Posto soppresso, rifiutata la proposta di ricollocazione: corretto il licenziamento

Ridimensionato il personale di due punti vendita, con la ‘cancellazione’ della sartoria. Consequenziale la collocazione in mobilità della lavoratrice inquadrata come sarta, che, poi, rifiuta anche l’opportunità di trasferirsi in un altro ‘punto vendita’ e deve dire addio al posto di lavoro.

Crisi anche per l’abbigliamento high quality . Difficile sostenere i costi di negozi reali, molto più semplice sfruttare il web e le opportunità offerte dalle vendite on line. Consequenziale la scelta dell’azienda di ridimensionare due punti vendita, provvedendo alla ‘soppressione’ delle funzioni di ‘back office, sartoria e cassa’, e a rimetterci sono, ovviamente, i dipendenti, lasciati a casa. Nonostante le obiezioni di una lavoratrice in particolare – utilizzata come sarta –, però, la condotta adottata dall’azienda è considerata pienamente legittima, soprattutto alla luce dell’accordo raggiunto con i sindacati. E, va aggiunto, anche tenendo presente il rifiuto netto opposto dalla donna all’ipotesi di essere ricollocata in un altro punto vendita Cassazione, sentenza n. 25610, sez. Lavoro, depositata oggi . Taglio al personale. Nessun equivoco possibile sulla strada intrapresa dall’azienda chiarissima la lettera recapitata alla lavoratrice, in cui si annuncia il suo licenziamento per riduzione di personale . Facile immaginare la reazione della donna, che contesta il provvedimento, scegliendo di rivolgersi prima al Giudice del lavoro del Tribunale e poi ai giudici della Corte d’appello gli esiti, però, sono negativi. Per i giudici di merito, difatti, il licenziamento era avvenuto nel rispetto della procedura di legge ed in base ai criteri di scelta pattuiti in sede collettiva . A casa. Ultima tappa della battaglia giudiziaria, ovviamente, è quella che si svolge in Corte di Cassazione, dove, necessariamente, viene riportato l’iter seguito dall’azienda. E il quadro, in sintesi, è chiaro prima l’apertura della procedura per riduzione di personale – con tanto di lettera alle organizzazioni sindacali –, relativamente ad otto lavoratori da porre in mobilità ed operanti nelle due unità produttive di una importante città italiana per la soppressione, nei due punti vendita, delle funzioni di ‘back office, sartoria e cassa’ poi l’ accordo sindacale con il ricollocamento di tre dipendenti e la messa in mobilità degli altri cinque dipendenti, esclusivamente in base a ragioni tecniche, produttive ed organizzative connesse alla soppressione delle funzioni infine, la comunicazione, da parte dell’azienda, dell’ elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con i relativi dati richiesti dalla legge e con l’enunciazione dei criteri di scelta derivati dall’accordo sindacale, facendo riferimento ad entrambi gli addetti alla sartoria nei due distinti punti vendita . In sostanza, azienda e sindacati hanno concordato sul criterio di scelta per collocare i lavoratori in mobilità , ossia le esigenze tecniche, organizzative e produttive, in via esclusiva . Dalla vicenda emerge che la lavoratrice, schierata contro l’azienda, ha sempre svolto mansioni di sarta , e quindi appare logica e lineare la scelta adottata dalla società, proprio tenendo presenti le ragioni che hanno spinto ad aprire la procedura di mobilità, e cioè la chiusura presso il punto vendita delle funzioni di ‘back office, sartoria e cassa’ . Di conseguenza, la lavoratrice è stata legittimamente licenziata, essendo addetta all’espletamento delle mansioni di sarta, posto pacificamente soppresso . A completare il quadro, sfavorevole per la lavoratrice, poi, anche il rifiuto da lei opposto alla proposta di ricollocazione in altri punti vendita della società in due diverse importanti città d’Italia.