Ordine di investimento: fra libertà di forma e vincoli convenzionali

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16106/19 depositata il 14 giugno, torna a occuparsi della questione della forma degli ordini di investimento.

Con la pronuncia in esame la Corte Suprema ha pronunciato il seguente principio di diritto in tema di contratti di investimento, la pattuizione relativa alle modalità con cui debbano essere impartiti i singoli ordini costituisce elemento essenziale del contratto quadro e soggiace all’obbligo della forma scritta, a norma degli artt. 23, comma 1, d.lgs. n. 58/1998 e 30, comma 2, lett. c , reg. Consob n. 11522/1998, sicché essa può essere revocata o modificata solo attraverso un nuovo accordo da adottarsi nella medesima forma . Il caso. Il Tribunale e la Corte di Appello di Torino respingevano l’azione giudiziale avanzata da un cliente nei confronti della propria banca avente ad oggetto la declaratoria di nullità per difetto di forma scritta di un ordine di investimento in bond emessi dalla Repubblica Argentina. L’investitore ricorreva per Cassazione formulando, tra l’altro e per quel che qui rileva, i seguenti tre motivi di impugnazione a violazione degli artt. 112 c.p.c., 23 TUF e 30 Reg. Consob 11522/1998 per non aver il giudice di merito correttamente rilevato che l’eccezione di difetto di forma scritta del contratto quadro di negoziazione verteva sull’assenza di firma del medesimo da parte di un rappresentante della banca legittimato ad impegnarla contrattualmente b violazione artt. 360, n. 5, c.p.c., 23 TUF e 30 Reg. Consob 11522/1998 per non aver il giudice di merito esaminato il fatto storico attinente al perfezionamento del contratto in forma scritta c violazione artt. 360, n. 3, c.p.c., 23 TUF, 1352 e 1362 c.c. per aver il giudice di merito erroneamente ritenuto che l’investitore avesse tacitamente rinunciato al requisito della forma scritta dell’ordine di investimento sebbene fosse previsto come elemento essenziale dell’ordine medesimo. La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione respinge i primi due motivi di ricorso accogliendo il terzo. Sulla mancata sottoscrizione del contratto quadro di negoziazione da parte della banca. In ordine ai primi due motivi di impugnazione, la Corte di Cassazione – dopo aver escluso un vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata – precisa che non incombeva sul giudice di merito alcun obbligo di rilevare d’ufficio l’asserita nullità del contratto quadro di negoziazione. Ciò per due ordini di ragioni i il rilievo di ufficio della nullità negoziale – anche quando si tratti di nullità c.d. di protezione” – è consentito sempre che la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida” cfr. Cass. S.U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 ii il requisito della forma scritta del contratto quadro di negoziazione relativo ai servizi di investimento è rispettato quando esso sia redatto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, essendo dunque necessaria e sufficiente la sola sottoscrizione di quest’ultimo cfr. Cass. S.U. 23 gennaio 2018, n. 1653 Cass. S.U. 16 gennaio 2018, n. 898 . Sulla forma scritta convenzionale” dell’ordine di investimento. Osservano poi i Giudici di legittimità che la forma scritta è prevista dalla legge solo per il contratto quadro di negoziazione, non anche per i singoli ordini di investimento ciò a meno che non siano state le parti a prevederla ai fini della loro validità ex art. 1352 c.c. cfr. Cass. 2 agosto 2016, n. 16053 Cass. 9 agosto 2017, n. 19759 . Precisa la Cassazione che il giudice di merito, nella fattispecie, pur avendo rilevato il vincolo della forma scritta contrattualmente previsto, ha ritenuto – richiamando un orientamento di legittimità cfr. Cass. 22 agosto 2003, n. 12344 Cass. 22 marzo 2012, n. 4541 – che lo stesso potesse essere revocato, anche tacitamente, mediante comportamenti delle parti incompatibili con il suo mantenimento, essendo, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti liberi di eleggere una forma e poi rinunciarvi. Ritiene al riguardo la Suprema Corte che, nella fattispecie, i precedenti giudici non hanno verificato se la forma scritta pattuita nel contratto quadro in relazione agli ordini di investimento potesse definirsi o meno elemento essenziale dello stesso. In caso positivo, infatti, la relativa previsione non avrebbe potuto essere modificata con un accordo concluso verbis tantum