Opposizione a decreto ingiuntivo: il saldaconto non prova il credito della banca

Il c.d. estratto di saldaconto, ex art. 50 TUB, riveste efficacia probatoria soltanto nella fase monitoria, mentre nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è onere della banca provare il proprio credito con la produzione integrale di tutti gli estratti del conto dall’apertura fino alla chiusura medesimo onere incombe al correntista che ivi proponga domanda di accertamento negativo e di ripetizione dell’indebito nei confronti della banca.

Con sentenza n. 1175 del 22 agosto 2018, il Tribunale di Pescara si è così pronunciato in ordine ad una lite avviata da un cliente in opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli dalla propria banca per saldo negativo del conto corrente. Il caso. Una banca otteneva dal Tribunale di Pescara un decreto ingiuntivo nei confronti di un proprio cliente avente ad oggetto il pagamento del saldo negativo del conto corrente. Il cliente proponeva opposizione avverso detto decreto ingiuntivo rilevando in primo luogo che la banca non aveva fornito prova del credito essendosi limitata a depositare la certificazione ex art. 50 TUB, c.d. estratto di saldaconto , senza però allegare gli estratti conto completi dell'intero rapporto bancario. Il cliente eccepiva poi la nullità delle condizioni di conto applicate e contestava l’illegittimo addebito da parte della banca di interessi ultralegali, formulando altresì domanda riconvenzionale di accertamento negativo e di ripetizione degli eventuali pagamenti indebiti. Si costituiva in giudizio la banca sostenendo l'idoneità del saldaconto ex art. 50 TUB a far prova del credito nella fase monitoria e che il contratto di apertura di credito conteneva tutte le condizioni economiche applicate, legittimamente pattuite. L’onere della prova della banca. Il Tribunale di Pescara affronta anzitutto la questione della ripartizione dell’onere della prova. Ciò sul presupposto del principio processuale della c.d. ragione più liquida, ex artt. 24 e 111 Cost., per cui la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ex art. 276 c.p.c. in questi termini Cass. n. 11458/18 . Osserva, allora, il Giudice che, una volta conclusasi la fase monitoria e avviato dal cliente un giudizio di cognizione piena in opposizione al decreto ingiuntivo della banca, spetta a quest’ultima l’onere di produrre gli estratti a partire dall'apertura del conto corrente anche oltre il decennio, non potendosi confondere l'obbligo di conservazione della documentazione contabile con l'onere di fornire la prova in giudizio del proprio credito cfr. Cass. n. 18541/13 . Soltanto attraverso gli estratti conto, infatti, è possibile ricostruire i rapporti dare e avere tra le parti ed in loro assenza il decreto ingiuntivo deve essere revocato. L’onere della prova del cliente. Il Tribunale di Pescara passa dunque ad esaminare la domanda riconvenzionale di accertamento negativo e di ripetizione degli eventuali pagamenti indebiti eseguiti dal correntista, rilevando come anche siffatta azione sia da rigettare per difetto di prova. Ciò per le seguenti ragioni - l'onere probatorio gravante, ex art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi. La negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, è costitutivo in tale ipotesi, la relativa prova può essere data mediante la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo cfr. Cass. n. 15162/08 - in riferimento poi alle azioni di accertamento negativo in tema di indebito, ove l' accipiens chieda l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicché egli ha l'onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto cfr. Cass., SS.UU., n. 18046/10 - il correntista, che agisce per l'accertamento negativo del credito ovvero per ottenere la restituzione dell'indebito , è, infine, al pari della banca, onerato di fornire la prova della fondatezza della propria domanda, producendo l'estratto conto zero, sul presupposto che l'estratto conto, inviato per legge ai correntisti, comporta che gli stessi si trovino in posizione paritaria rispetto alla banca sotto il profilo della possibilità di produrre il documento Cass., n. 9201/15 . Il Tribunale di Pescara conclude il proprio ragionamento ritenendo che soltanto la