Correntista vs banca: il corretto governo delle regole probatorie

La ripartizione del carico probatorio fra il correntista, che lamenta presunte anomalie nel rapporto di conto corrente, e l’istituto di credito convenuto è tema di cruciale importanza per la definizione del contenzioso bancario.

Con ordinanza n. 24049/19 del 26 settembre 2019 torna in argomento la Prima Sezione Civile della Suprema Corte ribadendo che, nel caso in cui sia il correntista ad agire in ripetizione, grava sul medesimo l’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui si riferisce la domanda d’indebito. In difetto, non potrà assumersi a base di calcolo il saldo zero ma il primo saldo disponibile di cui il correntista abbia dato prova. Il caso. La Corte d’Appello di Lecce ha stabilito, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva le domande di un correntista sul presupposto che, in difetto di prova dell’effettiva entità del credito della banca alla data del primo estratto conto prodotto, il rapporto di dare-avere tra le parti possa essere rideterminato partendo da un saldo pari a zero. Per la cassazione di detta sentenza è ricorsa la banca articolando una serie di motivi. A chi spetta assolvere l’onere probatorio? Dopo aver affrontato il primo motivo in punto di giudicato, la Suprema Corte si sofferma sul principio dell’onere probatorio in presenza di una domanda, avanzata dal correntista nei confronti della banca, di ripetizione d’indebito. È stabile convinzione della Corte, si legge testualmente nella ordinanza, che il corretto governo delle regole probatorie, in guisa delle quali compete all’attore provare i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda, porti a ritenere che l’onere della prova gravi in via prioritaria sul solvens . Viene, al riguardo, richiamato il precedente n. 24948 del 23 ottobre 2017 secondo cui nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell'indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi , sicché il medesimo ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute. Ritengono dunque i Giudici di Legittimità che la Corte di Appello – imputando alla banca l’onere di produrre in giudizio tutte le scritture contabili relative al rapporto di conto corrente – sia incorsa in un manifesto capovolgimento delle regole governanti la ripartizione dell’onere della prova. In breve, la Corte territoriale ha accollato alla banca un onere probatorio che, se fosse stato correttamente amministrato, avrebbe dovuto far capo al correntista. Quando si usa il criterio del c.d. saldo zero. Se è vero, puntualizza la Corte, che è corretto reputare che, quando sia la banca a farsi attrice e a reclamare il saldo risultante dal conto corrente, gravi su di essa l’onere di provare il credito vantato con rideterminazione del saldo finale e ricostruzione dell’intero andamento del rapporto sulla base degli estratti del conto a partire dalla sua apertura, altrettanto non è sostenibile in relazione alla diversa ipotesi in cui sia il correntista ad agire con l’azione di ripetizione in quest’ultimo caso grava sul correntista l’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui si riferisce la domanda d’indebito. In difetto, conclude la Corte, non potrà utilizzarsi il criterio del saldo zero, potendo questo applicarsi soltanto se inosservante dell’onere probatorio su di sé gravante sia la banca. Potrà, invece, utilizzarsi, nel caso in cui ad agire sia il cliente, il primo saldo disponibile di cui il correntista abbia dato prova Cass. 28 novembre 2018, n. 30822 . Alcuni precedenti in punto di onus probandi. Fra le più recenti e significative pronunce nello stesso senso dell’ordinanza in discorso, cfr., per la giurisprudenza di merito Trib. Roma, n. 2735 del 6 febbraio 2018, ove ricordato che nel caso di accertamento, su domanda del correntista, del saldo del conto corrente ad una certa data, senza ovvero con domanda di ripetizione di indebito in caso di chiusura del conto, l’onere allegatorio e probatorio grava esclusivamente sull’attore ex art. 2697 c.c., che appunto