Malati gli animali esotici importati in Italia: contratto a rischio. Fondamentale il dettaglio relativo alla patologia

Scontro tra società per l’acquisto di numerosi esemplari di alpaca, poi risultati malati. Sul fronte contrattuale è decisivo il dato relativo alla patologia.

Brutta sorpresa per un’azienda che in Italia si è specializzata nell’importare alpaca – mammiferi originari del Sud America – da far crescere e poi cedere ad allevatori specializzati, e che si ritrova ad avere acquistato diversi esemplari malati. Inevitabile il contenzioso con la società venditrice – australiana –, ma a livello contrattuale il dettaglio fondamentale è rappresentato dalla patologia che ha colpito gli animali. Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 17930, depositata il 27 agosto . A dare il ‘la’ al contenzioso è la citazione con cui nel 2006 la società australiana, che esporta alpaca, conviene in giudizio la società italiana al fine di sentirne dichiarare l’inadempimento al contratto di vendita di 54 esemplari, stipulato nel 2004, e sentirla condannare al pagamento di 55mila euro quale corrispettivo, oltre alla restituzione di 11mila euro, somma anticipata dalla venditrice per le cure mediche somministrate agli animali venduti, nonché al risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento contrattuale da parte della società compratrice. In primo grado il giudice accerta che gli animali in questione erano giunti in Italia nel marzo 2003 e 9 esemplari erano risultati affetti da paratubercolosi che ne aveva provocato il decesso , e osserva poi che la malattia era stata denunciata dalla società italiana alla società australiana con comunicazione del 22 aprile 2003 . A chiusura del giudizio di primo grado, ritenuta la novazione del contratto originario di agenzia con il successivo di vendita del 12 marzo 2004 , il Tribunale condanna la società italiana al pagamento della somma di 55mila euro quale corrispettivo della vendita , rigetta la domanda di restituzione della somma anticipata dalla venditrice per le cure mediche e infine riconosce il risarcimento dei danni, equitativamente stimato in 5mila euro . In secondo grado, però, la società italiana ribadisce la domanda riconvenzionale per i costi sostenuti e la perdita economica conseguente al blocco delle vendite e inoltre insiste nell’ eccepire la nullità del contratto per violazione del regolamento veterinario, deducendo altresì che il prezzo avrebbe comunque dovuto essere ulteriormente ridotto del corrispettivo di altri dodici animali morti per la malattia nel periodo successivo alla vendita . I giudici d’Appello danno ragione alla società italiana, dichiarando la nullità della vendita degli alpaca per illiceità dell’oggetto e respingendo, quindi, la domanda di condanna al pagamento del prezzo nonché quella di risarcimento dei danni avanzate dalla società australiana. Per i Giudici è evidente la nullità della vendita per la non commerciabilità del bene, poiché gli animali erano infetti da paratubercolosi che il decreto legislativo n. 193/2005 indicava come motivo di divieto di scambio di ovini e caprini provenienti da allevamenti in cui fosse stata manifestata detta malattia , e, secondo la Corte territoriale, il riferimento del decreto legislativo n. 193/2005, di attuazione della direttiva CEE n. 50/2003, alle sole specie caprine ed ovine non escludeva la possibilità di darne un’interpretazione estensiva in considerazione dell’introduzione sempre maggiore di specie di animali non autoctone . Infine, la Corte respinge la domanda di risarcimento dei danni sul presupposto che l’acquirente era consapevole, al momento dell’acquisto, della malattia degli animali . In sostanza, per i giudici d’Appello, è nullo il contratto di vendita dei 54 alpaca e non è dovuto alla società venditrice il relativo prezzo, né alcun risarcimento . A rimettere in discussione l’esito del contenzioso provvede la Cassazione, accogliendo un’obiezione proposta dai legali della società australiana, cioè quella con cui viene denunciata l’illegittimità della conclusione espressa dalla Corte territoriale sulla scorta di un’interpretazione analogica delle previsioni sulle malattie infettive e diffusive, applicandola anche al fattore patogeno riscontrato negli alpaca oggetto del contratto di vendita . Dalla Cassazione sottolineano che in relazione alla vendita di animali, se l’animale è affetto da una delle malattie infettive e diffusive elencate nel Regolamento di polizia veterinaria art. 1 d.p.r. n. 320/1954 , il negozio deve ritenersi nullo per illiceità dell’oggetto derivante dal divieto di alienazione, il quale sussiste anche se l’incommerciabilità non è espressamente disposta dal regolamento predetto . In aggiunta va dato atto che l’elenco delle malattie degli animali a carattere infettivo e diffusive, contenuto nell’articolo 1 del Regolamento di polizia veterinaria, è soggetto ad aggiornamento ogni volta che si manifestino nuove malattie ritenute scientificamente rilevanti, ai fini delle procedure di denuncia e sequestro disciplinate dal Regolamento stesso , ma, aggiungono i magistrati, detto aggiornamento avviene con ordinanze ministeriali, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e può dipendere anche dalle fonti sovranazionali regolanti gli scambi transnazionali, come il Regolamento europeo n. 429/2016, Animal Health Law applicabile dal 21 aprile 2021, quale quadro giuridico generale di tutta la sanità animale, dal commercio intracomunitario, all’ingresso nell’Unione di animali e prodotti, dall’eradicazione delle malattie, ai controlli veterinari, passando per la notifica delle malattie fino ad arrivare al sostegno finanziario in relazione alle diverse specie animali . In tale prospettiva la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che le malattie a carattere infettivo e diffusivo non siano solo quelle elencate nel Regolamento di polizia veterinaria, ma anche quelle previste da altre norme e, fra queste, ha considerato il d.lgs. n. 193/2005, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2003/50/CE in materia di rafforzamento dei controlli sui movimenti di ovini e caprini ove possano essere stati a contatto con le specifiche patologie previste dall’art. 9 d.lgs. cit., fra cui la paratubercolosi , ma, spiegano dalla Cassazione, ha errato ad applicare estensivamente agli alpaca, animali della diversa specie dei camelidi, la norma che individua la malattia contagiosa degli ovini e caprini ai fini del divieto di scambio nell’ambito dell’Unione Europea . Di conseguenza, l’interpretazione estensiva operata dalla Corte territoriale, sul presupposto della irrazionalità della previsione normativa che ritiene rilevante la suddetta patologia solo per i caprini e gli ovini, non è conforme a diritto, non potendosi ammettere che il giudice si sostituisca al legislatore nell’individuazione delle patologie rilevanti per le varie specie di animali , poiché deve ritenersi che, al di fuori della previsione del Regolamento di polizia veterinaria o di altre fonti normative, le malattie degli animali possano rilevare sul piano della eventuale responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1496 c.c. ovvero quella per mancanza di qualità o per consegna di aliud pro alio . Necessario, quindi, un nuovo processo in Appello, dove i Giudici dovranno applicare il principio fissato dalla Cassazione, principio secondo cui nel caso di vendita di animale affetto da malattia infettiva e diffusiva, il contratto è nullo per incommerciabilità del bene solo nel caso in cui la patologia sia espressamente prevista dal regolamento di polizia veterinaria o da altra disposizione normativa per il tipo di animale oggetto della vendita, dovendosi negli altri casi fare applicazione, ai fini dell’eventuale responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1496 c.c., della disciplina relativa ai vizi della cosa venduta ovvero alla mancanza delle qualità promesse o essenziali ovvero alla consegna di aliud pro alio .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 gennaio – 27 agosto 2020, numero 17930 Presidente Lombardo – Relatore Casadonte Fatti di causa 1. Il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso tempestivamente notificato da Jolimont Alpacas di Pa. Vi. nei confronti di Maridiana soc. Agricola e del terzo chiamato Alpaca Fam Lehnerhof di Fr. Di. Se. e Be. Se. avverso la sentenza della Corte d'appello di Perugia che, in accoglimento del gravame di Maridiana, dichiarava la nullità del contratto di vendita di 54 alpaca e non dovuto alla venditrice Jolimont il relativo prezzo, né alcun risarcimento danni. 2. Il contenzioso fra le parti era insorto a seguito di citazione delle 2006 con cui Jolimont, società australiana che esportava alpaca, conveniva in giudizio la società Maridiana al fine di sentirne dichiarare l'inadempimento al contratto di vendita di 54 esemplari stipulato nel 2004 e sentirla condannare al pagamento di Euro 55.000 quale corrispettivo, oltre alla restituzione di Euro 11.000 anticipata dalla venditrice per le cure mediche somministrate agli animali venduti, nonché al risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento contrattuale della compratrice. 3. Il giudice di primo grado accertava che gli animali in questione erano giunti in Italia presso la società Maridiana nel marzo 2003, provenienti dalla fattoria Alpaca Fam Lehnerhof di Fr. Di. Se. e Be. Se., in forza di originario contratto di agenzia stipulato con Jolimont e finalizzato al commercio in Italia di animali alpaca. 