Immobile restituito con danni: in che termini deve risarcire il locatore?

In caso il locatore restituisca l’immobile con danni egli deve risarcire il proprietario sia per gli stessi, che pagando un corrispettivo dovuto all’impossibilità di locare l’immobile per tutta la durata delle riparazioni.

Il caso. Il giudizio prendeva le mosse quando una famiglia, proprietaria di un immobile, agiva avverso una pubblica amministrazione. Gli attori affermavano di avere concesso in locazione il proprio immobile alla pubblica amministrazione anni addietro, affinché questa ci installasse degli uffici. Alla restituzione, tuttavia, veniva constatato come la proprietà avesse subito gravi danni a causa delle condotte della locatrice. Alla luce di tali pregiudizi, nell’impossibilità di trovare una conciliazione, i proprietari chiedevano giudizialmente il risarcimento dei danni patiti, oltre ad una indennità per il mancato utilizzo dell’immobile per il tempo indicato in nove mesi dal perito del giudice necessario per eseguire i lavori di ristrutturazione. Il Tribunale adito, all’esito del giudizio, accoglieva la domanda attorea e condannava la parte convenuta alla refusione di tutti i danni sopra emarginati, oltre interessi e rivalutazione delle somme. La corte d’appello sovverte in parte la decisione di prime cure. Il giudizio approda quindi in grado di appello. La P.a. appellante, difatti, contestava l’esito del giudizio di prime cure e chiedeva il rigetto delle domande dei proprietari. Il giudice del riesame accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla pubblica amministrazione, ritenendo non dovuto alcun risarcimento o indennità per il periodo necessario per le riparazioni sull’immobile nel quale la famiglia proprietaria non aveva potuto locare lo stesso dato che questi non avevano dimostrato giudizialmente che, qualora l’immobile fosse stato riconsegnato in perfette condizioni, essi sarebbero stati immediatamente in grado di locare lo stesso ad altri conduttori. Gli interessi e rivalutazione delle somme, poi, venivano considerati dovuti solo a far data dalla domanda giudiziale dalla conduttrice in quanto mai vi era stato un formale atto di messa in mora della parte locatrice prima del giudizio di primo grado. La sentenza della cassazione accoglie il ricorso dei locatori. Stante l’esito del giudizio di appello i proprietari dell’immobile depositavano ricorso in Cassazione contestando l’esito del processo di Appello. In particolare, secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello avrebbe errato nella propria valutazione in quanto aveva addossato sugli stessi l’onere probatorio riguardante la circostanza che in attesa dei lavori di restauro i proprietari avrebbero avuto un lucro cessante dovuto all’impossibilità di locare nuovamente l’edificio. Secondo i ricorrenti, difatti, dalla circostanza della restituzione in pessime condizioni dell’immobile locato da parte del locatario sarebbe derivata una presunzione di sussistenza del danno in re ipsa , con assenza di onere probatorio da parte del proprietario che rivendica il risarcimento dei predetti pregiudizi. Con la sentenza numero 6596 del 7 marzo 2019 la terza Sezione della Cassazione accoglieva il ricorso sopra emancipato. Secondo la Cassazione, difatti, se al momento della restituzione dell’immobile locato erano presenti danni tali da impedirne l’immediata rilocazione, allora sussisteva un obbligo in capo al conduttore di provvedere a risarcire le somme che il proprietario avrebbe percepito immediatamente riaffittando la proprietà. Tale responsabilità comportava l’assenza di onere per il proprietario di provare di avere ricevuto richieste da parte di terzi di locare l’immobile. Il principio adottato era quello in ragione del quale il conduttore è in mora quando la riconsegna dell’immobile non si compie senza intoppi a causa dello stato nel quale versa l’edificio stesso all’esito della permanenza dell’affittuario. Affermava quindi la Cassazione, nella scia della precedente giurisprudenza, che ogniqualvolta il locatore, per fatto del conduttore, non può disporre della cosa locata, lo stesso ha diritto a conseguire il corrispettivo convenuto”, nonché eventuali danni, ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza” e che non può non sottolinearsi come sul punto la giurisprudenza di questa Corte sia fermissima da lustri nel ritenere che il locatore, nel caso di anormale usura