Anzianità retributiva ATA ex EELL, la Cassazione torna sui suoi passi

di Antimo Di Geronimo

di Antimo Di Geronimo Il giudice nazionale ha il dovere di valutare se il trasferimento del personale non docente delle scuole dai ruoli degli Enti locali a quelli dello Stato abbia determinato peggioramenti retribuitivi. In caso positivo ha il dovere di applicare la normativa europea che vieta tale trattamento deteriore. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 12 ottobre 2011 n. 20980, con la quale ha cassato con rinvio una pronuncia della Corte d'Appello di Lecce. La Cassazione si adegua alle posizioni della giurisprudenza europea. I giudici di legittimità hanno preso atto del recente orientamento della Corte di giustizia 6 settembre 2011, C108/10 e della Corte europea dei diritti dell'uomo sentenza del 7 giugno 2011 ed hanno ritenuto di conformarsi, rivedendo la loro precedente posizione, che, basandosi sulla normativa interna, negava a priori la possibilità del riconoscimento dell'anzianità retributiva maturata presso l'Ente locale c.d. ricostruzione di carriera . In ciò affermando la legittimità della mera corresponsione dello stesso stipendio in godimento c.d. temporizzazione anche se corrispondente a un livello di anzianità inferiore rispetto a quello di fatto, se rapportato al corrispondente personale inquadrato nei ruoli statali fin dall'atto della costituzione del rapporto. L'antefatto. Il caso riguardava un dipendente pubblico che aveva lavorato nella scuola statale nei ruoli del personale non docente c.d. personale Ata amministrativo, tecnico e ausiliario , prima alle dipendenze degli Enti locali e poi, dopo una cessione avvenuta tra cedente Ente locale e cessionario Stato entrambi di diritto pubblico, era stato inquadrato nei ruoli statali. Dopo il trasferimento, però, l'interessato si era visto negare il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata presso l'Ente locale. Di qui l'esperimento dell'azione giudiziale, con esito negativo fino al II grado, e l'ulteriore ricorso che terminava con la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Lecce e il rinvio alla Corte d'Appello di Bari. Il problema della legittimità della temporizzazione La sentenza della S. C. riapre la questione sulla legittimità o meno della c.d. temporizzazione un meccanismo che si limita a confermare i livelli retribuitivi in godimento all'atto della cessione, ma non equipara il lavoratore ceduto al collega già in servizio presso l'Ente cessionario. La temporizzazione, infatti, determina l'inquadramento nel gradone in cui è compresa la somma pari allo stipendio di attuale godimento. Vale a dire nella fascia stipendiale corrispondente all'importo dello stipendio in godimento, prescindendo dal fatto che tale fascia faccia riferimento a un livello di anzianità inferiore rispetto a quello vantato di fatto dal lavoratore ceduto. E siccome nello Stato le retribuzioni sono leggermente più alte nelle qualifiche di riferimento, ciò comporta che, a parità di prestazioni e di datore di lavoro, dipendenti con pari anzianità vengano tratti in modo diverso. Il tutto a danno del lavoratore ceduto che, pur non subendo decurtazioni retributive la temporizzazione comporta la conferma del livello retributivo in godimento subisce un trattamento deteriore rispetto ai colleghi che erano stati inquadrati nei ruoli statali fin dall'atto dell'assunzione. da cui deriva l'impossibilità della ricostruzione di carriera. Trattamento deteriore che consiste nella preclusione del diritto alla ricostruzione di carriera e cioè del riconoscimento dell'anzianità di fatto, come se fosse stata prestata sempre alle dipendenze dello Stato, che, per sua natura, comporta l'aumento della retribuzione e la corresponsione degli arretrati. Va detto subito, peraltro, che la questione è sorta in epoca risalente, e, dunque, le novità introdotte dalla Cassazione avranno effetto solo sui giudizi pendenti, essendo ormai decorso il termine della prescrizione. Ma c'è anche il problema della prescrizione. Il trasferimento del personale Ata dagli Enti locali allo Stato è avvenuto, infatti, per effetto dell'art. 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, sul quale il Legislatore è intervenuto con norma di interpretazione autentica con il comma 218 dell'art. 1 della legge finanziaria del 2006. Interpretazione con la quale è stato precluso il diritto alla ricostruzione di carriera in favore della temporizzazione . Pertanto, i soggetti che non abbiano già promosso l'azione giudiziale o, in ogni caso, che non abbiano interrotto il termine di prescrizione con azioni in sede stragiudiziale, hanno ormai perso titolo a qualsivoglia azione legale ai fini del recupero dei loro crediti. La prescrizione dei crediti retribuitivi, infatti, è quinquennale. Sullo stesso argomento leggi anche - La Comunità Europea tutela anche i dipendenti pubblici, DirittoeGiustizi@ 10 settembre 2011 - Negare i diritti retributivi agli ATA ex EELL viola i diritti umani. Italia condannata, di Antimo Di Geronimo, DirittoeGiustizi@ 11 giugno 2011