Polizze unit linked: necessaria una componente assicurativa collegata alla aspettativa di vita del contraente

Nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista finanziaria e assicurativa sulla vita , anche dove sia prevalente la causa finanziaria”, la parte qualificata come assicurativa” deve comunque rispondere ai principi dettati dal codice civile, dal codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria ad essi collegata, con particolare riferimento alla ricorrenza del rischio demografico rispetto al quale il Giudice di merito deve valutare l’entità della copertura assicurativa che, avuto riguardo alla natura mista della causa contrattuale, dovrà essere vagliata con specifico riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia dell’investimento.

Con la pronuncia del 5 marzo 2019, n. 6319, il S.C. chiarisce che, anche nelle polizze unit linked – ossia caratterizzate da una forte componente finanziaria – deve comunque essere presente una componente relativa al c.d. rischio demografico. Il caso. La vicenda in esame riguarda la qualificazione di una polizza unit linked – e la relativa disciplina – sul rilievo che, nella ricostruzione dell’attore nei giudizi di merito, le prestazioni oggetto della polizza e che sarebbero state corrisposte alla scadenza contrattuale al contraente, non comprendevano il c.d. rischio demografico, ossia non erano legate all’orizzonte di vita ed alle relative aspettative del contraente stesso. In particolare, l’assenza di tali elementi avrebbe determinato la nullità del contratto e la conseguente restituzione della somma investita somma che, in ragione dell’andamento dei mercati, si era quasi dimezzata rispetto al valore di investimento . La domanda viene rigettata in primo e secondo grado ma il S.C. sembra ritenerla fondata, rimettendo alla corte territoriale per un diverso esame, sulla base del principio di diritto sopra esposto. Polizze unit linked sono prodotti finanziari? Sulla natura delle polizze unit linked è possibile registrare, prima dell’introduzione della legge n. 262/2005, un contrasto giurisprudenziale in ordine alla relativa qualificazione. Secondo un primo orientamento, infatti, poiché le polizze unit linked , con rischio interamente a carico dell'assicurato, hanno una forte componente finanziaria e una debole componente assicurativa, vale – per queste polizze - la disciplina dettata in tema di intermediazione finanziaria, posto che al contratto a causa mista - nel caso in cui possa ravvisarsi anche una debole causa assicurativa-previdenziale - deve applicarsi la disciplina del rapporto prevalente. Ricondotta la polizza nell'ampia categoria degli strumenti finanziari, incombe, quindi, sull'assicuratore, l'obbligo di informazione previsto dalla normativa di settore, primaria e secondaria, che impone un esame della figura e delle prospettive del singolo investitore. Tali polizze, in particolare, si caratterizzano per il fatto che le somme corrisposte dall'assicurato a titolo di premio sono versate in fondi d'investimento interni o esterni all'assicuratore, e che, alla scadenza del contratto o al verificarsi dell'evento in esso dedotto, l'assicuratore avrebbe dovuto corrispondere all'assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare in quel momento. Polizza unit linked e mancanza del contratto di investimento. La conseguenza della qualifica di tale polizza in termini di prodotti finanziari riguarda la nullità del contratto in esame qualora manchi il contratto generale d'investimento cd contratto quadro destinato a regolare tutti i rapporti negoziali tra intermediario e cliente nullità che deriva dalla violazione delle norme sull’informazione del cliente e quando il rischio dell'inadempimento o dell'insolvenza dell'ente che ha emesso i titoli collegati alla polizza medesima siano interamente a carico del cliente. La legge sul risparmio n. 262/2005 polizze unit linked come prodotti assicurativi. Successivamente la giurisprudenza, anche in ragione dei mutamenti normativi, ha ritenuto di affermare che le polizze unit linked , in cui il rischio di investimento dei premi grava sull'assicurato, sono contratti di assicurazione sulla vita in quanto rientranti tra i rami vita, come si ricava espressamente dall'allegato I, punto III, della direttiva 2002/83/Ce cd. direttiva vita . Interpretazione del contratto prodotto assicurativo o finanziario? Il dubbio, peraltro, sulla qualificazione di un contratto, permane in caso di contratti e prodotti con componenti miste, sia assicurative che finanziarie. In tale ipotesi, bisogna interpretare il contratto in base alla causa in concreto. A tal fine assume rilievo determinante l'elemento del rischio ed in particolare la misura in cui esso, a seconda del caso concreto, sia posto a carico dell'assicurato e dell'assicuratore le polizze unit linked , in particolare, si connotano per prevalenza della funzione finanziaria-speculativa su quella assicurativa-previdenziale, atteso che gli unici rischi, relativi all'andamento del mercato borsistico, sono assunti dall'assicurato. Qualificazione