Indebita appostazione in conto corrente: sull’onere di allegazione del correntista

L’assolvimento del c.d. onere di allegazione è cruciale nelle controversie che presentano una elevata componente tecnica quale quelle di natura bancaria.

La decisione del Tribunale di Torino n. 684 del 7 febbraio 2020, qui annotata, si sofferma su tale fenomeno spiegando, con parole nitide, che le c.d. voci d’indebita appostazione ovverosia le poste monetarie indebitamente incamerate dalla banca – prima ancora di essere provate – devono essere allegate ovverosia indicate specificatamente da chi agisce in giudizio. I fatti di causa. Una società a responsabilità limitata contesta innanzi al Tribunale di Torino presunte anomalie contabili riscontrate nel proprio conto corrente, chiedendo la condanna della banca convenuta al pagamento della somma ritenuta indebitamente incamerata in corso di rapporto a titolo di interessi non pattuiti, usura, scorretta applicazione della valuta delle operazioni di addebito e di accredito, illegittimo esercizio dello ius variandi . La banca, costituitasi in giudizio, eccepisce l’inammissibilità delle domande avversarie per la pendenza del conto corrente al momento dell’instaurazione del giudizio, chiedendo il rigetto di ogni pretesa avanzata dalla società correntista. Il Tribunale di Torino, sulla base delle sole produzioni documentali delle parti, rigetta le domande di parte attrice condannandola al pagamento delle spese di lite. Pendenza del conto e diritto del cliente ad accertarne il saldo ad una certa data. Il Tribunale di Torino respinge l’eccezione della banca d’inammissibilità delle domande avversarie ritenendo sussistente un apprezzabile interesse ad agire del cliente, ex art. 100 c.p.c., volto ad ottenere un accertamento definitivo in ordine all’esattezza o meno del saldo del conto corrente a una certa data ciò al fine di cristallizzare con certezza i reciproci rapporti dare/avere in un determinato momento temporale. A tal riguardo, viene richiamato l’insegnamento della Corte di Cassazione secondo cui l’assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l’interesse di questi all’accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetizione delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell’esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento concessogli e nella riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto Cass. n. 21646/2018 . Eccezione di prescrizione del diritto di ripetizione del correntista. L’eccezione di prescrizione della banca viene invece accolta dal Tribunale di Torino in aderenza al noto insegnamento delle Sezioni Unite n. 24418/2010. Osserva, al riguardo, il Giudice che la giurisprudenza successiva alla richiamata sentenza delle Sezioni Unite ha altresì chiarito come i versamenti in conto corrente si presumano in via generale come aventi natura ripristinatoria giacché questa è la funzione tipica e ordinaria del conto corrente e delle relative rimesse Cass. n. 4518/2014 . L’azione di ripetizione dell'indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità di clausole contrattuali con riguardo a un certo contratto di conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale che decorre, dai singoli versamenti aventi natura solutoria. Secondo detta giurisprudenza, soggiunge il Tribunale di Torino, grava poi sull’attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio ed a spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto Cass. 27704/2018 . Onere non assolto nella fattispecie poiché parte attrice ha omesso di evidenziare peculiari pagamenti di poste monetarie idonee a spostare il dies a quo . La contrattualistica, seppur mono-firma, è valida. In relazione poi alla contrattualistica di riferimento, il Tribunale di Torino, nel respingere la doglianza di parte attrice, si sofferma sulla tematica del c.d. contratto mono-firma. Segnatamente, le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 898/2018, hanno stabilito che in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità azionabile dal solo cliente dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche quella dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti Cass. S.U. n. 898/2018 . Tali principi afferenti i contratti di intermediazione finanziaria sono stati estesi e applicati dalla stessa Corte di Cassazione, con successiva ordinanza n. 16070/2018, anche ai contratti bancari soggetti al d.lgs. n. 385/1993. Più nel dettaglio, la Corte di Legittimità ha affermato che in materia di contratti bancari, l’omessa sottoscrizione del documento da parte dell’istituto di credito non determina la nullità del contratto per difetto della forma scritta, prevista dall'art. 117, comma 3, TUB. La mancata sottoscrizione del cliente è dunque priva di rilievo, in presenza di comportamenti concludenti dell'istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto Cass. n. 16070/2018 Cass. 14646/2018 . Osserva il Tribunale di Torino che, nel caso in esame, i comportamenti concludenti dai quali desumere la volontà dell’istituto