Il lavoratore licenziato illegittimamente ha diritto ad essere effettivamente soddisfatto

Il danno da risarcire in caso di licenziamento illegittimo e di esercizio del diritto di opzione va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta.

Lo ha confermato, con la sentenza n. 15519, depositata il 17 settembre 2012, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, uniformandosi all’orientamento giurisprudenziale prevalente. Il lavoratore non deve subire pregiudizi del licenziamento illegittimo . A sostegno della decisione in commento, la Cassazione ha richiamato i propri precedenti in materia ed, in particolare, la sentenza n. 24199/2009, secondo la quale il sistema delineato dall'art. 18 della legge n. 300/1970 Statuto dei lavoratori si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell'interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo c.d. principio di effettività dei rimedi . In forza di tale principio – espressione dell’art. 24 Cost. – il rimedio risarcitorio deve ridurre il più possibile il pregiudizio subito dal lavoratore ed, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall'inadempimento o dal ritardare l'adempimento dell'obbligo indennitario. L’obbligo risarcitorio sussiste sino all’integrale pagamento dell’indennità sostitutiva . In attuazione del summenzionato principio, la Corte di Cassazione ha affermato che, nel caso di ritardata corresponsione dell'indennità di cui all’art. 18, comma 5, St. Lav., l'ammontare del risarcimento derivante dal licenziamento illegittimo deve essere pari alle retribuzioni perdute fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto cfr., recentemente, anche Cass. n. 3481/2012, Cass. n. 6735/2010 e Cass. n. 6342/2009 . Non può, pertanto, trovare accoglimento la tesi – sostenuta dal datore – secondo cui il danno da licenziamento illegittimo andrebbe commisurato alle sole retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento sino alla data in cui il lavoratore ha scelto l’indennità, in luogo della reintegrazione. Il diritto alla reintegra non cessa con l’esercizio del diritto di opzione . Come affermato in altre occasioni dagli stessi Giudici di legittimità, l'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 St. Lav. si estingue soltanto con l’effettivo pagamento dell’indennità sostitutiva, per la quale abbia optato il lavoratore, e non già con la semplice dichiarazione, proveniente da quest'ultimo, di scegliere tale indennità in luogo della reintegrazione al lavoratore è infatti riconosciuto un diritto secondo lo schema dell'obbligazione con facoltà alternativa ex parte creditoris . In altri termini, é solo con l’integrale pagamento dell’indennità sostitutiva, e non già con la semplice comunicazione della scelta del lavoratore, che il rapporto di lavoro si estingue definitivamente e, cessa, di conseguenza, l’obbligo datoriale a reintegrare il lavoratore ovvero a risarcire il danno . Il principio di effettività dei rimedi svolge una funzione dissuasiva. Questa soluzione interpretativa, oltre ad assicurare al lavoratore un’idonea tutela risarcitoria, dissuade il datore di lavoro da ritardi e dilazioni ed infatti, qualora Il datore di lavoro fosse tenuto a corrispondere le sole retribuzioni maturate sino all’esercizio del diritto di opzione, egli verrebbe a giovarsi del ritardato pagamento dell’indennità sostitutiva, dal momento che il datore medesimo, così facendo, sarebbe soggetto alla più mite sanzione consistente nel mero pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c L’art. 18 va interpretato alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La sentenza in commento si segnala anche per la motivazione utilizzata dalla Cassazione a sostegno della soluzione ermeneutica adottata. La Suprema Corte, infatti, dopo aver chiarito che la disciplina del danno da licenziamento illegittimo deve essere letta alla luce del regime complessivo di cui all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e dei valori sottesi alla disciplina garantistica statutaria, ha sostenuto la necessità di interpretare tale disciplina in conformità, altresì, ai principi espressi, a livello sovranazionale, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la Cassazione ha espressamente richiamato l’art. 30 della Carta Ue, il quale, sebbene non direttamente applicabile alle controversie che non investano una questione di diritto comunitario, può operare come fonte di libera interpretazione anche del dato normativo nazionale, stante il suo carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti europei così Corte cost. n. 135/2001 in particolare, sull’art. 30 della Carta cfr. Cass. n. 29678/2010 la garanzia di un pronto ristoro del danno in favore del lavoratore illegittimamente licenziato risponde, pertanto, ad un fondamentale diritto anche di matrice europea.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 giugno - 17 settembre 2012, n. 15519 Presidente De Renzis – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale dei lavoro di Roma M. R. chiedeva l'emissione di decreto ingiuntivo a carico di Rete Ferroviaria italiana spa per l'importo indicato a titolo di retribuzioni maturate dal giorno dell'esercizio del diritto di opzione ex art. 18 L. n. 300/70 a quello dei pagamento integrale della indennità sostitutiva con accessori. Deduceva il ricorrente che il Tribunale di Roma con sentenza del 13.7.2000 passata in giudicato aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimatogli dalle FFSS ed aveva condannato la detta società al pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del recesso sino alla data di effettiva reintegra, che aveva esercitato il 3.11.2000 il diritto all'opzione ex comma 5 dell'art. 18 I. n. 300/70 e che solo in data 15.4.2002 la datrice di lavoro aveva pagato le retribuzioni arretrate dal giorno del licenziamento sino all'esercizio del diritto all'opzione. Ritenuto che l'obbligo datoriale di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo si doveva considerare esistente sino all'integrale soddisfacimento della indennità sostituiva, chiedeva la condanna della RFI al pagamento in