produzione degli estratti conto consenta di pervenire, attraverso l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, alla determinazione del debito o del credito della banca. Al medesimo risultato non si può invece pervenire sulla base del saldo registrato alla data di chiusura del conto e della documentazione relativa all'ultimo periodo del rapporto, dal momento che quest'ultima non consente di verificare gli importi addebitati nei periodi precedenti per operazioni passive e quelli relativi agli interessi, la cui iscrizione nel conto ha condotto alla determinazione dell'importo che costituisce la base di computo per il periodo successivo cfr. Cass., n. 23974/10 Cass., n. 10692/07 Cass. n. 13693/16 . Il Tribunale di Pescara accoglie dunque l’opposizione del cliente, ma ne respinge la domanda riconvenzionale. Sull’efficacia probatoria del saldaconto in linea con il principio di cui alla sentenza qui in esame, cfr. Cass. n. 21092/16, secondo cui in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario, va distinto l'estratto di saldaconto che consiste in una dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnata dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un'attestazione di verità e liquidità del credito , dall'ordinario estratto conto, che è funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall'ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca. Mentre il saldaconto riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall'istituto, l'estratto conto, trascorso il previsto periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente . In questo senso v. Cass. n. 14234/03. Per la giurisprudenza di merito, tra le più recenti, cfr. Trib. Belluno, 1° marzo 2018, n. 110 Trib. Arezzo, 20 dicembre 2017 n. 1445 Trib. Rimini, 27 ottobre 2016 n. 1319.

Tribunale di Pescara, sentenza 15 giugno – 22 agosto 2018, n. 1175 Giudice Roscigno Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione omissis quale debitrice principale, quali fideiussori si sono opposti al decreto ingiuntivo n. omissis /13 emesso in data 19.04.2013, col quale il Tribunale di Pescara aveva ordinato loro di pagare immediatamente alla omissis S.p.a. Euro 56.000, 00 oltre interessi e spese, quale credito rinveniente dall'anticipazione di due fatture non pagate, in virtù contratto del contratto di apertura di credito, regolato sul conto corrente n. 102 e relativi conti accessori n. 167471 e 167572, stipulato tra l'istituto omissis e la omissis s.r.l. in data 5.02.2009, assistito dalle fideiussioni omnibus sino a concorrenza dell'importo di Euro 232.500, rilasciate dagli opponenti persone fisiche in data 20.03.2010. La convenuta, tardivamente costituita, comparsa di costituzione depositata in data 12.12.2013 si è opposta. La causa non è stata istruita a mezzo di prove costituende ed è stata rigettata le richiesta di c.t.u. Il g.i. con ordinanza emessa fuori udienza e depositata in data 2.05.2014 ha rigettato la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione. La parte opponente ha eccepito che le somme indicate dalla banca nel D.I. opposto trattasi di fatture scontate su c/c bancario in essere tra le parti erano totalmente sfornite di prova documentale e con i relativi estratti conto, in quanto basate solo sulla certificazione ex art. 50 T.U.B. D.Lgs. n. 385/93 , in gergo c.d. estratto di saldaconto e pertanto del tutto inidoneo a fornire valida e piena prova nella fase di merito non essendoci agli atti gli estratti conto completi dell'intero rapporto bancario dall'inizio alla fine che nella fase di merito in opposizione a d.i. sono elemento essenziale per la prova del presunto credito la Banca ha applicato comunque in modo illegittimo - gli interessi passivi con tasso ultralegale mai correttamente pattuiti e variati unilateralmente - le commissioni di massimo scoperto mai correttamente pattuite - le valute e le spese di tenuta conto mai validamente pattuite - le moltiplicazioni di queste competenze hanno portato gli interessi illegittimi tout court richiesti dalla Banca opposta a superare di gran lunga anche le ed. soglie usurarle ex L. n. 108/'96. che tutto ciò si sarebbe potuto/dovuto verificare in sede istruttoria con l'analisi degli estratti conto bancari completi e così non è stato possibile