Appalto di opere pubbliche: il consenso non può formarsi tramite scritti successivi

I contratti conclusi dalla P.A. richiedendo la forma ad substantiam, devono essere considerati in un documento unico, salvo che la legge ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18937/16, depositata il 27 settembre. Il caso. Il Tribunale di Roma, dopo aver rigettato la domanda principale proposta da una S.p.a. nei confronti di A.V. S.p.a. e dell’Anas, intesa ad ottenere l’accertamento della conclusione del contratto di appalto relativo ad un lotto dell’Autostrada A28 Portogruaro-Pordenone, ha ritenuto sussistente la responsabilità precontrattuale della sola A.V. S.p.a. e ha condannato quest’ultima al risarcimento dei danni subiti dalla prima società. La Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello principale della ricorrente S.p.a. e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da A.V. S.p.a., ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dalla società attrice. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione quest’ultima. Motivi del ricorso. La ricorrente lamenta che la lettera di A.V. S.p.a., lungi dall’esprimere una mera valutazione della proposta della società attrice, si era tradotta nella manifestazione della volontà condizionale, sia pur subordinata all’approvazione dell’Anas che Corte territoriale aveva riconosciuto che la società concessionaria avrebbe potuto procedere, con piena autonomia e responsabilità, come sostituto della P.A., all’affidamento dei lavori a trattativa privata. Contratti conclusi dalla P.A. Ma le doglianza sono infondate. I contratti conclusi dalla P.A. richiedendo la forma ad substantiam , devono essere considerati in un documento unico, salvo che la legge ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza . Sicché nel caso di appalto di opere pubbliche per il quale sono necessari accordi specifici e complessi, va escluso che il consenso possa formarsi tramite scritti successivi atteggiantisi come proposta ed accettazione fra assenti, atteso che, per opere con rilevanti corrispettivi e spese a carico delle casse pubbliche, occorre avere certezza dell’esatta consistenza ed articolazione dei lavori, nonché delle risorse stanziate per il loro pagamento, con forme e tempi stabiliti . La Corte rigetta pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 aprile 27 settembre 2016, n. 18937 Presidente Salvago – Relatore De Marzo Svolgimento del processo 1. Con sentenza n. 33058/2004 il Tribunale di Roma, dopo avere rigettato la domanda principale proposta da S.A.I.S.E.B. Società per Azioni Italiana Strade Edilizia Bonifiche s.p.a. d’ora innanzi, SAISEB nei confronti di Autovie Venete s.p.a. e Anas s.p.a., intesa ad ottenere l’accertamento della conclusione del contratto di appalto relativo al lotto n. 29 del prolungamento dell’Autostrada – omissis , ha ritenuto sussistente la responsabilità precontrattuale della sola Autovie Venete s.p.a. e ha condannato quest’ultima al risarcimento dei danni subiti dalla SAISEB, liquidandoli, in via equitativa e all’attualità, in Euro 436.675,00. Con sentenza depositata il 6 maggio 2010, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello principale della SAISEB e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da Autovie Venete s.p.a., ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dalla società attrice. 2. La Corte territoriale ha rilevato a che la richiesta formulata dalla SAISEB, aggiudicataria dei lavori relativi al lotto n. 25, di affidamento a trattativa privata dei lotti successivi, ai sensi dell’art. 12 della I. n. 1 del 1978, era stata ritenuta accettabile , con lettera del 19 giugno 1991 da Autovie Venete s.p.a., la quale aveva precisato che l’affidamento, la relativa formulazione degli atti contrattuali e la successiva consegna dei lavori erano in ogni caso subordinati alla formale approvazione delle procedure di aggiudicazione, ai sensi dell’art. 12 della l. 1/78 da parte della Direzione Generale dell’ANAS b che con deliberazione del 10 settembre 1992 voto n. 1001 il consiglio di amministrazione dell’ANAS aveva approvato il progetto esecutivo anche del lotto n. 29, unitamente al relativo piano finanziario, a condizione che si procedesse all’affidamento dei lavori con licitazione privata, non essendo più applicabili le disposizioni di cui all’art. 12 della legge 3-1-78, n. 1 c che, con successivo decreto n. 150 del Direttore Generale dell’ANAS, sulla base dell’indicata deliberazione, aveva approvato, in linea tecnica, il progetto esecutivo relativo alla realizzazione di entrambi i lotti stradali, con riserva di stabilire, con ulteriore decreto, le modalità di affidamento dell’opera, i tempi necessari per la realizzazione della medesima e per le relative procedure