Applicazione della disciplina antitrust ai contratti “a valle”

Torna all’attenzione degli Ermellini la questione relativa all’applicabilità della disciplina nazionale antitrust e, in particolare, dell’art. 2 l. n. 287/1990 che vieta le intese anticoncorrenziali anche ai contratti a valle” stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa vietata a monte”.

Sul tema è intervenuta l’ordinanza n. 29810/17, depositata il 12 dicembre. Il fatto. Una società stipulava un contratto di conto corrente con un istituto bancario, rispetto al quale prestavano fideiussione due soci. Successivamente la banca recedeva dal contratto, chiedendo l’emissione di decreto ingiuntivo sia nei confronti della società che dei fideiussori. Uno di questi adiva dunque la Corte d’Appello invocando la nullità del contratto di fideiussione per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a , l. n. 287/1990 che vieta le intese anticoncorrenziali consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali , la condanna della banca al risarcimento dei danni e la cancellazione del suo nominativo dalla Centrale Rischi di Banca d’Italia. L’attore affermava che il contratto di fideiussione sottoscritto fosse conforme allo schema contrattuale predisposto dall’ABI per la stipula delle fideiussioni e considerato dalla Banca d’Italia contenente disposizioni contrastanti con l’art. 2, comma 2, lett. a , l. n. 287/1990. A seguito del rigetto dell’istanza, il fideiussore ricorre in Cassazione. In particolare il ricorrente sostiene che erroneamente la Corte avrebbe escluso la nullità dell’intesa tra la controparte e Banca d’Italia in relazione al contratto tipo da lui sottoscritto. Altro vizio lamentato dal ricorrente è la ritenuta applicabilità della normativa antitrust solo dopo la pubblicazione del provvedimento della Banca d’Italia sullo schema contrattuale e non dall’entrata in vigore della l. n. 287/1990. Il principio affermato dalla Suprema Corte. Accogliendo il ricorso, il Collegio ripercorre la giurisprudenza intervenuta in materia e giunge ad affermare che, in merito all’accertamento di intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2 l. n. 287/1990, la stipulazione a valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse a monte” nella specie relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato [], a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 20 settembre – 12 dicembre 2017, n. 29810 Presidente Dogliotti – Relatore Genovese Fatti di causa 1. La società Albatel ICT Solutions SpA d’ora in avanti, solo Albatel stipulava il 18 febbraio 2005 un contratto di conto corrente con la Unicredit Corporate Banking d’ora innanzi, Unicredit rispetto al quale fino alla concorrenza di Euro 200.000,00 , prestavano fideiussione i signori B.G. e D.C. . 1.1. In data 6 ottobre 2008 la Banca recedeva dal contratto e richiedeva decreto ingiuntivo sia nei confronti di Albatel che dei due fideiussori. 1.2. Con riferimento a tale vicenda, il signor B. - fideiussore di Albatel - ha adito la Corte d’appello di Venezia, in unico grado, chiedendo la declaratoria di nullità del contratto di fideiussione stipulato con la Banca nonché la condanna della stessa al risarcimento dei danni, domandati in Euro 500.000,00, e la cancellazione del suo nominativo dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia. 1.3. Osservava l’attore, a giustificazione delle proprie domande, che il contratto di fideiussione era pacificamente conforme allo schema contrattuale predisposto dall’ABI e che la Banca d’Italia all’esito dell’istruttoria svolta - ai sensi degli artt. 2 e 14 della L. n. 287 del 1990 - proprio nei riguardi dell’ABI, su parere conforme dell’AGCM , aveva dichiarato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’Associazione bancaria per la stipula delle fideiussioni da sottoscrivere a garanzia delle operazioni bancarie fideiussione omnibus contenevano disposizioni che nella misura in cui venivano applicate in modo uniforme dalle proprie associate erano in contrasto con l’art. 2, co. 2, lett. a , L. n. 287 del 1990. 1.4. La Banca d’Italia, pertanto, aveva stabilito che l’ABI fosse tenuta a trasmettere le circolari mediante le quali sarebbe stato diffuso lo schema contrattuale in tutto il sistema bancario emendate dalle disposizioni viziate. 2. La Corte territoriale, ha respinto le domande proposte dal sig. B. in quanto il provvedimento della Banca d’Italia n. B423 del 2 maggio 2005 , avendo carattere regolamentare, non potrebbe applicarsi ai contratti conclusi anteriormente alla sua emanazione atteso che il dictum dell’Autorità indipendente non inciderebbe sulla legittimità delle clausole ma solo sulla loro contrarietà all’art. 2 L. n. 287 del 1990, in conseguenza della loro applicazione uniforme. 