La differenza fra proposizione e trascrizione della domanda giudiziale di accertamento di simulazione

La proposizione della domanda di simulazione della vendita del bene è configurabile come mero pericolo di evizione, per il quale l’acquirente, ex art. 1481 c.c., beneficia di due strumenti alternativi di tutela la sospensione del pagamento del prezzo oppure la richiesta, al venditore, di idonea garanzia.

La trascrizione di detta domanda, invece, è qualificabile ex art. 1482 c.c. come vendita di cosa gravata da garanzie reali o altri vincoli non dichiarati dal venditore e sconosciuti al compratore, la cui mancata dichiarazione, da parte del venditore, costituisce inadempimento. Questo è il principio affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, sezione II Civile, con l’ordinanza n. 23088/17 depositata il 3 ottobre 2017. Il fatto. La vicenda nasce dall’instaurazione di un procedimento di risarcimento dei danni patrimoniali da parte degli acquirenti di un terreno che, dopo aver iniziato l’edificazione di un fabbricato, avevano scoperto che, in data intermedia fra la stipula del preliminare di vendita e quella del contratto definitivo, un terzo aveva proposto e trascritto una domanda giudiziale di accertamento della simulazione della vendita, da cui era scaturita, in capo ai precedenti proprietari, la titolarità del bene, successivamente trasferita agli acquirenti. In primo grado, il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento, avendo rilevato che, alla data di stipula del preliminare, l’atto introduttivo del giudizio di accertamento della simulazione non risultava ancora notificato ai venditori e pertanto essi erano esenti da ogni colpa, non potendo averne contezza. Al contrario, gli acquirenti erano stati negligenti, per non aver accertato che il terzo, successivamente all’instaurazione del giudizio, aveva rinunciato alla propria domanda. Detta pronuncia, veniva successivamente impugnata e riformata dalla Corte d’Appello che, accogliendo la domanda degli acquirenti, aveva condannato i venditori a risarcire il danno, sul presupposto che, avendo il terzo trascritto la propria domanda in data successiva alla stipula del preliminare, ma antecedente a quella del definitivo, in questo secondo momento, i venditori fossero a conoscenza di tale circostanza, ma si erano ugualmente impegnati a trasferire proprietà del bene, libero da pesi ed oneri. Avverso la decisione di secondo grado, veniva proposto ricorso per Cassazione. Disciplina applicabile alla trascrizione della domanda giudiziale di accertamento della simulazione. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul punto, ha inteso confermare quanto deciso dai giudici di secondo grado, chiarendo la differente qualificazione giuridica esistente fra la proposizione della domanda giudiziale per l’accertamento della simulazione e la sua trascrizione. Secondo la Suprema Corte, la proposizione della domanda di simulazione è configurabile come un mero pericolo di evizione, per il quale il compratore, sulla scorta dell’art. 1481 c.c., beneficia di due strumenti alternativi di tutela la sospensione del pagamento del prezzo oppure la richiesta, rivolta al venditore, di prestargli un’idonea garanzia. Alla trascrizione della domanda giudiziale di simulazione, invece, sarà piuttosto applicabile, in via analogica, la disciplina prevista dall’art. 1482 c.c., per la fattispecie della vendita di cosa gravata da garanzie reali o altri vincoli non dichiarati dal venditore e sconosciuti al compratore. L’inadempimento del venditore. L’applicazione della richiamata norma comporta che, la mancata dichiarazione, da parte del venditori, della trascrizione della domanda giudiziale, finalizzata all’accertamento della simulazione, costituisce ex se inadempimento, dal momento che essi avevano garantito che il bene fosse libero da pesi ed oneri, mentre invece, al momento della stipula, pendeva ancora una domanda giudiziale idonea a caducare l’atto, dal quale sarebbero scaturiti gli effetti traslativi della proprietà. Né poteva assumere alcun rilievo il fatto che, solo in un momento successivo, tale domanda sarebbe stata oggetto di rinuncia e la relativa azione estinta. Da tale inadempimento scaturiva l’obbligo di risarcire il danno patrimoniale, quantificato nel maggior costo sostenuto dagli acquirenti, per la sospensione dei lavori di erezione del fabbricato, per il tempo necessario alla definizione o estinzione del giudizio di accertamento della simulazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 20 aprile – 3 ottobre 2017, n. 23088 Presidente Matera– Relatore Federico Fatto Con atto di citazione notificato in data 03.05.1994 B.F. , V.M.P. , Be.Fa. , B.N. e B.R. convennero innanzi al Tribunale di Verona P.V. e R.G. , esponendo che - con atto di compravendita del 22.12.1989, trascritto in data 02.01.1990, P.V. e R.G. avevano venduto a B.N. , in proprio, a