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 novembre – 3 dicembre 2014, numero 25610 Presidente/Relatore Stile Svolgimento del Processo Con ricorso del 15.4.2011 G.S. appellava la sentenza numero 157/2011 del giudice del lavoro del Tribunale di Firenze, che aveva rigettato la sua impugnazione del licenziamento per riduzione di personale a lei intimato con lettera 22.6.2009 dalla Luxury Goods Italia SpA. L'appellante si doleva che il Tribunale avesse interpretato in modo non corretto gli arti. 4 , 5 e 24 legge 23.7.1991, numero 223, tanto che restava ancora indimostrato il criterio di individuazione anche sul piano comparativo del proprio nominativo come lavoratrice da licenziare. La società resisteva al gravame e ne chiedeva il rigetto. Con sentenza del 22 novembre 2011 l'adita Corte d'appello di Firenze, rilevato così come ritenuto dal Tribunale che il licenziamento in oggetto era avvenuto nel rispetto della procedura di legge ed in base ai criteri di scelta pattuiti in sede collettiva, rigettava il gravame. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la S. con tre motivi. Resiste Luxury Goods Italia SpA. con controricorso. Motivi della decisione Va preliminarmente puntualizzato, per una più chiara esposizione dei termini delle censure sollevate in questa sede, che -come risulta dalia narrativa della impugnata decisione Luxury Goods Italia SpA ha promosso la procedura per riduzione di personale con lettera alle OO.SS. del 17.6.2009 relativamente ad otto lavoratori da porre in mobilità ed operanti nelle due unità produttive di Firenze, via Tornabuoni e via Roma, per la soppressione nei due punti di vendita delle funzioni di Back Offre, Sartoria e Cassa. L'accordo sindacale del 22.6.2009, sottoscritto all'esito della procedura di cui all'art. 5 legge numero 223/1991, ha comportato il ricollocamento di numero 3 dipendenti e la messa in mobilità dei residui 5, individuati esclusivamente in base a ragioni tecnico, produttive ed organizzative connesse alla soppressione delle funzioni sopra citate Back Offre, Sartoria e Cassa . Con lettera 22.6.2009, l'azienda ha comunicato l'elenco dei lavoratori collocati in mobilità con i relativi dati richiesti dalla legge e con l'enunciazione dei criteri di scelta derivati dal citato Accordo sindacale, facendo riferimento ad entrambi gli addetti alla sartoria nei due distinti punti di vendita sopra indicati. La Corte fiorentina -come accennato-, analogamente all'assunto del Tribunale, ha ritenuto che il licenziamento in esame sia stato legittimo in quanto avvenuto nel rispetto della procedura di legge e in base ai criteri di scelta pattuiti in sede collettiva. Questa convinzione è messa in discussione con il proposto ricorso articolato in tre motivi. Con il primo motivo la S., denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazzionali di lavoro, in riferimento all'ars. 4 comma 9 1. numero 223/1991, si duole del vizio della comunicazione prevista da detto articolo, avendo con essa Luxury indicato esclusivamente i lavoratori licenziati e il criterio di scelta adottato senza consentire così alcuna comparazione art. 360 numero 3 c.p.c. . Con il secondo mezzo d'impugnazione la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudiczio art. 360 numero 5 c.p.c. , sostiene che l'enunciato vizio di violazione di legge si concreterebbe altresì in un vizio motivazionale circa l'effettiva rispondenza della comunicazione ex art. 4 comma 9 alle disposizioni di legge , per la presenza in essa esclusivamente dell'elenco dei lavoratori licenziati e del criterio prescelto senza alcuna specificazione delle modalità di applicazione del detto criterio. Con il terzo motivo, infine, denunciandosi violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all'art. 5 commi 1 e 3 1. 223/1991, si sostiene che la soppressione dell'attività di sartoria all'interno dei due negozi di Firenze avrebbe dovuto coinvolgere anche gli altri dipendenti , tutti con eguale qualifica ed assunti come commessi, onde la necessità di comparare le rispettive posizioni. Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, non può trovare accoglimento. Giova rammentare che l'art. 5 comma 1 della legge numero 223/1991 -richiamato dalla ricorrente a sostegno del proprio assunto prevede che l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all'articolo 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra di loro a carichi di famiglia b anzianità c esigenze tecnico produttive ed organizzative . Ciò significa che, nel caso in cui la procedura ex art. 4 L. 223/1991 sia sfociata in un accordo sindacale, tali criteri possono essere concordati con i sindacati sulla base delle sole esigenze tecnico-produttive ed organizzative nel caso, invece, in