Nessun risarcimento senza nesso di causalità: la responsabilità del datore di lavoro non è oggettiva

Pur considerando che la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. viene esclusa di fronte ad una condotta imprudente ed arbitraria, eccedente la normale prestazione lavorativa richiesta, determinata da impulsi puramente personali, tale responsabilità deve sempre fondarsi su di una colpa del datore di lavoro. Conseguentemente è richiesto il nesso di causalità tra evento e danno subito, non potendosi considerare responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore. In mancanza di tale elemento colposo il lavoratore non avrà diritto a vedersi risarcito il danno da parte del datore di lavoro.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 13957, depositata il 19 giugno 2014. Il caso. Un lavoratore, il quale aveva subito una serie di infortuni sul lavoro, chiedeva ed otteneva dal tribunale la condanna del datore di lavoro, in solido con la compagnia assicuratrice, al risarcimento dei danni derivati in occasione dell’ultimo infortunio subito. A seguito di appello della compagnia assicuratrice, la sentenza di primo grado veniva riformata, con rigetto della domanda del lavoratore, rilevando la mancanza di nesso tra condotta datoriale ed evento. Proponeva così ricorso in Cassazione il lavoratore. La condotta abnorme del lavoratore esclude la responsabilità ex art. 2087 c.c Preliminarmente la Suprema Corte ribadisce un principio giurisprudenziale più volte affermato, secondo il quale la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. viene esclusa in presenza di una condotta abnorme ed imprevedibile del lavoratore. La Corte di legittimità aveva, in precedenti pronunce, considerato il rischio elettivo , intendendosi per tale quello che, estraneo e non attinente alla attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento. L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Ribadito il principio di diritto sopra esaminato, i giudici di legittimità affermano che la responsabilità ex art. 2087 non può rinvenirsi ogni qual volta si verifichi un infortunio. L’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro quindi non può ritenersi una responsabilità automatica del datore di lavoro ogni volta che si verifichi un danno, ma occorre che l’evento sia a lui riferibile per sua colpa Cass. nn. 6002/2012 e 28564/2013 . Nella vicenda esaminata le risultanze dell’istruttoria del giudizio di merito, in particolare della espletata c.t.u. medica, hanno escluso responsabilità a carico del datore di lavoro. Il lavoratore lamentava che, a seguito di pregressi infortuni, era stato riconosciuto invalido nella misura del 55%. E in ragione di ciò il datore di lavoro non avrebbe dovuto consentire la ripresa dell’attività lavorativa, anche alla luce di visita medica cui era stato sottoposto il lavoratore prima della ripresa del lavoro. Nessun risarcimento senza nesso di causalità. La disposta c.t.u. medico legale ha tuttavia escluso qualsiasi nesso di causalità tra pregresse infermità del lavoratore e infortunio subito, in conseguenza del quale è stato richiesto il relativo risarcimento. L’evento lesivo, infatti, è risultato avvenuto per circostanze del tutto fortuite e casuali, un urto accidentale contro un cancello. Conseguentemente, venendo a mancare il necessario nesso tra evento e danno, non può essere attribuita alcuna responsabilità in capo al datore di lavoro e riconosciuto alcun risarcimento. La Corte di legittimità ha così rigettato il ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 marzo – 19 giugno 2014, n. 13957 Presidente Lamorgese – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Assicurazioni Generali s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza n. 429\05 del Tribunale di Civitavecchia, con cui era stata condannata a corrispondere a V.R. la somma di €. 129.841,64, in solido con la s.p.a. Ferrovie dello Stato, a titolo di risarcimento danni, oltre accessori di legge, per i molteplici infortuni sul lavoro, ed in particolare per quello del 27.6.95, occorsi al dipendente. Espletata c.t.u. medico legale, la Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 25 settembre 2010, respingeva la domanda del R., condannandolo alla restituzione della somma di €.136.566,76 ricevuti in esecuzione della sentenza impugnata. Per la cassazione propone ricorso il R., affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Resistono le Assicurazioni Generali s.p.a nonché la R.F.I. s.p.a. con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 c.c. Lamenta che per escludere la responsabilità in base alla norma citata, era necessario, secondo un consolidato orientamento di legittimità, un comportamento imprevedibile ed abnorme del lavoratore che nella specie doveva senz'altro escludersi essendo i plurimi infortuni occorsi al lavoratore nell'ordinario svolgimento delle sue mansioni. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia una insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, e precisamente in ordine alla responsabilità della datrice di lavoro in ordine agli infortuni occorsi al lavoratore, inadeguatamente demandata al giudizio di un c.t.u. cui venne sottoposto un quesito inconferente circa la possibilità di riammettere al lavoro il R. dopo l'infortunio del 9.7.94. 3. I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente esaminarsi, sono infondati. Deve in primo luogo chiarirsi che la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c., sebbene debba escludersi a fronte di un comportamento abnorme ed imprevedibile del lavoratore ex plurimis, Cass. n. 19494\09 Cass. n. 3786\09 , deve comunque fondarsi su di una colpa della datrice di lavoro, non prevedendo la norma in parola una responsabilità oggettiva ex plurimis, Cass. 29.1.13 n. 2038, Cass. 17 febbraio 2009 nn. 3786 e 3788 . Deve allora rilevarsi che, come incontestata mente accertato dalla Corte di merito, il R., a seguito di una serie di infortuni, venne riconosciuto invalido dall'IPSEMA Istituto Previdenza per il Settore Marittimo nella misura del 55%. Che stanti le precarie condizioni di salute il R. lamentava che la datrice di lavoro non avrebbe dovuto consentire, soprattutto a seguito della visita medica del 29.12.94, la sua ripresa del lavoro nel 1995, causando I' ennesimo infortunio del 27.6.95, a tale riguardo unicamente invocando la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. La Corte di merito ha tuttavia correttamente accertato, avvalendosi di c.t.u. medico legale, che non vi era alcun nesso tra le pregresse infermità del R. e l'infortunio del 27.6.95, questo essendo risultato dovuto ad un accidentale urto contro un gancio ferma cancelletto del ponte di comando, e non già per le ridotte capacità fisiche del lavoratore conseguenti i pregressi infortuni. Trattasi di accertamenti di fatto, rimessi al prudente apprezzamento del giudice di merito e non adeguatamente contestati nel presente giudizio di legittimità, conseguendone peraltro la correttezza del quesito posto al c.t.u. dalla Corte di merito. 4.-Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, in favore di ciascuna delle società resistenti, pari ad €. 100,00 confermo euro 100,00 cento/00 per esborsi ed €. 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.