2.1. In altri termini, solo il mancato adeguamento dell’ABI nella predisposizione delle Norme bancarie uniformi NBU dovrebbe dirsi illegittimo e potrebbe costituire un comportamento idoneo a determinare la nullità dei contratti stipulati successivamente alla pronuncia del controllore pubblico, ove non derogato dall’istituto di credito in specifiche fattispecie negoziali. 4. Avverso tale decisione il signor B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria, contro cui resiste Unicredit ora doBank SpA , con controricorso e memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 14, 20, 33 e 34 L. n. 287 del 1990, 41 Cost., 101 Trattato UE già 81 Trattato CE , 2697 e 2729 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. art. 360 n. 3 c. p. c. il ricorrente censura la decisione impugnata sotto due profili a non avrebbe considerato nulla l’intesa tra le banche sul contratto tipo b avrebbe considerato applicabile la normativa antitrust solo a partire dalla data di pubblicazione del provvedimento adottato dalla Banca d’Italia e non anche dall’entrata in vigore della legge n. 287 del 1990. 1.1. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato la natura regolamentare del provvedimento della Banca d’Italia sebbene l’Istituto, sulla base degli artt. 14 e 20 della L. n. 287 del 1990, avesse avuto riconosciute fino al loro trasferimento all’AGCM, con la legge n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016 le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi. 1.2. Con la conseguenza che il ricorrente, richiamando quel provvedimento, avrebbe prodotto una prova privilegiata riguardante l’illecito commesso anche dalla Banca resistente, in ordine al quale - in ogni caso - sarebbero emerse prove gravi, precise e concordanti relative ad una pratica già in atto tra le banche italiane, consistente nell’adozione di standard contrattuali uniformi in violazione della normativa antitrust. 1.3. L’accordo restrittivo della concorrenza, infatti, sarebbe nullo perché contrario alle norme di ordine pubblico economico contenute nel Trattato sul funzionamento dell’UE e nella legge antimonopolistica nazionale norme che opererebbero ipso iure ed a prescindere da un previo provvedimento di accertamento delle infrazioni da parte delle Autorità nazionali. 1.4. Nella specie, il contratto di fideiussione corrisponderebbe allo schema negoziale che aveva formato oggetto dell’istruttoria da parte della Banca d’Italia, attività conclusasi con il provvedimento in data 2 maggio 2005, senza che al riguardo vi fosse stata alcuna contestazione non potendosi ascrivere ad un fenomeno spontaneo, ma soltanto all’intesa esistente tra le banche l’assetto sul tema della contrattualistica inerente le fideiussioni omnibus caratterizzata da un evidente aggravamento della posizione dei fideiussori . 1.5. Di conseguenza, sarebbe errato parlare di retroattività delle previsioni di legge e di quelle contenute nel provvedimento della Banca d’Italia, atteso che l’art. 2 della legge n. 287 cit. comporta la nullità, ad ogni effetto, di quelle intese atte a restringere, impedire o falsare la concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante attraverso attività consistenti nella diretta o indiretta fissazione di condizioni contrattuali. 2. Con il secondo mezzo del ricorso Insufficiente e contraddittoria motivazione art. 360 n. 5 c. p. c. su un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dal fatto che, da una parte, viene considerata l’anteriorità del contratto di fideiussione al provvedimento della Banca d’Italia per non dichiarare la nullità e, dall’altra parte, viene invece motivato in merito alla irretroattività della normativa antitrust e violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. art. 360 n. 3 c. p. c. il ricorrente censura la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in quanto essa, da un lato, afferma la validità del contratto di fideiussione sottoscritto il 18 febbraio 2005 - in quanto anteriore alla pubblicazione del provvedimento conclusivo dell’attività istruttoria condotta dalla Banca d’Italia del 2 maggio 2005 - e, da un altro, asserisce che la norma invero in vigore dal 14 ottobre 1990 non sarebbe retroattiva. 2.1. Ma sarebbero stati gli stessi giudici di merito ad aver individuato la fonte della nullità del contratto nella violazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990, per la dimostrata prassi bancaria di applicazione uniforme di clausole contrattuali frutto dell’intesa tra di loro intervenuta, sicché non aver provveduto a pronunciare - come richiesto dal ricorrente - sulla violazione della detta disposizione di legge integrerebbe una violazione degli artt. 112 e 116 cod. proc. civile. 