di credito di avvalersi dei contratti in discorso vanno individuati nel costante concreto contegno contrattuale tenuto, e, in particolare, caratterizzato dall’effettiva accensione del rapporto di conto corrente, dalla perdurante contabilizzazione dei rapporti nei propri sistemi informativi, dall’erogazione delle somme oggetto di finanziamento, dalla protratta annotazione di ogni movimento, dalla predisposizione della documentazione contrattuale con chiaro riferimento agli estremi dei rapporti oggetto di causa, dal costante invio degli estratti conto e dei progressivi documenti contrattuali di integrazione e modifica delle condizioni applicate, dall’esercizio delle facoltà contrattuali ivi previste, e, quindi, in definitiva, dall’effettiva e concreta esecuzione dei rapporti contrattuali in argomento. L’onere di allegazione incombe al correntista. Tutte le residuali domande formulate dalla società correntista i.e. applicazione illegittima di interessi anatocistici, di oneri e commissioni, di interessi usurari, nonché illegittimo esercizio dello ius variand i sono rigettate dal Tribunale di Torino per difetto di allegazione. Osserva, al riguardo, il Giudice che la citazione contiene brani di trattazione generale della tematica dedotta in lite, nonché considerazioni generiche, senza alcun riferimento concreto al caso in discussione. Non vi è indicazione di alcuna posta monetaria indebitamente incamerata non vi è indicazione di importo o di date in cui detto incameramento sarebbe avvenuto. Non viene ritenuta di aiuto neppure la perizia di parte attrice poiché priva di specifiche deduzioni sui punti di interesse. È stato efficacemente osservato, puntualizza il Tribunale di Torino, che nel caso di accertamento, su domanda del correntista, del saldo del conto corrente ad una certa data, l’onere allegatorio e probatorio grava esclusivamente sull’attore ex art. 2697 c.c., il quale deve necessariamente dedurre e allegare in via analitica le voci di asserita indebita appostazione in conto c.d. onere di contestazione specifica , non essendo sufficiente a tal fine riportare meri orientamenti dottrinari o giurisprudenziali cfr. Trib. Roma, n. 1183/2018 e n. 20484/2018 . Nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è infatti tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, sicché lo stesso ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute Trib. Roma n. 21/2019 . Le c.d. voci di indebita appostazione cioè le poste monetarie indebitamente incamerate dalla banca – prima ancora di essere provate – devono essere allegate ovverosia indicate specificamente . Reputa il Tribunale di Torino che nella fattispecie le deduzioni e le allegazioni svolte da parte attrice, formulate prima dello spirare dei predetti termini preclusivi, sono del tutto generiche e quindi inidonee a fondare una pronuncia di accoglimento. Gli atti di parte attrice, ad avviso del Giudice, risultano essere un assemblaggio di trattazione generale dei vari istituti della materia bancaria, senza alcun concreto riferimento alla reale vicenda oggetto di causa. In particolare, il Tribunale di Torino rileva come nel caso in esame difetti a una chiara indicazione delle singole poste monetarie asseritamente incamerate dalla parte convenuta e del momento temporale dell’asserito indebito incameramento b una chiara indicazione dei tassi in concreto applicati dalla banca, del momento temporale di illegittimo incameramento della commissione di massimo scoperto, di quale sarebbe stato il corretto tempo di conteggio e appostamento della valuta delle operazioni di addebito e di accredito, della metodologia adottata per calcolare il TAEG e di quali sarebbero gli effettivi valori usurari, nonché delle variazioni contrattuali da considerarsi illegittime c una chiara indicazione del momento in cui vi sarebbe stata l’effettiva capitalizzazione di interessi d l’indicazione della modalità di calcolo seguita, ovverosia l’esplicitazione di quali entità numeriche sono state prese in considerazione per giungere ad affermare l’avvenuta capitalizzazione. Tali chiare ed evidenti mancanze integrano un palese difetto di allegazione la quale, invece, deve essere necessariamente contenuta nell’atto di parte quale connotato essenziale di esso al fine di adempiere al dovere di enunciazione ed esplicitazione delle ragioni giuridiche e fattuali della domanda. È noto, conclude il Giudice, che nel caso di contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’articolo 1382 c.c., preclude qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell’estratto conto, ma non impedisce certamente di sollevare contestazioni in ordine alla validità ed all’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti ed accrediti, e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente Cass. 30000/2018 e Cass. 11626/2011 . Tale principio presuppone però che la successiva contestazione sia analitica e specifica con riferimento alle precise annotazioni in conto corrente, e ai parametri ivi utilizzati per i conteggi. Le domande vengono pertanto