B.R. e Fa. , rappresentati dai genitori B.F. e V.M.P. , la nuda proprietà di una porzione di terreno edificabile sito in omissis - con il medesimo atto avevano ceduto a B.F. e a V.M.P. l’usufrutto generale vitalizio dello stesso terreno - tale atto era stato preceduto da un preliminare di compravendita, sottoscritto dalle parti in data 08.11.1989, con il quale i venditori garantivano la piena proprietà e libera disponibilità di quanto venduto e la libertà da pesi, ipoteche o altri vincoli pregiudizievoli - dopo l’acquisto, gli acquirenti avevano iniziato sul terreno la costruzione di un edificio di civile abitazione e per tali lavori avevano speso la somma di 100.000.000 - successivamente, i lavori erano stati interrotti poiché gli acquirenti erano venuti a conoscenza che sul terreno era stata trascritta, in data 05.12.1989, e quindi in data antecedente alla trascrizione del loro acquisto, domanda giudiziale in favore di G.C. , diretta ad accertare la simulazione del rogito per notar Pa. , con cui i coniugi P. -R. avevano acquistato la proprietà del terreno in esame. Ciò premesso, gli attori chiedevano la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, nella misura di 100.000.000, subiti a causa di tale inadempimento contrattuale. P.V. e R.G. si costituivano ed affermavano l’assoluta infondatezza della causa di simulazione intrapresa da G.C. . Chiedevano, in via preliminare, la sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa di simulazione e, nel merito, il rigetto delle domande risarcitorie. Il Tribunale di Verona rigettò la domanda a causa dell’insussistenza dei requisiti della colpa dei venditori e del nesso di causalità tra la loro condotta e l’evento dannoso. Il giudice di prime cure, premesso che il rischio di domanda giudiziale sia insito in ogni acquisto di diritti da terzi e che non vi fosse vincolo fino alla sentenza definitiva, rilevò la cancellazione della trascrizione della domanda a seguito dell’estinzione della relativa causa, in data 25.7.1996. Il tribunale evidenziò, inoltre, come gli acquirenti si fossero comportati in maniera poco diligente, non avendo verificato che vi era stata la rinuncia della domanda di simulazione con cancellazione della relativa trascrizione e ritenne che i venditori fossero esenti da colpa, poiché alla data del preliminare l’atto di citazione non risultava ancora ad essi notificato. La Corte d’Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, accertò l’inadempimento contrattuale e condannò P.V. e R.G. , in solido, al pagamento di euro 25.522,27 oltre ad interessi. La Corte affermò che nel periodo intercorso tra la conclusione del preliminare e la stipula del definitivo era stata proposta domanda di simulazione ed era stata trascritta tale domanda giudiziale, circostanze di cui i venditori erano perfettamente a conoscenza e di cui non avevano fatto alcuna menzione agli acquirenti al momento della stipula del definitivo, pur impegnandosi, in tale sede, a trasferire il bene libero da pesi e oneri. Accertato l’inadempimento dei venditori, la Corte ritenne che i danni dovessero quantificarsi nella differenza tra il maggior costo sostenuto per l’erezione del fabbricato alla data di estinzione del giudizio di simulazione 1996 e quello che avrebbero sostenuto alla data di inizio dei lavori 1993 . Per la cassazione di detta sentenza propongono ricorso, con quattro motivi, P.V. e R.G. . B.F. , V.M.P. , Be.Fa. , B.N. e B.R. resistono con controricorso, illustrato da memorie ex art. 378 cpc. Considerato in diritto Con il primo motivo i ricorrenti denunziano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. nonché violazione ed errata applicazione degli artt. 1362, 1351, 1470, 1376, 1350 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., deducendo che la Corte ha interpretato il contratto del 08.11.1989 in contrasto con le regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., ed ha conseguentemente qualificato tale scrittura, senza motivazione adeguata, come contratto preliminare piuttosto che contratto definitivo idoneo a determinare l’immediato trasferimento della proprietà del bene. Il motivo è inammissibile in quanto pone una questione, l’erronea qualificazione della scrittura privata come contratto preliminare invece che come atto di vendita con efficacia traslativa, su cui si era già formato il giudicato interno. La scrittura dell’8 novembre 1989 era stata infatti qualificata come preliminare già nella sentenza di primo grado e tale statuizione non è stata impugnata con motivo di appello. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione degli ara. 1376 e 2932 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. deducendo che la Corte ha erroneamente escluso che l’atto del 08.11.1989 avesse effetti immediati ai fini del trasferimento del diritto di proprietà. In ogni caso, la Corte avrebbe dovuto escludere la colpa dei venditori dal momento che alla data della stipula del preliminare non risultava ancora notificato l’atto di citazione introduttivo della causa di simulazione. Pure tale motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Ed invero, premesso che, come già evidenziato, sulla qualificazione dell’atto concluso in data 8 novembre 1989 come preliminare si è formato il giudicato interno, la Corte ha correttamente affermato che l’inadempimento dei ricorrenti doveva essere valutato non già con riferimento al momento della conclusione del preliminare, in cui la domanda giudiziale non era stata ancora trascritta, ma a quello di stipula dell’atto definitivo di vendita 22 dicembre 1989 . Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione degli artt. 1480, 1481, 1453 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., deducendo che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’inadempimento sulla scorta della garanzia per evizione prevista nel contratto. Gli effetti della garanzia, infatti, conseguono non al pericolo di evizione, ma al fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato, perdita che nel caso in esame non si era verificata, atteso che l’azione di simulazione proposta in relazione al terreno in questione era stata rinunciata con conseguente estinzione del giudizio e cancellazione della trascrizione. Il motivo non ha pregio in quanto non coglie la ratio decidendi della statuizione impugnata. Conviene premettere che la proposizione della domanda di simulazione dell’atto di acquisto del terreno in esame può considerarsi come mero pericolo di evizione , in relazione al quale l’art. 1481 c.c. attribuisce al compratore una tutela specifica, consistente nella sospensione del pagamento del prezzo che costituisce manifestazione del generale strumento di cui all’art. 1460 c.c. o nel pretendere idonea garanzia dal venditore. In tali strumenti, di carattere lato sensu cautelare, si esaurisce la tutela anticipata che l’ordinamento attribuisce al compratore. Si osserva peraltro che la Corte territoriale ha affermato che la trascrizione della domanda giudiziale di simulazione sull’immobile alienato era riconducibile alla vendita di cosa gravata da garanzie reali o altri vincoli non dichiarati dal venditore ed ignorati dal compratore, prevista dall’art. 1482 c.c., distinguendo specificamente l’atto di citazione avente ad oggetto la domanda di simulazione pericolo di evizione dalla trascrizione della domanda giudiziale, pacificamente effettuata anteriormente alla stipula del rogito, e la cui mancata dichiarazione da parte del venditore ad avviso della Corte territoriale costituiva inadempimento ex se, per aver i venditori garantito la libertà da pesi ed oneri del bene su cui gravava invece la trascrizione di una domanda giudiziale intesa a far caducare l’atto da cui traeva origine la titolarità del bene in capo ai venditori medesimi. Tale ratio decidendi, che postula l’applicazione analogica alla trascrizione di una domanda giudiziale della disciplina dell’art. 1482 c.c., non è stata in alcun modo attinta dal motivo in esame, che risulta unicamente focalizzato sul pericolo di evizione, omettendo di censurare la autonoma ratio decidendi sottesa alla statuizione impugnata, che individua nella mancata dichiarazione della trascrizione di una domanda giudiziale di simulazione sul bene venduto l’inadempimento dei venditori. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti denunziano la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., deducendo che la Corte ha travalicato i limiti della domanda fissati dalle parti, perché condannava i venditori al risarcimento del danno consistente nell’aumento del costo per la costruzione del fabbricato avutosi nel triennio tra il 1993 e il 1996, nonostante gli acquirenti avessero chiesto il risarcimento del danno consistente nelle spese sostenute per l’esecuzione dei lavori. Il motivo è destituito di fondamento. La Corte territoriale si è infatti limitata a ridurre il danno da inadempimento contrattuale richiesto dagli odierni resistenti per la sospensione dei lavori di costruzione, che è stato limitato ad una quota dell’intero costo di costruzione da essi richiesto. Il giudice di appello ha invero individuato nel solo maggior costo sostenuto a seguito della sospensione dei lavori per il limitato periodo di tempo fino all’estinzione del giudizio, il pregiudizio eziologicamente riconducibile all’accertato inadempimento dei venditori, e non ha dunque mutato né la causa petendi, individuata nell’inadempimento contrattuale e nel danno conseguenza derivante dalla sospensione dei lavori, né ha ecceduto i limiti della domanda, ma ha al contrario ridotto in misura rilevante la complessiva pretesa risarcitoria richiesta dall’odierno resistente. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200,00 Euro, di cui 200,00 euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.