dell’immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l’esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all’immobile, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel tempo necessario per l’esecuzione dei lavori di riparazione”. Precisavano, poi, gli Ermellini, come il danno in questione non sarebbe stato in re ipsa , ma più propriamente equiparato alla ritardata restituzione dell’immobile con la conseguenza che sarebbe spettato al proprietario il corrispettivo convenuto ex art. 1591 c.c., salva prova del maggior danno, questa sì incombente sul locatore che lo invocasse. All’esito del processo, quindi, la Cassazione accoglieva il ricorso e, cassata la decisione di secondo grado, rinviava il giudizio in appello per una nuova valutazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 10 dicembre 2018 – 7 marzo 2019, n. 6596 Presidente Armano - Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2011 Sa.Ro. , S.C. , S.R. , Sa.Re. , s.r. e Sa.Ra. convennero dinanzi al Tribunale di Catanzaro la Provincia di Catanzaro, esponendo che - la propria dante causa I.T. nel 1973 concesse in locazione alla Provincia di Catanzaro l’immobile sito in quest’ultima città, viale omissis , perché fosse destinato a sede del provveditorato agli studi - nel 2007 gli eredi della locatrice proposero ricorso per accertamento tecnico preventivo con finalità conciliativa, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., al fine di accertare i danni arrecati all’immobile dall’amministrazione, nonché le opere e riparazioni necessarie al fine di ripristinare lo stato dei luoghi, comprensive di oneri diritti tecnici - all’esito dell’accertamento tecnico preventivo era emersa l’esistenza di gravi danni all’immobile, arrecati dall’amministrazione provinciale. Gli attori conclusero pertanto chiedendo la condanna della provincia al risarcimento dei danni, oltre una indennità per il mancato utilizzo dei locali durante il tempo che sarebbe stato necessario per l’esecuzione dei lavori, indicato dal consulente tecnico d’ufficio in nove mesi. 2. Con sentenza 4.3.2016 n. 365 il Tribunale di Catanzaro accolse la domanda determinò in quattro mesi il periodo di tempo occorrente ai proprietari per il restauro dell’immobile accordò agli attori gli interessi e la rivalutazione sulle somme ad essi liquidate con decorrenza dalla domanda. 3. La sentenza venne appellata in via principale dalla Provincia ed in via incidentale dagli odierni ricorrenti. Con sentenza 5 ottobre 2016 n. 1521 la Corte d’appello di Catanzaro accolse parzialmente l’appello principale e rigettò quello incidentale. Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che - nessun risarcimento o indennità spettasse agli attori a titolo di ristoro della perduta possibilità di locare l’immobile a terzi durante il tempo occorrente per il restauro ciò sul presupposto che essi non avevano dimostrato che, nell’ipotesi in cui l’immobile fosse stato riconsegnato nelle condizioni dovute, la parte proprietaria avrebbe potuto dar corso all’immediata nuovo locazione così realizzando l’acquisizione di ulteriore prestazione patrimoniale - gli interessi e la rivalutazione sulle somme liquidate a titolo di risarcimento dovessero decorrere dalla domanda, giacché prima d’allora mai l’amministrazione provinciale era stata costituita in mora, nè il ricorso per accertamento tecnico preventivo poteva ritenersi equivalente ad una costituzione in mora. 4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da Sa.Ro. e dagli altri cinque eredi di I.T. , con ricorso fondato su tre motivi. Ha resistito con controricorso la Provincia di Catanzaro. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 1175, 1177 e 1590 c.c Sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha addossato ad essi l’onere di provare che, durante il tempo necessario per il restauro dell’immobile, essi hanno perduto i frutti ricavabili dalla locazione di esso. Deducono che, quando il conduttore restituisca l’immobile, al termine della locazione, in condizioni tali da richiedere un restauro, il danno sarebbe in re ipsa, e il locatore non deve affatto provare di aver perduto la possibilità di stipulare un vantaggioso contratto di locazione nel tempo necessario per il restauro. 