deve allegare analiticamente le voci di indebita appostazione in conto c.d. onere di contestazione specifica, non essendo sufficiente riportare meri orientamenti dottrinari o giurisprudenziali e deve produrre tutti gli estratti conto relativi all’intera durata del rapporto cfr. anche Cass. 21597/13 Cass. 9201/15 Cass. 24948/17 . Va pertanto ribadito che la rideterminazione in sede giudiziaria del saldo del conto corrente non può che avvenire attraverso la produzione, il cui onere grava su chi agisce, dei relativi estratti conto a partire dalla data dell’apertura del conto, così da avere dati contabili certi in ordine alle operazioni registrate, a meno che non vi sia un saldo iniziale ritenuto incontestato dalle parti . Trib. Avellino, n. 96 del 16 gennaio 2019, secondo cui è noto che l'attore, che propone l'azione di ripetizione, ha l'onere di produrre il contratto e gli estratti conto nella loro interezza, ciò al fine di provare l'ammontare esatto delle somme oggetto della domanda di ripetizione cfr. Trib. Milano, 8 aprile 2010 Trib. Milano 24 settembre 2013 . Ne deriva che l'omessa produzione del contratto comporta per parte attrice l'impossibilità di dimostrare le nullità delle clausole negoziali oggetto di censura. Né ha rilevo la circostanza che parte attrice in citazione ha chiesto di ordinare alla banca la produzione di tutte le scritture relative ai rapporti bancati oggetto di causa ai sensi dell’art. 210 c.p.c Costituisce principio generale quello per cui, in tema di prove, non può supplirsi all'onere di dimostrare i fatti costitutivi della domanda con la richiesta alla controparte di esibizione di documenti presupposto per l'emanazione di tale ordine è che la parte si trovi nell'impossibilità di produrre essa stessa in giudizio i documenti necessari per la prova dei fatti posti a fondamento della pretesa azionata in giudizio . Trib. Roma, n. 14338 dell’8 luglio 2019, ove confermato che è onere del correntista, oltre a produrre tutta la documentazione contrattuale e contabile relativa al rapporto, provare il fatto impeditivo, che consiste appunto nell’esistenza di un contratto di apertura di credito ovvero comunque in una situazione di apertura credito in via di fatto così che i versamenti possano essere intesi non come pagamenti ma come mero ripristino della disponibilità accordata, con conseguente posticipazione dell’inizio del decorso della prescrizione alla chiusura dl conto e ancora che analogo onere di produzione, in base a conferente allegazione, riguarda il contratto di conto corrente ed il documento di sintesi, contenente le condizioni applicate al rapporto quindi anche in questo caso chi agisce è onerato dalla relativa produzione, in base ai principi generali di cui all’art. 2697 c.c., da applicare anche in materia bancaria e nei rapporti processuali fra banca e correntista non vi sono motivi per ritenere che le controversie in materia bancaria siano sottratte all’applicazione dei generali principi processualistici . Sui riverberi dell’onere probatorio, si registra, in particolare, la pronuncia emessa da Trib. Napoli, n. 4840/19 ove statuito che dall'onere della prova in capo al correntista derivano, tra l'altro, i seguenti corollari - innanzitutto, l'attore ha l'onere di allegare e provare - in modo specifico - le contestazioni sollevate egli non può, cioè, limitarsi ad allegazioni generiche quali quelle per cui la banca avrebbe applicato interessi passivi asseritamente non convenuti tra le parti, ovvero avrebbe illegittimamente esercitato lo ius variandi , ovvero ancora avrebbe illegittimamente postergato valute o avrebbe superato i tassi soglia , atteso che ciò finirebbe con il rendere l'azione proposta meramente esplorativa, limitata ad un elenco generale ed astratto di invalidità cfr. Trib. Roma, 26 febbraio 2013, n. 4233 - le allegazioni e/o contestazioni generiche sono quindi inammissibili cfr. Trib. Latina. 