3. Con il terzo Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 cod. civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ. art. 360 n. 3 c. p. c. non avendo la Corte d’appello statuito su tutte le domande formulate e non avendo considerato le prove, anche confessorie, sulla condotta illecita perpetrata dalle banche sul tema della contrattualistica con la clientela, con la conseguente mancata pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno per fatto illecito, il ricorrente censura la decisione impugnata perché, pur in mancanza di un collegamento tra la domanda di nullità del contratto e la richiesta di risarcimento dei danni, proposta invero in via subordinata, dopo aver respinto la prima ha considerato assorbita anche la seconda questione. 3.1. Secondo il ricorrente, infatti, la Corte territoriale non avrebbe pronunciato come pure sarebbe stata obbligata a fare sull’ipotizzata lesione del bene della sua libertà contrattuale sebbene la Banca convenuta non avesse mai negato la corrispondenza del contratto di fideiussione con quello frutto della precedente intesa e con riguardo alla illegittima sua segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, con lesione dell’art. 2043 cod. civile. 4. Con il quarto ricorso Omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione art. 360 n. 5 c. p. c. su un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dal mancato riconoscimento del danno quale effetto automatico dell’intesa anticoncorrenziale intercorsa tra le banche sul tema della contrattualistica il ricorrente lamenta il vizio motivazionale con riguardo alla sua domanda risarcitoria, autonomamente proposta per la richiesta dei danni derivanti dall’illecito antitrust. 4.1. Avendo la stessa Banca d’Italia accertato la violazione della normativa antitrust in ragione della illegittima intesa a monte tra le banche nazionali, sarebbe dovuto conseguire il ristoro della violata libertà contrattuale. 4.2. Del resto, a seguito della restrizione della libertà di scelta dei prodotti disponibili , per l’intesa tra imprese bancarie, il consumatore sarebbe legittimato a chiedere il risarcimento del danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ. sofferto, anche in presenza di una lesione di un interesse legittimo. 4.3. Il danno morale ed economico sarebbe consistito anche nella illegittima perché avvenuta sulla base di un contratto nullo, ai sensi della normativa antitrust segnalazione alla Centrale interbancaria dei rischi sulla base di un contratto nullo e per effetto della quale sarebbero seguite una lesione alla reputazione personale e la revoca di un affidamento ad una società da lui partecipata. 5. Va premesso che in questa sede si esamina la correttezza della decisione della Corte territoriale che, ratione temporis, ha pronunciato in unico grado di merito sulla denuncia di nullità degli accordi interbancari intervenuti in ordine alla contrattualistica in materia di fideiussione ed ha assorbito le domande risarcitorie proposte per lo stesso titolo causale . 5.1. Questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 11904 del 2014 , decidendo analoghe controversie, in ordine al giudice, ha già ricordato che per le azioni dirette ad ottenere la dichiarazione di nullità o il risarcimento del danno da condotta anticoncorrenziale, l’art. 33 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, stabilisce la competenza funzionale della corte d’appello, che si giustifica sia per la presenza di un precedente provvedimento dell’Autorità Garante per la concorrenza, con conseguente circoscrizione del thema decidendum , sia al fine di favorire la sollecita definizione delle controversie . 6. In relazione alla argomentazione della Corte territoriale, il ricorrente ha proposto due gruppi di censure, uno comprendente i primi due motivi di ricorso attinente al rigetto della dichiarazione di nullità del contratto stipulato con la Banca, in corrispondenza delle norme uniformi, e l’altro con gli ulteriori due mezzi di impugnazione all’assorbimento della domanda risarcitoria pure proposta al riguardo. 7. Occorre partire dai primi due motivi che meritano una trattazione congiunta, per la stretta connessione delle doglianze, accomunate come sono dal thema della nullità negoziale in rapporto alla sicura anteriorità sia pure di pochi mesi soltanto del contratto rispetto alla pronuncia dell’Autorità garante la Banca d’Italia . 7.1. I mezzi prendono di mira il fondamento della decisione, in questa sede esaminata, che ha respinto la domanda di nullità del contratto impugnato dal sig. B. in quanto il provvedimento della Banca d’Italia n. B423 del 2 maggio 2005 , avendo una sorta di carattere regolamentare, non sarebbe applicabile ai contratti a valle conclusi anteriormente alla sua emanazione atteso che il dictum dell’Autorità indipendente non inciderebbe sulla legittimità delle clausole ma solo sulla loro contrarietà all’art. 2 L. n. 287 del 1990, in conseguenza della loro applicazione uniforme. Sicché, solo il mancato adeguamento dell’ABI nella predisposizione delle Norme bancarie uniformi NBU dovrebbe dirsi illegittimo e potrebbe costituire un comportamento idoneo a determinare la nullità dei contratti stipulati successivamente alla pronuncia del controllore pubblico, ove non derogato da comportamento dell’istituto di credito, in specifiche fattispecie negoziali. 