1.2. Il motivo è fondato. Nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, è pacifico che qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto - da parte di terzi - richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 31/05/2010, Rv. 613318 - 01 nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 19202 del 21/09/2011, Rv. 619263 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 6417 del 01/07/1998, Rv. 516843 - 01 . Nella motivazione della sentenza da ultimo ricordata, in particolare, si legge secondo un principio generalissimo - codificato dall’art. 1591 c.c. - il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto, fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno . È palese, pertanto . , che ogniqualvolta il locatore per fatto del conduttore non può disporre della cosa locata, lo stesso ha diritto a conseguire il corrispettivo convenuto , nonché eventuali danni, ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza. Sempre al riguardo - inoltre non può tacersi che si ha mancata disponibilità della cosa locata non solo . allorché, scaduto il termine per la restituzione il conduttore non vi provveda, ma anche tutte le volte in cui, per fatto imputabile al conduttore, il locatore non può trarre, dalla cosa, alcun vantaggio, come - ad esempio, nell’ipotesi in cui l’immobile presenti, alla riconsegna e quindi dopo la restituzione, eventualmente ritardata a norma dell’art. 1591 c.c. danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, con conseguente sua inutilizzabilità per tutto il periodo per il quale si protraggono i lavori di ripristino. In merito, infine, non può non sottolinearsi come sul punto la giurisprudenza di questa Corte . sia fermissima da lustri nel ritenere che il locatore, in caso di anormale usura dell’immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l’esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all’immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l’esecuzione dei lavori di riparazione cfr., ad esempio, Cass. 18 giugno 1993 n. 6798, ove il rilievo, altresì, che questa seconda serie di danni va determinata in relazione all’epoca in cui i lavori possono essere iniziati dal locatore usando l’ordinaria diligenza ed alla presumibile epoca del loro compimento. Sempre in questo senso v., peraltro, già le remote Cass. 21 novembre 1968 n. 3786, nonché Cass. 10 novembre 1971 n. 3210 . 1.3. Resta solo da aggiungere, per maggior chiarezza, che il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della mancata disponibilità del bene durante il periodo occorrente per il restauro non costituisce un danno in re ipsa. Come si è detto nel § precedente, infatti, il periodo di indisponibilità dell’immobile reso necessario dall’urgenza del restauro, è dalla giurisprudenza di questa Corte equiparato quoad effectum alla ritardata restituzione dell’immobile, con la conseguenza che spetterà per tale periodo al proprietario il corrispettivo convenuto , ai sensi dell’art. 1591 c.c., salva la prova del maggior danno, che grava sul locatore. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere ignorato apertamente la costante giurisprudenza di legittimità concernente la responsabilità del conduttore il quale restituisca, al termine della locazione, un immobile che abbisogni di lavori di restauro. 2.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1219 c.c., nonché la nullità della sentenza . Sostengono che erroneamente la Corte d’appello, confermando la decisione del Tribunale, ha fatto decorrere gli effetti della mora debendi dell’amministrazione provinciale dalla notifica dell’atto di citazione introduttivo del primo grado del presente giudizio. Sostengono che la mora doveva invece decorrere dalla notifica del ricorso per accertamento tecnico preventivo, avvenuta il 10 luglio 2007. 3.2. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dal momento che, non essendo in esso nè riassunto, nè trascritto il contenuto del ricorso per accertamento tecnico preventivo, non è possibile stabilire se quell’atto avesse o non avesse gli elementi minimi indispensabili di una costituzione in mora. In ogni caso l’accertamento tecnico preventivo, in quanto procedimento finalizzato ad accertare un fatto incerto, non può essere equiparato all’atto di costituzione in mora, a meno che nel suo interno il ricorrente non abbia adottato formule inequivoche in tal senso. Ipotesi, quest’ultima, che come già detto i ricorrenti neppure prospettano. 4. Le spese. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio. P.Q.M. la Corte di cassazione - accoglie il primo motivo di ricorso dichiara assorbito il secondo, rigetta il terzo - cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.