28 agosto 2013 Trib. Ferrara, 5 dicembre 2013 in particolare, la giurisprudenza ha ritenuto che rappresenta un vizio di allegazione, il fatto che la citazione consti di deduzioni . del tutto generiche, risolvendosi in mere affermazioni di principio avulse dall'esame concreto dello svolgimento del rapporto bancario Trib. Milano, 24 settembre 2013 - l'attore ha l'onere di allegare e provare le singole poste ritenute indebite e di produrre gli estratti conto nella loro interezza cfr. Trib. Milano, 24 settembre 2013 ”. Per la giurisprudenza di legittimità sull’onere per il correntista di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti gli estratti del conto fin dall'accensione, cfr. Cass. 30822/18 Cass. 24948/17 Cass. 7501/12 Cass. n. 22872/10 Cass. 3387/01 Cass. 2334/98 Cass. 7027/97 Cass. 12897/95. Sulla produzione, in capo all’attore, della contrattualistica di riferimento, v. Cass. 30 ottobre 2018, n. 27704. Sulla necessità di indicare, in atto processuale, i modi, i tempi e la misura delle irregolarità contabili denunciate, nonché le singole clausole ritenute viziate, cfr. Cass. 21597/2013 Cass. 9201/2015 Cass. 24948/2017.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 10 maggio – 26 settembre 2019, n. 24049 Presidente De Chiara – Relatore Marulli Fatti di causa 1.1. Con sentenza non definitiva n. 684/2012, seguita da riserva di gravame in uno con la sentenza definitiva n. 310/2015, la Corte d'Appello di Lecce, attinta in sede di gravame dalla Saponaro s.r.l., ha riformato l'impugnata decisione di primo grado nella parte in cui questa aveva assunto, ai fini del ricalcolo del rapporto di dare-avere relativo al conto corrente a suo tempo in essere con il Banco di Napoli al netto delle pattuizioni inficiate di nullità, il saldo iniziale pari al primo degli estratti conto prodotti dalla banca risalente al 31.12.1987 ancorché il rapporto avesse avuto inizio il 29.4.1980. 1.2. A supporto del decisum la Corte territoriale, ravvisato l'onere della banca in ragione delle rilevate nullità, segnatamente in punto di capitalizzazione degli interessi, di provare l'effettiva entità del proprio credito, ha affermato che, poiché l'importo riportato nel primo estratto conto prodotto in giudizio - che costituisce il risultato dell'andamento dei conti degli anni pregressi nel corso dei quali è stata computata la capitalizzazione trimestrale degli interessi - non può costituire la base di calcolo del credito della banca, in difetto di prova dell'effettiva entità del credito della banca alla data del primo estratto conto prodotto, occorre rideterminare il rapporto di dare-avere tra le parti partendo da un saldo pari a zero . 1.3. Per la cassazione di dette sentenze ricorrono in via principale la banca con ricorso affidato a sei motivi, illustrati pure con memoria, ed in via incidentale la Saponaro con ricorso affidato due motivi, entrambi resistendo reciprocamente con controricorso. Requisitorie del P.M. e memoria della banca ex art. 380-bis1 cod. proc. civ. Ragioni della decisione 2. Con il primo motivo del proprio ricorso la banca lamenta la violazione degli artt. 345 e 112 cod. proc. civ. in cui sarebbe incorsa la prima delle sentenze impugnate, poiché, sebbene avanti al giudice di primo grado la Saponaro si era limitata a chiedere solo che, in relazione alla denunciata nullità di talune clausole figuranti nel contratto di conto corrente, fosse accertato l'esatto ammontare dell'eventuale credito della banca nei suoi confronti, in sede di appello aveva invece insistito per la condanna della banca al rimborso del saldo attivo, in tal modo introducendo nel giudizio una domanda nuova, di cui la Corte d'Appello avrebbe dovuto dichiarare d'ufficio l'inammissibilità. 3. La violazione dell'art. 345 cod. proc. civ. è denunciata poi con il secondo motivo di ricorso della banca sul presupposto, imputato sempre alla prima delle richiamate sentenze, che la Corte d'Appello, decretando l'inutilizzabilità del primo saldo bancario disponibile, avrebbe accolto un'eccezione mai proposta dalla Saponaro, che si era infatti limitata a chiedere in primo grado il ricalcolo delle partite contabili, senza eccepire alcunché al riguardo e che detta eccezione aveva sollevato solo in sede di gravame. 