Chilometraggio sconosciuto, concluso comunque l’acquisto dell’auto: nessuna rivalsa sulla concessionaria

Respinte definitivamente le pretese avanzate dal compratore, e finalizzate anche ad ottenere la restituzione del prezzo pagato. Irrilevante la scoperta dell’alterazione del tachimetro della vettura. Per i Giudici, difatti, egli era consapevole della mancanza di un dato certo sui chilometri già percorsi dal veicolo.

Affare fatto nonostante la consapevolezza che il chilometraggio della vettura usata acquistata è sconosciuto. Impossibile per il compratore citare in giudizio la concessionaria e pretendere la restituzione del prezzo pagato. Irrilevante la scoperta che il tachimetro del veicolo è stato volutamente alterato. Per i Giudici, difatti, in fase di acquisto il nuovo proprietario ha preso conoscenza della mancanza di un dato certo sui chilometri già percorsi dall’automobile Corte di Cassazione, sentenza n. 29653/18 depositata il 16 novembre 2018 . Difetto. Chiaro l’obiettivo del compratore insoddisfatto da un lato, la risoluzione del contratto relativo alla vettura usata da lui acquistata, e, dall’altro, la condanna della concessionaria a restituire il prezzo da lui pagato e a rimborsargli le spese sostenute per la riparazione della vettura . Decisivo, secondo il compratore, è il dato relativo all’evidente contraffazione del tachimetro del veicolo. Ma questo elemento viene valutato come secondario dai Giudici, che, prima in Tribunale e poi in Appello, ritengono illegittima ogni pretesa nei confronti della concessionaria. In sostanza, per i Giudici di merito non si può parlare di vizio occulto doloso in riferimento al tachimetro alterato, e non si può ipotizzare la malafede della società che ha venduto l’automobile usata. A dare forza a questa valutazione, condivisa anche dalla Cassazione, è paradossalmente proprio una dichiarazione del compratore. Quest’ultimo ha difatti dichiarato di essere a conoscenza del fatto che il chilometraggio della vettura era sconosciuto . Ebbene, per i Giudici la mancanza di un dato quale l’indicazione della distanza chilometrica percorsa da un’automobile è sì rilevante per individuare la qualità del bene, ma non costituisce un vizio intrinseco del bene , trattandosi piuttosto di un difetto di informazione, difetto che non è sanzionato dalla normativa di settore e che influisce sulla scelta del cliente . Ma in questa vicenda, aggiungono i Giudici, è emerso che il cliente ha consapevolmente acquistato un bene di cui non conosceva appieno le caratteristiche, assumendosi così il rischio di un acquisto svantaggioso . Peraltro, il compratore non ha neanche dato prova certa del riferimento, da parte del venditore, del prezzo ai pochi chilometri percorsi dalla vettura.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 maggio 16 novembre 2018, n. 29653 Presidente Matera Relatore Marchis Fatti di causa 1. En. Mi. adiva il Tribunale di Verona, chiedendo di pronunciare, ex art. 1492 c.c., la risoluzione del contratto di compravendita di un'autovettura usata a causa della contraffazione del tachimetro della medesima e di condannare la controparte, la società Molin Auto s.r.l., a restituire il prezzo e a rimborsare le spese sostenute per la riparazione dell'autovettura. Il Tribunale di Verona, con pronuncia n. 3215/2006, ha rigettato tutte le domande. 2. Mi. ha fatto valere appello la Corte d'appello di Venezia, con la sentenza 18 novembre 2013, n. 2774, ha revocato la condanna di Mi. al rimborso dell'iva calcolata sulle spese di lite, per il resto confermando la pronuncia di primo grado. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre per cassazione En. Mi Resiste con controricorso la società Molin Auto. Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione I. Il ricorso è articolato in cinque motivi. 