rigettate per difetto di allegazione. Qualche precedente giurisprudenziale inedito sull’onere di allegazione. L’onere di allegazione risponde al principio secondo cui la tutela giudiziale mai è rimessa a potere ufficioso del giudice in base al noto il brocardo del diritto romano per cui ne procedat iudex ex officio . Ciò significa che l’introduzione e specificazione dei fatti che andranno a formare il thema decidendum deve avvenire ad opera esclusiva delle parti. Si registrano in giurisprudenza numerosissime pronunce. Fra le più recenti, in questa materia, cfr. Trib. Crotone, n. 268/19, ove affermato che l’onere di allegazione deve essere adempiuto in modo circostanziato, non potendo risolversi in mere enunciazioni generiche, astratte ed ipotetiche Cass. n. 10527/11 ” Trib. Avellino, n. 886/19, secondo cui in difetto di completa allegazione e dimostrazione dell'andamento del conto corrente, non è possibile verificare nemmeno per il tramite di CTU contabile l'eventuale scostamento della banca dalle pattuizioni intercorse, non consentendosi in difetto di produzione continuativa degli estratti conto di verificare la pretesa attorea” Trib. Torino, n. 155/18, ove statuito che poiché si tratta di documenti contrattuali che la correntista aveva l’onere di conservare e produrre al fine di fornire specifica allegazione dell’entità della sua pretesa, si deve ritenere che non assolve all’onere di allegazione e prova l’attrice che si è limitata a produrre solo alcuni estratti conto relativi ad alcuni periodi di svolgimento del rapporto, non idonei a individuare i singoli accrediti e addebiti. L’attrice non può che essere soggetta alle conseguenze che l’ordinamento giuridico connette al mancato assolvimento dell’onere di allegazione e prova del fondamento della domanda” Trib. Palmi, n. 161/18 ove chiarito che un conto è, infatti, la rilevabilità ex officio della nullità ed altro è, invece, l’onere di allegazione e di prova che in ogni caso grava a carico delle parti, secondo il generale principio di cui all’art. 2697 c.c. la rilevabilità d’ufficio della nullità di un contratto, prevista dall’art. 1421 c.c., non comporta che il giudice sia obbligato ad un accertamento d’ufficio in tal senso, dovendo, invece, detta nullità risultare ex actis, ossia dal materiale probatorio acquisito al processo, essendo i poteri officiosi del giudice limitati al rilievo della nullità stessa e non intesi perciò ad esonerare la parte dall’onere probatorio gravante su di essa Cass. 1552/2004 Cass. 10530/1998 , essendo pacifico ed incontroverso che l’onere di allegare e di provare le circostanze addotte da una parte a sostegno della nullità dell’atto cui le domande si riferiscono incomba sulla parte che tale domanda propone ex multis Cass. 23974/2010 Cass. 7501/2012 ” Trib. Avellino, n. 953/18, ove chiarito che durante il corso del rapporto, allorquando non vi sia allegazione e prova della natura solutoria delle rimesse eseguite dalla correntista, queste si devono intendere meramente ripristinatorie della provvista, sicché non hanno natura di pagamenti, tali da poter configurare una domanda di restituzione dell’indebito, ma consistono in semplici annotazioni contabili” Trib. Novara, n. 871/18, per cui sul punto appare utile ricordare che la doglianza riferita allo ius variandi deve essere specifica, gravando sull’attore l’onere di indicare quali variazioni non abbiano rispettato la disciplina all’epoca vigente ed evidenziare, quindi, quale modifica sia inefficace. Tale attività rientra nell’onere di allegazione e prova dell’attore, a cui spetta introdurre in giudizio tutti gli elementi utili per accertare l’illiceità delle variazioni e, in difetto, la doglianza non può essere esaminata”. In riferimento alla CTU, cfr. Trib. Lecce, n. 4144/18 ove chiarito che legittimamente non è disposta dal giudice se è richiesta per compiere un’indagine esplorativa sull’esistenza di circostanze, il cui onere di allegazione è invece carico delle parti così Cass. Civ., Sez. 21/07/2003, n. 11317, cfr. da ultimo Cass. Civ., Sez. II, 11/01/2006, n. 212 ”. Sulla c.d. allegazione implicita, cfr. Trib. Napoli Nord, n. 999/18, secondo cui l’allegazione implicita compiuta tramite il rinvio con l’atto di citazione alla relazione tecnica depositata in giudizio è inammissibile atteso che, in base al principio del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., le allegazioni implicite, quindi, le dichiarazioni che rappresentano gli elementi fondamentali dell’azione e, in particolare, la causa petendi, devono essere portate a conoscenza, unitamente all’atto di citazione, al convenuto per consentire allo stesso di esercitare immediatamente, nel termine libero di cui all’art. 163 bis c.p.c., il proprio diritto di difesa, che comprende anche la facoltà di non costituirsi in giudizio e di rimanere inerte, avendo piena e completa cognizione dei fatti che la controparte pone a sostegno della pretesa fatta valere dinanzi al tribunale”. In dottrina, cfr. BUONCRISTIANI, L’allegazione dei fatti nel processo civile. Profili sistematici, Torino, 2001 CARNACINI, Tutela giurisdizionale e tecnica del processo, in Studi in onore di E. Redenti, II, Milano, 1951, 695 ss. COMOGLIO, Allegazione, in Digesto civ., I, Torino, 1987, 277 ss. DENTI Azione diritto processuale civile , in Enc. Giur., I, Roma, 1989 SATTA, Domanda giudiziale diritto processuale civile , in Enc. Dir., XIII, Milano, 1964, 816 ss.