del contratto la parola al Giudice. L’individuazione del tipo di contratto e della prevalenza della componente assicurativa su quella finanziaria – o viceversa – spetta naturalmente al giudice giudice che è, quindi, chiamato a stabilire se il contratto configuri una polizza assicurativa sulla vita ovvero si concreti in un investimento in uno strumento finanziario. Polizze unit linked necessaria una componente di rischio demografico. Fermo quanto precede, deve però osservarsi che la qualificazione di una polizza come unit linked non vale a ritenere applicabile a tale polizza la disciplina generale artt. 1882 - 1895 c.c. del contratto di assicurazione disciplina generale la cui causa deve essere rinvenuta nel trasferimento del rischio dall'assicurato all'assicuratore, rischio che, a pena di nullità, deve esistere alla stipula del contratto. Deve infatti sussistere, secondo quanto indicato nella massima in epigrafe, un rischio demografico, ossia la necessità che le prestazione siano riconosciute e variabili in funzione dell’età del contraente. In caso di assenza di rischio demografico, infatti, il rischio di investimento è completamente a carico dell'assicurato, mentre l'obbligazione dell'assicuratore è limitata al pagamento del valore del capitale investito al momento dell'evento, in base agli indici di riferimento. La funzione di tale contratto - anche ricorrendo alla causa mista ed al concetto di causa pendente - deve quindi più propriamente essere inquadrata nello schema di acquisto di prodotti finanziari, laddove l'investimento di un capitale è esposto al rischio di perdite a fronte di una certa probabilità di guadagno.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 19 dicembre 2018 – 5 marzo 2019, n. 6319 Presidente Spirito – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. D.R. ricorre, affidandosi ad undici motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda avanzata nei confronti della Credit Suisse Italy e della Credit Suisse Life & amp Pension A.G. per la dichiarazione di nullità del contratto di assicurazione sulla vita Unit Linked - Life Portfolio Italy da lui stipulato con la seconda società, nonché, in via subordinata, sia per l’annullamento della polizza con restituzione del premio e degli accessori maturati, sia per l’accertamento della responsabilità precontrattuale e dell’inadempimento contrattuale di entrambe le società, con tutte le conseguenze risarcitorie da ciò derivanti. 2. Le parti intimate hanno resistito con controricorso e memorie. 3. Il Procuratore Generale ha concluso come in atti. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1882, 1919 c.c. e segg., del D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 1, 2, 11, 23, 27, 165, 167 e 179, e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, comma 1, lett. w bis. Assume che il contratto era denominato Contratto di Assicurazione sulla Vita Unit Linked - Life Portfolio Italy e, pur essendo ricollegato al valore di quote di organismi di investimento collettivo di risparmio, era ricompreso fra le polizze assicurative ramo vita previste nella classificazione disciplinata dal D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 2, punto III da ora CdA . 1.1.Deduce che, ciò nonostante, nella polizza mancava la concreta previsione del rischio demografico , caratterizzante la tipologia del contratto stipulato ed attinente alla durata della vita umana. Lamenta, al riguardo, che a. la Corte territoriale aveva erroneamente interpretato le norme che disciplinavano la fattispecie, negando che da esse dovesse evincersi un obbligo dell’assicuratore di corrispondere somme di entità dipendente sia dal rischio che dall’ammontare del premio versato b. una corretta interpretazione della disciplina del CdA alla quale il contratto doveva essere ricondotto avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad affermare che, nel caso di specie, l’assoluta irrilevanza della prestazione che veniva garantita per tale rischio - tanto esigua da dover essere considerata irrisoria a fronte della sua essenzialità e tenuto conto che, oltretutto, il relativo costo era sostanzialmente a carico dello stesso assicurato - determinava la nullità della polizza. 2. Con il secondo motivo, inoltre, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, e art. 345 c.p.c Assume che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che la questione relativa all’accollo del costo del rischio demografico sullo stesso contraente fosse stata sollevata per la prima volta in grado appello e fosse quindi inammissibile, mentre la specifica allegazione era chiaramente contenuta nella prospettazione dell’atto di citazione ed era, pertanto, tempestiva. 3. Il primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati per intrinseca connessione logica essi sono entrambi fondati. Per un più agevole esame delle censure proposte, è necessaria una breve sintesi degli aspetti fattuali della vicenda che assumono specifica rilevanza sulle argomentazioni in diritto della questione in esame. 3.