4. Il terzo e quarto motivo di ricorso allegano, sempre con riferimento alla prima sentenza impugnata, la violazione, rispettivamente degli artt. 2033 e 2697, comma 1, cod. civ. e degli artt. 2033 e 2697, comma 2, cod. civ., poiché la Corte d'Appello, onerando la banca di provare l'andamento del conto anche in relazione al periodo non documentato dagli estratti conto disponibili, avrebbe, in spregio alle prime norme rubricate, accollato alla banca un onere probatorio di competenza del cliente, che quando agisce in ripetizione è tenuto ad offrire prova dei pagamenti effettuati e dell'inesistenza di una causa debendi, mentre, in spregio alle norme richiamate per seconde, avrebbe onerato la banca, sul rilievo di ritenere dimostrato, in difetto della prova anzidetta, l'indebito per il periodo pregresso, di dare la prova del fatto estintivo o modificativo di segno contrario. 5. I sopradetti motivi, quantunque in una visione d’assieme si mostrino saldamente avvinti attorno al medesimo tema decisionale, non si prestano tuttavia ad un responso omogeneo. 6. Infondato deve, per vero, giudicarsi il primo di essi, non già però per le ragioni che vi oppone la controricorrente la domanda restitutoria somministrata nella conclusionale avanti al primo giudice darebbe luogo ad una emendatio libelli, onde non la si potrebbe ritenere nuova se statuita dal secondo giudice , a confutar le quali basterebbe dire che anche nella più generosa delle ipotesi, quella che fa leva secondo la lezione nomofilattica delle SS.UU. sull'unitarietà della vicenda sostanziale dedotta in giudizio Cass., Sez. U, 15/06/2015, n. 12310 , la domanda restitutoria, per essere contenuta nella conclusionale di primo grado, sarebbe stata in ogni caso proposta oltre i termini preclusivi dell'art. 183, comma 5, cod. proc. civ. E' piuttosto il giudicato che si è formato su di essa a seguito del suo accoglimento da parte del giudice di primo grado a prestarvi resistenza. E ciò perché, sebbene sia vero che nell'introdurre il giudizio in primo grado l'attrice si fosse limitata a perorare il semplice accertamento dei rapporti dare-avere tra sé e la banca convenuta e solo nella predetta conclusionale abbia corredato l'originaria istanza anche della pretesa restitutoria, il fatto che il giudice di primo grado abbia accolto questa pretesa ed abbia perciò condannato la banca al pagamento del saldo creditorio risultante a favore dell'attrice spiana de plano la strada alla formazione del giudicato, una volta che la relativa pronuncia non sia stata fatta oggetto di gravame. Poiché nella specie non consta che la pronuncia sul punto sia stata infatti impugnata, ogni ipotetico vizio allegato riguardo alla domanda deve ritenersi naturalmente assorbito in ragione della intervenuta inoppugnabilità della decisione ai sensi degli artt. 324 e 329 cod. proc. civ. e del conseguente giudicato interno in tal modo formatosi, con il riflesso effetto che essa non si sarebbe potuta considerare nuova dal giudice d'appello e non si sarebbe potuto pretendere che questi ne rilevasse l'inammissibilità a mente dell'art. 345 cod. proc. civ. 7. L'incensurabilità della decisione impugnata sotto il profilo testé esaminato non è senza ricadute riguardo agli altri temi di indagine. Se, infatti, non è più revocabile in dubbio che la domanda restitutoria sia venuta a costituire in considerazione del giudicato formatosi su di essa oggetto del contraddittorio processuale, la conseguenza di questa impostazione, a cui si raccordano pur sotto una diversa angolazione il terzo ed il quarto motivo di ricorso, come già ricordato dalle SS.UU. Cass., Sez. U, 2/12/2010, n. 24418 , è la riconduzione della domanda nello schema caratteristico della condictio indebiti giacché la pretesa che in essa si manifesta mutua le proprie radici dal fatto che la banca, applicando al conto condizioni contrattuali a vario titolo inficiate di nullità, abbia conseguito un pagamento indebito, come tale suscettibile di ripetizione secondo le regole dell'art. 2033 