Tribunale di Torino, sez. I Civile, sentenza 5 – 7 febbraio 2020, n. 684 Giudice Rende Motivi della decisione 1. L’oggetto del presente giudizio. La società attrice S.I. s.r.l. è stata costituita in data 15 febbraio 2006 mediante conferimento di ramo d’azienda della M. s.r.l La società Manhattan s.r.l. era cliente della Cassa di Risparmio di V. S.p.A., intermediario poi incorporato nella società convenuta I.S. in data 23 novembre 2016. La società M. s.r.l. ha intrattenuto il rapporto di conto corrente n. omissis con la predetta Cassa di Risparmio di V. S.p.A La società attrice deduce in relazione al predetto rapporto di conto corrente la sussistenza di diffuse irregolarità connessef a all’applicazione di interessi non convenuti per iscritto b all’applicazione dell’illegittimo anatocismo trimestrale c all’applicazione di oneri non pattuiti e commissioni di massimo scoperto CMS nulle per mancanza di causa ed indeterminate d alla scorretta applicazione della valuta delle operazioni di addebito e di accredito e all’applicazione di interessi usurari f all’illegittimo esercizio dello ius variandi. L’analisi commissionata al proprio perito di parte v. il doc. n. 3 del fascicolo di parte attrice ha rideterminato il saldo del conto corrente di cui sopra alla data del 31.12.2016 nell’importo a credito per la società attrice di € 136.806,00 in luogo del saldo a debito conteggiato dalla banca convenuta pari ad € 31.377,00. La parte attrice agisce pertanto nel presente giudizio al fine di ottenere la condanna di parte convenuta al pagamento a titolo di restituzione della differenza di € 168.183,00 ritenuta somma indebitamente incamerata in corso di rapporto. La banca convenuta I.S. S.p.A., dopo essersi ritualmente costituita in giudizio, e aver argomentato in fatto e in diritto, eccependo in particolare l’inammissibilità delle domande avversarie in quanto il conto corrente era ancora aperto al momento dell’instaurazione del presente giudizio nonché la parziale prescrizione delle pretese di controparte, ha richiesto l’integrale rigetto delle domande attoree ex adverso formulate. 2. L’istruttoria svolta. La causa è stata istruita mediante le sole produzioni documentali delle parti. 3. Sull’eccezione di inammissibilità delle domande di parte attrice per essere il conto corrente oggetto di causa ancora aperto al momento dell’instaurazione del presente processo. Parte convenuta I.S. S.p.A. ha eccepito l’inammissibilità delle domande svolte dalla parte attrice in quanto il conto corrente oggetto di causa era al momento dell’instaurazione del presente giudizio ancora aperto. L’eccezione è infondata e va pertanto, disattesa. Sul punto è sufficiente osservare come, nell’ambito di un rapporto contrattuale di conto corrente ancora in essere, vi sia un apprezzabile interesse ad agire ex art. 100 del c.p.c. del cliente volto ad ottenere un accertamento definitivo in ordine all’esattezza o meno di un determinato saldo a una certa data, e ciò al fine di definire con certezza i reciproci rapporti dare/avere in un dato momento temporale. A tal riguardo si richiama - anche ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 118 delle disp. att. al c.p.c. - il pronunciamento della Corte Suprema di Cassazione la quale ha affermato in tema di conto corrente bancario, l’assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l’interesse di questi all’accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetizione delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell’esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento concessogli e nella riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto v. Cass. n. 21646/2018 . 4. Sull’eccezione di prescrizione come sollevata dalla parte convenuta Intesa Sanpaolo S.p.A Parte convenuta banca I.S. S.p.A. ha sollevato eccezione di prescrizione in riferimento al periodo anteriore al 27 luglio 2006 ovverosia dieci anni prima della data della prima contestazione ritenuta valida risalente al 27 luglio 2016 . L’eccezione è fondata e, pertanto, deve essere accolta. Come è noto, infatti, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale 10 anni , la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta monetaria illegittimamente addebitata, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto corrente in cui la posta monetaria contestata è stata registrata v. Cass. Sez. Unite n. 24418/2010 infatti, nell’anzidetta ipotesi versamento con funzione ripristinatoria ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’”accipiens”. Dunque, solo la presenza di un versamento avente natura solutoria può comportare il decorrere la prescrizione dalla relativa annotazione in conto