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente, infatti, ha dedotto che a. in relazione al contratto oggetto di controversia, aveva versato un premio unico frutto del disinvestimento di una originaria polizza Lifebond che veniva integralmente liquidata su suggerimento della Credit Suisse Italy Spa che era stato gestito dalla società contraente Credit Suisse Life & amp Pension A.G. mediante acquisto di quote del Fondo assicurativo interno la cui variazione di valore dipendeva dall’oscillazione del prezzo delle attività finanziarie sottostanti, individuate in alcuni specificati Fondi di investimento, all’andamento dei quali era collegata l’entità delle prestazioni assicurative garantite b. l’art. 8 delle CGC prevedeva che in caso di decesso degli assicurati i beneficiari avrebbero dovuto percepire - il controvalore dell’investimento rilevato nella prima finestra di uscita successiva alla richiesta di liquidazione per il decesso - un capitale aggiuntivo pari allo 0,1% del controvalore delle quote il quale non poteva, comunque, essere superiore alla somma di Euro 15.000,00 il costo per tale copertura era a carico del contraente mediante prelievo annuale dal Fondo Assicurativo interno c. a distanza di circa nove mesi dalla stipula del contratto, dall’estratto conto era emerso che il valore delle quote presentava una perdita superiore al 50% del capitale che si era ridotto ad Euro 420.000,00 a fronte di Euro 1040.000,00 versati la società contraente aveva spiegato che il risultato negativo doveva essere ascritto al crack Maddoff , visto che oltre la metà del Fondo Interno era stato investito in prodotti che facevano parte delle operazioni finanziare in esso coinvolte. 3.2. Il D. , denunciando la mancata previsione di un rischio demografico tale da poter qualificare il contratto come assicurazione sulla vita, secondo la definizione in esso contenuta e l’intenzione che lo aveva determinato a stipulare, nonché una scorretta ed incompleta informazione preventiva in ordine ai rischi dell’operazione, ha domandato in via principale la dichiarazione di nullità della polizza ed, in via subordinata, l’annullamento di essa con restituzione del premio e degli accessori maturati ed, in ulteriore subordine, che venisse accertata sia la responsabilità precontrattuale che l’inadempimento contrattuale delle società convenute con dichiarazione di risoluzione del contratto e con le conseguenze da ciò derivanti. 3.3. La Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, ha condiviso il ragionamento del Tribunale secondo il quale le polizze unit linked hanno natura mista ma la causa prevalente è quella finanziaria il cui rendimento è legato all’andamento dei fondi nei quali i premi versati vengono investiti con prevalenza in mercati azionari , ed il rischio vita garantito sembra avere solamente lo scopo di individuare i momenti in cui l’assicuratore dovrà effettuare le prestazioni di rimborso alla quale è obbligato cfr. pag. 17 della sentenza ed ha affermato che in ragione della prevalenza causale sopra descritta il così detto rischio demografico, tipico di un’assicurazione sulla vita può anche essere minimale, in quanto la polizza prescinde circostanza peraltro consentita dal quadro normativo che disciplina dette polizze dal collegamento fra somma da corrispondere all’assicurato e l’ammontare del premio versato, atteso che come si è detto, il capitale dipende dalla performance del fondo cfr. pag. 18 sentenza impugnata . 3.4. I giudici d’appello hanno ritenuto, dunque, sufficiente per escludere la nullità invocata, la mera previsione di una garanzia in caso morte prevista dall’art. 8 CGC , affermando che l’inesistenza di una norma di legge volta a regolamentare il valore economico di esso, in termini percentuali o proporzionali, rendesse irrilevante ed impropria la valutazione, nel merito, della misura della somma garantita ed ha, altresì, ritenuto tardivo il rilievo secondo cui il capitale aggiuntivo doveva essere detratto dal fondo interno rimanendo con ciò a carico dello stesso assicurato in quanto l’argomentazione era stata sollevata per la prima volta in appello. 3.5. Tanto premesso, si osserva quanto segue. La previsione generale contenuta nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 2, in ordine alle polizze denominate linked , e cioè quelle nelle quali l’obbligazione principale dell’assicuratore è collegata al valore di organismi di investimento del risparmio o di fondi interni o comunque ad indici predeterminati di riferimento, non vale a far concludere apoditticamente per l’inclusione automatica di tali polizze nello schema legale artt. 1882 - 1895 c.c. del contratto di assicurazione, la cui causa deve essere rinvenuta nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, rischio che, a pena di nullità, deve esistere alla stipula del contratto. Rientrano senz’altro nella fattispecie tipica di cui all’art. 1882 c.c., le polizze che operano la sostituzione della prestazione fissa dell’assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato, ma che mantengono comunque il rischio demografico in tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dall’assicuratore sull’assicurato in ordine al valore finale della prestazione, il contratto mantiene comunque una funzione assicurativa, individuabile quale causa concreta del contratto, secondo gli ordinari criteri ermeneutici. E, al riguardo, deve richiamarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui in tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell’entrata in vigore della L. 28 dicembre 2005, n. 262, e del D.Lgs. n. 29 dicembre 2006, n. 303, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi d’investimento interni o esterni all’assicuratore, rispetto alle quali, alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto, l’assicuratore sarà tenuto a corrispondere all’assicurato mediante una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso polizze denominate unit linked , il giudice di merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto, e tale interpretazione non è censurabile in sede di legittimità se congruamente logicamente motivata, al fine di stabilire se esso, al di là del nomen iuris attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario in cui il rischio di performance sia per intero addossato all’assicurato cfr. Cass. 6061/2012 . 3.6. Nel caso in esame - in cui sono incontestati sia la natura mista che i connotati della polizza - la censura investe un errore di diritto, attenendo alla ricaduta interpretativa dell’art. 1418 c.c., sugli artt. 1882 e 1919 c.c. la Corte territoriale, infatti, astenendosi da ogni valutazione di merito, ha del tutto svincolato, in relazione alla componente assicurativa, l’esistenza del rischio demografico dall’entità della prestazione ad esso riferita, sicché secondo il principio affermato nella sentenza impugnata - pacifica la componente finanziaria, ma altrettanto evidente quella assicurativa - anche una prestazione del tutto irrisoria, purché enunciata, potrebbe soddisfare la causa del contratto ad essa riferita ed essere, pertanto, lecita. 3.7. Questo Collegio ritiene che, in tal modo, i giudici d’appello abbiano erroneamente interpretato le norme richiamate questa Corte, in materia di nullità, ha avutò modo di affermare che la rilevabilità officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle cosiddette di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una species del più ampio genus rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali - quali il corretto funzionamento del mercato art. 41 Cost. e l’uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli art. 3 Cost. - che trascendono quelli del singolo. ed è stato, altresì, ritenuto che il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicché è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio cfr. Cass. SU 26242/2014 Cass.19251/2018 . 3.8. Dando seguito a tale principio - che valorizza il compito interpretativo del giudice di merito nella valutazione intrinseca dei pesi e contrappesi posti a base del sinallagma contrattuale - e trasponendolo nel caso in esame, caratterizzato dalla natura mista delle pattuizioni garantite, si ritiene che fosse preciso compito della Corte territoriale valutare l’entità della prestazione per verificare se la porzione causale del contratto ascrivibile al rischio assicurativo ricondotto a quello demografico, trattandosi di una polizza vita fosse stato effettivamente contemplato o se l’entità della prestazione garantita, a fronte del capitale versato, fosse talmente irrisoria da vanificare completamente l’equilibrio delle prestazioni. 3.9. Ed infatti, la Corte territoriale a. ha omesso del tutto di valutare se le pattuizioni contrattuali soddisfacessero le previsioni dell’art. 9 Regolamento ISVAP che, pur successivo al contratto, rappresenta una mera attuazione dei principi già previsti dal D.Lgs. n. 209 del 2005 , essendosi limitata a prendere atto della percentuale prevista 0,1% e ritenendo soddisfacente, di per se, il solo fatto che fosse indicata al riguardo l’art. 9 del regolamento ISVAP n. 32 del 2009 prevede, invece, che 1.i contratti classificati nel ramo III di cui all’art. 2, comma 1, del decreto, sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare prestazioni il cui valore sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico. 2. Le imprese nella determinazione delle coperture assicurative in caso di decesso tengono conto, ai fini del rispetto del principio di cui al comma 1, dell’ammontare del premio versato dal contraente . A ciò deve aggiungersi che l’art. 6 del Regolamento n. 29 del 2009 ricalca la formulazione della norma sopra richiamata prevedendo che 1. Sono ricompresi nel ramo vita III, se direttamente collegati a fondi di investimento ovvero ad indici azionari o altri valori di riferimento, solo i contratti di assicurazione sulla durata della vita umana di cui al ramo I. 2. I contratti di cui al comma 1 sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare, per il caso di sopravvivenza, per il caso di morte o per entrambi, prestazioni assicurate il cui valore, o quello dei corrispondenti premi, sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico . b. non ha neanche considerato la parte finanziaria come componente del contratto, nell’ambito di un bilanciamento che, caratterizzando la natura mista della causa, avrebbe imposto una valutazione del rapporto fra l’entità del premio iniziale e la misura del capitale garantito, strumentale alla corretta applicazione delle norme che la censura ritiene siano state violate. 