o per fatti concludenti cfr. Cass. 27 febbraio 2008, n. 5197 Cass. 21 giugno 1999, n. 6214 Cass. 5 settembre 1989, n. 3851 . Aggiungono altresì gli Ermellini che l’art. 30, comma 2, Reg. Consob 11522/1998 così come l’art. 37, comma 2, Reg. Consob n. 16190/2007 e l’art. 37, comma 3, Reg. Consob n. 20307/2018 – indica quale contenuto debba avere il contratto quadro di negoziazione al fine di correggere l’asimmetria informativa tra cliente e banca consentendo al primo di conoscere i precisi termini entro i quali il rapporto deve svolgersi. Viene inoltre ricordato che tale disciplina deve coordinarsi col precetto generale di cui all’art. 23, comma 1, TUF secondo cui i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento debbono avere la forma scritta a pena di nullità la prescrizione di cui all’art. 30, comma 2, Reg. Consob integra dunque quella di cui all’art. 23 TUF chiarendo quale debba essere il contenuto minimo del contratto quadro redatto per iscritto e gli elementi essenziali dello stesso. Ciò posto, ricorda la Corte di Legittimità che il citato art. 30 Reg. Consob dispone che il contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento deve indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni sicché una volta che tale previsione sia stata effettivamente prevista nel contratto quadro di negoziazione, la stessa – da considerarsi come elemento essenziale del contratto medesimo – non può essere revocata o modificata per facta concludentia . In accoglimento del terzo motivo di ricorso, la Corte di Cassazione, cassando la sentenza impugnata, enuncia il seguente principio di diritto cui la Corte di Appello di Torino dovrà conformarsi in sede di rinvio in tema di contratti di investimento, la pattuizione relativa alle modalità con cui debbano essere impartiti i singoli ordini costituisce elemento essenziale del contratto quadro e soggiace all’obbligo della forma scritta, a norma degli artt. 23, comma 1, d.lgs. n. 58/1998 e 30, comma 2, lett. c , reg. Consob n. 11522/1998, sicché essa può essere revocata o modificata solo attraverso un nuovo accordo da adottarsi nella medesima forma . Alcuni precedenti di legittimità. L’ordinanza qui esaminata offre lo spunto per ricordare alcuni precedenti della Suprema Corte in ordine alla forma scritta del contratto quadro di negoziazione e dell’ordine d’investimento. Sulla sottoscrizione del contratto quadro da parte della banca v. Cass., S.U., 23 gennaio 2018, n. 1653 nei contratti-quadro relativi alla prestazione di servizi di investimento, il requisito di forma di cui all’art. 23 d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 deve considerarsi rispettato con la redazione per iscritto del contratto e la consegna di un esemplare dello stesso al cliente, senza che sia necessaria la sottoscrizione da parte dell’intermediario finanziario, il cui consenso può essere desunto da comportamenti concludenti dallo stesso tenuti come l’esecuzione di operazioni di carattere finanziario su incarico del cliente . Alla luce della ratio ” della disposizione in questione, che risiede nell’esigenza di eliminare le asimmetrie informative che pongono il cliente - l’unica parte che può far valere la nullità del contratto in caso di inosservanza della forma prescritta - in una situazione di debolezza contrattuale, non è infatti sostenibile che la sottoscrizione da parte dell’intermediario o di un suo delegato sia necessaria ai fini della validità del contratto-quadro negli stessi termini ancora Cass. S.U. 16 gennaio 2018, n. 898 il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall'art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuto . Sulla libertà di forma degli ordini di investimento Cass. 25 maggio 2019, n. 14671 l’art. 23 t.u.f. secondo cui i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento debbono essere redatti per iscritto a pena di nullità del contratto, deducibile solo dal cliente attiene al contratto quadro, che disciplina lo svolgimento successivo del rapporto diretto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di investimento o disinvestimento che vengano poi impartiti dal cliente all'intermediario. La validità degli ordini di investimento non è dunque soggetta a requisiti di forma non rilevando al riguardo che l'intermediario abbia violato le regole di condotta concernenti le informazioni attive e passive nei confronti del cliente Cass. 9 agosto 2017 , n. 19759 l'articolo 23 del Dlgs 58/1998 , secondo