Sull’efficacia dell’accollo interno nei confronti del creditore

Il creditore, pur non partecipe al patto di accollo tra il debitore ed il terzo, può aderirvi, ai sensi dell’art. 1273 c.c., in un momento successivo.

In questi termini si è espressa la Seconda Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30938 depositata il 29 novembre 2018. Il caso. Una banca notificava un decreto ingiuntivo nei confronti a di un mutuatario a titolo di residuo saldo del mutuo da costui acceso con ipoteca su immobile b dei successivi acquirenti dell’immobile ipotecato. Il mutuatario e gli acquirenti dell’immobile proponevano entrambi opposizione innanzi al Tribunale di Pisa deducendo i il primo che gli acquirenti si erano accollati il mutuo con sua liberazione ii i secondi la loro estraneità al rapporto di mutuo e l'intervenuta liberazione dell'immobile dall'ipoteca sulla scorta di apposita quietanza liberatoria da parte della banca creditrice. I due procedimenti in opposizione venivano riuniti ed il Tribunale di Pisa accoglieva l’opposizione degli acquirenti l’immobile ritenendo che l'accollo avesse esclusivamente carattere interno. Veniva respinta l’opposizione del mutuatario. Quest’ultimo proponeva gravame avanti la Corte d'Appello di Firenze nel procedimento in appello si costituivano sia la banca recte la società cessionaria del credito della banca , la quale proponeva impugnazione incidentale, sia gli acquirenti, i quali chiedevano il rigetto di entrambi i gravami. La Corte d'Appello di Firenze rigettava l’appello principale del mutuatario e accoglieva quello incidentale della banca rilevando come la banca avesse aderito, ai sensi dell’art. 1273 c.c., all'accordo d'accollo intercorso tra mutuatario e acquirenti degli immobili sicché l’attestazione di avvenuto pagamento del debito e il consenso alla cancellazione dell'ipoteca rappresentavano atti rivolti al notaio e non al debitore ed agli acquirenti. Precisava poi la Corte fiorentina come fosse stato provato l’asserito errore, in cui era incorsa la banca nel rilasciare la quietanza liberatoria nonostante il mancato pagamento del suo residuo credito. Gli acquirenti dell’immobile ricorrevano in Cassazione formulando tre motivi a violazione o falsa applicazione dell’art. 1273 c.c. posto che l'accollo pattuito tra il mutuatario-venditore e gli acquirenti aveva natura meramente interna non sussistendo alcun vincolo di solidarietà tra gli stessi b violazione degli artt. 2735 e 2732 c.c. in relazione alla valenza probatoria della quietanza liberatoria rilasciata dalla banca c omesso esame di fatto decisivo in relazione alla ritenuta esistenza di valida prova dell'errore commesso dalla banca nel rilasciare la quietanza liberatoria. La Corte di Cassazione, con la sentenza qui in esame, respingeva tutti i suddetti motivi poiché infondati. L’accollo del debito non è patto meramente interno. In ordine al primo motivo di ricorso, osservano i Giudici di legittimità che la tesi difensiva pecca di genericità poiché non risulta riprodotto in ricorso il testo del patto presente nel contratto di acquisto dell’immobile al fine di apprezzare la presenza di espressa previsione circa l'impossibilità del terzo di aderirvi, ex art 1273 c.c Ciò, ad avviso della Corte, non consente di superare l'apprezzamento fatto dal giudice di appello circa l'inquadramento del patto stesso nello schema tipico dell'accollo. In questa prospettiva la critica mossa dai ricorrenti si risolve nella mera contrapposizione del proprio apprezzamento di merito a quello elaborato dalla Corte territoriale. Secondo i Giudici di legittimità, invero, la volontà di pagare il prezzo pattuito mediante l’accollo del debito residuo della banca in quanto garantito dall'ipoteca sull'immobile oggetto di vendita non corrisponde affatto alla volontà dell'acquirente di escludere il venir in essere di un rapporto con la banca terza, stante che comunque il godimento del bene dipenderà dalla soddisfazione di quel credito. Ciò anche considerando che tale patto d'accollo risulta allegato al contratto di compravendita immobiliare rogato dal notaio e destinato ad esser esteso ai terzi mediante la trascrizione. La revoca della confessione per errore ex art. 2732 c.c In ordine al secondo motivo di ricorso, osservano i Giudici di Legittimità