Nullo il provvedimento disciplinare adottato da organo incompetente

di Raffaele Squeglia

di Raffaele Squeglia Il riparto di competenze stabilito dalla legge decreto legislativo n. 165/2001, art. 55 per l'adozione di provvedimenti disciplinari a carico dei dipendenti pubblici è inderogabile anche da parte della contrattazione collettiva, nonché dall'autonomia regolamentare degli enti. La sanzione adottata da organo diverso da quello stabilito per legge nella fattispecie Ufficio per i procedimenti disciplinari , è insanabilmente nulla. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 16190 del 25 luglio. La sanzione è nulla se adottata da organo diverso da quello previsto per legge. La Suprema Corte ha confermato una pronuncia della corte d'Appello di Torino che ha annullato il licenziamento disciplinare di un dipendente comunale disposto con provvedimento sindacale e non dell'ufficio procedimenti disciplinari. In tal senso ha richiamato il proprio precedente e conforme orientamento Cass. n. 2168/2004, 2098/2009 e 14698/2010 secondo il quale nel procedimento disciplinare alle dipendenze della pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 55 d. lgs n. 165/2001, tutte le fasi del procedimento competono all'Ufficio per i procedimenti disciplinari, sicché il provvedimento irrogato da un soggetto o organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora istituito, è illegittimo, e la sanzione irrogata in tale caso è nulla. E' sufficiente che l'amministrazione individui l'organo competente all'adozione delle sanzioni. La sentenza in esame aggiunge una precisazione ulteriore per ottemperare al dettato di legge sulla competenza non è necessario che l'amministrazione istituisca ex novo un ufficio apposito che svolga la funzione di ufficio competente per i provvedimenti disciplinari. E' infatti lecito che si limiti ad individuare, tra gli organi già esistenti, quello competente ai sensi dell'art. 55 del d. lgs. n. 165/2001 nel caso in esame, invece, il comune per un verso non aveva istituito ad hoc un ufficio competente per i procedimenti disciplinari e dall'altro non aveva attribuito ad una struttura preesistente siffatto compito. La contrattazione collettiva non modifica l'attribuzione di competenze stabilite dalla legge. Il riparto di competenze stabilito dalla legge non può essere modificato dall'autonomia regolamentare rimessa ai singoli enti. Osserva la Corte che la previsione legislativa suddetta non è modificabile nemmeno dalla contrattazione collettiva, sia per il principio gerarchico delle fonti, sia perché l'art. 55, comma 3, d. lgs. n. 165/2001 nel testo vigente all'epoca in cui si sono svolti i fatti di causa attribuisce alla contrattazione collettiva solo la possibilità di definire la tipologia e l'ambito delle sanzioni e non anche quello d'individuare il soggetto competente alla gestione di ogni fase del procedimento disciplinare. Il principio affermato è valido anche dopo la riforma Brunetta del 2009. Come noto, la regolamentazione del procedimento disciplinare nel pubblico impiego è stata rivisitata dal d. Lgs. n. 150/2009 cd. decreto Brunetta che ha profondamente modificato anche il riparto di competenze tra sanzioni irrogabili dai responsabili delle singole strutture e Ufficio per i procedimenti disciplinari, ampliando le competenze dei primi fino alla sospensione dal servizio per dieci giorni, ed attribuendo al secondo quelle restanti, anche espulsive. Anche a seguito della riforma, resta fermo il principio enunciato dal giudice di legittimità con la sentenza in esame le competenze, oggi cristallizzate dall'art. 55 bis del d. Lgs . n. 165/2001, sono inderogabili e la loro violazione comporta la nullità della sanzione disciplinare adottata.