cui i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento debbono essere redatti per iscritto a pena di nullità del contratto, deducibile solo dal cliente, attiene al contratto quadro, che disciplina lo svolgimento successivo del rapporto diretto alla prestazione del servizio di negoziazione di strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di investimento o disinvestimento che vengano poi impartiti dal cliente all'intermediario, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma, non rilevando che l'intermediario abbia violato le regole di condotta concernenti le informazioni attive e passive nei confronti del cliente Cass. 2 agosto 2016 , n. 16053 in tema di intermediazione finanziaria, la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell'art. 1352 c.c., assumendo, in tale ultima ipotesi, la finalità di assicurare una maggiore ponderazione da parte dell'investitore, di garantire all'operatore la serietà di quell'ordine e di permettergli una più agevole prova della richiesta ricevuta, sicché l'intermediario può legittimamente rifiutare l'esecuzione di un ordine non impartito per iscritto e la nullità dello stesso, per carenza del requisito della forma scritta convenzionale, può essere fatta valere da entrambi i contraenti . Sulla forma convenzionale” scritta degli ordini di investimento come elemento essenziale del contratto v. Cass. 21 giugno 1999 , n. 6214 per i contratti per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma per tutti gli elementi essenziali e pertanto l'oggetto di esso deve essere almeno determinabile in base ad elementi risultanti dall'atto stesso e non aliunde, non potendo a tal fine applicarsi il capoverso dell'art. 1362 c.c., a norma del quale l'intenzione dei contraenti può esser desumibile anche dal loro comportamento complessivo, posteriore alla conclusione del contratto, né l'art. 1371 c.c., norma di chiusura rispetto alla predetta più recentemente v. Cass. 27 febbraio 2008, n. 5197 nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam , la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali consenso, res, pretium ne consegue che, qualora sia previsto un termine per la stipula del contratto definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 17 gennaio – 14 giugno 2019, n. 16106 Presidente De Chiara – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Z.G. evocava in giudizio la Banca Popolare di Novara assumendo di aver acquistato, in data 16 aprile 1999, bond argentini il cui rimborso nel dicembre 2001 era stato sospeso domandava la declaratoria di nullità del contratto di acquisto, di cui in subordine invocava la risoluzione, e la condanna della controparte al risarcimento del danno, in misura pari all’ammontare della somma investita e agli utili non percepiti. L’istante adduceva, tra l’altro, il difetto di forma scritta dell’ordine di investimento, l’inadempimento della banca ai propri obblighi informativi, che riguardavano titoli privi di rating e quotati solo in mercati non regolamentati, l’inadeguatezza dell’operazione rispetto al proprio profilo di rischio e il conflitto di interessi in capo all’intermediario. In esito al giudizio di primo grado, in cui si costituiva la banca, le domande attrici erano respinte. 2. - Il successivo gravame proposto da Z. era rigettato con sentenza del 30 ottobre 2014 della Corte di appello di Bari. 3. - Per la cassazione di tale pronuncia lo stesso Z. ricorre con una impugnazione articolata in sette motivi illustrati da memoria. Resiste con controricorso la Banca Popolare soc. coop., avente causa della Banca Popolare di Novara. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 23 t.u.f. D.Lgs. n. 58 del 1998 , dell’art. 30 reg. Consob n. 11522/1998 si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a fatto decisivo . Ad avviso del ricorrente, sia in primo grado che in appello l’eccezione vertente sul difetto di forma non concerneva la sottoscrizione del modulo da parte dello stesso istante, ma il dato dell’assenza di firma da parte di soggetto legittimato ad impegnare contrattualmente la banca. Su tale aspetto della controversia il giudice distrettuale non si era però pronunciato. Il secondo motivo richiama l’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 23 t.u.f., e all’art. 30 reg. Consob n. 11522/1998. Viene denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e, in subordine, la violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost., dell’art. 