4. Alcuni esemplari erano risultati affetti da paratubercolosi o linfoadenite caseosa derivata da Corynebacterium che ne aveva provocato il decesso in numero di 9. 5. La malattia era stata denunciata dalla Maridiana alla Jolimont con comunicazione del 22 aprile 2003. 6. Al termine del giudizio di primo grado, ritenuta la novazione del contratto originario di agenzia con il successivo di vendita del 12 marzo 2004, il Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Castello, accoglieva parzialmente la domanda attorea e condannava la convenuta Maridiana al pagamento della somma di Euro 55.000,00 quale corrispettivo della vendita, mentre rigettava la domanda di restituzione della somma richiesta dalla venditrice per le cure mediche al contempo il tribunale riconosceva il risarcimento dei danni equitativamente stimato in Euro 5000,00. 7. Avverso detta pronuncia proponeva appello la soccombente Maridiana, la quale ribadiva la domanda riconvenzionale per i costi sostenuti e la perdita economica conseguente al blocco delle vendite che il tribunale aveva, invece, respinto l'appellante insisteva, altresì, nel contestare la prospettata l'inesistenza della novazione, eccependo la nullità del contratto per violazione del regolamento veterinario, deducendo altresì che il prezzo avrebbe comunque dovuto essere ulteriormente ridotto del corrispettivo di altri dodici animali morti per la malattia nel periodo successivo alla vendita. 8. La Corte d'appello di Perugia, decidendo sul gravame, dichiarava la nullità della vendita degli alpaca per illiceità dell'oggetto e respingeva, quindi, la domanda di condanna al pagamento del prezzo nonché quella di risarcimento dei danni. 9. La corte riteneva la nullità della vendita per la non commerciabilità del bene, poiché gli animali erano infetti da paratubercolosi o linfoadenite caseosa che il decreto legislativo numero 193 del 2005 indicava come motivo di divieto di scambio di ovini e caprini provenienti da allevamenti in cui fosse stata manifestata detta malattia. 10. Secondo la Corte territoriale il riferimento del decreto legislativo numero 193 del 2005, di attuazione della direttiva CEE numero 50 del 2003, alle sole specie caprine ed ovine non escludeva la possibilità di darne un'interpretazione estensiva in considerazione dell'introduzione sempre maggiore di specie di animali non autoctone. 11. La Corte respingeva poi la domanda di risarcimento dei danni sul presupposto che l'acquirente al momento dell'acquisto era consapevole della malattia degli animali ed, in considerazione di ciò, infine, compensava le spese giudiziali per la reciproca soccombenza. 12. La cassazione della sentenza d'appello è chiesta sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ex articolo 380 bis.1 cod. proc. civ. cui resiste con controricorso la Maridiana s.r.l. 13. A seguito di ordinanza interlocutoria del 25 settembre 2019 è stata disposta la discussione in pubblica udienza. 14. Parte controricorrente ha depositato udienza ai sensi dell'articolo 378 cod. proc. civ. Ragioni della decisione 15. Con il primo motivo di denuncia, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché l'omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la corte d'appello ritenuto la nullità del contratto di vendita per incommerciabilità dell'oggetto. 15.1. In particolare, la ricorrente denuncia l'illegittimità della conclusione espressa dalla corte territoriale sulla scorta di un'interpretazione analogica delle previsioni sulle malattie infettive e diffusive, applicandola anche al fattore patogeno Corynebacterium pseudotuberculosis riscontrato negli alpaca oggetto del contratto di vendita. 15.2. Inoltre, parte ricorrente censura la sentenza impugnata per avere omesso di verificare, ai sensi del D.Lgs. 146 del 26 marzo 2001, in attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti, le responsabilità dei soggetti coinvolti nel procedimento ed individuati nel detentore, nel custode e nel proprietario degli animali, evidenziando che il venditore al momento della stipula del contratto di vendita non era da tempo più il detentore degli animali, i quali erano stati un anno in Germania presso la fattoria Alpaca Fam Lehnerhof di Fr. Di. Se. e Be. Se. e poi dal 2003 presso la Maridiana che li aveva poi acquistati 2004. 16. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'articolo 360 comma 1, numero 5, cod. proc. civ., la violazione dell'articolo 1353 cod. civ. per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le parti si erano determinate a concludere un contratto condizionato di alpaca malati con la volontà di far dipendere l'efficacia del contratto dalla condizione della loro guarigione. 17. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 e numero 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697, 1491, 1495, 1496, 812, 923,1519-bis, 1519-sexies, del D.Lgs. numero 24 del 2002 del Regolamento di polizia veterinaria di cui al D.P.R. numero 320 del 1954, del D.Lgs. numero 193 del 2005 per avere erroneamente applicato gli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ed avere, con omessa ed insufficiente motivazione, ritenuto la nullità del contratto per incommerciabilità degli animali anche secondo un'errata articolazione dell'onere probatorio fra venditore ed acquirente. 18. Il primo motivo di ricorso è fondato. 19. In relazione alla vendita di animali, questa Corte ha costantemente affermato che, se l'animale è affetto da una delle malattie infettive e diffusive elencate nel Regolamento di polizia veterinaria articolo 1 D.P.R. 320 del 1954 , il negozio deve ritenersi nullo per illiceità dell'oggetto derivante dal divieto di alienazione, il quale sussiste anche se l'incommerciabilità di cui trattasi non è espressamente disposta dal regolamento predetto cfr. Cass. 1782/1972 3690/1977 4278/2011 . 20. Deve darsi atto che l'elenco delle malattie degli animali a carattere infettivo e diffusive, contenuto nell'articolo 1 del Regolamento di polizia veterinaria, è soggetto ad aggiornamento ogni volta che si manifestino nuove malattie ritenute scientificamente rilevanti, ai fini delle procedure di denuncia e sequestro disciplinate dal Regolamento stesso. 21. Detto aggiornamento avviene con ordinanze ministeriali, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e può dipendere anche dalle fonti sovranazionali regolanti gli scambi transnazionali cfr. da ultimo il Regolamento Europeo 429/2016, Animai Health Law applicabile dal 21 aprile 2021, quale quadro giuridico generale di tutta la sanità animale, dal commercio intracomunitario, all'ingresso nell'Unione di animali e prodotti, dall'eradicazione delle malattie, ai controlli veterinari, passando per la notifica delle malattie fino ad arrivare al sostegno finanziario in relazione alle diverse specie animali . 22. In tale prospettiva la corte d'appello territoriale ha correttamente ritenuto che le malattie a carattere infettivo e diffusivo non siano solo quelle elencate nel Regolamento di polizia veterinaria, ma anche quelle previste da altre norme e, fra queste, ha considerato il D.Lgs. 193/2005, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2003/50/CE in materia di rafforzamento dei controlli sui movimenti di ovini e caprini ove possano essere stati a contatto con le specifiche patologie previste dall'articolo 9 D.Lgs. cit., fra cui la paratubercolosi o linfadenite caseosa. 23. Ha errato tuttavia la Coret territoriale ad applicare estensivamente agli alpaca, animali della diversa specie dei camelidi, la norma che individua la malattia contagiosa degli ovini e caprini ai fini del divieto di scambio nell'ambito dell'Unione Europea. 24. L'interpretazione estensiva operata dalla corte territoriale, sul presupposto che della irrazionalità della previsione normativa che ritiene rilevante la suddetta patologia solo per i caprini e gli ovini, non è conforme a diritto, non potendosi ammettere che il giudice si sostituisca al legislatore nell'individuazione delle patologie rilevanti per le varie specie di animali. 25. Deve infatti ritenersi che, al di fuori della previsione del Regolamento di polizia veterinaria o di altre fonti normative, le malattie degli animali possano rilevare sul piano della eventuale responsabilità del venditore ai sensi dell'articolo 1496 cod. civ. ovvero quella per mancanza di qualità o per consegna di aliud pro alio. 26. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'appello di Perugia per riesame alla luce del seguente principio di diritto Nel caso di vendita di animale affetto da malattia infettiva e diffusiva, il contratto è nullo per incommerciabilità del bene solo nel caso in cui la patologia sia espressamente prevista dal regolamento di polizia veterinaria o da altra disposizione normativa per il tipo di animale oggetto della vendita, dovendosi negli altri casi fare applicazione, ai fini dell'eventuale responsabilità del venditore ai sensi dell'articolo 1496 cod. civ., della disciplina relativa ai vizi della cosa venduta ovvero alla mancanza delle qualità promesse o essenziali ovvero alla consegna di aliud pro alio . 27. L'accoglimento del primo motivo, è assorbente rispetto all'esame degli altri due motivi. 28. La Corte d'appello di Perugia provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d'appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.