corrente. Invece, nei rimanenti casi di rimesse ripristinatorie, la prescrizione decorre dalla chiusura del conto corrente. La giurisprudenza successiva alla sentenza delle Sezioni Unite n. 24418/2010 ha altresì chiarito come i versamenti in conto corrente si presumano in via generale come aventi natura ripristinatoria giacché questa è la funzione tipica e ordinaria del conto corrente e delle relative rimesse cfr. Cass. n. 4518/2014 . E’ stato quindi affermato che l’azione di ripetizione dell'indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità di clausole contrattuali con riguardo a un certo contratto di conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale che decorre, dai singoli versamenti aventi natura solutoria. Secondo detta giurisprudenza grava poi sull’attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio ed a spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto v. Cass. 27704/2018 . Nel caso in esame parte attrice non ha evidenziato peculiare pagamenti di poste monetarie idonee a spostare il dies a quo nei termini suddetti. Deve pertanto dichiararsi la prescrizione di tutte le pretese di parte attrice riferite a poste monetarie anteriori alla data del 27 luglio 2006. Nel proseguo deve pertanto considerarsi l’andamento del rapporto di conto corrente solamente a far data dal 27 luglio 2016. 5. Sul merito delle domande di parte attrice. A ben vedere parte attrice promuove nel presente giudizio un’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 del cod. civ Vengono ora partitamente delibate le singole doglianze avanzate in atti dalla parte attrice. Preliminarmente si evidenzia peraltro come nel proseguo verranno presi in considerazione e delibati i soli motivi e le sole deduzioni svolte dalla parte attrice in atto di citazione e nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 del c.p.c., atteso che le ulteriori deduzioni esposte per la prima volta nei successivi atti di causa devono intendersi tardive poiché articolate dopo lo spirare dei termini preclusivi previsti ex art. 183 comma 6 del c.p.c. per la formazione definitiva del thema decidendum e probandum di causa. 5.1. In ordine alla dedotta applicazione di interessi non convenuti per iscritto. La parte attrice si duole dell’asserita applicazione di interessi non convenuti per iscritto. La deduzione contenuta a pagina 3, 4 e 5 dell’atto di citazione , oltre che del tutto generica non vengono indicati a quale tipologia di tassi è riferita la contestazione e quali sarebbero i tassi concretamente applicati , è anche infondata, e, pertanto, va disattesa. Sul punto appare sufficiente osservare come la parte convenuta abbia depositato in atti i contratti stipulati fra le parti nel corso del tempo e come questi rechino effettivamente la previsione di tassi debitori e creditori. Si vedano a tal riguardo 1 il contratto di conto corrente n. omissis acceso da M. in data 31 dicembre 1994 sottoscritto da entrambe le parti v. il doc. n. 6.1 del fascicolo di parte attrice e il doc. n. 1 del fascicolo di parte convenuta 2 la lettera di accettazione di affidamento” del 20 febbraio 2006 nella quale sono stati pattuiti tassi di interesse e commissione di massimo scoperto v. il doc. n. 6.2 del fascicolo di parte attrice 3 la lettera di accettazione di affidamento” del 14 dicembre 2007 nella quale sono stati pattuiti tassi di interesse e commissione di massimo v. il doc. n. 2 del fascicolo di parte convenuta 4 la lettera di modifica consensuale delle condizioni contrattuali sottoscritta da entrambe le parti in data 6 ottobre 2011 in riferimento ai tassi di interesse e alla commissione disponibilità fondi v. il doc. n. 3 del fascicolo di parte convenuta . Tale documentazione dimostra pertanto, con chiarezza, che i tassi contrattuali sono stati convenuti e previsti in forma scritta. Peraltro, la lettura dell’atto di citazione consente di appurare come la doglianza di parte attrice sia altresì riferita alla tematica del c.d. contratto monofirma. Ebbene, anche sotto questo profilo, le tesi di parte attrice sono infondate. Va infatti rilevato come la tematica del c.d. contratto monofirma in ambito bancario sia stata affrontata e risolta dalla giurisprudenza di legittimità nei termini infra illustrati e i cui pronunciamenti vengono qui richiamati ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 118 delle disp. att. al c.p.c In particolare, le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 898/2018 hanno affermato che in tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità azionabile dal solo cliente dall’art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche quella dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti Cass. Sez. Unite sent. n. 898/2018 . Tali principi affermati in materia di contratti di intermediazione finanziaria sono stati estesi e applicati dalla stessa Corte Suprema di Cassazione, con la successiva ordinanza n. 16070/2018, anche alla materia dei contratti bancari soggetti al D.Lgs. n. 385/1993. Più nel dettaglio, la Corte ha affermato che in materia