4. Proprio in relazione a quanto sopra argomentato, risulta fondato anche il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente in relazione all’irrilevanza economica del capitale aggiuntivo pattuito ed alla circostanza che esso fosse comunque detratto dal fondo interno la Corte territoriale ha ritenuto, al riguardo, che tale ultima allegazione fosse stata tardivamente prospettata. Si osserva, al proposito, che l’omessa valutazione dell’irrisorietà dell’importo per mancanza di una specifica disciplina sul valore economico di esso cfr. pag. 19 della sentenza impugnata si traduce, per ciò che è stato detto sul primo motivo, in una motivazione effettivamente apparente e non congrua e che la circostanza che l’importo indicato fosse comunque detratto dal Fondo interno e dunque a carico dello stesso assicurato doveva essere valutata dalla Corte in quanto, trattandosi di una argomentazione relativa ad un fatto secondario non costituivo della pretesa vantata , era stata correttamente e tempestivamente introdotta nel giudizio attraverso la trascrizione dell’art. 8 delle CGC contenuta nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado cfr. pag. 35 del ricorso anche la motivazione resa su tale circostanza contrasta, dunque, con le emergenze processuali e risulta illogica ed apparente. 5. La sentenza, pertanto, deve essere cassata sulla base del seguente principio di diritto nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista finanziaria ed assicurativa sulla vita , anche ove sia prevalente la causa finanziaria , la parte qualificata come assicurativa deve comunque rispondere ai principi dettati dal codice civile, dal codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria ad essi collegata con particolare riferimento alla ricorrenza del rischio demografico rispetto al quale il giudice di merito deve valutare l’entità della copertura assicurativa che, avuto riguardo alla natura mista della causa contrattuale, dovrà essere vagliata con specifico riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia dell’investimento. Il giudice di merito dovrà valutare, con adeguata e logica motivazione se, in relazione a tali indici, la misura prevista sia in grado di integrare concretamente il rischio demografico . 6. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.p.c., D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 27 e 41 la circolare ISVAP 474/2002 e la circolare ISVAP 551/2005 lamenta che la Corte d’Appello aveva ritenuto legittima la possibilità di acquistare, nell’ambito del contratto stipulato, i fondi hedge found anche se sottostanti a normativa straniera, in tal modo addossando il rischio finanziario di tali operazioni, soltanto sull’assicurato. 6.1. Il motivo è infondato. La questione è stata correttamente affrontata dalla Corte territoriale che ha affermato che la normativa richiamata la circolare ISVAP 474/2002 e la circolare ISVAP 551/2005 che prevede il divieto di inserire nei propri fondi interni investimenti. in hedge fund non è applicabile alla società contraente che ha sede in Liechtenstein rispetto a tale decisiva circostanza, la Corte ha valorizzato l’interpretazione della successiva circolare ISVAP del 12.1.2012 che aveva confermato che il riferimento normativo era quello della disciplina del paese di origine delle compagnie contraenti, ben motivando anche sull’assenza di contrasto fra tale previsione e l’art. 27 del CdA cfr. pag. 21 della sentenza impugnata . 7. Con il quarto motivo, ancora, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 1337, 183 e 185, artt. 21 e 25 bis TUF, artt. 39, 40 e 85 Regolamento Consob 2007 artt. 47, 49 e 52 Regolamento ISVAP 2005 lamenta altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti ed, in particolare, l’erronea valutazione degli altissimi profili di rischio dei singoli prodotti. 7.1. Il motivo è inammissibile. A prescindere dai rilievi riferibili prima facie al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - in quanto la pronuncia impugnata è una sentenza d’appello confermativa di quella di primo grado c.d. doppia conforme ed è, pertanto, applicabile, l’art. 348 ter c.p.c., u.c., ratione temporis vigente - la censura prospetta una richiesta di rivalutazione di merito delle emergenze processuali, sulle quali la Corte ha già speso esaustive argomentazioni, affermando che, al momento dell’acquisto e prima del crack Maddoff , i fondi avevano fatto registrare un alto rendimento, e non poteva, quindi, configurarsi una negligenza della società contraente nella costituzione dell’asset finanziario. La censura, pertanto, maschera un richiesta di rivalutazione di merito della controversia, preclusa in sede di legittimità cfr., al riguardo, Cass. 8758/2017 Cass. 18721/2018 . 