblighi di comportamento concretamente individuati ed imposti da norme di fonte legale o suggerite dalla tecnica. Parimenti infondato anche il secondo motivo di ricorso che lamenta l’erronea liquidazione dei danni, essendo tale questione assorbita dalla ritenuta insussistenza di responsabilità in capo alla banca. Per questi motivi, la Cassazione respinge il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 gennaio – 3 aprile 2015, n. 6881 Presidente Stile – Relatore Venuti Svolgimento del processo La sig.ra S.C. , mentre lavorava quale cassiera alle dipendenze della Carisap Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno S.p.A., chinatasi per raccogliere un foglio fuoriuscito dalla stampante, batteva il capo contro un cassetto, riportando gravi lesioni, tanto da subire un intervento di craniectomia parietale destra e svuotamento della raccolta ematica sottodurale, con postumi permanenti. Ritenendo che l'infortunio fosse da addebitare alla mancata predisposizione delle misure di sicurezza da parte del datore di lavoro, ha convenuto in giudizio la Banca - la quale ha chiamato in giudizio la Compagnia di Assicurazioni Milano S.p.A. allo scopo di essere garantita - e, premesso che l'infortunio sul lavoro era stato riconosciuto con sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Ascoli Piceno, non appellata dall’INAIL, ha chiesto il risarcimento dei danni - dedotto l'indennizzo percepito dall’INAIL - relativi alla riduzione della capacità lavorativa generica, alla perdita di chance nonché al danno biologico non risarcito dal predetto Istituto. La domanda è stata respinta dal Tribunale adito, il quale, nel rilevare che la Banca non aveva provato cause di esonero della responsabilità, osservava che sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, il danno biologico e morale ammontava a complessivi Euro 50.000, a fronte della maggior somma ricevuta dalla sig.ra S. dalla Milano Assicurazioni, pari ad Euro 96.535 per i medesimi titoli risarcitoli, sicché la parte attrice, essendo stata ampiamente risarcita, nulla poteva pretendere dalla Banca. Tale sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Ancona, che, in accoglimento dell'eccezione riproposta dalla Banca ex art. 346 cod. civ. proc. - la quale aveva ribadito che alcuna responsabilità poteva esserle addebitata in ordine all'infortunio in questione - osservava che questo non era da ricollegare alla mancata predisposizione delle misure di sicurezza da parte del datore di lavoro e non poteva quindi essere ascritto al medesimo a titolo di responsabilità oggettiva. Il semplice accadimento dell'evento dannoso, in assenza di specifiche allegazioni circa la inosservanza da parte del datore di lavoro di norme in tema di infortuni, non poteva configurare una responsabilità a carico della Banca, tanto più che l'attività di cassiera non era intrinsecamente pericolosa né riconducibile all'azione dei colleghi di lavoro o di altre persone comunque interferenti con l'attività lavorativa o l'ambiente di lavoro. Per la cassazione di questa sentenza ricorre per cassazione la sig.ra S. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso la Banca e la Compagnia di assicurazioni. Motivi della decisione 1. Deve innanzitutto dichiararsi inammissibile lo scritto, denominato memoria , pervenuto presso questa Cancelleria in prossimità dell'udienza, a firma di S. A. , qualificatosi quale coniuge della ricorrente, con il quale il medesimo chiede l'accoglimento del ricorso. Non è infatti consentito alle parti, e tanto meno ai loro congiunti, presentare difese tecniche, essendo tale compito concesso solo ai loro difensori, dai quali sono rappresentate e difese. 2. Con il primo motivo del ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 cod. civ. nonché omessa motivazione. Si deduce che le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile ex art. 2087 cod. civ. dell'infortunio occorso al lavoratore nel luogo di lavoro. Né può comportare alcun effetto esimente per l'imprenditore l'eventuale concorso di colpa del lavoratore, potendo ciò verificarsi solo quando la condotta del lavoratore presenti i caratteri della abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al processo lavorativo alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento. Nella specie, si aggiunge, l'infortunio si è verificato, come è stato confermato dalla prova testimoniale, perché la sig.ra S. , in un giorno di particolare affluenza di clienti, lavorando in una postazione ristretta, si era chinata per raccogliere un foglio fuoriuscito dalla stampante, priva di raccoglitore, battendo violentemente il capo contro un cassetto del tavolino. Le modalità dell'infortunio denotavano che il datore di lavoro non aveva posto in essere le doverose cautele e misure di prevenzione atte a scongiurare l'evento dannoso. 3. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per avere omesso di prendere in esame i motivi relativi alla liquidazione dei danni subiti dalla ricorrente, il cui importo complessivo, comprensivo del danno biologico, patrimoniale e non patrimoniale , ammonta ad Euro 682.780, tenuto conto delle condizioni personali e soggettive della lavoratrice e della particolarità del caso. Si aggiunge che quanto ricevuto dalla ricorrente dalla Compagnia di assicurazioni non può essere dedotto da detto importo, in quanto la polizza stipulata non copriva la responsabilità civile della Carisap, trattandosi di una semplice polizza infortuni, che copre il semplice accadimento dell'infortunio in occasione di lavoro, senza onere dell'allegazione di prova a carico del datore di lavoro di inesatta esecuzione della prestazione . 4. Il primo motivo non è fondato. Questa Corte ha più volte affermato che dal dovere di prevenzione imposto al datore di lavoro dall'art. 2087 cod. civ. non può desumersi la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere la responsabilità del datore di lavoro ogni volta che un danno si sia comunque verificato, occorrendo invece che l'evento sia pur sempre riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento imposti da norme di fonte legale o suggeriti dalla tecnica, ma concretamente individuati Cass. 6018/2000 Cass. 10510/04 Cass. 8710/07 e, in precedenza, Cass. 5409/98 . Nella specie la Corte di merito si è attenuta all'esposto principio di diritto non riscontrando una condotta colposa del datore di lavoro e rilevando che il solo verificarsi dell'evento dannoso, in assenza di specifiche allegazioni circa la inosservanza da parte del datore di lavoro di norme in tema di infortuni, non poteva configurare una responsabilità a carico della Banca, tanto più che l'attività di cassiera non era intrinsecamente pericolosa né riconducibile all'azione dei colleghi di lavoro o di altre persone comunque interferenti con l'attività lavorativa o l'ambiente di lavoro. A fronte di tali affermazioni la parte ricorrente ha contrapposto censure di segno opposto, senza indicare quali specifiche misure di prevenzione la Banca avrebbe dovuto adottare per impedire l'evento dannoso e deducendo un vizio di omessa motivazione del tutto insussistente, avendo la Corte di merito deciso la causa con motivazione congrua, coerente e priva di vizi logici e giuridici. 5. Parimenti infondato è il secondo motivo, avendo la Corte di merito correttamente omesso di esaminare la questione relativa alla liquidazione dei danni, essendo tale questione assorbita dalla ritenuta insussistenza di responsabilità del datore di lavoro. 6. In conclusione il ricorso deve essere respinto, con compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo alla natura e peculiarità della controversia. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.