cui l'accordo sindacale non sia stato raggiunto si adotteranno i criteri di legge, e cioè carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed organizzative, in concorso tra di loro. Pertanto, i criteri di scelta da adottare per l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità possono essere concordati contrattualmente, sia a livello nazionale nei CCNL di settore, sia a livello aziendale e cioè per mezzo di accordo sindacale. Le parti sociali hanno la facoltà di individuare qualunque criterio di scelta salvo che non provochino discriminazioni tra i lavoratori dovendo, tale criterio, avere il carattere di obiettività e generalità al fine di essere coerente con il fine che si vuole perseguire con la mobilità dei lavoratori. Nella specie -come sopra precisato Luxury e le OO.SS., nell'accordo sindacale 22/6/2009, hanno convenuto, quale criterio di scelta adottato per collocare i lavoratori in mobilità, le esigenze tecnico-organizzativo e produttive in via esclusiva. Orbene, costituisce circostanza pacifica che la S. ha sempre svolto mansioni di sarta ed appare quindi logico e coerente, proprio con riferimento al convenuto criterio di scelta nonché in relazione ai principi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375, che la società, in linea con il progetto aziendale, che interessava esclusivamente le funzioni di back office, sartoria e cassa, abbia individuato i lavoratori da licenziare con riguardo alle mansioni dagli stessi svolte. Non appare in alcun modo che tale criterio sia discriminatorio, non obiettivo o non generale bensì, al contrario, risulta essere dei tutto coerente con le ragioni che hanno spinto Luxury ad aprire la procedura di mobilità e cioè la chiusura presso il punto vendita di Firenze in via Tornabuoni per quel che qui interessa delle funzioni di backoffice, sartoria e cassa. Pertanto, la S. è stata legittimamente licenziata da Luxury, essendo addetta all'espletamento delle mansioni di sarta, posto pacificamente soppresso. La correttezza formale rispetto della procedura prevista dalla L. 223/1991 e sostanziale osservanza da parte di Luxury dei criteri di scelta cristallizzati nell'accordo sindacale 22/6/2009 per individuare i dipendenti da licenziare delle determinazioni assunte da Luxury nell'operare i licenziamenti collettivi è stata quindi adeguatamente ricostruita dalla sentenza impugnata, la quale è pertanto esente da critiche sotto il profilo delle argomentazioni logico giuridiche svolte, risultanti pienamente condivisibili. In proposito, la Corte d'appello ha tenuto a rimarcare come la comunicazione del 22.6.2009 avesse espressamente evidenziato la impossibilità di adottare altri criteri di scelta, essendo stati soppressi entrambi i posti esistenti di operatore di sartoria e messi in mobilità i due addetti , in esecuzione dei criteri espressamente pattuiti, avendo le OO.SS. dato atto della necessità della riduzione di personale connessa alla eliminazione delle funzioni Back Office, Sartoria e Cassa. Pertanto, correttamente, sotto il suddetto profilo, la società ha proceduto al licenziamento di cinque dipendenti, tra cui la S., la cui individuazione era da collegarsi proprio alla soppressione dei due esistenti posti di operatore di sartoria, a nulla rilevando, in tale contesto la distinzione terminologica, riproposta in questa sede dalla difesa della S., fra reparti e funzioni ovvero mansioni espletate, implicanti, queste ultime, proprio obiettivi criteri di scelta. Né va trascurato che -come sottolineato dal Giudice d'appello la stessa S., dando atto che, nella presente fattispecie, restava fuori discussione la stessa configurabilità dell'obbligo di repèchage a carico del datore, ha confermato che le fu proposta una ricollocazione in altri punti di vendita della società a Milano o a Roma e che essa rifiutò la proposta. Non ravvisandosi, nell'iter argomentativo della Corte di merito, i denunciati vizi di violazione di legge e motivazionali, il ricorso va rigettato. Le considerazioni svolte dalla Corte di merito in ordine alla disposta compensazione delle spese, inducono ad analoga determinazione anche in questa sede, stante le difficoltà interpretative dei dedotti accordi. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.