8. Con il quinto ed il sesto motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 1337 c.c., e del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 185, sugli obblighi informativi che il ricorrente assume non essere stati assolti. La medesima censura è stata proposta con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione al preteso conflitto di interessi con le due società controricorrenti il D. lamenta, infatti, che la Corte aveva falsamente ritenuto che la doglianza fosse stata proposta nella comparsa conclusionale mentre era stata introdotta con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, primo termine. 8.1. Entrambe le censure sono infondate. La motivazione sviluppata dalla Corte, infatti, è congrua e logica avendo esaminato le modalità con le quali l’obbligo informativo della compagnia di assicurazione era da ritenersi assolto, ritenendolo sufficiente e valorizzando, al riguardo, anche le dichiarazioni confessorie rese dal D. sulla specifica questione cfr. pag. 27 e 28 della sentenza impugnata . 8.2. Inoltre, anche il rilievo prospettato nel sesto motivo non coglie ne segno, in quanto la Corte ha reso una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale anche sulla tempistica osservata per l’obbligo di informativa al proposito, il rilievo secondo cui il mancato rispetto di un lasso temporale sufficiente fra la consegna del prospetto illustrativo del contratto e la stipula dello stesso era stato introdotto nella prima memoria istruttoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, e non nella comparsa conclusionale non appare decisivo in quanto - trattandosi di un fatto costituivo ulteriore rispetto a quello dedotto inizialmente a sostegno della domanda di inadempimento contrattuale - non poteva trovare ingresso neanche nella prima memoria istruttoria nella quale possono essere soltanto precisate o modificate le domande e conclusioni già proposte, con riferimento esclusivo, dunque, ai fatti storici tempestivamente dedotti nell’atto di citazione. 9. Con il settimo e l’ottavo motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deduce la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, in relazione alla erronea valutazione dell’inadempimento degli obblighi di informazione concernenti il conflitto di interessi fra Credit Suisse Itali Spa e Credit Suisse Life and Pension AG e, sulla medesima questione, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 85 e 86 Reg. Consob 16190/2007. 9.1. Entrambe le censure sono inammissibili perché la questione è stata già congruamente esaminata dalla Corte pag. 28 e 29 della sentenza, cpv. 12.3 con motivazione esauriente la critica, pertanto, sotto entrambi i profili maschera una richiesta di rivalutazione di merito che non può trovare ingresso in questa sede. 10. Con il nono motivo, ancora, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, consistente nella clausola negoziale che impone alla società di intermediazione una gestione finanziaria indipendente nonché l’adozione di misure volte a salvaguardare i diritti dei contraenti. 10.1. Il motivo è inammissibile ex art. 348 ter, u.c., in quanto, come già argomentato, la pronuncia impugnata è una sentenza d’appello confermativa di quella di primo grado c.d. doppia conforme e pertanto, non è deducibile il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 11. Con il decimo e l’undicesimo motivo infine, il ricorrente lamenta a. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1228 e 2049 c.c., nonché dell’art. 119 Dlgs 209/2005 lamenta che il profilo risarcitorio riconducibile alla responsabilità precontrattuale doveva essere ascritto alla condotta di entrambe le società convenute e che la Corte aveva, con ciò, violato l’art. 119 CdA che prevede la responsabilità solidale della banca anche per la responsabilità dell’intermediario finanziario. b. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 342 c.p.c., prospettando che la Corte aveva impropriamente ritenuto che la domanda di responsabilità precontrattuale fosse ricompresa in quella per inadempimento. 11.1. Entrambe le censure devono ritenersi assorbite sia dall’accoglimento dei primi due motivi tenuto conto che la Corte di rinvio dovrà rivalutare la controversia in relazione alla posizione di ciascuna società controricorrente sia dalla dichiarazione di inammissibilità ed infondatezza delle censure volte a contestare la negligenza delle società sotto il profilo degli investimenti finanziari. 12. In conclusione la sentenza deve essere cassata in relazione al primo ed al secondo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione per il, riesame della controversia alla luce del principio di diritto sopra evidenziato. La Corte di rinvio provvederà anche sulla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso rigetta il terzo, il quinto ed il sesto dichiara inammissibili il quarto, il settimo, l’ottavo ed il nono ed assorbiti il decimo e l’undicesimo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.