Qualificazione del contratto come mutuo: chi la prova?

Se la dazione della somma è pacifica, il preteso mutuante deve dimostrare l’obbligo di restituzione.

Sul punto la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 6 novembre 2019. La fattispecie. L’attore, ex marito della convenuta, la chiama in giudizio per sentirla condannare alla restituzione del mutuo che le avrebbe concesso per la ristrutturazione di alcuni immobili. Il giudice respinge la domanda per la ragione giuridica che si esporrà, oltre che per motivi di fatto. In particolare - solitamente i mutui per ingenti importi [oltre 700.000 EUR] sono solitamente stipulati per iscritto. Stante l’entità della somma, la tesi dell’attore — ad avviso del quale il contratto sarebbe orale —non è quindi plausibile - lo stesso gestisce il denaro in forza di procura speciale notarile. Se l’attore fosse il mutuante, agirebbe come tale e come rappresentante della mutuataria convenuta. Il contratto sarebbe dunque annullabile ex art. 1395 c.c. [sulla non si veda BELLINI, La rappresentanza e il contratto con sé stesso in Studium iuris, 2017, 1003] - l’attore non ha provato [] di avere avuto l’effettiva disponibilità dell’ingente somma di denaro che assume di avere mutuato” [Trib. Reggio Emilia, sent. 1488/2019]. L’importanza della sentenza. Prima di esaminare la ragione giuridica sottostante alla sentenza, si sottolinea la sua importanza. Infatti, larga parte del contenzioso relativo al mutuo si sviluppa in ambito bancario, in ordine al quale esistono ormai numerosi commenti ed applicazioni giurisprudenziali [cfr. FAUCEGLIA, Le operazioni bancarie, i contratti di credito e i contratti di finanziamento parabancari, in Manuale Buonocore, Torino, 2016, 702]. Sono invece rari gli studi e le sentenze sul mutuo non bancario. La sentenza emiliana in esame, dunque, è significativa perché si inserisce in un filone giurisprudenziale poco coltivato. La distribuzione dell’onere probatorio come detto noi moltissime volte dalla S.C L’esistenza del mutuo non è dimostrata soltanto dal trasferimento di assegni o dalla dazione del denaro, essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l'inversione dell'onere della prova”. Cass., ord., 29 novembre 2018, n. 30944, www.dejure.it, richiamata in motivazione assieme ad altre sentenze che illustrano un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato da oltre quarant’anni. La donazione di modico valore — avente ad oggetto la somma che la controparte ritiene mutuata — costituisce un titolo che consente la ritenzione della somma medesima, alternativo a quello esaminato in sentenza. Nell’ambito familiare esiste altresì la presunzione di liberalità [cfr. ROCCHIO, Onere di allegazione e onere della prova nell'azione di ripetizione di denaro dato a mutuo, in Giur. it., 2015, 296]. Peraltro, questa presunzione non è invocabile nella fattispecie giudicata a Reggio Emilia. Infatti, i contendenti sono ex coniugi. Sicché il rapporto familiare si è ormai infranto. D’altra parte, la convenuta sostiene e documenta di aver conferito all’attore il mandato con rappresentanza a gestire denaro proprio. Indipendentemente dalla diversa configurazione proposta dal convenuto, l’onere probatorio grava su di lui quando eccepisce di non aver mai ricevuto nessuna somma, oppure che l’importo è inferiore a quello preteso in restituzione. Prescindendo da tale situazione, si condivide la sentenza. La dazione della somma è infatti pacifica, mentre si discute soltanto sulla qualificazione giuridica del contratto fonte dell’obbligo di restituzione o titolo che legittima la ritenzione della somma pacificamente ricevuta dal preteso mutuatario. La sua posizione è comunque favorita. Gli basta infatti allegare che il contratto azionato dalla controparte non è un mutuo, spettando poi a quest’ultima dimostrare il contrario.