che la censura risulta articolata sotto due profili autonomi entrambi non decisivi, ciò in quanto a l'eventuale accertamento, che la quietanza fu rilasciata anche al debitore, non impedisce la revoca della confessione per errore ex art 2732 c.c. revoca questa accertata dalla Corte territoriale poiché la quietanza e l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca erano stati rilasciati dalla banca sul presupposto di un fatto non vero, ossia che il debito fosse stato integralmente pagato b l’art. 2732 c.c. trova applicazione anche in relazione alla confessione resa alla controparte Cass. 22 febbraio 2006, n. 3921 , posto che il presupposto fattuale è che il confitente abbia fatto dichiarazione non conforme alla realtà poiché a ciò indotto da errore Cass 12 maggio 2016, n. 9777 . Anche in relazione al secondo motivo di ricorso, ritiene la Corte che la critica mossa dai ricorrenti si risolva nella mera contrapposizione del proprio apprezzamento di merito a quello elaborato dal giudice di secondo grado. Il merito della lite non può essere esaminato in sede di legittimità. In ordine al terzo motivo di ricorso, osservano i Giudici di legittimità come l'argomento critico elaborato non ponga in evidenza il fatto storico o la sua decisività, bensì si risolva in una rivisitazione dei dati fattuali ed argomentazioni logiche circa la plausibilità della ricorrenza dell'errore posto alla base della revoca della confessione. Ciò, però, non configura il vizio siccome dedotto riducendosi invece in una valutazione circa il merito della controversia non consentito in sede di legittimità. Sull’accollo interno. Per la definizione dell’accollo interno si veda Cass. 1° agosto 1996, n. 6936 ove spiegato che la figura dell'accollo interno - non prevista espressamente dal codice civile, ma riconducibile all'esercizio dell'autonomia privata per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela - ricorre allorché il debitore convenga con il terzo l'assunzione, da parte di costui, in senso puramente economico, del peso del debito, senza, tuttavia, attribuire alcun diritto al creditore e senza modificare l'originaria obbligazione, sicché il terzo assolve il proprio obbligo di tenere indenne il debitore adempiendo direttamente in veste di terzo, o apprestando in anticipo al debitore i mezzi occorrenti, ovvero rimborsando le somme pagate al debitore che ha adempiuto cfr. anche Cass. 11 aprile 2000, n. 4604 Cass. 26 agosto 1997, n. 8044 . Sulla revoca della confessione per errore di fatto. Cfr., entrambe citate nella sentenza in esame, Cass 12 maggio 2016, n. 9777, secondo cui ai fini della revoca della confessione per errore di fatto, è necessario dimostrare non solo l'inesistenza del fatto confessato ma anche che, al momento della confessione, il confitente versava in errore, provando le circostanze che lo avevano indotto a ritenere che il fatto confessato fosse vero Cass. 22 febbraio 2006, n. 3921, a mente della quale poiché la quietanza costituisce atto unilaterale di riconoscimento del pagamento ed integra, tra le parti, confessione stragiudiziale - proveniente dal creditore e rivolta al debitore - che fa piena prova della corresponsione di una specifica somma di denaro per un determinato titolo, l'esistenza del fatto estintivo pagamento da essa attestato può essere contestata soltanto mediante la prova degli stessi fatti errore di fatto o violenza richiesti dall'art. 2732 c.c. per privare di efficacia la confessione, essendo irrilevanti il dolo e la simulazione. Inoltre non è ammissibile la prova testimoniale o per presunzioni diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, vietati in virtù del combinato disposto dei citati art. 2722 e 2726 c.c. .