Acquisto di case popolari, il trasferimento della proprietà avviene con la stipula del contratto

I requisiti per l’acquisto di case IACP devono persistere al momento del trasferimento del diritto di proprietà. Si aggiunga inoltre che per il trasferimento del diritto di proprietà delle case IACP non può chiedersi pronuncia ex art. 2932 c.c

Ove sussistano le condizioni prescritte dalla legge, nessuna discrezionalità è riconosciuta a IACP, pertanto, sussiste un diritto soggettivo dell’assegnatario ad acquistare la proprietà dell’immobile SS.UU. n. 1551/1989 . La nuova normativa riconosce all’istituto la possibilità di mantenere una quota di riserva al fine di disporre di un certo numero di abitazioni di pronto utilizzo. Tale circostanza, qualifica come interesse legittimo la posizione del soggetto che richiede l’acquisto. Pertanto, IACP potrà procedere alla cessione in proprietà dopo aver verificato la sussistenza della quota di riserva SS.UU. n. 4478/1992 . Il caso. Una persona fisica, assegnataria di alloggio di edilizia popolare, avanzava proposta di acquisto l. n. 560/1993 dell’immobile indicando, nella stessa proposta, il figlio quale familiare convivente legittimato all’acquisto. Il figlio versava il prezzo dovuto ma l’IACP rifiutava la vendita. Il figlio conveniva in giudizio l’IACP al fine di ottenere il trasferimento della proprietà del cespite ex art. 2932 c.c Il Tribunale respingeva la domanda. La Corte d’Appello, confermava la decisione di primo grado spiegando che il richiedente non possedeva i requisiti per l’acquisto atteso che al momento della proposta di acquisto risultava già proprietario di altro immobile. L’acquirente-attore ha proposto ricorso per cassazione. I requisiti per ottenere assegnazione in proprietà. La S.C. ha ribadito che, ex l. n. 447/1958, la cessione in proprietà degli alloggi in edilizia economica popolare può essere effettuata in favore degli assegnatari purché non proprietari di altra abitazione sita nel medesimo centro urbano avente caratteristiche idonee alle esigenze del nucleo familiare nonché titolare di reddito inferiore a quello stabilito dalla legge. Le condizioni indicate devono sussistere nel momento in cui viene effettuato il trasferimento della proprietà. Nessuna discrezione all’IACP. Ove sussistano le condizioni prescritte dalla legge, nessuna discrezionalità è riconosciuta a IACP, pertanto, sussiste un diritto soggettivo dell’assegnatario ad acquistare la proprietà dell’immobile SS.UU. n. 1551/1989 . Tuttavia, la nuova normativa riconosce all’istituto la possibilità di mantenere una quota di riserva al fine di disporre di un certo numero di abitazioni prontamente utilizzabili. Tale circostanza, qualifica come interesse legittimo la posizione del soggetto che richiede l’acquisto. Pertanto, IACP potrà procedere alla cessione in proprietà dopo aver verificato la sussistenza della quota di riserva SS.UU. n. 4478/1992 . La nuova disciplina. Nel paragrafo appena superiore, s’è dato atto di vecchia e nuova norma. Con la vecchia normativa, la vendita si riteneva conclusa con il versamento del prezzo, mentre, con la nuova normativa fa riferimento alla stipula dell’atto di cessione. In tale ultima ipotesi, ove sia versato il prezzo e l’istituto non provveda al trasferimento della proprietà, l’assegnatario-acquirente non può attivare la procedura ex art. 2932 c.c. disponendo solo dell’azione di risarcimento danno per eventuale responsabilità dell’ente che colposamente non ha proceduto all’assegnazione. E’ chiaro dunque che, con l’applicazione della nuova normativa, i fatti concludenti non hanno alcun valore, anche la conferma di ricezione della richiesta di acquisto non produce alcun effetto traslativo della proprietà. Il trasferimento mortis causa. Il diritto al trasferimento di un alloggio IACP non è trasmissibile mortis causa , infatti, l’erede che voglia subentrare nell’acquisto deve mostrare di possedere i requisiti per il trasferimento nel momento in cui il diritto deve essere trasferito. Resta irrilevante la condizione di avente diritto interesse legittimo dell’originario avente causa se l’erede è privo delle condizioni Cass. n. 24051/2009 e se il trasferimento non si è perfezionato. La soluzione. La cassazione ha confermato la decisione impugnata e rilevato che IACP aveva correttamente rifiutato il trasferimento della proprietà per assenza dei requisiti del soggetto richiedente figlio dell’originario assegnatario .