suo favore della complessiva somma di euro 38.507,00. Il Tribunale con decreto ingiuntivo del 2.9.2004 ingiungeva alla società il pagamento della somma indicata. Su opposizione della RFI il Tribunale di Roma con sentenza del 10.11.2005 rigettava l'opposizione. La Corte di appello di Roma con sentenza del 15.1.2009 accoglieva l'appello della RFI e revocava accogliendo l'originaria opposizione revocava il decreto ingiuntivo opposto. La Corte territoriale osservava che con l'esercizio del diritto di opzione e la sua comunicazione il rapporto di lavoro viene a cessare e quindi non sussiste più l'obbligo del risarcimento del danno unitamente a quello di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, ma solo l'obbligazione del pagamento della prevista indennità con gli accessori, conseguenza ordinaria della mora debendi. La scelta del lavoratore con l'esercizio del diritto di opzione era irrevocabile e pertanto non poteva sussistere un obbligo di pagamento di retribuzioni a titolo di risarcimento del danno per una mancata reintegrazione ormai irrealizzabile. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il M. con un motivo resiste la RFI con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive. Motivi della decisione Con il motivo proposto si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 18 comma 5, L. n. 300/70. L'interpretazione seguita dalla Corte di appello contrasta con l'orientamento prevalente della Suprema Corte di cassazione secondo cui il diritto al risarcimento del danno è conseguenza preminente dell'accertamento dell'illegittimità del recesso e solo in via mediata dell'ordine di reintegrazione e trova un limite solo con l'adempimento effettivo dell'obbligazione pecuniaria, comportamento che la legge considera equivalente alla reintegrazione nel sposto di lavoro ove il lavoratore eserciti il diritto all'opzione. La legge mira a realizzare in modo effettivo il diritto del lavoratore a non subire danni o a limitarli al minimo dal licenziamento subito , il che impedisce al datore di lavoro di tardare nel pagamento dell'indennità sostitutiva. Il motivo appare fondato. L'orientamento seguito dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata appare contrastante con quello prevalente e comunque preferibile della Corte di cassazione secondo il quale il danno da risarcire in caso di licenziamento illegittimo e di esercizio del diritto di opzione, va commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate fino al giorno del pagamento dell'indennità sostitutiva e non fino alla data in cui il lavoratore ha operato la scelta cass. n. 24199/2009 cass. n. 6342/2009, cass. n. 2262/2007 e più di recente cass. n. 3481/2012 e cass, n. 6735/2010 . Le ragioni anche di ordine sistematico di questa soluzione interpretativa sono state molto efficacemente ricordate sin dalia decisione n. 24199/2009 secondo la quale il sistema dell'art. 18 cit si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell'interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo principio che Cass. n. 6342 del 2009 chiama di effettività dei rimedi e che impedisce al datore di lavoro di tardare nei pagamento dell'indennità' in questione assoggettandosi al solo pagamento di rivalutazione e interessi ex art. 429 c.p.c. Il principio di effettività dei rimedi giurisdizionali, espressione dell'art. 24 Cost., significa per quanto qui interessa che il rimedio risarcitorio, ossia del risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per ritardato percepimento dell'indennità' sostitutiva ex art. 18 cit., deve ridurre il più possibile il pregiudizio subito dal lavoratore e, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall'inadempimento o dal ritardo nel l'adempiere l'obbligo indennitario l'ammontare del risarcimento del danno da ritardo deve essere pari alle retribuzioni perdute, fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto . cfr. anche cass. n. 3481/2012 . In questa prospettiva ermeneutica il regime dell'opzione e la determinazione del danno risarcibile vengono persuasivamente collegati e saldati con il complessivo regime normativo di cui all'art. 18 ed ai valori sottesi alla disciplina garantistica statutaria, diretti a tutelare con strumenti processuali efficaci e tempestivi il diritto del lavoratore ad una idonea tutela anche dal punto di vista risarcitorio e sotto il profilo della decorrenza contro il licenziamento ingiustificato che oggi trova riscontro anche sul piano dei valori e dei principi dello stesso ordinamento sovra nazionale all'art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, certamente non direttamente applicabile alla fattispecie ex art. 51 della stessa Carta non investendo la presente controversia una questione di diritto dell'Unione , ma che può certamente operare come fonte di libera interpretazione anche del dato normativo nazionale, stante il suo carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti europei Corte cost. n. 135/2002 e, quindi, in linea generale, operanti anche nei sistemi nazionali sull'art. 30 della Carta cfr. cass. 29678/2010 sul rilievo della Carta come fonte interpretativa cfr, cass. n. 28658/2010, cass. n. 7/2011,sul richiamo alla Carta anche in caso non di diritto comunitario cfr. Corte cost. n. 93/2010, n. 81/2011, Corte cost. n. 31/2012 , La soluzione prescelta rafforza, anche alla luce di principi comuni agli stati dell'Unione, la garanzia di un pronto ristoro del danno in favore del lavoratore e dissuade, come detto, il datore di lavoro da ritardi e dilazioni nel pagamento di una indennità dovuta per la lesione di un diritto fondamentale anche di matrice europea. Pertanto va accolto il ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione che si atterrà al seguente principio di diritto in caso di esercizio del diritto di opzione ex art. 18 comma 5 L. n. 300/70 l'ammontare del risarcimento in caso di ritardata corresponsione dell'indennità deve essere pari alle retribuzioni perdute fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto . P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello dì Roma in diversa composizione.