per carenza di documentazione in atti la nullità delle fideiussioni prestate, avendo la banca violato l'art. 1956 cod. civ. Ha, quindi, chiesto dichiararsi la nullità di tutte le clausole contestate e avanzato domande riconvenzionali di ripetizione delle eventuali somme di cui la omissis s.r.l. fosse risultata creditrice in seguito al ricalcolo del conto corrente e di risarcimento del danno provocato dall'illegittima segnalazione della omissis s.r.l. alla Centrale Rischi. L'opposta ha controdedotto l'idoneità del saldaconto ex art. 50 TUB a far prova del credito nella fase monitoria che il contratto di apertura di credito conteneva tutte le condizioni economiche applicate, legittimamente pattuite la cessione pro solvendo del credito derivante dalla fatture anticipate era stata eseguita in conformità alle regole bancari e alle condizioni contrattuali che il contratto citato prevedeva la pariperiodicità della capitalizzazione degli interessi che la segnalazione alla Centrale Rischi è giustificata dal quadro economico generale della debitrice, l'iscrizione di 3 ipoteche giudiziali dalla Banca omissis e da omissis per Euro 200.000,00 sugli immobili della fideiussora che le contestazioni sollevate dall'opponente sono del tutto generiche. Ha quindi concluso per il rigetto dell'opposizione con condanna alle spese di lite. L'opposizione è parzialmente fondata per la ragione che segue. In base all'assunto più volte espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui In applicazione del principio processuale della ragione più liquida , desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c. la più recente Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 11458 del 11/05/2018 , non saranno esaminate le questioni di nullità ma sarà direttamente affronta quella inerente il riparto dell'onere della prova. E' pacifico in giurisprudenza che superata la fase monitoria, in cui è possibile produrre solo gli estratti conto relativi all'ultima fase di movimentazione del conto ai sensi dell'art. 50, D.Lgs. n. 385/1993 TUB , nel successivo giudizio a cognizione piena - ove sia contestata per mancanza di requisiti di legge la pattuizione degli interessi legali - la banca è tenuta a produrre gli estratti conto a partire dall'apertura del conto anche oltre il decennio, perché non si può confondere l'obbligo di conservazione della documentazione contabile con l'onere di fornire prova in giudizio del proprio credito. Cass. civ. Sez. I, 02-08-2013, n. 18541 . Si rammenta infatti che la mancata tempestiva contestazione dell'estratto conto trasmesso da una banca al cliente rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quelli della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano Cass., 26 maggio 2011, n. 11626 Cass., 19 marzo 2007 n. 6514 Cass., 18 maggio 2006, n. 11749 Cass., 11 marzo 1996, n. 1978 Cass., 26 febbraio 1999, n. 1668. Soltanto attraverso gli estratti conto salvo le eccezioni non ricorrenti nel caso di specie v. Cass., 13 marzo 2017, n. 6384, in motivazione è possibile ricostruire i rapporti dare e avere tra le parti, in loro assenza deve ritenersi, in quanto alla stregua di qualsiasi soggetto che pretenda di vantare un credito, la Banca, trattandosi di un credito costituito dal saldo delle partite dare/avere tra le parti, dovrà indicare le annotazioni contabili degli addebiti e degli accrediti, comprese quelle per interessi.commissione e così via. Ciò, ovviamente, vale anche per i fideiussori in quanto il contratto di garanzia stipulato non contiene la clausola di rinuncia alle eccezioni quindi ai sensi dell'art. 1945 c.c., il garante può opporre al creditore tutte le eccezioni di merito che spettano al debitore principale. Nel caso di specie l'opposta non ha prodotto gli estratti conto, pertanto il decreto ingiuntivo deve essere revocato. Al rigetto della domanda di condanna della banca fa da contraltare il rigetto della domanda riconvenzionale di accertamento negativo e di ripetizione degli eventuali pagamenti indebiti eseguiti dal correntista, in quanto l'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi , in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, è costitutivo in tale ipotesi, la relativa prova può essere data mediante la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo cass. 9 giugno 2008 n. 15162 in riferimento alle azioni di accertamento negativo in tema di indebito, ove l'accipiens chieda l'accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicché egli ha l'onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto Cass., sez. un., 4 agosto 2010, n. 18046 il correntista, che agisce per l'accertamento negativo del credito ovvero per ottenere la restituzione dell'indebito , è, al pari della banca, onerato di fornire la prova della fondatezza della propria domanda, producendo l'estratto conto zero, sul presupposto sovente valorizzato dal diritto vivente che l'estratto conto, inviato per legge ai correntisti, fa si che gli stessi si trovino di norma in posizione paritaria rispetto alla banca sotto il profilo della possibilità di produrre il documento Cass., 7 maggio 2015, n. 9201 . Dunque, una volta che sia stata esclusa, ad esempio, la validità della clausola in base alla quale sono stati calcolati gli interessi - soltanto la produzione degli estratti conto consente di pervenire, attraverso l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, alla determinazione del debito o del credito della banca, depurato il conto dagli interessi non dovuti. Al medesimo risultato non si può pervenire sulla base del saldo registrato alla data di chiusura del conto e della documentazione relativa all'ultimo periodo del rapporto, dal momento che quest'ultima non consente di verificare gli importi addebitati nei periodi precedenti per operazioni passive e quelli relativi agli interessi, la cui iscrizione nel conto ha condotto alla determinazione dell'importo che costituisce la base di computo per il periodo successivo fr. Cass., 25 novembre 2010, n. 23974 Cass., 10 maggio 2007, n. 10692. Nel medesimo v. anche Cass., 13 ottobre 2016, n. 13693 - Resta quindi da esaminare soltanto la domanda di risarcimento del danno da illegittima iscrizione alla Centrale Rischi. La domanda è infondata La omissis ha richiesto per tale fatto illecito sia il danno patrimoniale, derivante dall'impossibilità di accedere al credito bancario, sia il danno non patrimoniale da lesione alla reputazione e all'immagine. Orbene, se l'evento dannoso deve ritenersi provato dall'accertamento qui operato dell'inesistenza del credito vantato dalla Banca e segnalato a sofferenza come dalla stessa ammesso, non essendovene in atti la prova documentale non sono, di contro stati, prima che provati, allegati i cd. danni conseguenza. Si osserva infatti che l'allegazione di tali danni da parte dell'attore è del tutto generica nell'atto di citazione la parte attorea si limita ad affermare che tale segnalazione ha provocato l'immediata reazione da parte di altri istituti di credito , senza indicare quali erano di seguito, sempre nell'atto di citazione, non potendo più accedere al credito bancario per investire nella propria attività, essendo inevitabilmente lesa la sua immagine e la sua reputazione senza precisare e provare quale fosse la condizione economico patrimoniale della società prima della segnalazione e quale quella successiva, così da valutare anche il profilo non patrimoniale, giacché nell'ipotesi in cui già prima della segnalazione della banca opposta la solvibilità della omissis fosse compromessa -come è dato presumere dalle iscrizioni ipotecarie -per i debiti contratti con altri istituti di credito o magari già segnalata nessuna prova documentale è stata prodotta dell'assenza di pregresse iscrizioni è consequenziale l'esclusione anche del danno non patrimoniale. Le spese in ragione della soccombenza reciproca, ancorché prevalente della parte convenuta, la quale ha comunque dato causa al giudizio, sono poste per il 60% in capo a questa e per la restante parte compensate. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone accoglie parzialmente l'opposizione e per l'effetto revoca il d.i. opposto rigetta tutte le domande riconvenzionali proposte dagli opponenti Condanna altresì la parte opposta e l'interventrice, in solido tra loro, a rimborsare alla parte opponente le spese di lite, che si liquidano in Euro 458,00 per spese vive, Euro 4.352,4 compensi d'avvocato valore indeterminabile, complessità bassa, già decurtato , oltre rimborso forfettario c.p.a e i.v.a., come per legge.