di contratti bancari, l’omessa sottoscrizione del documento da parte dell’istituto di credito non determina la nullità del contratto per difetto della forma scritta, prevista dall'art. 117, comma 3, del D. lgs. n. 385 del 1993. Anche in questo caso, infatti, il requisito formale, non deve essere inteso in senso strutturale, bensì funzionale, in quanto posto a garanzia della più ampia conoscenza, da parte del cliente, del contratto predisposto dalla banca, la cui mancata sottoscrizione è dunque priva di rilievo, in presenza di comportamenti concludenti dell'istituto di credito idonei a dimostrare la sua volontà di avvalersi di quel contratto Cass. ord. n. 16070/2018 cfr. anche Cass. ord. 14646/2018 . Ebbene, nel caso in esame, i comportamenti concludenti dai quali desumere la volontà dell’istituto di credito di avvalersi dei contratti in discorso vanno individuati nel costante concreto contegno contrattuale tenuto, e, in particolare, caratterizzato dall’effettiva accensione del rapporto di conto corrente, dalla perdurante contabilizzazione dei rapporti nei propri sistemi informativi, dall’erogazione delle somme oggetto di finanziamento, dalla protratta annotazione di ogni movimento, dalla predisposizione della documentazione contrattuale con chiaro riferimento agli estremi dei rapporti oggetto di causa, dal costante invio degli estratti conto e dei progressivi documenti contrattuali di integrazione e modifica delle condizioni applicate, dall’esercizio delle facoltà contrattuali ivi previste, e, quindi, in definitiva, dall’effettiva e concreta esecuzione dei rapporti contrattuali in argomento. Alla luce di tali principi, deve pertanto disattendersi la prospettazione avanzata dalla Difesa attrice. 5.2. In ordine alla dedotta applicazione illegittima di interessi anatocistici. La deduzione di parte attrice è del tutto generica. Essa è invero contenuta dalla pagina 5 alla 14 dell’atto di citazione, nonchè a pagina 27 dello stesso scritto difensivo, ove vi sono meri brani di trattazione generale della tematica, nonchè considerazioni generiche, senza alcun riferimento concreto al caso specifico di cui si tratta. Non vi è indicazione di alcuna posta monetaria indebitamente incamerata non vi è indicazione di importo o di date in cui detto incameramento sarebbe avvenuto. Né, d’altra parte, la perizia di parte prodotta sub doc. n. 3 del fascicolo di parte attrice perizia a firma del dott. Roberto Marcelli contiene specifiche deduzioni in punto di anatocismo. E’ stato efficacemente osservato che nel caso di accertamento, su domanda del correntista, del saldo del conto corrente ad una certa data, l’onere allegatorio e probatorio grava esclusivamente sull’attore ex art. 2697 del cod. civ., il quale deve necessariamente dedurre e allegare in via analitica le voci di asserita indebita appostazione in conto c.d. onere di contestazione specifica , non essendo sufficiente a tal fine riportare meri orientamenti dottrinari o giurisprudenziali cfr., fra le tante, Tribunale Ordinario di Roma, Sez. XVI, sent. n. 1183/2018 del 17.1.2018 e Tribunale Ordinario di Roma, Sez. XVI, sent. n. 20484/2018 del 31.10.2017 . Nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è infatti tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi”, sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute cfr., ex multis, Tribunale Ordinario di Roma, Sez. XVII, sentenza n. 21 del 2.1.2019 . Le c.d. voci di indebita appostazione ovverosia le poste monetarie indebitamente incamerate dalla banca – prima ancora di essere provate – devono essere allegate ovverosia indicate specificamente . Nel caso in esame difetta completamente tale indicazione. A ben vedere essa non è invero contenuta, né nell’atto di citazione, né nella prima memoria istruttoria ovverosia anteriormente al definitivo formarsi del thema decidendum e probandum di causa . Nella fattispecie qui scrutinata le deduzioni e le allegazioni svolte in materia di anatocismo di parte attrice, formulate prima dello spirare dei predetti termini preclusivi, sono quindi del tutto generiche, e, per ciò solo, inidonee a fondare una pronuncia di accoglimento. Gli atti di parte attrice, infatti, risultano essere un assemblaggio di trattazione generale dei vari istituti della materia bancaria, senza tuttavia un concreto riferimento alla reale vicenda oggetto di causa. In particolare, nel caso in esame a difetta una chiara indicazione delle singole poste monetarie asseritamente incamerate dalla parte convenuta e del momento temporale dell’asserito indebito incameramento b difetta una chiara indicazione dei tassi in concreto applicati dalla banca c difetta una chiara indicazione del momento in cui vi sarebbe stata l’effettiva capitalizzazione di interessi d manca inoltre l’indicazione della modalità di calcolo seguita, ovverosia l’esplicitazione di quali entità numeriche sono state prese in considerazione per giungere ad affermare l’avvenuta capitalizzazione. Tali chiare ed evidenti mancanze integrano, come detto, un palese difetto di allegazione, la quale