Comune committente o Regione finanziatrice, chi è responsabile del ritardo nei pagamenti all’appaltatore?

Nell’ambito di rapporti di appalto pubblico la responsabilità da ritardo nei pagamenti in favore dell’appaltatore resta a carico del committente-debitore nella specie il Comune anche se la causa dell’inadempimento è il ritardo nell’erogazione del finanziamento da parte di altro ente pubblico. Unica eccezione è il caso di stipula di una ulteriore convenzione con la quale l’ente finanziatore garantisca al committente la tempestiva erogazione del finanziamento.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 21180/18, depositata il 24 agosto. Il caso. Il Tribunale di Bari condannava il Comune al pagamento della somma di denaro dovuta alla società attrice per saldo lavori di costruzione di un tronco della rete idrica urbana, compresi gli interessi. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado osservando che, posto il ritardo nelle erogazioni al committente da parte della Regione Puglia in qualità di ente finanziatore , il Comune, il quale aveva stipulato il contratto prima della concessione del finanziamento, avrebbe dovuto trovare altra cautela, ad esempio prevedendo nel contratto di appalto il differimento dell’esigibilità del corrispettivo all’effettiva erogazione del finanziamento. Avverso la sentenza di merito ha proposto ricorso per cassazione il Comune soccombente. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame circa la conoscenza da parte dell’impresa del finanziamento regionale dell’opera e l’omessa considerazione della circostanza che gli accrediti dovevano intervenire dopo le relative delibere di approvazione. Tale meccanismo, secondo il Comune, era idoneo ad escludere l’addebito del ritardo nel pagamento. L’imputabilità del ritardo. Osserva la Suprema Corte che, ai sensi dell’art. 1218 c.c., il debitore è responsabile per l’inadempimento salva la prova dell’impossibilità della prestazione o la dimostrazione della non imputabilità. Sul punto non è sufficiente eccepire che la prestazione non possa eseguirsi per fatto addebitabile ad un terzo, ma occorre dimostrare l’assenza di colpa con l’uso della diligenza spiegata per rimuovere l’ostacolo frapposto da altri all’esatto adempimento . In particolare, secondo la Cassazione, deve condividersi il consolidato principio a rigore del quale in tema di responsabilità da ritardo del committente nei pagamenti quali corrispettivo di opere eseguite nell’ambito di un appalto pubblico in favore dell’appaltatore a causa del ritardo nell’erogazione del finanziamento da parte di ente pubblico terzo nella specie la Regione non può essere esclusa la responsabilità del debitore per il ritardato pagamento in quanto i fatti, in apparenza ascrivibili a monte al soggetto terzo-finanziatore, restano imputabili al committente-debitore in mancanza di una convezione ulteriore, con la quale l’ente finanziatore garantisca al committente la tempestiva erogazione del finanziamento . In conclusione i Giudici di legittimità hanno ritenuto corretto il ragionamento compiuto dai Giudici di merito ed hanno rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 6 giugno – 24 agosto 2018, numero 21180 Presidente Tirelli – Relatore Sambito Fatti di causa La S.r.l. C.D. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Bari il Comune di Giovinazzo, chiedendone la condanna al pagamento del saldo dei lavori di costruzione di un tronco della rete idrica urbana, degli interessi di cui al d.P.R. numero 1063 del 1962 sui tardati pagamenti dei SAL, della revisione prezzi e degli interessi moratori sulla stessa, in relazione all’appalto del 28.7.1989. Il Tribunale adito, nel contraddittorio del convenuto e della Regione Puglia, da lui chiamata in garanzia quale ente finanziatore, condannò il Comune al pagamento della somma di Euro 23.720,78, per saldo lavori ed interessi, dichiarò il difetto di giurisdizione sulla domanda del compenso revisionale e rigettò la domanda di garanzia. La decisione fu confermata dalla Corte d’Appello di Bari, che, con sentenza del 14.3.2013, e per quanto d’interesse, osservò che il ritardo nelle erogazioni, da parte della Regione, a sua volta beneficiaria di finanziamenti ministeriali, non ne giustificava la condanna al versamento di somme ulteriori rispetto al contributo concesso, non coperte da corrispondente copertura finanziaria, e che gli oneri eccedenti i finanziamenti assentiti avrebbero dovuto esser fronteggiati dalle Amministrazioni locali con l’eventuale modifica del quadro economico dell’intervento, secondo quanto disposto da una circolare, nota al Comune. La Corte ha aggiunto che il Comune, che aveva stipulato il contratto prima della concessione del finanziamento, avrebbe potuto cautelarsi altrimenti, ad esempio prevedendo in seno al contratto d’appalto il differimento della esigibilità del corrispettivo all’effettiva erogazione del finanziamento. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso il Comune con due mezzi. Gli intimati non hanno svolto difese. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame circa il fatto, decisivo per il giudizio, della conoscenza, da parte dell’impresa appaltatrice dell’intero finanziamento Regionale dell’opera, e circa il fatto che gli accrediti dovevano intervenire all’esito delle delibere di approvazione, da parte di esso ricorrente, di ciascun SAL, meccanismo idoneo ad escludere l’addebito a suo carico del ritardo nel pagamento. Né il riferimento alla circolare emanata dalla Regione poteva valere a sostenere la motivazione della Corte del merito, che aveva omesso di valutare come, nella specie, non si trattasse di finanziamenti suppletivi o di richiesta di somme eccedenti i finanziamenti assentiti, ma di opera inferiore all’importo finanziato. Senza dire che l’Impresa aveva richiesto gli interessi, solo, con la citazione introduttiva del giudizio, sicché esso Ente non avrebbe potuto, comunque, attivare gli strumenti previsti dalla circolare, che presupponevano l’appalto in corso. 2. Col secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 36 del d.P.R. numero 1063 del 1962, per avere la Corte d’Appello riconosciuto gli interessi moratori in assenza di sua colpa colpa che non poteva esser ravvisata nella stipula anticipata del contratto, in sé necessaria per ottenere il finanziamento, e neppure nella mancata stipulazione di una clausola per differire il termine per l’adempimento, che avrebbe presupposto, in modo del tutto irrazionale, la presunzione di certezza del ritardo negli accrediti. 3. I motivi da valutarsi congiuntamente, presentano profili d’inammissibilità e d’infondatezza, anche se va, in parte, corretta la motivazione. 4. Premesso che non consta esser mai stata contestata la spettanza degli speciali interessi moratori di cui agli artt. 35 e 36 Cap. Genumero obbligatori per gli appalti del Ministero dei lavori pubblici e non divenuti automatici, salvo il caso di rinvio recettizio, nei contratti stipulati da altri enti pubblici neppure dopo la legge numero 741 del 1981, art. 4 abrogato dal dPR numero 554 del 1999, art. 231, co. 1, lett. s, applicabile ratione temporis, cfr. Cass. numero 4399 del 2017 , sotto il primo profilo, va rilevato che la circostanza secondo cui le somme da accreditare fossero comprese nell’ambito di quelle oggetto del concesso finanziamento risulta esclusa dalla Corte territoriale, che ha al riguardo svolto le considerazioni riassunte in narrativa, talché l’esame di tale fatto, oggetto della censura motivazionale, risulta non già omesso, ma espressamente valutato, sia pur in senso contrario rispetto alla tesi del ricorrente la censura si traduce, quindi, in un errore di valutazione degli elementi istruttori acquisiti e del quadro fattuale, che è estraneo al giudizio di legittimità. 5. In riferimento all’asserita mancanza di responsabilità del ricorrente, va osservato che, secondo i principi generali posti dall’art. 1218 c.c., il debitore è responsabile per solo fatto dell’inadempimento, salva la prova dell’impossibilità della prestazione o, almeno, la dimostrazione che la medesima non possa essergli imputata. In particolare, non basta eccepire che la prestazione non possa eseguirsi per fatto del terzo ma occorre dimostrare l’assenza di colpa con l’uso della diligenza spiegata per rimuovere l’ostacolo frapposto da altri all’esatto adempimento. Ed al riguardo, questa Corte Cass. numero 22580 del 2014 e numero 4214 del 2012 ha già affermato il condivisibile principio secondo cui in tema di responsabilità da ritardo del committente nella specie il Comune nei pagamenti degli acconti e del saldo quale corrispettivo delle opere eseguite nell’ambito di rapporto di appalto pubblico, in favore dell’appaltatore, causato dal ritardo nell’erogazione del finanziamento da parte di altro ente pubblico nella specie la Regione non può essere esclusa la responsabilità del debitore per il ritardato pagamento in quanto i fatti, in apparenza ascrivibili a monte al soggetto terzo-finanziatore, restano imputabili al committente-debitore in mancanza di una convenzione ulteriore, con la quale l’ente finanziatore garantisca al committente la tempestiva erogazione del finanziamento. 6. Ovvero, come rilevato nella sentenza impugnata, mediante la stipula di un patto con l’Impresa, con cui si determini il tempo dell’adempimento dell’obbligazione, e, dunque, l’esigibilità del credito in concomitanza con la disponibilità delle somme accreditate alla stazione appaltante-debitrice, patto che questa Corte ha ritenuto legittimo cfr. Cass. numero 2509 del 2018 numero 22996 del 2014 3648 del 2009 , quale clausola che non implica la rinuncia agli interessi, bensì fissa un diverso dies a quo per il loro decorso. 7. Se dell’esistenza della convenzione con la Regione il ricorso non fa alcun cenno, l’argomento secondo cui la mancata stipula della clausola di determinazione del termine con l’appaltatore sarebbe irrazionale è inconsistente, costituendo, piuttosto, una plausibile cautela, che, per scelte contrattuali, non è stata esercitata. A tale stregua, ogni ulteriore questione, comprese quelle connesse all’osservanza delle prescrizioni della circolare regionale, risultano irrilevanti. 8. Non va provveduto sulle spese, in assenza di costituzione delle parti intimate. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dello stesso art. 13.