cod. civ. E' però sul punto stabile convinzione di questa Corte che il corretto governo delle regole probatorie, in guisa delle quali compete all'attore provare i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda, porti a ritenere che l'onere della prova gravi in via prioritaria sul solvens, sicché anche nel campo che ne occupa si afferma, senza soluzione di continuità, rispetto a quanto più in generale si pensa riguardo all'azione di ripetizione dell'art. 2033 cod. civ., che nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell'indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, sicché il medesimo ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute Cass., Sez. VI-I, 23/10/2017, n. 24948 . Emerge in tal modo la verità di quanto allegato dalla ricorrente con il terzo e quarto motivo di ricorso, poiché, facendo onere alla banca di provare l'andamento del conto corrente nel periodo non coperto dalle scritture contabili della stessa, quantunque l'accoglimento della domanda restitutoria fosse ragione per collocare la relativa azione sotto l'ombrello dell'art. 2033 cod. civ., la Corte d'Appello è incorsa in un manifesto capovolgimento delle regole governanti la ripartizione dell'onere della prova, accollando alla banca - e traendo dalla sua inosservanza l'assunto del saldo zero - un onere probatorio che se fosse stato correttamente amministrato, in adesione allo schema processuale azionato dall'attrice - e comunque, dopo la pronuncia di primo grado, non più redimibile perché soggetta alla legge del giudicato - avrebbe dovuto far capo al correntista, questi invero avendo chiesto che la banca fosse condannata a ripetere quanto indebitamente riscosso. Se è vero, infatti, che è corretto reputare che, quando sia la banca a farsi attrice e a reclamare il saldo risultante dal conto corrente, gravi su di essa l'onere di provare il credito vantato e che si impone perciò la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell'intero andamento del rapporto sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio, altrettanto non è sostenibile in relazione alla diversa ipotesi in cui sia il correntista ad agire con l'azione di ripetizione, dato che in questo caso grava sul medesimo l'onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all'intero periodo del rapporto a cui si riferisce la domanda d'indebito, in difetto del che non potrà assumersi a base di calcolo il saldo zero - questo imponendosi, al netto di ogni altra questione, solo se inosservante dell'onere probatorio su di sé gravante sia la banca, non essendo dimostrato in che modo il saldo figurante si sia formato - ma il primo saldo disponibile di cui il correntista abbia dato prova Cass., Sez. I, 28/11/2018, n. 30822 . 8. La fondatezza del terzo e del quarto motivo di ricorso, rende superflua la cognizione del secondo motivo, dato che se la pronuncia si rende perciò conseguentemente irrita nella parte in cui ha indicato il saldo zero come base di rideterminazione dei rapporti dare-avere, la ricorrente non ha nessun interesse processuale a sollecitarne l'esame e comporta l'assorbimento dei quinto e del sesto motivo di ricorso, entrambi incidenti su aspetti collaterali rispetto a quello denunciato con il terzo ed il quarto motivo nonché dei due motivi del ricorso incidentale afferenti alle spese e alla denegata rivalutazione monetaria. 9. In conseguenza va accolto il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarati assorbiti il secondo, il quinto il sesto e tutti i motivi del ricorso incidentale. L'impugnata decisione andrà perciò cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa andrà rinviata avanti al giudice a quo per un nuovo giudizio a mente degli artt. 383, comma 1 e 384, comma 2, cod. proc. civ. P.Q.M. Accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti il secondo, il quinto, il sesto motivo del ricorso principale e tutti i motivi del ricorso incidentale cassa l'impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di Lecce che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.