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 settembre – 29 novembre 2018, n. 30938 Presidente Matera – Relatore Gorjan Fatti di causa La Cassa di Risparmio di Pisa chiese ed ottenne decreto ingiuntivo in odio ad L.A. , S.A. ed P.E. per l’ammontare di circa Lire 20 milioni a titolo di residuo saldo del mutuo acceso dal L. con ipoteca su immobile che lo S. ed il P. , acquistarono con distinti contratti in stretta successione temporale. Proposero opposizione i consorti P. -S. deducendo la loro estraneità al rapporto di mutuo e l’intervenuta liberazione dell’immobile dall’ipoteca sulla scorta di apposita quietanza liberatoria da parte della banca creditrice. Propose opposizione anche il L. deducendo che gli acquirenti, S. e poi P. , s’erano accollati il mutuo con sua liberazione. I due procedimenti erano riuniti ed all’esito della trattazione istruttoria,il Tribunale di Pisa accolse l’opposizione dei consorti S. -P. in quanto l’accollo avente esclusivamente carattere interno, mentre rigettò l’opposizione svolta dal L. . Il L. propose gravame avanti la Corte d’Appello di Firenze e nel procedimento si costituì ritualmente la BiPiElle sgc in rappresentanza della Tiepolo Finance 2 srl - società succeduta alla Cassa di Risparmio di Pisa - che propose gravame incidentale,mentre i consorti S. -P. chiesero il rigetto d’entrambe le impugnazioni svolte. La Corte d’Appello di Firenze ebbe a rigettare il gravame principale articolato dal L. ,ed accolse l’impugnazione incidentale mossa dalla Tiepolo srl rigettando anche l’originaria opposizione spiegata dai consorti P. -S. avverso il provvedimento monitorio ottenuto dalla Cassa di Risparmio di Pisa. Osservava la Corte gigliata come l’accordo d’accollo aveva, bensì, natura interna ma allo stesso aderì la Cassa di Risparmio, sicché trovava applicazione il disposto ex art. 1273 cod. civ. come l’attestazione di avvenuto pagamento del debito e consenso alla cancellazione dell’ipoteca era atto rivolto non al debitore, bensì al notaio terzo e comunque come era rimasto provato l’errore, in cui era incorsa la banca nel confezionarla nonostante il mancato pagamento del suo residuo credito. Avverso questa decisione hanno proposto ricorso per cassazione i consorti S. -P. articolato su quattro motivi ed hanno depositato nota difensiva. Ha resistito in questa sede, depositando controricorso,la srl Tiepolo Finance 2, mentre il L. , benché ritualmente vocato, non s’è costituito. All’odierna udienza pubblica,sentiti il P.G. - rigetto del ricorso - ed i difensori delle parti presenti,la Corte adottava decisione siccome illustrato in presente sentenza. Ragioni della decisione Il ricorso proposto dai consorti S. -P. s’appalesa siccome infondato. Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione della norma in art. 1273 cod. civ. posto che l’accollo pattuito tra il venditore L. e gli acquirenti in successione S. e P. aveva natura meramente interna, sicché non sussisteva alcun vincolo di solidarietà tra gli stessi, e comunque la banca dichiarò di volerne profittare tardivamente. Osservano i ricorrenti come l’accollo - causa concreta del patto - era esclusivamente un modo di pagamento del prezzo senza alcuna volontà delle parti acquirenti di anche garantire il credito della banca,tanto è vero che questa non intervenne nel contratto e coinvolse nella questione gli accollanti solo dopo che aveva rilasciato quietanza liberatoria e consenso per la cancellazione dell’ipoteca quando oramai l’accordo di accollo era stato superato dalle parti, stante il pagamento al L. dell’intero prezzo pattuito. Il nucleo essenziale della difesa svolta dai ricorrenti con il su riassunto motivo d’impugnazione, anche con ricostruzione teorica dell’istituto, consiste nell’individuazione di un patto d’accollo, avente natura e struttura meramente interna, al quale non possa applicarsi per volontà delle parti la disciplina ex art. 1273 cod. civ., in ispecie la facoltà per il creditore,pur non partecipe dell’accordo, di profittarvi in momento successivo,stante la natura dell’accollo quale contratto a favore di terzi - Cass. sez. 3 n. 3369/1962, Cass. sez. 3 n. 2362/1964, Cass. sez. 1 n. 1217/1979, Cass. sez. 2 n. 861/92, Cass. sez. 2 n. 821/97 -. La tesi difensiva pecca,anzitutto, di genericità poiché non risulta riprodotto in ricorso il testo del patto presente nei contratti di acquisto dello S. - prima - e del P. - poi - al fine di apprezzare la presenza di espressa previsione circa l’impossibilità del terzo di aderirvi, siccome sua facoltà di legge ex art. 1273 cod. civ Un tanto non consente di superare l’apprezzamento fatto dalla Corte fiorentina circa l’inquadramento del patto stesso nello schema tipico dell’accollo e,quindi, patto regolato dalla disciplina codicistica e, non già, contratto atipico. Dunque la critica svolta dagli impugnanti si risolve nella diversa valutazione