In presenza di clausole contrattuali ambigue si applica l’interpretazione contra stipulatorem

Di fronte ad un complesso di clausole contrattuali ambiguo e polisenso in base ai criteri letterali o logico-sistematici, la Suprema Corte ha ritenuto corretto il ricorso del Giudice alla clausola cd. contra stipulatorem, essendo necessario tutelare l’affidamento in capo al contraente più debole in presenza di un esito interpretativo ambiguo delle clausole stesse.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 18324/19, depositata il 9 luglio. Il fatto. Il Tribunale di Imperia respingeva la domanda di una società assicurativa volta alla condanna della convenuta al pagamento di una somma di denaro a titolo di rivalsa in base ad una clausola contenuta nelle condizioni generali del contratto richiamate nella polizza, considerato che essa era stata ritenuta nulla, perché vessatoria. La Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello proposto dalla stessa società, ritenendo in vigore l’art. 1469- bis, introdotto dalla l. n. 52/1996, in base al quale, nei contratti stipulati tra professionista e consumatore, si considerano vessatorie le clausole che determinano un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contenuti nel contratto a carico del consumatore. Avverso tale decisione, la società assicurativa propone ricorso per cassazione. La clausola contra stipulatorem. La Suprema Corte esamina, innanzitutto, la doglianza del ricorrente relativa all’interpretazione della clausola contrattuale ritenuta vessatoria, ritenendo che la Corte d’Appello abbia violato gli artt. 1362, 1363 e 1370 c.c. laddove affermava che le garanzie oggetto della polizza, da una parte, e quelle previste dalle condizioni generali di contratto, dall’altra, avessero un contenuto ambiguo, poiché l’affidamento creato nel contraente assicurato riguardante la stipulazione di una polizza che gli garantiva la massima copertura assicurativa contrastava con la clausola limitativa della responsabilità della società, determinando uno squilibrio contrattuale tra le parti. Gli Ermellini dichiarano infondate le suddette doglianze, considerando che il Giudice ha correttamente applicato i canoni di interpretazione del contratto, evidenziando una equivocità delle clausole della polizza dove prevedono, da un lato, la garanzia di massima copertura al contraente e, dall’altro, una limitazione alla rinuncia alla rivalsa nell’ambito delle clausole predisposte unilateralmente dalla compagnia assicuratrice e sottoscritte per adesione dal consumatore. Essendo tale complesso di clausole ambiguo, la Corte d’Appello ha dunque correttamente fatto ricorso alla clausola cd. contra stipulatorem , dando continuità alla giurisprudenza di legittimità in base alla quale il ricorso ai criteri di interpretazione oggettiva del contratto e, in particolare, della clausola suddetta, si impone quando occorra tutelare l’affidamento del contraente debole circa possibili interpretazioni delle clausole contrattuali . La rinuncia al diritto di rivalsa. Con gli altri motivi di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione di legge in relazione alla pretesa non vessatorietà della clausola limitativa della rinuncia al diritto di rivalsa, affermando che la giurisprudenza della Corte si era espressa in senso favorevole a tale natura della clausola citata, essendo la stessa riproduttiva di un testo di legge e, per questo, non suscettibile di essere oggetto di valutazione discrezionale da parte del giudice. Tuttavia, gli Ermellini rilevano che il rigetto dei precedenti motivi di ricorso, facendo salva una ratio decidendi della sentenza impugnata destinata a condurre alla decisione di rigetto dell’intero ricorso, fanno sì che la doglianza appena descritta resti assorbita. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 febbraio – 9 luglio 2019, n. 18324 Presidente Vivaldi – Relatore Moscarini Fatti di causa Con sentenza n. 247 del 2010 il Tribunale di Imperia rigettò la domanda di Sara Assicurazioni S.p.A. di seguito Sara avente ad oggetto la condanna della convenuta M.C. al pagamento della somma di Euro 312.909,91 oltre interessi e rivalutazione, cui la compagnia assumeva di aver diritto a titolo di rivalsa in base alla clausola 2.2. delle condizioni generali di contratto richiamate nella polizza, in seguito al risarcimento danni erogato al terzo danneggiato in conseguenza di sinistro stradale occorso all’autovettura dell’assicurata convenuta. Il Tribunale, a