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 14 settembre 2018 – 15 febbraio 2019, n. 4595 Presidente Petitti – Relatore Giannaccari Fatti di causa P.G. conveniva in giudizio innanzi a Tribunale di Messina l’Istituto Autonomo Case Popolari, esponendo che il proprio genitore P.A. , assegnatario di un alloggio di residenza pubblica sito in omissis , aveva comunicato all’Istituto la volontà di acquistare l’immobile ai sensi della L. n. 560 del 1993 e lo aveva indicato quale familiare convivente legittimato all’acquisto. Sosteneva che l’IACP, nonostante egli avesse versato il corrispettivo, si era rifiutata di trasferire l’alloggio e, assumendo l’inadempimento dell’ente, chiedeva, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, che fosse emessa sentenza ex art. 2932 c.c., o, in subordine fosse dichiarato risolto il contratto. Il Tribunale rigettava la domanda. La Corte d’Appello di Messina confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che non sussistessero le condizioni di cui al D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 2 poiché, avendo l’attore acquistato nel 2001 un altro bene immobile, era venuta meno la situazione di impossidenza, che doveva sussistere fino al momento del trasferimento della proprietà ed anche nei confronti del familiare convivente. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso il P. sulla base di cinque motivi, cui ha resistito, con controricorso l’IACP. Ragioni della decisione Va preliminarmente rilevato che i motivi di ricorso sono corredati dai quesiti di diritto, benché la sentenza impugnata sia stata depositata in data 9.7.2014, quindi successivamente al 4.7.2009, di dell’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, che ha abrogato, ex art. 47, comma 1, lett. d , l’art. 366 bis c.p.c Detta norma è applicabile alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge. Nondimeno, la circostanza che il ricorrente abbia formulato il quesito di diritto a conclusione dei motivi di ricorso, pur non essendo ratione temporis a tanto tenuta, non vale a rendere inammissibile l’impugnazione, in quanto la sanzione non è configurabile nel caso in cui l’atto contenga altresì elementi sovrabbondanti, ma privi di riflesso negativo su quelli essenziali Cass. 21.9.2012, n. 16122 . Con il primo motivo si deduce la violazione della L.R. Sicilia 3 novembre 1994, n. 43, della L.R. n. 37 del 1995, dell’art. 115 c.p.c. e art. 116 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che il contratto di vendita tra il P. e l’IACP non fosse mai stato concluso, mentre la normativa regionale, prevedendo una riduzione del prezzo per gli acquirenti assegnatari che pervenivano alla stipula del contratto d’affitto mediante pagamento in un’unica soluzione, avrebbe fatto espresso riferimento al versamento del prezzo come momento perfezionativo del contratto. Nella specie, il ricorrente deduce di aver corrisposto il pagamento, producendo la fattura e tale fatto, decisivo per il giudizio, non sarebbe stato esaminato dalla corte territoriale. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 1326 e 1327 c.c., dell’art. 1362 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed il vizio di motivazione, per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che tra le parti fosse stato concluso un contratto preliminare di compravendita, mentre, avendo il P. corrisposto il prezzo, il contratto di vendita si sarebbe perfezionato, sicché sarebbero irrilevanti le successive modifiche della sua situazione patrimoniale. Con il terzo motivo di ricorso, si allega la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione alla valutazione della comunicazione IACP del 27.10.1995, con la quale l’ente prendeva atto della proposta di acquisto e determinava il prezzo, che, ai sensi della L.R. n. 37 del 1995, il ricorrente avrebbe potuto corrispondere in un’ unica soluzione o in più tranches. Secondo il ricorrente, che censura anche il vizio di omessa motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, la corte avrebbe errato nel non considerare detta comunicazione come accettazione della proposta del P. . Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 1035 del 1972, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, trattandosi di norma abrogata al momento della conclusione del contratto e non applicabile alla Regione Sicilia. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la corte territoriale ha accertato che il P. era divenuto proprietario di un immobile nel 2001, sebbene l’IACP non avesse fornito la prova della proprietà il ricorrente, d’altra parte, non avrebbe mai ammesso la circostanza nel giudizio, avendo solo contestato l’applicabilità del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 2. Il motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati. Appare opportuna una sommaria esposizione dell’evoluzione della legislazione che disciplina la materia. La cessione in proprietà degli alloggi di tipo popolare ed economico è stata introdotta dal D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 - emanato in attuazione della delega conferita con la L. 21 marzo 1958, n. 447 - in favore di tutti gli assegnatari che avevano i requisiti richiesti dalla legge, e cioè che non fossero proprietari di altra abitazione nel medesimo centro urbano adeguata ai bisogni della famiglia, non fossero assegnatari in proprietà di altro alloggio di edilizia economica e popolare, avessero un reddito tassabile non superiore a L. 150.000 e fossero nel godimento dell’alloggio, permanendovi fino al momento del trasferimento della proprietà, senza incorrere nella decadenza dal diritto alla futura vendita per morosità nel pagamento delle rate di prezzo. Vigendo la precedente disciplina, non si è mai dubitato che la posizione dell’assegnatario fosse di diritto soggettivo poiché nessuna discrezionalità era riconosciuta all’Amministrazione nella cessione in proprietà dell’alloggio quando si fossero verificate tutte le condizioni di legge, il cui accertamento, in caso di contestazione, poteva essere effettuato in via incidentale dal giudice ordinario in base alla considerazione che, a seguito del provvedimento di assegnazione, si instaurava tra le parti un rapporto di natura contrattuale SS.UU. 29 marzo 1989, n. 1551 Cass. 14 giugno 2000, n. 8101 2 ottobre 2003, n. 14698 . Si riteneva, tuttavia, che essendo rimessa ad una scelta discrezionale dell’Amministrazione la formazione della quota di riserva, sin quando questa non fosse stata formata, l’assegnatario era titolare solo di una posizione di interesse legittimo, poiché solo con la formazione della quota e la conseguente individuazione degli alloggi suscettibili di cessione si verificava la trasformazione della legittima aspettativa degli assegnatari in diritto soggettivo perfetto SS.UU. 13 aprile 1992, n. 4478 12 giugno 2006, n. 13525 . Abrogata la normativa precedente con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta 18 agosto 1977 , è stata dettata con l’art. 27 una norma transitoria che fa salve le domande di cessione già presentate per le quali non fosse intervenuta la stipulazione del contratto, alle quali, se confermate entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, sarebbe stata applicata la disciplina del successivo art. 28 che ha introdotto un nuovo criterio di determinazione del prezzo di cessione, confermando che il trasferimento della proprietà avrebbe avuto luogo all’atto della stipulazione del contratto. Per risolvere i dubbi interpretativi in ordine all’individuazione del momento in cui potesse considerarsi concluso il contratto, nei casi di mancata formale sottoscrizione dell’atto di cessione, è poi intervenuta la L. 5 agosto 1978, n 457, che, con l’art. 52 ha previsto che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita quando l’ente proprietario o gestore abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all’assegnatario il relativo prezzo di cessione, qualora non previsto per legge. Restava salva la facoltà degli Istituti Autonomi per le Case Popolari di stipulare un contratto preliminare di vendita sulla base di un prezzo provvisorio stabilito mediante valutazione per campione in pendenza della valutazione dell’Ufficio Tecnico Erariale per i singoli alloggi. Ulteriore norma interpretativa è stata infine dettata dalla L. 2 aprile 2001, n. 136, art. 2, comma 3, secondo cui la L. 8 agosto 1977, n. 513, art. 27, e tutte le disposizioni di legge che prevedono facoltà di riscatto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica si interpretano nel senso che, in caso di decesso del soggetto avente titolo al riscatto che abbia presentato la domanda nei termini prescritti, l’Amministrazione ha comunque l’obbligo di provvedere nei confronti degli eredi disponendo la cessione