Necessaria la forma scritta per la rinuncia alla clausola risolutiva presente in un contratto preliminare di compravendita

Ove in un contratto preliminare di compravendita sia stata prevista una clausola risolutiva con cui si subordini l’efficacia del contratto al verificarsi dell’evento ivi contemplato, ed ove le parti intendano rinunciare ai suoi effetti, tale pattuizione deve validamente essere adottata mediante forma scritta poiché trattasi di modifica contrattuale implicante una rilevante alterazione rispetto al precedente negozio.

La seconda sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 22662, depositata il 5 novembre 2015, si è occupata della risoluzione del contratto preliminare di compravendita per effetto del verificarsi della condizione risolutiva pattiziamente prevista. Il fatto. La promittente parte acquirente di un terreno conveniva in giudizio la promittente parte venditrice chiedendo la risoluzione del contratto preliminare con restituzione del doppio della caparra versata, al momento della stipula, nonché il pagamento del valore corrispondente alle migliorie apportate sul fondo. A sostegno delle proprie ragioni adduceva il venir meno della condizione, prevista all’interno del medesimo preliminare, secondo cui era garantito l’allontanamento della pista di motocross, esistente sul fondo del venditore, ad una distanza di almeno 100 metri dall’immobile. La convenuta si opponeva alla richiesta formulando altresì domanda riconvenzionale con cui chiedeva il trattenimento definitivo della caparra, per essersi la venditrice rifiutata, senza motivo, di stipulare il rogito. In primo grado la domanda attorea era rigettata mentre trovava accoglimento quella riconvenzionale. In appello la pronuncia veniva riformata mediante declaratoria di risoluzione del contratto, per mancato avveramento della condizione, e contestuale condanna alla restituzione del doppio della caparra oltre interessi legali. Avverso la sentenza proponevano ricorso per cassazione i soccombenti. La condizione risolutiva prevista nel preliminare ed il raggiungimento della prova nel giudizio di merito. Dei motivi proposti desta particolare attenzione quello relativo ai sollevati vizi di violazione e falsa applicazione degli articoli 1353 e 2607 c.c La Corte di Cassazione, nel respingere il motivo di gravame, evidenziava il coerente utilizzo dello strumento probatorio da parte dei giudici del merito che avevano accertato la permanenza della pista, di cui alla condizione contrattuale citata, ad una distanza inferiore a quella prevista nella clausola contrattuale. Evidenziavano altresì i Giudici di legittimità che il mancato avveramento della condizione fosse stato riconosciuto anche dalla promittente venditrice che, nel corso del giudizio, si era prodigata per dimostrare l’esistenza di un patto derogatorio della clausola risolutiva. La necessità della forma scritta per la modifica della condizione risolutiva. Proprio sulla presunta esistenza del citato patto derogatorio, che parte ricorrente pretendeva di provare oralmente, si fondava l’ulteriore motivo di ricorso meritevole di rilievo, pure esso respinto. Si tratta di quello concernente la modifica della condizione risolutiva del contratto preliminare che, a parere dei giudici di seconde cure, non poteva essere pattuita verbalmente, dovendo necessariamente rivestire la forma scritta ad substantiam . A tale riguardo i Giudici di nomofilachia evidenziavano che la pattuizione relativa alla rinuncia della clausola risolutiva, come contenuta nel preliminare, poiché in grado di incidere in modo significativo sull’assetto degli interessi delle parti, cristallizzati nel precedente negozio, doveva necessariamente essere adottata per atto scritto. Mancando tale previsione nel caso di specie, gli Ermellini rigettavano il motivo di ricorso. Gli interessi legali maturati sulla caparra vanno riconosciuti solo in presenza di una domanda di parte. Infine, ultimo interessante aspetto è quello concernente la condanna della promittente venditrice al pagamento degli interessi legali, pur in assenza di una specifica richiesta formulata in tal senso dalla promittente acquirente. I Giudici di legittimità accoglievano questo motivo di gravame ribadendo il principio, già affermato in precedenti occasioni Cass. Civ. 1087/2007 e Cass. Civ. 1913/2000 , secondo cui alla promittente acquirente che abbia versato la caparra confirmatoria gli interessi vengono riconosciuti solo su espressa domanda della parte.