La banca ha diritto alla ripetizione di somme erroneamente imputate ai correntisti

L’istituto di credito che erroneamente accredita una somma maggiore sul conto dei correntisti, può chiedere la ripetizione dell’indebito per ingiustificato arricchimento. Difatti l’approvazione dell’estratto conto, anche se tacita, non ha l’effetto di rendere incontestabile la spettanza della somma oggetto di annotazione in conto giacché impedisce unicamente di sollevare contestazioni riguardo la verità storica dei dati riportati nel conto.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30000/18, depositata il 20 novembre. Un accredito eccessivo. Due soggetti con l’intento di investire un ingente capitale in loro possesso, si affidavano a una certa Banca. Su consiglio dell’istituto di credito, il capitale veniva investito in azioni allo scopo di ottenere un consistente compenso. L’operazione effettivamente si era rilevata fruttuosa, tanto che quale anno più tardi la Banca in questione accreditava una notevole cifra – a titolo di guadagno delle operazioni acquistate - sul conto corrente dei clienti. Tuttavia dopo due anni, tale cifra si rilevava eccessivamente alta, per via di un errore inerente alla quantificazione della stessa, sbaglio imputabile all’istituto di credito stesso. La Banca, affermando il diritto di esigere la restituzione dell’importo erroneamente imputato al conto corrente dei clienti, richiedeva la rideterminazione dei rapporti di dare e avere tra le parti data l’insussistenza di un titolo giuridico valido posto a fondamento dell’accreditamento in questione. I clienti si rivolgevano dunque al Tribunale per accertare l’inesistenza del diritto affermato dall’istituto di credito, domanda che veniva accolta sia in primo che in secondo grado poiché si affermava che ex art. 1832 c.c. Approvazione del conto l’accredito operato dalla Banca non potesse essere posto in discussione giacché, trascorsi due anni, si affermava l’approvazione tacita dell’istituto di credito. L’istituto bancario propone quindi ricorso in Cassazione deducendo falsa applicazione dell’art. 1832 c.c. sostenendo che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente . Ammessa la contestazione del titolo giuridico. La questione su cui si controverte riguarda la contestazione sull’insussistenza del titolo giuridico posto a fondamento dell’accreditamento operato in favore dei correntisti. Gli Ermellini ribadiscono che l’approvazione, anche se avvenuta tacitamente, ha la funzione di rendere incontestabile la verità storica dei dati riportati nel conto , ammettendo altresì la possibilità di porre in questione la portata ed il significato giuridico degli stessi dati annotati. Concetto dal quale discende l’affermazione di un nuovo principio di diritto tale per cui nel contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’art. 1832, comma 1, c.c., non impedisce di sollevare contestazioni ed eccezioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto . Ragione per cui, la Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello poiché dia applicazione al principio affermato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 9 ottobre – 20 novembre 2018, n. 30000 Presidente Scaldaferri – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Con atto di citazione notificato il 28 novembre 2013 G.M. e M.M.T. evocavano in giudizio Banca Esperia s.p.a. innanzi al Tribunale di Torino chiedendo di accertare l’inesistenza dell’affermato diritto della banca di esigere da loro la restituzione dell’importo di Euro 39.193,13, o quello minore di Euro 33.685,27, nonché i relativi accessori, in via subordinata chiedevano dichiarare tenuta la banca a rifondere l’importo di Euro 18.798,94, nonché di rideterminare i rapporti di dare e avere tra le parti, tenendo conto di versamenti effettuati per Euro 5.507,86. Sostenevano di essere clienti del predetto istituto di credito e di aver acquistato, per tutelare il capitale investito in azioni, opzioni put allo scopo di ottenere un compenso per il caso di ribassi dei titoli nel settembre 2011 la banca aveva accreditato sul conto corrente di essi istanti la somma di Euro 43.499,80 a titolo di guadagno sulle opzioni acquistate nel precedente mese di maggio a distanza di due anni la banca aveva poi affermato di aver erroneamente accreditato ai correntisti un importo superiore a quello agli stessi dovuto con riferimento alle predette opzioni. Nella resistenza della convenuta, che proponeva domande di ripetizione dell’indebito e di ingiustificato arricchimento, il Tribunale di Torino accoglieva la domanda di accertamento negativo proposta dagli attori e respingeva le riconvenzionali. 