6 CEDU, dell’art. 23 t.u.f. e dell’art. 30 reg. Consob n. 11522/1998. Assume l’istante che il fatto storico dedotto in giudizio attinente al perfezionamento del contratto in forma scritta non era stato preso in considerazione dalla Corte distrettuale e che, comunque, sul punto la sentenza doveva ritenersi priva di reale motivazione, non riuscendosi a comprendere le ragioni poste a fondamento del rigetto della deduzione da lui formulata. Le due censure, da esaminarsi congiuntamente, attengono al tema del valido perfezionamento del contratto quadro e non risultano essere fondate. La Corte di merito ha rilevato che il contratto di deposito ed amministrazione dei titoli - e cioè il contratto quadro - risultava sottoscritto dall’appellante. Con il che ha evidentemente ritenuto che lo stesso fosse stato validamente concluso e si dimostrasse, pertanto, pienamente vincolante per gli odierni contendenti. Ora, nell’atto di appello, come ricorda l’odierno ricorrente pag. 10 del ricorso , era stata ribadita la generica contestazione, dallo stesso in precedenza formulata, circa l’avvenuto perfezionamento del contratto di investimento, senza che tuttavia venisse specificamente sollevata la questione inerente alla mancata sottoscrizione del documento negoziale da parte del soggetto che avrebbe dovuto apporvi la propria firma in nome e per conto della banca. E infatti, l’appellante, dopo aver richiamato le prescrizioni contenute nell’art. 25 t.u.f e nell’art. 30 reg. Consob n. 11522/1998, si è limitato a evidenziare di non avere mai perfezionato il contratto di borsa nei termini esatti in cui è prescritto pag. 15 del ricorso . Dal ricorso per cassazione pagg. 10, 11 e 15 si desume che la questione della mancata sottoscrizione dell’intermediario venne sollevata nella memoria di replica di appello, ma è evidente che una tale deduzione risultasse tardiva infatti, con le memorie di cui all’art. 190 c.p.c., le parti possono unicamente replicare alle deduzioni avversarie ed illustrare ulteriormente le tesi difensive già enunciate nelle comparse conclusionali e non anche esporre questioni nuove o formulare nuove conclusioni, sulle quali, pertanto, il giudice non può e non deve pronunciarsi Cass. 7 gennaio 2016, n. 98 Cass. 7 dicembre 2004, n. 22970 con specifico riguardo al giudizio di appello, cfr. pure Cass. 9 novembre 2012, n. 19517 d’altro canto, il requisito della specificità dei motivi dell’appello postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, in quanto le statuizioni di una sentenza non sono scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono è pertanto necessario che l’atto di appello contenga tutte le argomentazioni volte a confutare le ragioni poste dal primo giudice a fondamento della propria decisione, non essendo al riguardo ammissibile che l’esposizione delle argomentazioni venga rinviata a successivi momenti o atti del giudizio Cass. 1 aprile 2004, n. 6396 Cass. 27 gennaio 2011, n. 1924 . La denunciata omessa pronuncia, dunque, non sussiste. Né può ritenersi che la Corte di merito fosse tenuta a rilevare d’ufficio la nullità del contratto quadro per il richiamato difetto di sottoscrizione, avendo riguardo alla previsione di cui all’art. 21, comma 1, t.u.f Vero è, infatti, che il rilievo ex officio di una nullità negoziale, anche ove sia configurabile una nullità speciale o di protezione , deve ritenersi consentito in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale, sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 . Nondimeno - a parte che l’istante non fornisce alcun elemento da cui possa desumersi la riferita assenza, sul documento contrattuale, della firma del funzionario dell’istituto bancario sicché non si vede come questa Corte possa imputare al giudice di appello la mancata spendita del potere-dovere di rilevare tale dato -, è a dirsi che la carenza indicata non è, in sé produttiva di nullità. Infatti, come di recente precisato dalle Sezioni Unite, il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, essendo sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti Cass. Sez. U. 23 gennaio 2018, n. 1653 Cass. Sez. U. 16 gennaio 2018, n. 898 . Ebbene, l’istante in questa sede nemmeno deduce che nel caso in esame fosse mancata 1 evidenza di fatti concludenti rappresentativi della volontà dell’intermediario di concludere il contratto. 