8. Il fondamento sostanziale della contrarietà di alcune clausole tipiche alle norme imperative non è propriamente oggetto di discussione tra le parti, che non contestano il contenuto della pronuncia dell’Autorità indipendente, della quale il ricorrente richiama anche la natura di prova privilegiata nei giudizi civili intrapresi dai consumatori, ossia della sua elevata attitudine a provare tanto la condotta anticoncorrenziale quanto l’astratta idoneità della stessa a procurare loro un danno, senza violazione del principio praesumptum de praesumpto non admittitur, in ordine al fatto che dalla condotta anticoncorrenziale sia scaturito un danno per la generalità , nel quale è ricompreso, come essenziale componente, il danno subito dal singolo . Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11904 del 2014 . 8.1. Ciò che forma oggetto di discussione è il fatto che, il contratto stipulato tra il fideiussore il sig. B. e la Banca Unicredit il 18 febbraio 2005, non potrebbe essere dichiarato nullo in forza di un dictum dell’Autorità di garanzia sopravvenuto al patto il provvedimento della Banca d’Italia n. B423 del 2 maggio 2005 e ciò a perché la Banca d’Italia aveva invitato l’ABI a trasmettere le circolari emendate al sistema bancario b l’illegittimità delle singole previsioni contrattuali tipizzate era tale in conseguenza del loro inserimento uniforme nello schema ABI, sicché solo il mancato adeguamento dell’Associazione al provvedimento della Banca d’Italia sarebbe comportamento omissivo idoneo a determinare la nullità dei contratti stipulati in base alle NBU norme bancarie uniformi . 9. Il ragionamento della Corte territoriale non è condivisibile. 9.1. Nell’arresto delle sezioni unite di questa Corte Sez. U, Sentenza n. 2207 del 2005 è già stato precisato che la legge antitrust 10 ottobre 1990, n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. . 9.2. In quella stessa sede, ha osservato la Corte che, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l’effetto di una collusione a monte , ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno di cui all’art. 33 della legge n. 287 del 1990, azione la cui cognizione è rimessa da quest’ultima norma alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d’appello . 10. Orbene, il ricorrente ha portato in giudizio, avanti alla Corte d’appello di Venezia l’esistenza di un danno a valle in conseguenza del contratto, oggetto di esame in questa sede per effetto dell’intesa vietata a monte , tenuto conto, da un lato che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede svilito se non calpestato il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza e, dall’altro, che il cosiddetto contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. 10.1. La richiesta giudiziale del consumatore ossia, in primis, la possibilità di accertare la nullità dell’accordo contrattuale è stata radicalmente esclusa dalla Corte territoriale in quanto esso era anteriore sia pure di pochi mesi all’esito dell’istruttoria condotta e solo il mancato adeguamento dell’ABI, nella predisposizione delle NBU, dovrebbe dirsi atto omissivo illegittimo e potrebbe costituire un comportamento idoneo a determinare la nullità dei contratti stipulati successivamente alla pronuncia del controllore pubblico, ove non derogato dall’istituto di credito in specifiche fattispecie negoziali. 11. Ma tale ragionamento è errato in quanto istituisce una sorta di potere di prescrizione, necessario e pregiudiziale rispetto ad ogni accertamento del giudice, da parte dell’autorità garante rispetto ai comportamenti svolti in facto dai soggetti da essa vigilati che non trova riscontro in nessuna previsione di legge né nei principi regolatori della materia. 11.1. Questa Suprema Corte regolatrice Cass. Sez. 1, Sentenza n. 827 del 1999 ha precisato che l’art. 2 della legge n. 287 del 1990 la cosiddetta legge antitrust , allorché dispone che siano nulle ad ogni effetto le intese fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, non ha inteso riferirsi solo alle intese in quanto contratti in senso tecnico ovvero negozi giuridici consistenti in manifestazioni di volontà’ tendenti a realizzare una funzione specifica attraverso un particolare voluto . Il legislatore - infatti - con la suddetta disposizione normativa ha inteso - in realtà ed in senso più ampio proibire il fatto della distorsione della concorrenza, in quanto si renda conseguenza di un perseguito obiettivo di coordinare, verso un comune interesse, le attività economiche il che può essere il frutto anche di comportamenti non contrattuali o non negoziali . Si rendono - così - rilevanti qualsiasi condotta di mercato anche realizzantesi in forme che escludono una caratterizzazione negoziale purché con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, nonché anche le fattispecie in cui il meccanismo di intesa rappresenti il risultato del ricorso a schemi giuridici meramente unilaterali . Da ciò consegue che, allorché l’articolo in questione stabilisce la nullità delle intese , non abbia inteso dar rilevanza esclusivamente all’eventuale negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione - anche successiva al negozio originario la quale - in quanto tale - realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza . 11.2. Pertanto, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione dell’art. 2 della legge antitrust. 11.3. E si è visto che, nella specie, tali accertamenti sono stati svolti dall’Autorità indipendente in sede amministrativa e che essi hanno formato oggetto di prescrizione per la loro rimozione. 11.4. In ordine a tali prescrizioni, tuttavia, erra la Corte territoriale a considerarli dati integrativi dell’accertamento di un illecito che solo dalla loro inosservanza possa seguire, essendo invece sufficiente l’avvenuta constatazione di quel comportamento antigiuridico le intese restrittive rispetto al piano della legge e dei principi che ne governano la regolazione. 11.5. Ovviamente tale accertamento, già compiuto dalla Banca d’Italia e pubblicizzato nel maggio del 2005, ha avuto un periodo temporale di osservazione e di rilievo che com’è facile arguire dalla vicinanza temporale tra il contratto qui contestato, stipulato a febbraio 2005, e il completamento dell’istruttoria e la sua formalizzazione - come si è detto - del maggio successivo , fanno ritenere assai probabile che l’intesa o gli altri comportamenti lesivi della concorrenza tra imprese bancarie sia stata consumata ancor prima della contrattazione da parte del signor B. . 11.6. Ad ogni modo, la Corte territoriale, che è l’organo deputato all’accertamento in fatto, alla luce dei principi sulla prova privilegiata elaborati da questa Corte, non può né potrà, ancora escludere la nullità di quel contratto per il solo fatto della sua anteriorità all’indagine dell’Autorità indipendente ed alle sue risultanze, poiché se la violazione a monte è stata consumata anteriormente alla negoziazione a valle , l’illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione oggetto della presente controversia non può che travolgere il negozio concluso a valle , per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia a cominciare dall’art. 2 della legge antritrust . 11.7. Con un ragionamento similare, del resto, questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 827 del 1999 ha già considerato rilevanti persino gli illeciti in atto, per quanto generati anteriormente all’emanazione della legge del 1990, stabilendo che, quanto ai rapporti ancora in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 287/90, non si renda di per sé sufficiente ad escludere l’applicabilità ad essi - della disciplina in questione il profilo per cui il fatto di natura in sé negoziale generatore del singolo rapporto ad esempio, una convenzione fra imprese si fosse, alla suddetta data, già realizzato ed infatti, ferma restando la ovvia intangibilità di quel fatto originario e di qualunque suo effetto già verificatosi antecedentemente all’entrata in vigore della nuova legge, rientrano comunque sotto la disciplina in questione tutte le vicende successive del rapporto che realizzino profili di distorsione della concorrenza. . 12. Alla luce delle considerazioni svolte, ne consegue che i primi due motivi di ricorso sono fondati, in applicazione del principio di diritto secondo cui in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990, la stipulazione a valle di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse a monte nella specie relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato nella specie, per quello bancario, la Banca d’Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi degli artt. 14 e 20 della L. n. 287 del 1990 in vigore fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la legge n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016 a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza. 12.1. La sentenza, pertanto, va cassata in parte qua e la causa rinviata - anche per le spese di questa fase - alla Corte territoriale a quo, per un nuovo esame della materia litigiosa, condotto alla luce del principio di diritto appena enunciato, in esso rimanendo assorbite le ulteriori denunce risarcitorie pure non esaminate nella fase di merito di cui ai restanti mezzi di cassazione, non essendo dubbio che la diversa decisione della domanda di nullità, indipendentemente dalla correttezza della denuncia sull’autonomia delle istanze risarcitorie, comporteranno ricadute anche su queste altre richieste. P.Q.M. Accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.