espropriative d che la determina del 18 novembre 1995, con la quale l‘ANAS, sulla scorta del parere favorevole espresso dalla Commissione istituita ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 440 rectius 400 del 1995 all’affidamento dei lavori relativi al lotto n. 29 alla SAISEB, aveva disposto di riavviare la procedura di affidamento a trattativa privata non equivaleva alla necessaria approvazione dell’ANAS, dal momento che perseguiva finalità procedimentali affatto diverse e che il d.l. n. 400 del 1995 era decaduto e che, in definitiva, non si era mai pervenuti alla stipulazione del contratto tra la concessionaria Autovie Venete s.p.a. e la SAISEB f che, nel quadro della responsabilità precontrattuale della concessionaria, per avere ingenerato nella SAISEB il ragionevole affidamento dell’attribuzione dei lavori a trattativa privata, in presenza di tutte le condizioni richieste dalla legge, doveva, tuttavia, escludersi che fosse stata dimostrata l’esistenza di un danno risarcibile g che, in particolare, andava esclusa l’invocata risarcibilità degli utili, in quanto, in tema di responsabilità precontrattuale, il pregiudizio rilevante è circoscritto all’interesse negativo h che, inoltre, la determinazione dei costi di mantenimento del cantiere dal 30 giugno 1992 al 31 ottobre 1994, anche a prescindere dal rilievo che la SAISEB già dal 19 giugno 1991 era al corrente del fatto che la conclusione del contratto era subordinata all’approvazione dell’ANAS, era sorretta da un mero prospetto e da una richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, inidonea a sollevare l’istante dall’onere di dimostrare i fatti costitutivi della sua pretesa i che, in conseguenza, non ricorrendo il presupposto dell’impossibilità o dell’oggettiva difficoltà di dimostrazione, era precluso il ricorso al criterio equitativo di cui all’art. 1226 cod. civ 3. Avverso tale sentenza, la SAISEB propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resistono con controricorso l’ANAS s.p.a. e Autovie Venete s.p.a., che propone anche ricorso incidentale condizionato. La SAISEB ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. I primi due motivi di ricorso, per la loro connessione logica, sono esaminabili congiuntamente. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge per errata qualificazione dei fatti con riferimento agli artt. 1321, 1326, 1353, 1359 cod. civ. , rilevando a che la lettera del 19 giugno 1981 di Autovie Venete s.p.a., lungi dall’esprimere, secondo l’apprezzamento della Corte territoriale, una mera valutazione della proposta della SAISEB, si era tradotta nella manifestazione della volontà condizionale, sia pur subordinata all’approvazione dell’ANAS b che la stessa Corte territoriale aveva riconosciuto che la società concessionaria avrebbe potuto procedere, con piena autonomia e responsabilità, come sostituto della P.A., all’affidamento dei lavori a trattativa privata, anche in forza dell’art. 9 del d.lgs. 406 del 1991 c che, del resto, la stessa Autovie Venete s.p.a. aveva, con lettera del 5 agosto 1991, provveduto ad interpretare il significato della propria lettera del 19 giugno 1991 d che, peraltro, a seguito del parere espresso dalla Commissione istituita ai sensi dell’art. 6 del d.l. 468 del 1994, la Direzione generale dell’ANAS, con determinazione del 18 novembre 1995, aveva incaricato gli organi competenti dell’ANAS di riavviare secondo le modalità indicate nella proposta stessa le procedure per l’affidamento e l’esecuzione all’Impresa S.A.I.S.E.B. Società p. Az. Italiana Strade Edilizia Bonifiche, dei lavori relativi al lotto n. 29 e che, in definitiva, era intervenuto anche l’assenso dell’ANAS, destinato a manifestarsi non nelle forme dell’autorizzazione amministrativa, ma come adesione nelle forme privatistiche. Con il secondo motivo si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, valorizzando gli stessi profili fattuali esaminati con il primo motivo. Le doglianze sono infondate. Invero, i contratti conclusi dalla P.A., richiedendo la forma scritta ad substantiam , devono essere consacrati in un unico documento, salvo che la legge ne autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell’ipotesi eccezionale, prevista dall’art. 17 del r.d. n. 2240 del 1923, di contratti conclusi con ditte commerciali, sicché, nel caso di appalto di opere pubbliche, per il quale sono necessari accordi specifici e complessi, va escluso ove si eccettui la limitatissima ipotesi di modificazione della base contrattuale propria dell’appalto in variante, per cui è sufficiente il rispetto delle condizioni previste dall’art. 342 della I. n. 2248, all. F del 1865, ossia l’ordine del direttore dei lavori e l’approvazione dell’ente pubblico che il consenso possa formarsi tramite scritti successivi atteggiantisi come proposta ed accettazione fra assenti, atteso che, per opere con rilevanti corrispettivi e spese a carico delle casse pubbliche, occorre avere certezza dell’esatta consistenza ed articolazione dei lavori, nonché delle risorse stanziate per il loro pagamento, con forme e tempi precisamente stabiliti. Cass. 22 dicembre 2015, n. 25798 . 2. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge, per avere la Corte territoriale valorizzato la mancata conversione del d.l. n. 468 del 1994, senza considerare che, ai sensi dell’art. 2, comma 61, della l. n. 662 del 1996, il legislatore aveva fatto salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto medesimo. Da tale premessa discende, secondo il ricorrente, che il giudice di merito avrebbe dovuto tener conto del fatto che, ai sensi dell’art. 6, comma 6 rectius 7 , del citato D.L., in caso di valutazione positiva, la procedura di affidamento o di esecuzione deve essere ripresa e portata a conclusione, con la conseguenza che, in caso di inadempimento, il risarcimento del danno non deve essere circoscritto all’interesse negativo. Il motivo è infondato. Il comma 7 dell’art. 6 appena cit. dispone che, qualora la valutazione si concluda con esito positivo, la procedura di affidamento o di esecuzione deve essere ripresa e portata a conclusione, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato. Ora, rilevato che, qualunque interpretazione si intenda fornire di tale previsione, essa non determina il perfezionarsi del vincolo contrattuale, secondo l’auspicio formulato dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., si osserva che il significato della procedura in esame va ricostruito alla luce del contenuto degli accertamenti demandati dal comma 3 dello stesso art. 6 al Ministro e, più precisamente, alla Commissione da lui nominata ai sensi del comma 3. In particolare, il comma 2 dell’art. 6 chiarisce che la valutazione ha per oggetto il perdurare dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera e la congruità degli aspetti economici dell’affidamento e dell’esecuzione dei lavori, con la conseguenza che essa non assume alcun valore vincolante quanto alla giuridica necessità di concludere il contratto, ove, come nella specie, vengano ravvisate ragioni ostative al perfezionamento della trattativa privata. In effetti, la valorizzazione del venir meno del fondamento giuridico rappresentato dalla L. n. 1 del 1978 riposa, nel caso di specie, sulla sopravvenienza dell’art. 9 del d.lgs. n. 406 del 1991, che, nel dare attuazione alla direttiva n. 89/440/CEE in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, aveva dettato una disciplina più rigorosa di accesso alla trattativa privata, idonea a confinarla nei termini dell’assoluta eccezionalità. Da tali premesse discende l’infondatezza della tesi che pretenderebbe di trarre dalla positiva valutazione della Commissione ministeriale il sorgere di un obbligo alla conclusione del contratto. 3. Il quarto e il quinto motivo, per la loro stretta connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente. Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1226, 2727 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., rilevando che dai documenti acquisiti al giudizio, dalla qualità dei soggetti implicati nella vicenda nonché dal contegno negoziale e processuale delle parti emergeva con chiarezza che la SAISEB è un soggetto imprenditoriale, con la conseguenza che nel lungo periodo in cui era stato ingenerato il ragionevole affidamento nella conclusione del contratto, essa avrebbe potuto partecipare a gare nelle quali avrebbe potuto rendersi aggiudicataria di contratti. Conclude la ricorrente nel senso che ad essa spettano le spese sostenute nel corso delle trattative che siano in rapporto di collegamento con l’affidamento ingenerato, ossia le spese per il mantenimento dei macchinari e delle attrezzature in loco, nonché il ristoro del pregiudizio da perdita di chance per la mancata o ridotta partecipazione ad altre gare. Con il quinto motivo, in relazione alle medesime circostanze, si lamenta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Le doglianze sono inammissibili, in quanto si traducono in, peraltro generiche, deduzioni che non affrontano in modo specifico il tema delle ragioni che avrebbero reso impossibile o estremamente difficile la prova del pregiudizio sofferto, ossia, in altre parole, non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata. 4. In conseguenza del rigetto del ricorso principale, resta assorbito il ricorso incidentale condizionato. 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, per ciascuna delle parti resistenti, in Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie e accessori di legge.