invece deve essere necessariamente contenuta nell’atto di parte quale connotato essenziale di esso al fine di adempiere al dovere di enunciazione ed esplicitazione delle ragioni giuridiche e fattuali della domanda. E invero è noto che nel caso di contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’articolo 1382 del cod. civ., preclude qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell’estratto conto, ma non impedisce certamente di sollevare contestazioni in ordine alla validità ed all’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti ed accrediti, e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente cfr. Cass. 30000/2018 e Cass. 11626/2011 . Tale principio presuppone però che la successiva contestazione sia analitica e specifica con riferimento alle precise annotazioni in conto corrente, e ai parametri ivi utilizzati per i conteggi. Negli atti di parte attrice tali riferimenti concreti difettano del tutto. Le domande svolte dalla parte attrice con riferimento al dedotto illecito anatocismo devono pertanto essere rigettate per difetto di allegazione. 5.3. In ordine alla dedotta illegittima applicazione di oneri non pattuiti e commissioni di massimo scoperto nulle per mancanza di causa. Anche la deduzione in punto di oneri non pattuiti e commissione di massimo scoperto è del tutto generica. Quanto ai citati oneri non pattuiti”, nulla viene detto in atto di citazione e nella prima memoria istruttoria ex art .183 comma 6 n. 1 del c.p.c. su quali sarebbero detti oneri. Nei cennati scritti difensivi, invero, non viene mai indicata quale posta monetaria è contestata e in che data sarebbe stata incamerata dalla banca. Allo stesso modo manca qualsivoglia precisa indicazione con riferimento alla commissione di massimo scoperto. Non viene indicato alcun importo, né alcun momento temporale in cui vi sarebbe stato l’illegittimo incameramento. In relazione ad essa, l’unica concreta censura è quella riferita a generica affermazione di nullità per mancanza di causa. Tale affermazione - tuttavia - va disattesa. E invero non è nulla la clausola di massimo scoperto qualora se ne eccepisca, come nel caso in esame, il difetto di causa posto che la clausola di massimo scoperto risponde alla funzione causale di assicurare alla banca un corrispettivo per lo sforzo economico organizzativo assunto con la stipula di un’apertura di credito, rappresentato dalla necessità di accantonare e tenere a disposizione l’intera somma oggetto dell’affidamento, in modo da poter adempiere all’obbligazione contratta con il cliente di mettere a sua disposizione tale importo, in tutto o in parte, per il solo fatto che e nella misura in cui questi decida di farne utilizzo la sussistenza di una causa giustificatrice dell’istituto, peraltro, è oggi definitivamente confermata dalla disciplina normativa della commissione introdotta con la legge n. 2/2009 v., ex multis, Tribunale Ordinario di Milano, Sezione VI, sentenza del 19.4.2019 n. 4012 .5.4. Sulla dedotta scorretta applicazione della valuta delle operazioni di addebito e di accredito. Anche questa deduzione è del tutto generica. A ben vedere la relativa deduzione è contenuta a pagina 30 dell’atto di citazione. Anche in questo caso non è indicato alcun importo, né alcun momento temporale dell’indebito incameramento. Peraltro, nessun riferimento normativo o altra ragione giuridica è indicata a supporto della domanda qui delibata. Si noti peraltro che la perizia prodotta sub doc. n. 3 del fascicolo di parte attrice non contiene alcuna precisa deduzione al riguardo. Le n. 4 tabelle allegate alla perizia di parte attrice denominate Tavole” concernono infatti solo la tematica dell’usura. Nella tavola n. 4 è contenuta la generica affermazione secondo cui viene annullato l’effetto dei giorni valuta” v. pagina 43 della perizia prodotta sub doc. n. 3 del fascicolo attoreo . Ciò tuttavia nulla muta in punto di difetto di allegazione poiché non viene dedotto ove vi sarebbe stato nei reali rapporti intercorsi con la banca l’asserito illegittimo incameramento, e, in particolare, non viene indicato per ciascuna asserita erronea annotazione quale sarebbe stato il corretto tempo di conteggio e appostamento. A ciò si aggiunga comunque che con l’entrata in vigore del D.L. del 1° novembre 2009 n. 78 c.d. decreto Tremonti - ter, convertito con legge di conversione n. 102/2009 la questione dell’antergazione e postergazione dei giorni valuta ha perso rilevanza, poiché l’art. 2 del predetto decreto stabilisce che la data di valuta per il beneficiario di bonifici, assegni bancari ed assegni non può mai superare 1 - 3 giorni lavorativi successivi alla data di versamento, ciò da cui deve inferirsi la piena legittimità della prassi bancaria anteriore. Ne consegue il rigetto delle relative domande per palese difetto di allegazione. 