fronte della domanda della compagnia di ottenere il riconoscimento alla rivalsa in forza di una clausola che escludeva dall’oggetto del contratto di assicurazione la guida in stato di ebbrezza, ritenne che, trovando applicazione il Codice del Consumo D.Lgs. n. 206 del 2005 la clausola invocata dalla compagnia doveva ritenersi nulla perché vessatoria. La Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 363 del 2017, per quel che rileva in questa sede, ha rigettato l’appello ritenendo che, indipendentemente dall’applicabilità o meno al caso in esame del Codice del Consumo, doveva ritenersi comunque in vigore l’art. 1469 bis, introdotto dalla L. n. 52 del 1996, art. 25 secondo cui nel contratto tra consumatore e professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto . Ciò premesso la Corte d’Appello, pur dichiarando di non ignorare la giurisprudenza di questa Corte che esclude la natura vessatoria di clausole limitative dell’oggetto del contratto, ha ritenuto di dare continuità, nel caso in esame, alla giurisprudenza di questa Corte relativa all’interpretazione delle clausole ambigue nei contratti assicurativi Cass., n. 668/2016 , secondo la quale, in caso di ambiguità o scarsa chiarezza delle clausole predisposte da uno dei contraenti a sfavore dell’altro, queste devono essere interpretate contro lo stipulatore ed a favore del contraente debole, specie in casi, quale quello in esame, nel quale le clausole sfavorevoli all’assicurato siano state predisposte unilateralmente da parte del professionista in moduli e formulari Cass., n. 2970 del 2012 e dunque sottoscritte per adesione dal consumatore senza una compiuta e sufficiente ponderazione del loro contenuto. Ad avviso della Corte d’Appello ciò varrebbe, in particolare, nel caso in esame nel quale l’assicurato aveva sottoscritto un modulo predisposto dalla compagnia con la previsione di una copertura massima, cd. super , formula nella quale rientrava innanzitutto la rinuncia, da parte della compagnia, all’azione di rivalsa. Ad avviso del giudice non poteva dubitarsi che il contraente, avendo scelto, pagando un corrispettivo più alto, il più ampio margine di copertura assicurativa, anche attraverso la rinuncia da parte della compagnia all’azione di rivalsa, non poteva poi vedersi eccepire, se non a costo di determinare un grave ed ingiustificato squilibrio tra le parti, una clausola predisposta unilateralmente dalla compagnia escludente il diritto di rivalsa in caso di ebbrezza dell’assicurato. La Corte d’Appello, rigettando l’appello, ha altresì disposto sulle spese del grado in ragione della soccombenza. Avverso quest’ultima sentenza La Sara Assicurazioni S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste M.C. con controricorso. Ragioni della decisione 1.Occorre preliminarmente esaminare, perché logicamente pregiudiziali nel dare continuità ad un indirizzo che questa Corte ritiene meritevole di essere consolidato, il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con i quali si sollevano censure relative all’interpretazione della clausola. Si assume che la Corte d’Appello abbia violato gli artt. 1362, 1363 e 1370 c.c. nel ritenere che le garanzie previste dalla polizza, da un lato, e quelle indicate nelle condizioni generali di contratto, dall’altro, avessero contenuto ambiguo, in ragione dell’affidamento creato nel contraente assicurato circa la stipulazione di una polizza che gli garantiva la massima copertura assicurativa, contrastante con una clausola limitativa della responsabilità della compagnia, capace di determinare un inaccettabile squilibrio contrattuale tra le parti. Ad avviso della ricorrente questa statuizione della Corte d’Appello contrasterebbe innanzitutto con i cd. criteri di interpretazione soggettiva del contratto, letterale e logico-sistematica, in base ai quali sia la clausola di cui all’art. 2.2 delle CGA escludente testualmente l’assicurazione nel caso di autoveicolo guidato da persona in stato di ebbrezza , sia la sezione di cui al punto 6.1 delle CGA, relativa alle garanzie complementari che correlava la rinuncia all’azione di rivalsa da parte della compagnia a casi diversi da quello oggetto del presente contenzioso sarebbero convergenti nel senso di escludere dalla polizza la rinuncia della compagnia al diritto di rivalsa, mentre il ricorso alla norma sull’interpretazione contra stipulatorem, di cui all’art. 1370 c.c. sarebbe illegittima in ragione della chiara gerarchia tra norme cd. di interpretazione soggettiva e norme di interpretazione oggettiva del contratto, che avrebbe precluso il ricorso alle seconde nel caso in cui i criteri cd. soggettivi fossero stati, come nel caso di specie, del tutto sufficienti a risolvere la pretesa ambiguità delle clausole contrattuali. 