dell’alloggio indipendentemente dalla conferma della domanda stessa. Nell’interpretazione della disciplina transitoria, la giurisprudenza prevalente è giunta gradualmente alla conclusione che la mera presentazione della domanda non è sufficiente a ritenere concluso il contratto nell’inerzia dell’Amministrazione, non potendo attribuirsi alcuna rilevanza a un comportamento concludente dell’ente e che neppure la sua accettazione, a seguito della comunicazione all’assegnatario del prezzo di cessione, è determinante ai fini del trasferimento della proprietà dell’alloggio, poiché da essa deriva solo la costituzione di un rapporto di carattere personale con l’ente che produce l’unico effetto di rendere incontestabile il diritto alla stipulazione del contratto di compravendita. Tale rapporto, essendo caratterizzato da connotazioni pubblicistiche, non integra gli estremi di un contratto preliminare di compravendita di diritto privato, suscettibile di esecuzione specifica attraverso il ricorso all’art. 2932 cod. civ., sicché l’assegnatario ha solo un’azione di risarcimento dei danni derivanti dal comportamento colposo dell’Amministrazione, la quale, sino al trasferimento della proprietà dell’alloggio, conserva i suoi poteri di controllo e può pur sempre disporre la revoca o la decadenza dell’assegnazione nei confronti dell’assegnatario che abbia perduto i requisiti richiesti dalla legge o sia inadempiente agli obblighi assunti. Va ribadito al riguardo, secondo quanto precisato da questa Corte Cass. 26 settembre 2005, n. 18732 , che la disciplina transitoria - la quale ha previsto che si considera stipulato e concluso il contratto di compravendita qualora l’ente proprietario abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all’assegnatario il prezzo dell’alloggio - non solo non ha eliminato al necessità della formale stipulazione dell’atto di compravendita, ma ha mantenuta ferma la necessità che nell’ambito dell’integrale e compiuto esaurimento del procedimento amministrativo sia intervenuto un atto di formale accettazione della domanda da parte dell’Amministrazione, previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge in relazione alla domanda di riscatto originariamente presentata. In coerenza con i principi generali che presiedono alla formazione e alla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione, va esclusa ogni possibilità di conclusione del contratto per acta concludentia conseguentemente, non può conferirsi rilievo, a tal fine, ad una mera dichiarazione di avvenuta ricezione della domanda di riscatto, ancorché contenente l’indicazione del prezzo di cessione. Tale orientamento ha avuto l’avallo delle Sezioni Unite, che, con sentenza del 17/05/2007 n. 11334, hanno stabilito che, in tema di edilizia economica e popolare e di cessione in proprietà dei relativi alloggi, anche quando l’ente proprietario abbia accettato la domanda di riscatto e comunicato all’assegnatario il relativo prezzo, è necessaria la formale stipulazione di un atto di compravendita. La corte di legittimità ha precisato che, anche nell’ambito del procedimento amministrativo, deve intervenire un atto di formale accettazione della domanda da parte della p.a., previa verifica della sussistenza dei requisiti, in relazione alla domanda di riscatto originariamente presentata dall’assegnatario. A tale fine, questa Corte ha precisato che, in coerenza con i principi generali che presiedono alla formazione e alla manifestazione della volontà della p.a., non può conferirsi rilievo al detto fine a una mera dichiarazione di avvenuta ricezione della domanda di riscatto, ancorché contenente l’indicazione del prezzo di cessione. La corte territoriale ha correttamente applicato il principio espresso da questa Corte, escludendo che il contratto di compravendita si fosse perfezionato con il pagamento integrale del prezzo e con la comunicazione IACP del 27.10.1995, con cui l’ente prendeva atto della proposta di acquisto e determinava il prezzo. La comunicazione dell’IACP del 27.5.1995 e la fattura emessa dall’ente, peraltro non allegate né trascritte nel ricorso, in violazione del requisito di specificità ex art. 366 c.p.c., n. 6, non costituiscono atti negoziali idonei al trasferimento del bene, che andava effettuato con atto pubblico di trasferimento della proprietà. Tale principio non è affatto derogato, ma confermato dalle L.R. n. 43 del 1994 e L. n. 37 del 