data dai ricorrenti al patto d’accollo - fondata in particolar modo sulla causa concreta - con la mera contrapposizione di proprio apprezzamento di merito a quello elaborato dalla Corte territoriale. Difatti parte impugnante non deduce violazione delle regole a disciplina dell’ermeneutica contrattuale, così confermando che il tenore letterale del patto non impediva l’interpretazione tratta dai Giudici di merito, alla quale si limitano a contrapporre la propria fondato come detto sulla causa concreta - modalità di pagamento del prezzo - che però non supera la valutazione tratta dalla Corte di merito. Invero la volontà di pagare il prezzo pattuito mediante l’accollo del debito residuo della banca in quanto garantito dall’ipoteca sull’immobile oggetto di vendita non lumeggia affatto la volontà dell’acquirente di escludere il venir in essere di un rapporto con la banca terza, stante che comunque il godimento del bene dipenderà dalla soddisfazione del credito della banca. Inoltre non va omesso di rilevare come il patto d’accollo risulta allogato nei contratti di compera vendita immobiliare rogati da notaio e destinati ad esser ostesi ai terzi mediante la trascrizione, sicché anche in conseguenza di un tanto l’accordo tra i contraenti non appare esser stato teso ad un accordo meramente interno - patto atipico - ma con rilevanza esterna e quindi con l’applicabilità della disciplina codicistica. In definitiva non avendo le parti impugnanti provato la confezione con il L. di un patto atipico correttamente i Giudici del merito hanno ritenuto il patto d’accollo stipulato soggetto alla disciplina prevista dal codice e quindi l’applicabilità anche della norma in art. 1273 cod. civ Con la seconda doglianza i consorti P. -S. hanno dedotto violazione delle norme in artt. 2735 e 2732 cod. civ. con relazione alla valenza probatoria assegnata dalla Corte toscana alla quietanza liberatoria,rilasciata dalla banca e sua possibilità di impugnazione per errore. Osservano i ricorrenti come la Corte territoriale abbia errato nel ritenere che la quietanza di specie non aveva natura di prova legale quale confessione, poiché non diretta ai debitori bensì al notaio rogante gli atti di compera vendita - atto d’assenso alla cancellazione ipoteca -, poiché risultava in atti anche nota diretta al debitore L. in cui la banca confermava l’avvenuta estinzione del mutuo contratto. La censura risulta articolata sotto due profili autonomi, dei quali il primo non appare decisivo poiché l’eventuale accertamento, che la quietanza fu anche rilasciata al debitore, non impedisce la revoca della confessione per errore ex art. 2732 cod. civ., siccome riconosce la stessa parte ricorrente. Comunque la censura portata alla statuizione della Corte fiorentina di ritenere l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca con nota diretta al notaio, quindi ad un terzo,pecca anzitutto di genericità poiché parte impugnante cita lettera contenente quietanza diretta al L. ma non ne trascrive il contenuto in ricorso. Inoltre la mancata valutazione da parte della Corte territoriale di detto documento,- in tesi - decisivo, non configura violazione delle norme sulla confessione evocate in ricorso poiché la soluzione adottate dalla Corte di prossimità riferita ad altro atto,effettivamente diretto al notaio, bensì doveva esser censurata ai sensi del disposto ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ossia omesso esame di fatto decisivo. Rimane tuttavia la non rilevanza della questione a fronte della ritenuta, da parte della Corte toscana,intervenuta revoca per errore della confessione poiché quietanza ed assenso a cancellazione ipoteca rilasciati dalla banca sul falso presupposto di fatto non vero, ossia che il debito fosse stato pagato. Detta questione risulta affrontata dai ricorrenti nel secondo profilo sviluppato con la doglianza esaminata e pacificamente la norma,ex art. 2732 cod. civ., trova applicazione anche in relazione alla confessione resa alla controparte - Cass. sez. 2 n. 3921/06 - posto che il presupposto fattuale è che il confitente ha fatto dichiarazione non conforme alla realtà poiché a ciò indotto da errore - Cass. sez. 1 n. 9777/16 -. Ed al riguardo la Corte toscana ha puntualmente illustrato motivazione circa le ragioni che hanno