1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. per avere il giudice d'appello escluso che la domanda dell'attore di risoluzione del contratto di vendita per inadempimento da vizio occulto doloso art. 1493 c.c. sul tachimetro dell'autovettura possa concorrere e non sia incompatibile con la domanda di annullamento per errore/dolo del contratto art. 1439 c.c. . Il motivo è infondato. La Corte d'appello - cfr. p. 10 della sentenza impugnata - non si è pronunciata, escludendolo, sul concorso tra domanda di risoluzione del contratto per inadempimento e domanda di annullamento del contratto per errore o dolo, ma ha interpretato interpretazione che è compito precipuo del giudice di merito la domanda proposta come fondata sull'inadempimento del venditore, rapportato alla garanzia di immunità da vizi che avessero diminuito in modo apprezzabile il valore del veicolo . 2. Il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 c.p.c, 1490, comma 1, 1492, 1370, 1366 c.c. la Corte d'appello avrebbe disatteso l'applicazione della disciplina sui vizi della cosa venduta in ipotesi di dolo/colpa grave del venditore in quanto ha operato un sillogismo tra la dichiarazione dell'acquirente Mi. per cui 3. Il terzo motivo fa valere violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 c.p.c, 1490, comma 2, 1229 c.c., in relazione alla mancata applicazione della disciplina sulle clausole vessatorie di cui agli artt. 1341, 1469-bis, comma 1, comma 3, n. 2, 1469-ter, quater, quinquies, con riguardo all'esclusione della natura vessatoria della dichiarazione dell'acquirente Mi. per cui . Il motivo è infondato. È condivisibile l'affermazione della Corte d'appello, secondo cui la dichiarazione sottoscritta da Mi. di essere a conoscenza che il chilometraggio esatto è sconosciuto non abbisognava della doppia sottoscrizione ai sensi dell'art. 1341 c.c., in quanto, trattandosi di una semplice dichiarazione che palesa lo stato soggettivo dell'aver appreso la mancanza del dato relativo alla distanza percorsa dal veicolo, non va qualificata come clausola vessatoria. 4. Il quarto motivo contesta, ai sensi del n. 5 dell'art. 360 c.p.c, violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'omesso esame di un fatto decisivo della controversia, omessa valutazione del comportamento secondo mala fede del venditore in relazione al prezzo dell'autovettura e alle sue condizioni apparenti . Il motivo non può essere accolto. Ad avviso del ricorrente la Corte d'appello smentirebbe un preciso dato materiale, ossia la sussistenza del rapporto tra il prezzo pagato e il comportamento secondo mala fede del venditore. La Corte cfr. p. 9 della sentenza impugnata considera l'entità del corrispettivo pagato - così che non è ravvisabile l'omesso esame di un fatto ex n. 5 dell'art. 360 c.p.c. - e precisa che non è stata offerta la prova del riferimento, da parte del venditore, del prezzo ai pochi chilometri percorsi. 5. Il quinto motivo lamenta, ai sensi del n. 5 dell'art. 360 c.p.c, violazione degli artt. 115, 116 c.p.comma e 1490, comma 2 c.c., in relazione alla mancata assunzione dei mezzi di prova per la sussistenza di presupposti materiali configuranti il dolo/colpa grave del venditore la Corte d'appello avrebbe immotivatamente, rectius, inspiegabilmente rigettato l'istanza di esibizione dei verbali di consegna dell'autovettura intercorsi con i precedenti proprietari dell'autovettura. Il motivo non può essere accolto. L'ordine di esibizione, per cui è necessaria l'istanza di parte, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito cfr., da ultimo, Cass. 21603/2013 che può essere oggetto del sindacato di questa Corte unicamente sotto il profilo della mancanza di motivazione, motivazione che nel caso in esame la Corte ha fornito, ritenendo irrilevante la prova che l'erronea indicazione del tachimetro fosse effetto della illecita alterazione di chi - il diretto dante causa o i precedenti venditori -ha alterato il contachilometri . II. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese di lite sono liquidate in dispositivo e seguono la soccombenza. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma I-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, in favore della controricorrente, che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali 15% e accessori di legge. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda Sezione Civile, l'8 maggio 2018.