Tribunale di Reggio Emilia, sez. II Civile, sentenza 6 novembre 2019 Giudice Morlini Fatto Promuovendo la presente controversia, S. F. ha convenuto in giudizio la ex moglie Z. M.C., deducendo che, in costanza di matrimonio, egli aveva prestato” rectius, mutuato , alla moglie € 715.043,49 per la ristrutturazione di immobili di proprietà della stessa ed ha domandato quindi la condanna della ex moglie alla restituzione di tale somma di denaro. Costituendosi in giudizio, la Z. ha negato di avere mai stipulato un contratto di mutuo con il suo ex marito ha riferito che egli aveva gestito per suo conto alcune ristrutturazioni immobiliari, in forza di un’ampia procura speciale, da lei conferita il 13/12/1999 e successivamente revocata il 18/4/2013, per l’amministrazione del proprio patrimonio ha spiegato che il denaro utilizzato dal marito per i pagamenti indicati nell’atto di citazione, era quindi a lei riconducibile e da lui utilizzato solo in forza alla procura speciale ha chiarito che l’elevato tenore di vita della famiglia tenuto in costanza di matrimonio era reso possibile dalle risorse da lei ereditate, e non già dal patrimonio del marito, il quale non aveva mai disposto della somma che assumeva di avere a lei mutuato. Sulla base di tale narrativa, ha domandato il rigetto della domanda attorea, e, in via riconvenzionale, ha chiesto di ordinare all’ex marito di restituire i beni immobili di sua proprietà meglio indicati in un documento allegato, lasciati nella temporanea disponibilità del marito stesso al momento dell’interruzione della convivenza. Esperito senza esito il procedimento di mediazione delegata, il giudice inizialmente procedente ha istruito la causa con l’esame dei testi indicati dalle parti. La controversia è pervenuta per la prima volta a questo giudice, nel frattempo nominato nuovo istruttore, all’udienza di precisazione del 10/10/2019, nella quale le parti hanno dato atto di avere conciliato la controversia con riferimento alla domanda riconvenzionale della convenuta, individuando i beni mobili di proprietà della convenuta stessa e procedendo alla loro consegna ed è stata definita con la presente sentenza contestuale, previa concessione di termine per note finali, alla successiva udienza del 6/11/2019. Diritto a E’ principio pacifico in giurisprudenza, frutto di insegnamento costante e mai disatteso da parte della Suprema Corte, quello per cui l’attore che chiede la restituzione di una somma di denaro, affermando di averla in precedenza corrisposta a titolo di mutuo, è tenuto a provare, oltre all’avvenuta consegna del denaro, anche che questa è stata effettuata per un titolo che comporti l’obbligo di restituzione, atteso che una somma di denaro può essere consegnata per varie causali. Consegue che la contestazione del convenuto, il quale, pur riconoscendo di avere ricevuto la somma di denaro, neghi però la sussistenza di un mutuo ed adduca una causale diversa, non si configura come eccezione in senso sostanziale, tale da far ricadere su di lui l’onere di provare la diversa causale, poiché negare l’inesistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l’inefficacia o la sua estinzione, ma significa soltanto contestare l’accoglibilità dell’azione per mancanza della prova a supporto della domanda, rimanendo onere dell’attore provare l’esistenza dell’obbligo di restituzione, posto che esso non è dal convenuto riconosciuto Cass. n. 30944/2018, Cass. n. 180/2018, Cass. n. 24328/2017, Cass. n. 9541/2010, Cass. n. 20740/2009, Cass. n. 2974/2005, Cass. n. 3642/2004, Cass. n. 12119/2003, Cass. n. 9209/2001, Cass. n. 3205/1999, Cass. n. 4197/1998, Cass. n. 7343/1996, Cass. n. 8394/1995, Cass. n. 1321/1995, Cass. n. 8434/1990, Cass. n. 1777/1989, Cass. n. 5691/1983, Cass. n. 3056/1982, Cass. n. 2062/1982, Cass. n. 4150/1981, Cass. n. 267/1977 . Tanto premesso in linea di diritto, si osserva in fatto che l’attore, pur essendovi onerato sulla base del riparto degli oneri probatori sopra descritto, non ha provato quanto dedotto in ordine al fatto che la dazione delle somme di denaro è stata effettuata sulla base dell’esistenza di un contratto di mutuo con la ex moglie. Anzi, le circostanze fattuali emerse dall’istruttoria fanno piuttosto opinare il contrario. Infatti, da un primo angolo visuale, appare davvero poco plausibile che, laddove venga stipulato un mutuo per una somma così rilevante come quella per cui è causa, la parte mutuante non chieda di stipulare un contratto avente forma scritta né può argomentarsi che un ostacolo in tal senso sia dato del rapporto di coniugio tra le parti, atteso che le stesse avevano comunque deciso di regolare non solo con atto scritto, ma addirittura con rogito notarile, la procura speciale conferita dalla moglie al marito. Da una seconda angolazione, proprio l’esistenza di tale procura speciale a gestire il patrimonio della moglie, spiega e giustifica l’intervento del marito nella regolazione economica degli interventi di ristrutturazione immobiliare, con la conseguenza che i pagamenti da lui effettuati risultano ben più linearmente riconducibili all’attività derivante dalla procura piuttosto che al dedotto, e come detto non provato, contratto di mutuo, D’altronde, il contratto di mutuo avrebbe dovuto essere stipulato dallo S. nella duplice qualità di mutuante e mutuatario, agendo come procuratore della moglie, ciò che avrebbe comportato una manifesta violazione dell’articolo 1395 c.c., trattandosi di contratto con sé stesso. Da una terza angolazione, poi, l’attore non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, di avere avuto l’effettiva disponibilità dell’ingente somma di denaro che assume di avere mutuato. Infine, le dazioni di somme di denaro da parte dell’attore che appaiono realmente documentate, ammontano ad una cifra di meno di un quarto di quella indicata in citazione e nel periodo di quasi venti anni, e pertanto ben possono essere intese, così come dedotto dalla convenuta, come normale contribuzione ai bisogni della famiglia. Deriva, in conclusione sul punto, il rigetto della domanda attorea. b Come esposto in parte narrativa, a seguito di quanto dichiarato dalle parti in corso di giudizio, è intervenuta la cessazione materia del contendere in ordine alla domanda riconvenzionale di parte convenuta, avendo le parti stesse provveduto a individuare i beni mobili personali della Z. ed a consegnarli alla Z. stessa. c Non vi sono motivi per derogare ai princìpi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste a carico dei soccombenti attori, in solido tra loro, ed a favore della vittoriosa parte convenuta, tenendo a mente un valore ricompreso tra i minimi e di medi per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa, ed indicando le spese esenti così come da nota spese. P.Q.M. il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa - rigetta la domanda attorea - dichiara la cessazione la materia del contendere in ordine alla domanda riconvenzionale di parte convenuta - condanna S. F. a rifondere a Z. M.C. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 20.000 per compensi, € 759 per rimborsi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie come per legge.