2. - Nella rubrica del terzo mezzo si deduce contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge , oltre che omessa motivazione e si menzionano, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, l’art. 23 t.u.f., artt. 1352 e 1362 c.c., in tema di forma dell’ordine di acquisto. La censura investe l’affermazione del giudice di appello incentrata sulla tacita rinuncia al convenuto requisito di forma con riferimento ai singoli ordini relativi alle diverse operazioni finanziarie. Si rileva che la norma contrattuale che stabilisce la forma con cui impartire gli ordini di investimento era non solo contenuta in un contratto soggetto a un obbligo di documentazione a pena di nullità, ma altresì elemento essenziale dello stesso , giacché la forma non era rimessa alla libera determinazione delle parti ma . imposta dal legislatore . Aggiunge il ricorrente che la Corte di merito, nel valorizzare la circostanza della riscossione delle cedole dei titoli oggetto di acquisto, aveva finito con l’estendere gli effetti del contratto, che riguardava l’emittente e il titolare del titolo, anche alla banca, con ciò contravvenendo non solo alla regola posta dall’art. 1372 c.c., comma 2, ma anche ai principi che presiedono alla interpretazione del contratto. Il motivo è fondato. Occorre premettere che in tema di intermediazione finanziaria la forma scritta è prevista dalla legge per il contratto quadro e non anche per i singoli ordini, a meno che non siano state le parti stesse a prevederla per la sua validità ai sensi dell’art. 1352 c.c. Cass. 2 agosto 2016, n. 16053 in senso conforme Cass. 9 agosto 2017, n. 19759 . Nella specie, come sopra accennato, la Corte di merito, in presenza del vincolo di forma scritta previsto nel contratto quadro, ha fatto applicazione del principio per cui il patto di adottare la forma scritta per un determinato atto può essere revocato anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili col suo mantenimento, in quanto nel sistema contrattuale vige la libertà della forma, onde, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma e poi rinunciarvi Cass. 22 agosto 2003, n. 12344 Cass. 22 marzo 2012, n. 4541 . Quel che rileva, nel caso in esame è, però, proprio la soggezione del contratto quadro all’obbligo della forma scritta. Con riferimento ai contratti formali si reputa necessario verificare se la pattuizione che si assuma conclusa per fatti concludenti investa un elemento essenziale del contratto. In detti contratti la volontà comune delle parti deve infatti rivestire tale forma, se pure nella sola parte riguardante gli elementi essenziali del negozio Cass. 27 febbraio 2008, n. 5197 Cass. 21 giugno 1999, n. 6214 cfr. pure, ad es., Cass. 5 settembre 1989, n. 3851, secondo cui la rinuncia dei contraenti di avvalersi degli effetti di una condizione risolutiva del contratto preliminare di compravendita immobiliare non richiede la forma scritta, in quanto l’accordo delle parti in ordine a tale rinuncia non modifica alcuno degli elementi essenziali del contratto . Ne discende che, laddove la clausola che programma la forma dei successivi atti o contratti sia da qualificare elemento essenziale del contratto assoggettato all’obbligo di forma, essa non potrà essere modificata con un accordo concluso verbis tantum o per fatti concludenti. Ciò detto, deve rilevarsi che l’art. 30, comma 2, reg. Consob n. 11522/1998 - al pari dell’art. 37, comma 2, reg. Consob n. 16190/2007 e dell’art. 37, comma 3, reg. Consob n. 20307/2018 - indica quale contenuto debba avere il contratto tra l’intermediario e l’investitore si tratta di una prescrizione che è diretta a correggere l’asimmetria informativa e che pone il cliente nella condizione di conoscere i precisi termini in cui il rapporto debba svolgersi, avendo riguardo ad alcuni aspetti di esso che sono considerati particolarmente rilevanti. Tale disciplina deve coordinarsi col precetto generale contenuto nell’art. 23, comma 1, t.u.f., secondo cui i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento devono avere la forma scritta a pena di nullità. Quanto prescritto dall’art. 30, comma 2, reg. Consob integra, difatti, la suddetta disposizione del testo unico chiarisce quale contenuto debba presentare il contratto quadro redatto per iscritto forma, questa, espressamente richiamata del comma 1 dello stesso articolo e assicura, in tal modo, che la prescrizione formale presidiata dalla nullità raggiunga, con particolare riferimento a quel contenuto, il proprio scopo che è quello di tutelare la parte debole del