Determinazione dei tassi di interesse e nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi

Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali determinativi degli interessi con rinvio agli usi, di cui all’art. 4 della l. n. 154/1992, non sono retroattive tale irretroattività si estende in particolar modo alla previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale necessariamente dettata dal legislatore.

Questo è il principio ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 31934/19, depositata il 6 dicembre. La vicenda. La Corte d’Appello capitolina, in parziale riforma della decisione di primo grado, rideterminava l’importo dovuto in restituzione da una banca al proprio correntista, riducendolo ad una minor somma oltre interessi legali dalla domanda, al cui pagamento ha condannato sempre la banca quale restituzione dell’indebito, in relazione alla pretesa di dichiarazione di nullità parziale di un contratto di apertura di un conto corrente con applicazione della clausola di massimo scoperto e di ulteriori costi non dovuti. Avverso tale pronuncia, il correntista propone ricorso in Cassazione sostenendo che la Corte territoriale ha errato nell’applicare il tasso legale per l’intera durata del rapporto, ma avrebbe dovuto applicare il tasso sostitutivo dalla data di entrata in vigore della l. n. 154/1992. Determinazione del tasso di interesse da applicare. La S.C. con riferimento al motivo di ricorso aveva già in precedenza affermato che le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali determinativi degli interessi con rinvio agli usi, di cui all’art. 4 della l. n. 154/1992 poi trasformato nell’art. 117 d.lgs. n. 385/1993 che dispone la nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, non sono retroattive tale irretroattività si estende in particolar modo alla previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale necessariamente dettata dal legislatore. Ciò è stato confermato anche successivamente dal Supremo Collegio, il quale ha stabilito che nei contratti di mutuo, qualora il tasso degli interessi concordato tra le parti superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso di interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legga. Da qui il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre – 6 dicembre 2019, n. 31934 Presidente De Chiara – Relatore Nazzicone Fatti di causa Con sentenza del 5 settembre 2016 la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione pronunciata dal Tribunale della stessa città il 22 febbraio 2010, ha rideterminato l’importo dovuto in restituzione dalla Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. al correntista, riducendolo alla minor somma di Euro 35.319,22, oltre interessi legali dalla domanda, al cui pagamento ha condannato la banca quale restituzione dell’indebito, in relazione alla pretesa volta alla dichiarazione di nullità parziale di un contratto di apertura di credito in conto corrente stipulato il 13 dicembre 1983, in ragione di clausole di determinazione di interessi ultralegali ed anatocistici, con applicazione della clausola di massimo scoperto e di ulteriori costi non dovuti. La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto dovuta in restituzione detta somma, e non quella di Euro 67.357,16, oltre accessori, stabilita dal tribunale, facendo applicazione per l’intera durata del rapporto - escluso ogni anatocismo - degli interessi legali di cui all’art. 1284 c.c., ai sensi del combinato disposto dell’art. 1339 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2, e non, invece, del tasso sostitutivo di cui all’art. 117, comma 7, testo unico bancario. Avverso la sentenza viene proposto ricorso dal correntista, affidato ad un motivo. La Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. ha resistito con controricorso. Disposta la trattazione presso la Sez.VI-1 e depositata memoria dalla controricorrente, con ordinanza del 7 agosto 2018 la causa veniva rimessa alla pubblica udienza. Il ricorrente ha depositato la memoria. Ragioni della decisione 1. - L’unico motivo di ricorso denuncia violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 7 e della L. n. 154 del 1992, art. 5, lett. a , in quanto la corte territoriale non avrebbe dovuto applicare il tasso legale per l’intera durata del rapporto, ma il tasso sostitutivo, menzionato dalle disposizioni richiamate, a far data dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore della citata L. n. 154 del 1992. 2. - Il motivo è infondato. Questa Corte ha affermato il principio, da cui non vi è ragione di discostarsi, secondo cui le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali determinativi degli interessi con rinvio agli usi, introdotte con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4 poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 117 - con riguardo al comma rinumerato 6, che sancisce la nullità delle clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati , ed al comma 7, che relativamente al precedente disposto dispone l’applicazione di diversi tassi di interesse ivi indicati - non sono retroattive Cass. 21 dicembre 2005, n. 28302 e v. Cass. 25 febbraio 2005, n. 4092 Cass. 18 aprile 2001, n. 5675 . L’irretroattività si estende, in particolare, alla previsione della sostituzione della clausola nulla con la diversa disciplina legale all’uopo dettata dal legislatore. È stato, infatti, ivi evidenziato come la nuova regolamentazione menzionata costituisca un profilo specifico della disciplina della materia, come introdotta dalla L. n. 154 del 1992 e, quindi, dal D.Lgs. n. 385 del 1993, che non è retroattiva, mentre la regola introdotta dall’art. 117, comma 7, D.Lgs. cit. deroga alla normativa previgente. Ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, la nullità di una singola clausola del contratto di conto corrente comporta la sua sostituzione con la disciplina prevista da norme imperative, qual è l’art. 1284 c.c., con applicazione degli interessi legali. Innovando la materia, l’art. 117, comma 7, D.Lgs. cit. non può, dunque, disporre che per l’avvenire, in conformità ai principi generali. Il principio è stato ribadito da successiva decisione Cass. 1 marzo 2007, n. 4853 , che ha al riguardo ritenuto dunque superflua l’analisi della disciplina legale sostitutiva concernente il tasso applicabile in caso di nullità della clausola di determinazione del medesimo ex art. 117 t.u. bancario. Nella specie risulta dalla ricostruzione del fatto, contenuta nella decisione impugnata, che il contratto, con la clausola di rinvio agli usi su piazza per la determinazione del tasso d’interesse, fu stipulato nel 1983. Conseguentemente la disciplina legale invocata era in ogni caso inapplicabile. La conclusione è ora rafforzata dal principio enunciato dalle Sezioni unite Cass., sez. un., 19 ottobre 2017, n. 24675 , secondo cui nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge. 3. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed accessorie come per legge. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.