1995, con le quali la Regione Sicilia, recependo e dando attuazione alla L. 24 dicembre 1993, n. 560, ha espressamente previsto la possibilità di stipulare contratto preliminare di acquisto, purché accompagnato da un’anticipazione del prezzo non inferiore al 75% dello stesso, salvo conguaglio da determinare in sede di stipulazione di contratto definitivo L. R. n. 37 del 1995, art. 2, comma 2 . Ne consegue che nel 2001, anno in cui il P. acquistava un altro immobile, IACP era ancora proprietaria del bene ed il perfezionamento dell’atto di vendita era subordinato alla ricorrenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 2, lett. C , ovvero alla non disponibilità, da parte del beneficiario, di altro immobile idoneo alle sue esigenze abitative. Detto requisito doveva sussistere sia al momento della presentazione della domanda sia al momento dell’assegnazione Cons. St. Sez. 4, 16 marzo 1987 n. 141 7 febbraio 1985 n. 33 28 marzo 1990 n. 206 14 giugno 2001 n. 3166 21 maggio 2008 n. 2418 . La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, affermato che, qualora, prima della consegna dell’alloggio, si accerti la mancanza, nell’assegnatario, di alcuno dei requisiti prescritti dall’art. 2 o di alcuna delle condizioni che avevano influito sulla sua collocazione in graduatoria, la consegna deve essere sospesa in vista dell’eventuale pronuncia di annullamento del provvedimento di assegnazione Cass. civ., Sez. 1, 20 ottobre 1993, n. 10377 24 luglio 1993, n. 8319 18 gennaio 1988, n. 315 . Proprio perché i requisiti per l’assegnazione devono permanere per tutto il corso del rapporto, è stato affermato dal giudice amministrativo che, sia nella disciplina introdotta dal D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 e dalla L. 8 agosto 1977, n. 513, sia nella previgente normativa, la revoca dell’assegnazione in locazione prima dell’atto di cessione in proprietà in relazione a determinati fatti sopravvenuti non trova ostacolo nella circostanza che l’assegnatario locatore abbia già presentato domanda di cessione in proprietà, né nell’eventuale ritardo dell’Amministrazione in ordine al perfezionamento di tale cessione Ad. Plen. 8 ottobre 1996, n. 22 Sez. 4, 12 maggio 1997, n. 501 27 marzo 2001, n. 1784 . La ratio di tale orientamento risiede nelle finalità che persegue il sistema legislativo in materia di edilizia popolare ed economica, indirizzato a realizzare la finalità sociale della provvista dell’alloggio a chi ne avverte il bisogno diretto ed attuale e si trova nell’impossibilità o difficoltà di procurarselo per inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione Cons. St. Sez. 4, n. 131 del 1972 . In ossequio a tale principio, anche questa Corte ha stabilito che il diritto dell’assegnatario di un alloggio economico e popolare alla cessione in proprietà dell’alloggio medesimo non è trasmissibile iure hereditatis, essendo correlato alle condizioni personali del titolare, che la legge attribuisce direttamente, in caso di morte dell’assegnatario, solo a determinati congiunti di costui e nella sussistenza di apposite condizioni. Cassazione civile, sez. 3, 13/11/2009, n. 24051 Cass. 28 maggio 1990 n. 4953 Cass. 7 novembre 1983 n. 6558 . Correttamente, la corte territoriale ha ritenuto che P.G. non si trovasse nelle condizioni previste dalla legge per subentrare al padre P.A. , assegnatario dell’alloggio poiché, prima della conclusione del contratto di compravendita, nel 2001, aveva acquistato un immobile, sicché era cessato il requisito che lo legittimava all’acquisto dell’alloggio. Tale circostanza, accertata dai giudici di merito, è stata tardivamente contestata solo in sede di legittimità. Non sussiste nemmeno il vizio motivazionale, in quanto, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 9.7.2014, il novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto con D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro le sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012, l’omesso esame va inteso, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come omessa motivazione. Nella specie, la sentenza d’appello ha motivato sui fatti decisivi per il giudizio, idonei a sostenere la decisione. Il ricorso va pertanto rigettato Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 1700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, iva e cap come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.