1.1 I motivi sono infondati. La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione dei canoni di interpretazione del contratto, laddove ha evidenziato una equivocità delle clausole di polizza che, da un lato, garantivano al consumatore la copertura più ampia possibile, dall’altro, nel solo ambito delle clausole predisposte unilateralmente dalla compagnia e sottoscritte per adesione dal consumatore, prevedevano, creando una evidente difficoltà di comprensione in chi faceva affidamento su quanto contenuto nella singola polizza, limitazioni alla rinuncia alla rivalsa, non individuabili da una persona comune pur utilizzando la normale diligenza. Proprio perché il complesso delle clausole era ambiguo e polisenso sulla base di criteri meramente letterali o logico-sistematici, la Corte d’Appello ha correttamente fatto ricorso alla clausola cd. contra stipulatorem, ritenendo che vi fosse un evidente affidamento da tutelare in capo al contraente più debole contro un risultato interpretativo evidentemente ambiguo delle clausole stesse. La sentenza ha inteso dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte, che non si ha motivo di non confermare, secondo la quale il ricorso ai criteri cd. di interpretazione oggettiva del contratto ed in particolare alla clausola contra stipulatorem si impone quando occorra tutelare l’affidamento del contraente debole circa possibili interpretazioni delle clausole contrattuali Cass., 3, n. 866 del 17/1/2008 Le clausole di polizza, che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 c.c., e, pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo cfr. in termini Cass., 3, n. 668 del 18/1/2016 Nell’interpretazione del contratto di assicurazione, che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 c.c. e ss., e, in particolare, a quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c. . 2. Il rigetto del quarto e quinto motivo del ricorso fanno salva una ratio decidendi della impugnata sentenza destinata a condurre alla decisione di rigetto del ricorso anche qualora si accedesse all’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso che vanno pertanto assorbiti. Con essi, a vario titolo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1469 bis e 1469 ter c.c. e art. 1341 c.c., commi 1 e 2 relativi alla pretesa non vessatorietà della clausola limitativa della rinuncia al diritto di rivalsa. Ad avviso della ricorrente la giurisprudenza di questa Corte si sarebbe espressa in favore della natura non vessatoria della clausola che abilita l’assicuratore alla rivalsa, essendo peraltro la medesima clausola riproduttiva di un testo di legge e come tale non suscettibile di valutazione discrezionale da parte del giudice del merito in senso difforme da quanto prescritto dal legislatore. L’ipotesi di inoperatività della rinuncia alla rivalsa in conseguenza di veicolo condotto in stato di ebbrezza sarebbe coerente con le previsioni normative - in particolare con il D.L. n. 285 del 1992, artt. 186 e 187 -che, in conseguenza della sanzione posta a carico di chi guidi in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti prevede, a favore della compagnia che abbia dovuto pagare al terzo in conseguenza dell’inopponibilità di eccezioni, il diritto ad esercitare la rivalsa. Infine la sentenza confliggerebbe anche con l’art. 1341 c.c. laddove la clausola sulla rinuncia al diritto di rivalsa doveva essere conosciuta o conoscibile dal contraente assicurato in base all’ordinaria diligenza ed in ogni caso non poteva essere considerata vessatoria in quanto afferente, non alla limitazione di responsabilità della compagnia unilateralmente da essa predisposta, ma ad una concordata limitazione dell’oggetto del contratto. 2.1 I motivi restano assorbiti. Anche qualora li si ritenesse fondati, infatti, l’adeguatezza della ratio decidendi relativa all’interpretazione contra stipulatorem delle clausole contrattuali polisenso, sarebbe di per sé sufficiente a condurre ad una decisione di rigetto del ricorso. 3. Il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, e al cd. raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 8.200 oltre Euro 200 per esborsi , più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.