condotto alla statuizione adottata al riguardo con puntuale riferimento ai dati probatori a suo sostegno. A fronte di un tanto i consorti P. -S. si limitano a contrapporre una propria ricostruzione del tessuto probatorio utilizzato per giungere ad opposta conclusione meramente contrapposta alla statuizione adottata dai Giudici toscani. Tuttavia evidente appare come la Corte fiorentina abbia apprezzato la confessione, resa dal L. nel corso del suo interrogatorio formale - non aver pagato più il mutuo una volta venduto l’alloggio - quale elemento liberamente apprezzabile e, non già, quale prova legale ai danni dei litis consorti. Difatti ha valutato detto dato in unione con gli elementi forniti dai testi escussi e documenti introdotti dalla banca circa l’errore commesso nel collocare la documentazione del mutuo di specie tra quelle afferenti i mutui effettivamente pagati. Dunque anche il secondo profilo della censura svolta, lungi dal rilevare una violazione delle norme evocate, si configura siccome contestazione della motivazione esposta dalla Corte gigliata a sostegno della sua statuizione sul punto. Con il terzo mezzo d’impugnazione i ricorrenti lamentano omesso esame di fatto decisivo in relazione alla ritenuta, dalla Corte di merito, esistenza in causa di valida prova dell’errore commesso dal confitente nel rilasciare quietanza liberatoria. In effetti l’argomento critico elaborato,non già, pone in evidenza il fatto storico - eventualmente - non esaminato dal Collegio toscano, nonché la sua decisività, bensì si compendia in una rivisitazione dei dati fattuali ed argomentazioni logiche circa la plausibilità della ricorrenza dell’errore posto alla base della revoca della confessione. Un tanto però non configura il vizio siccome dedotto e richiede a questa Corte di legittimità una valutazione circa il merito della controversia non consentito. Con la quarta ragione di doglianza gli impugnanti denunziano violazione delle norme ex artt. 1328 e 1324 cod. civ., nonché omesso esame di fatto decisivo relativamente alla riconoscibilità dell’errore posto alla base dell’emissione del consenso alla cancellazione dell’ipoteca, da qualificare siccome atto negoziale. I ricorrenti sottolineano come l’errore, in cui era incorsa la banca nel confezionare l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca, non era da loro, estranei al rapporto di mutuo,riconoscibile e come, altresì, sulla scorta di detto atto lo S. avesse pagato al L. l’intero prezzo pattuito, così superando l’accordo di accollo del mutuo oramai estinto, ed il P. avesse rimborsato detta somma allo S. al momento del suo acquisto. La questione appare nuova posto che in sentenza impugnata non v’è cenno alcuno a tale problematica e parte impugnante non deduce vizio per omessa pronunzia, così palesando d’avere sollevato la questione solamente con il ricorso in cassazione. Inoltre in ricorso non v’è cenno alcuno circa il puntuale momento nel corso dei procedimenti di merito, in cui la questione fu sollevata ai fini del rispetto del requisito di autosufficienza del ricorso. Un tanto non solo ai fini della dedotta violazione di legge, ma soprattutto in relazione al dedotto vizio di omesso esame, vizio, che postula l’esatta indicazione della circostanza d’aver proposta la questione ai Giudici di merito con indicazione della prova d’un tanto e della rilevanza ai fini della soluzione della lite. Tutto ciò difetta nella specie, sicché la svolta doglianza s’appalesa siccome inammissibile. Al rigetto del ricorso segue la condanna solidale dei consorti P. -S. alla rifusione verso la srl Tiepolo Finance 2 delle spese di lite di questo giudizio di legittimità,tassate in Euro 2.700,00, oltre accessori di legge e rimborso forfetario siccome precisato in dispositivo. Concorrono in capo ai ricorrenti le condizioni per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti,in solido fra loro, a rifondere alla Tiepolo Finance 2 srl resistente costituita le spese di lite di questo giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.700,00,di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario secondo tariffa forense nella misura del 15%. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater dPR 115/02 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis dPR 115/02.