L’assegno privo di data di emissione non può essere considerato una promessa di pagamento

La validità di una scrittura privata prescinde dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento. A questa regola generale non si sottrae l’assegno bancario qualora esso non venga utilizzato come titolo di credito ma come semplice scrittura privata.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 24144/18 depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello rilevava che la sottoscrizione di traenza di un assegno bancario valeva come promessa di pagamento nei confronti del prenditore, ai sensi dell’art. 1988 c.c Ed è onere del traente fornire la prova della mancanza di titolo della richiesta di pagamento formulata dal prenditore. Il ricorrente che, secondo la Corte territoriale, non aveva in alcun modo assolto l’onere di provare di aver già corrisposto la somma portata dal titolo, ricorre per la cassazione della pronuncia di secondo grado. La validità dell’assegno. Partendo dalla regola generale che la validità di una scrittura privata prescinde dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento, a tale regola non si sottrae l’assegno bancario qualora esso non venga utilizzato come titolo di credito ma come semplice scrittura privata. La Suprema Corte, al riguardo, ritiene che l’assegno bancario privo di data di emissione ben possa essere ritenuto espressione di una promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., che il traente rivolge al prenditore, a mezzo dell’ordine di pagamento impartito alla banca. Per queste ragioni, la Corte respinge il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 22 maggio – 3 ottobre 2018, n. 24144 Presidente Campanile – Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- B.G. ricorre per cassazione nei confronti di C.M. , articolando un motivo avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 22 aprile 2016, in via di conferma di quella resa nel primo grado del giudizio dal Tribunale di Roma, n. 13188/08. 2.- Con tale pronuncia, la Corte territoriale ha rilevato, prima di tutto, che la sottoscrizione di traenza di un assegno bancario vale, ai sensi dell’art. 1988 cod. civ., come promessa di pagamento nei confronti del prenditore. Sì che è onere del traente fornire la prova della mancanza di titolo, sul piano del rapporto causale, della richiesta di pagamento formulata dal prenditore. La Corte romana ha poi aggiunto che questa conclusione deve rimanere ferma anche nel caso in cui il traente sostenga che la data di emissione presente sul titolo sia stata apposta dal prenditore absque pactis . 3.- Sulla base di questi rilievi di carattere generale, la Corte di Appello ha confermato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma su richiesta di C.M. , che lo aveva richiesto sulla base di un assegno bancario tratto a suo favore da B.G. . In proposito, essa ha in specie rilevato che quest’ultimo - che aveva fondato la propria opposizione su una asserita falsità della data apposta e sul fatto che l’assegno era stato emesso in garanzia di pregresse obbligazioni, in prosieguo di tempo onorate - non aveva poi in alcun modo assolto l’onere di provare di aver già corrisposto la somma portata dal titolo. 4.- L’intimato C.M. non svolto difese nel presente grado di giudizio. 5.- Il motivo di ricorso presentato da B.G. è intestato violazione e falsa applicazione di norme di diritto ovvero, nel caso de quo, dell’art. 1988 cod. civ. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. Travisamento dei fatti e della realtà delle cose, motivazione insufficiente in ordine a un punto decisivo . Nel merito, il motivo è articolato in due distinti segmenti. Il primo è costituito dalla rilevazione che, quando il titolo contiene delle incertezze ad esempio su modalità e tempi di consegna, il beneficiario, che lo presenta in giudizio come prova, non è esonerato dall’obbligo di dimostrare la sussistenza del rapporto fondamentale . A conforto di tale tesi il motivo richiama, in specie, la pronuncia di Cass., 30 settembre 2008, n. 24325. La seconda parte del motivo assume che la Corte romana è andata in contrario avviso su questo punto decisivo della controversia perché è caduta in un travisamento di fatti . La Corte ha respinto l’opposizione presentata dall’attuale ricorrente - così si spiega - perché questi non ha presentato querela di falso, nonostante abbia asserito che l’apposizione della data sia avvenuta absque pactis. Sennonché - prosegue il motivo -, il ricorrente ben aveva proposto, nel corso del giudizio di primo grado, la querela di falso, che tuttavia era stata ritenuta non esperibile dal Tribunale di Roma sull’opposto convincimento che l’apposizione della data non fosse avvenuta absque pactis, bensì contra pacta . 6.- Il motivo di ricorso non può essere accolto. 7.- In proposito, va prima di ogni altra cosa rilevato che la questione sollevata dal ricorrente sulla necessità, o meno, della querela di falso può ben dirsi ultronea e dunque irrilevante per l’esito del presente giudizio. In effetti, la Corte territoriale ha basato la propria decisione essenzialmente su una diversa ratio, in sé stessa assorbente. In ogni caso - così ha puntualizzato la sentenza - nessuna rilevanza assume, nell’ipotesi in esame, la mancanza ovvero l’apposizione di una data diversa sull’assegno di cui si discute, ove si consideri da un canto che la data non costituisce elemento essenziale della promessa di pagamento, dall’altro che il C. non ha agito nel presente giudizio mediante la c.d. azione cartolare, ma invece con l’ordinaria azione di pagamento . 8.- Ciò posto, non pare dubbio che la motivazione appena riferita venga a sottrarsi a ogni censura. È nozione di base, elementare cfr., comunque, la norma dell’art. 2702 cod. civ. che la validità - come anche l’utilizzabilità probatoria - di una scrittura privata prescinda, in sé, dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento ché ciò, ovviamente, non preclude la possibilità di provare, ove occorra, l’effettiva collocazione temporale delle dichiarazione portate dal documento . A questa regola generale non si sottrae l’assegno bancario laddove lo stesso venga utilizzato non già come titolo di credito, bensì come semplice scrittura privata, secondo quanto può avvenire tra le parti dirette del rapporto causale, che è sottostante all’emissione del titolo. Del resto, la stessa norma dell’art. 2, comma 1, legge ass. dichiara in modo espresso che il titolo , su cui non risulta vergata la data di emissione, non vale come assegno bancario . In coerenza con tali principi, il consolidato orientamento di questa Corte ritiene che l’assegno bancario privo di data di emissione ben possa essere ritenuto come espressivo di una promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ., che il traente rivolge al prenditore, a mezzo dell’ordine di pagamento impartito alla banca trattaria. Si vedano così, tra le più recenti pronunce, Cass., 11 ottobre 2016, n. 20449 Cass., 16 maggio 2014, n. 10806 Cass., 10 novembre 2008, n. 26913. Non devia da questi principi la sentenza di Cass., n. 24325/2008, che il ricorrente invoca a proprio sostegno. Questa pronuncia non esprime, in effetti, nessun principio di diritto in proposito, limitandosi a ritenere congruamente motivata la decisione del giudice del merito che - sulla base di una serie di specifiche circostanze di fatto - ha ritenuto che, in quel caso, la dichiarazione di traenza dell’assegno non poteva essere considerata come una valida promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ. Si tratta, di conseguenza, di una fattispecie non sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio nonché, più in generale, a quelle rispetto alle quali si è formato l’indicato orientamento giurisprudenziale . P.Q.M. La Corte respinge il ricorso. Dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater d.p.r. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, posta la previsione del comma 1 bis di detto articolo.