2. - Interposto gravame, la Corte di appello di Torino, con la sentenza del 17 maggio 2017, disattendeva l’impugnazione spiegata dalla banca, rilevando come l’accredito operato da quest’ultima non potesse essere posto in discussione, giusta l’art. 1832 c.c 3. - Contro la predetta sentenza ricorre per cassazione Banca Esperia, che fa valere un unico motivo. Resistono con controricorso G. e M. . Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1832, 1827, 1857, 2033, 2041, 1430 e 1431 c.c., dell’art. 1, comma 2, lettere da a a j , e comma 3, e dell’art. 23, comma 5, d.lgs. n. 58/1998. La censura investe l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, per cui la mancata contestazione degli estratti conto, da parte della banca, avrebbe precluso la proposizione della eccezione della stessa vertente sull’erroneità dell’accreditamento oggetto di causa. Secondo la ricorrente, infatti, l’approvazione tacita del correntista ex art. 1832 c.c. non poteva determinare l’irretrattabilità della questione concernente l’assenza parziale della causa giuridica dell’accreditamento posto in atto da essa banca in favore della controparte. Né d’altro canto, ad avviso dell’istante, avrebbe potuto sostenersi che la propria deduzione concernente l’erroneità di una parte dell’accreditamento fosse preclusa per il sol fatto che nella circostanza si faceva questione della quantificazione dell’importo da accreditarsi, e non dell’assoluta impossibilità di darvi corso. 2. - Il motivo è fondato. È consolidato il principio per cui ai sensi dell’art. 1832 c.c., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate con conseguente decadenza delle parti dalla facoltà di proporre eccezioni relative ad esse , ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti per tutte Cass. 17 novembre 2016, n. 23421 Cass. 26 maggio 2011, n. 11626 Cass. 14 febbraio 2011, n. 3574, secondo cui l’approvazione tacita dell’estratto conto ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista, menzionati nel conto stesso come causali di determinate annotazioni di debito . Tutto ciò significa che l’approvazione tacita del conto non impedisce di sollevare contestazioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente Cass. 18 maggio 2006, n. 11749 . Come precisato da questa Corte, deve infatti ritenersi che l’approvazione dell’estratto conto - per quel che riguarda i cosiddetti aspetti sostanziali, restando invece disciplinati dal secondo comma dell’art. 1832 quelli formali - abbia la funzione di rendere incontestabile in giudizio la verità storica dei dati riportati nel conto, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista nel conto stesso menzionate come causale di determinate annotazioni di addebito, lasciando aperta la possibilità di porre in questione la portata ed il significato giuridico di quei fatti Cass. 15 giugno 1995, n. 6736, in motivazione . Nella fattispecie dedotta in giudizio si dibatte della quantificazione dell’importo che doveva accreditarsi agli odierni controricorrenti quale guadagno maturato in forza di operazioni in derivati opzioni put precedentemente poste in essere si legge nella sentenza impugnata che la banca aveva infatti sostenuto di aver omesso di defalcare il valore di chiusura dell’indice sottostante alle opzioni e cioè di aver accreditato il puro prezzo di esercizio delle opzioni anziché il differenziale fra tale prezzo e il valore di chiusura dell’indice sottostante . Come è evidente, allora, l’approvazione ex art. 1832 c.c., da parte della banca, non ha avuto l’effetto di rendere incontestabile la spettanza della somma oggetto di annotazione in conto, giacché la controversia non ha investito la verità storica dell’operazione di accreditamento che è, in sé, del tutto pacifica , quanto il dato della mancata spettanza di una parte della somma attribuita ai controricorrenti e ciò per effetto dell’asserito errore in cui l’odierna istante sarebbe incorsa allorquando procedette alla contabilizzazione delle somme dovute agli investitori . In altri termini, ciò di cui si controverte è la conformità o meno dell’attuata liquidazione degli strumenti finanziari allo statuto che ne disciplinava il rendimento sicché, in definitiva, la contestazione concerne l’insussistenza del titolo giuridico posto a fondamento dell’accreditamento operato in favore dei correntisti o meglio l’assenza del titolo che potesse giustificare una parte di tale accreditamento . 3. - La sentenza va dunque cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, cui è pure demandato di statuire sulle spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto Nel contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’art. 1832, comma 1, c.c., non impedisce di sollevare contestazioni ed eccezioni che siano fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Corte di appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.