rapporto e, al contempo, di assicurare il rispetto delle regole concorrenziali nel mercato in tal senso gli elementi dell’accordo menzionati dalla norma devono considerarsi essenziali, se pure nella prospettiva, assunta dall’ordinamento, del superamento dello squilibrio informativo tra intermediario e investitore. Vero è che il cit. art. 30 è norma di rango secondario ma è indubbio che esso possa svolgere tale funzione integratrice in forza dell’ampia potestà regolamentare conferita alla Consob dall’art. 6 t.u.f Ebbene, a norma dell’art. 30, comma 2, lett. c , reg. Consob n. 11522/1998, il contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento deve indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni alla stregua di tale previsione, l’obbligo di forma posto dall’art. 23, comma 1, t.u.f. trova pertanto puntuale specificazione con riguardo alla pattuizione relativa alla formulazione dei c.d. ordini di investimento, da considerarsi come elemento essenziale del contratto quadro. Dovendo tale pattuizione essere redatta per iscritto, essa non può essere allora revocata o modificata per facta concludentia. 3. - Col quarto motivo si richiama l’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c., art. 21, e art. 23, comma 6, t.u.f., artt. 26, 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998 e si oppone la nullità della sentenza per omessa pronuncia in ordine a un fatto decisivo . L’istante si duole, in sintesi, della mancata statuizione del giudice d’appello sul tema della lamentata violazione degli obblighi informativi. Il quinto motivo censura la sentenza impugnata quanto alla erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 21, e art. 23, comma 6, t.u.f., artt. 26, 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998, dell’art. 111 Cost., dell’art. 6 CEDU in tema di informazione attiva e passiva denuncia l’inadempimento degli obblighi di diligenza e lamenta l’erronea valutazione degli elementi probatori, nonché l’assenza di motivazione. L’istante rileva che in nessun punto della sentenza e dei verbali di causa si trovava riscontro della informativa specifica che l’intermediario avrebbe dovuto fornirgli. La Corte di Bari - è sottolineato - si era limitata a tratteggiare il profilo di esso istante esaltando il patrimonio dello stesso ed altre operazioni di acquisto titoli per considerare provato l’adempimento degli obblighi informativi . Col sesto motivo viene menzionato l’art. 360, n. 3, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 21, e art. 23, comma 6, t.u.f., artt. 27 e 32 reg. Consob n. 11522/1998, 8 reg. Consob n. 11678/1998 sono denunciati la violazione degli obblighi di diligenza e la contraddittorietà, erronea e falsa applicazione di legge. Si tratta di censura vertente sul conflitto di interessi che la Corte di appello ha escluso e che l’istante reputa invece fondata avendo specifico riguardo al fatto che la banca intermediaria aveva concluso il contratto, quale rappresentante, con se stesso. Col settimo mezzo si deduce l’erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 21, e art. 23, comma 6, t.u.f. e art. 29 reg. Consob n. 11522/1998. La ricorrente lamenta l’omessa segnalazione, da parte della banca, della inadeguatezza dell’operazione in considerazione della mancanza di informazione in ordine ai prodotti finanziari scelti dal cliente e rileva che tale evenienza, anche in presenza di un’alta propensione al rischio, configurerebbe grave inadempimento degli obblighi imposti all’intermediario. Tali motivi risultano tutti assorbiti, stante l’accoglimento del terzo motivo di ricorso. 4. - In conclusione, va accolto il terzo motivo, mentre i primi due sono da respingersi e i restanti risultano assorbiti. La sentenza è cassata in relazione alla censura accolta e la causa va rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto In tema di contratti di investimento, la pattuizione relativa alle modalità con cui debbano essere impartiti i singoli ordini costituisce elemento essenziale del contratto quadro e soggiace all’obbligo della forma scritta, a norma del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 1, e art. 30, comma 2, lett. c , reg. Consob n. 11522/1998, sicché essa può essere revocata o modificata solo attraverso un nuovo accordo da adottarsi nella medesima forma . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo e dichiara assorbiti i rimanenti cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.