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 giugno – 5 novembre 2015, n. 22662 Presidente Piccialli – Relatore Oricchio Considerato in fatto Con atto di citazione del novembre 1993 F.S. , quale promittente acquirente, conveniva innanzi al Tribunale di Pisa T.G., promittente venditore di un terreno. L'attore chiedeva la condanna del convenuto al pagamento della somma di L. 73milioni comprensiva di migliorie e del doppio della caparra già versata alla stipula del contratto preliminare di vendita del terreno. In particolare l'attore deduceva che si era verificato il venir meno dell'elemento essenziale espressamente previsto dalla clausola n. 10 del medesimo preliminare, con la quale veniva garantito l'allontanamento ad almeno 100 metri dal fabbricato della pista di motocross , che insisteva sul suolo del promittente venditore. Parte convenuta si opponeva all'avversa domanda attorea deducendo, fra l'altro, ingiustificato rifiuto del F. a presentarsi innanzi al notaio per la stipula del rogito e, in via riconvenzionale, chiedeva la declaratoria di risoluzione del contratto de quo per inadempimento della controparte e, quindi, del diritto al definitivo incameramento della caparra. Con sentenza del 6 febbraio 2006 il Tribunale di prima istanza rigettava la domanda attorea ed accoglieva la riconvenzionale condannando l'attore al pagamento delle spese processuali. Avverso la suddetta sentenza interponeva appello il F Resistevano all'impugnazione gli eredi dell'originario convenuto, nelle more deceduto, ovvero T.D. e B L'adita Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1128/2009, in totale riforma dell'impugnata decisione dichiarava risolto il contratto per cui è causa per mancato avveramento della condizione e, in applicazione del disposto della clausola n. 10 dello stesso, condannava gli eredi T.D. e B. , in solido, a pagare al F. la somma di L. 60 milioni, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese di lite del doppio grado del giudizio. Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorrono T.D. e B. con atto affidato a cinque ordini di motivi. Resiste con controricorso il F Ritenuto in diritto 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1353 e 2607 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. circa un punto decisivo della controversia prospettato nella difesa dei T. ed inerente l'onere probatorio relativo all'avveramento della condizione di cui alla clausola contrattuale spostamento della pista . Il motivo è assistito dalla formulazione, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., di quesito. La censura all'impugnata sentenza mossa, ai sensi del n. 3 dell'art. 360 c.p.c., con il motivo qui in esame si sostanzia in pratica nella denuncia di una eventuale carenza motivazionale. Senonché più di una ragione osta all'accoglimento della prospettata censura. Oltre all'incongnienza della norma invocata rispetto alla sostanza della censura denunciata deve rilevarsi che la pretesa violazione di legge, prospettata unitamente alla falsa applicazione pure oggetto di denuncia, non è rinvenibile nella gravata decisione. Con quest'ultima la Corte distrettuale, facendo buon governo delle norme di legge e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie, ha correttamente valutato ed applicato nella concreta ipotesi la legge. In particolare non risultano affatto violati i principi regolatori dell'onere probatorio inerente la dimostrazione del mancato avveramento della condizione di cui alla clausola risolutiva contrattuale ovvero del già accennato spostamento della pista. Più specificamente deve evidenziarsi che agli atti risulta comprovata, con adeguata valutazione in merito, la permanenza della suddetta pista a distanza inferiore mt 56,79 rispetto a quella mt. 100 dal fabbricato di cui al contratto. In breve, poi, va rammentato che la stessa parte oggi deducente il preteso vizio in esame ha addirittura, nel corso del giudizio, essa stessa riconosciuto la succitata minore distanza facendone oggetto di una prova testimoniale tesa all'affermazione di un intervenuto accordo derogatorio sulla distanza a suo tempo posta come condizione risolutiva. Non si riesce, dunque, ad intravedere vizio alcuno e,pertanto, il motivo -in quanto infondato - va rigettato. 2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. circa un punto decisivo della controversia ovvero i motivi per cui è provato il mancato avveramento della condizione spostamento pista . Il motivo è corredato dalla formulazione di quesito. Con il motivo stesso si ripropone, nella sostanza, la medesima censura relativa all'avveramento della condizione, sia pure sotto il differente profilo della carenza motivazionale. Questa carenza, denunciata col motivo, non è assolutamente rinvenibile in quanto, per gli anzidetti e sottolineati aspetti di fatto già citati innanzi sub 1., la pista de qua era incontrovertibilmente posizionata a distanza inferiore a quella prevista nella condizione risolutiva. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato. 3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti deducono il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 1351 e 1353 c.c. ss. ih relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. circa un punto decisivo concernente il fatto che la modifica della condizione di cui all'art. 10 del contratto preliminare stipulato inter partes non poteva essere pattuita verbalmente ma doveva avere la forma scritta ad substantiam . La questione sollevata col motivo qui in esame appare, per certi versi, nuova rispetto a quanto risultante in atti ed quanto allegato dalla parte ricorrente con specifico riferimento all'onere ad essa incombente della puntuale e specifica indicazione della fase processuale in cui la questione proposta innanzi a questa Corte fu già prospettata con apposita domanda relativa alla validità dell'intervenuta pretesa modifica della clausola a mezzo di accordo verbale. In ogni caso la questione stessa deve risolversi nel senso che una eventuale intesta verbale inter partes per la modifica del contratto preliminare con rinuncia agli effetti della prevista clausola risolutiva comportava una modifica contrattuale con rilevante alterazione rispetto al precedente negozio che andava validamente adottata come non è stato nella fattispecie a mezzo di forma scritta. Il motivo in esame, in quanto infondato, va rigettato. 4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360, n. 5 c.p.c. circa un punto decisivo ovvero il fatto che la modifica della condizione di cui al suddetto art. 10 non avrebbe potuto essere pattuita verbalmente, ma avrebbe dovuto avere la forma scritta ad substantiam . Il motivo ripropone, sotto il profilo della carenza motivazionale, la medesima questione dell'intervenuto accordo modificato della clausola attinente lo spostamento della pista. Col motivo si tende, nella sostanza, ad una rivalutazione - sul punto - del merito della controversia. Senonché, giova qui rammentare, il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Cass. SS.UU. 11 giugno 1998, n. 5802 . E ciò, come in ipotesi, al fine di voler far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte Cass. civ., 26 marzo 2010, n. 7394 . Il motivo deve, dunque, essere rigettato. 5.- Con il quinto ed ultimo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 4 c.p.c. circa un punto decisivo e relativo alla condanna oltre che alla caparra doppia anche agli interessi legali. Più specificamente le odierne parti ricorrenti lamentano il fatto che, in mancanza di apposta domanda del F., sia stata disposta la condanna al pagamento in favore di quest'ultimo non solo della restituzione dell'importo della caparra a suo tempo pattuita, ma anche dei mai richiesti interessi. Il motivo è fondato e comporta, in punto, l'accoglimento del ricorso. In effetti l'odierna parte contro-ricorrente non risulta aver mai formulato apposita domanda volta all'ottenimento degli interessi sull'importo dovutole a titolo di restituzione della detta caparra. Tanto a maggior ragione alla luce del principio, qui ribadito, per cui al promittente acquirente che abbia versato caparra confirmatoria gli interessi sulla stessa possono essere attribuiti non automaticamente, ma solo su espressa domanda della parte Cass. civ., Sent. n.ri 1913/2000 e 1087/2007 . 6.- L'anzidetto accoglimento del solo quinto motivo del ricorso comporta, potendosi provvedere ai sensi dell'art. 384 c.p.c., la pronuncia, con la cassazione in punto dell'impugnata sentenza, nel merito e l'eliminazione della condanna al pagamento degli interessi sulla caparra già disposta. 7.- Le spese, atteso l'esito del presente giudizio, vanno compensate in regione di un quinto. Per la parte rimanente quattro quinti vanno addebitate ai ricorrenti. Tanto con riguardo sia al secondo grado del giudizio di merito che al presente giudizio. Viene confermata la liquidazione delle spese determinata dal Giudice di secondo grado. Per il presente giudizio le spese vengono liquidate così come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta i primi quattro motivi del ricorso, accoglie il quinto, cassa l'impugnata sentenza in relazione al solo motivo accolto e, pronunciando nel merito, elimina la condanna agli interessi, compensa per un quinto le spese dell'intero processo e condanna i ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente dei rimanenti quattro quinti delle spese, confermando per l'intero la liquidazione contenuta nella sentenza di secondo grado, e liquidando, quanto al presente giudizio la somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.