5.5. Sull’asserita applicazione di interessi usurari. Sono altresì infondate le deduzioni di parte attrice in punto di usura. La perizia prodotta dalla parte attrice peraltro qui rilevante solo per il periodo successivo al 2006, stante l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sopra delibata è del tutto generica anche in riferimento alla tematica in parola. E invero nelle tavole” sopra cennate in alcun modo viene spiegato come si è proceduto a calcolare il T.A.E.G Non vengono infatti riportati i valori tratti dal concreto andamento del rapporto e non è comprensibile l’effettiva metodologia di calcolo adottata. In assenza di tale indicazione, non desumibile dalla parte generale contenente mere asserzioni generali e brani di trattazione astratta della materia , l’eventuale c.t.u. avrebbe dovuto procedere ex novo ad accertamenti autonomi, e non già procedere alla verifica di quanto già calcolato o dedotto dalla parte. In tal senso la richiesta di c.t.u. si palesa del tutto esplorativa, e, per ciò solo, inammissibile. A ciò si aggiunga che il contratto di conto corrente per cui è causa è stato stipulato nel 1994 anteriormente all’entrata in vigore della legge 108/1996 e che l’usura sopravvenuta non ha rilievo v. Cass. Sez. Unite n. 24675/2017 . Inoltre, parte attrice invoca come ragione giuridica da porre a fondamento della propria domanda l’articolo 1815 del cod. civ. il quale fa riferimento al momento della pattuizione degli interessi. Tuttavia, nessuna deduzione vi è in atti circa i tassi pattuiti e quelli soglia individuati per il periodo temporale corrispondente alla pattuizione. Ne consegue, anche in questo caso, il rigetto delle relative domande per palese difetto di allegazione. 5.6. Sul dedotto illegittimo esercizio dello ius variandi. Da ultimo, devesi altresì rigettare ogni ulteriore domanda avanzata dalla parte attrice in punto di asserito illegittimo ius variandi. Sul punto appare dirimente osservare come anche in questo caso vi è un palese ed evidente difetto di allegazione, atteso che la Difesa attrice non ha indicato in atti quali sarebbero le variazioni contrattuali da considerarsi illegittime e con riferimento a quali mutamenti di disposizioni contrattuale, limitandosi piuttosto a una generica affermazione di illegittimità la quale, per ciò solo, è inidonea a considerare assolto l’onere allegatorio incombente sull’attore in ripetizione ex art. 2033 del cod. civ. Nei propri scritti difensivi la Difesa attrice ha invero evidenziato come a suo dire emerga una folta serie di variazioni unilaterali delle condizioni economiche applicate dalla banca” v. pag. 29 dell’atto di citazione , senza che in alcun modo vi sia indicazione di quali sarebbero queste variazioni, su quali disposizioni contrattuali esse avrebbero inciso, quali disposizioni contrattuali sarebbero mutate e in quale modo, e, infine, su quali poste monetarie avrebbero inciso. In assenza di tali indicazioni, la domanda in questione va dunque rigettata per evidente difetto di allegazione. 6. Sulle statuizioni finali di causa, le istanze istruttorie e le spese di lite. Le sopra svolte considerazioni e delibazioni assorbono tutte le ulteriori eccezioni, argomentazioni e istanze rispettivamente avanzate e formulate dalle odierne parti contendenti. Le sopra svolte considerazioni motivano, altresì, il rigetto delle istanze istruttorie avanzate in atti in quanto non rilevanti al fine del decidere. In particolare, la c.t.u. richiesta dalla parte attrice in corso di causa oltre ad essere non rilevante ai fini del decidere è anche inammissibile in quanto esplorativa. La c.t.u., infatti, non è un mezzo istruttorio a disposizione delle parti, avendo la precipua finalità di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, o offerte di prova, ovvero a compiere un’attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati cfr., ex multis, Cass. 7097/2005, Cass. 3343/2001 e Cass. 10871/1999 . Sulla base dei motivi sopra indicati, ritenuta quindi assorbita e respinta ogni contraria istanza, eccezione o argomentazione, anche in considerazione del principio della sufficienza della ragione più liquida, devono pertanto rigettarsi tutte le domande avanzate dalla parte attrice S.I. s.r.l. nei confronti di parte convenuta Intesa Sanpaolo S.p.A Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in ragione delle disposizioni di cui al D.M. 55/2014, tenendo conto dei parametri indicati all’art. 4 del citato D.M., e sulla base dei valori medi dello scaglione di riferimento da € 52.000,01 a € 260.000,00 il valore di causa è pari ad € 168.183,00 , nonché delle seguenti analitiche voci a fase di studio → € 2.430,00 b fase introduttiva → € 1.550,00 c fase istruttoria → € 5.400,00 d fase decisionale → € 4.050,00 = per un totale di € 13.430,00. P.Q.M. Il Tribunale Ordinario di Torino, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra contraria eccezione, domanda o istanza, così provvede 1 Rigetta tutte le domande avanzate dalla parte attrice S.i. s.r.l. nei confronti di parte convenuta I.S. S.p.A. 2 Condanna la parte attrice S.I. s.r.l. al pagamento, in favore della parte convenuta I.S. S.p.A., delle spese di lite che liquida in € 13.430,00 per compenso professionale oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.