Dubbi sul numero delle stanze dell’immobile acquistato? Risolve la planimetria, purché sottoscritta ed allegata all’atto di compravendita

Per la validità di una compravendita immobiliare è necessario che l’oggetto sia determinato, ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto pertanto documentali e non estrinseci all’atto , dovendosi ravvisare il requisito della determinatezza o della determinabilità nella inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente conducenti al fine e idonei a non lasciare margini di dubbio sull’identità del suddetto immobile.

Con la sentenza n. 21352 del 9 ottobre 2014, la Corte di Cassazione conferma il proprio pregresso orientamento per il quale nei negozi solenni l’oggetto del contratto può anche essere determinato per relationem , purché sia con chiarezza individuato ad esempio, nel caso di specie, con la sottoscrizione della planimetria dell’immobile oggetto di compravendita . Il caso. La vicenda decisa dalla Cassazione con la sentenza in commento ha origine dall’azione avviata dall’acquirente di un immobile che, successivamente all’acquisto, scopre che l’alienante le ha venduto l’immobile privo di uno stanza, secondo quanto riportato nella planimetria presente presso gli uffici comunali. In primo grado la domanda viene accolta ma tale decisione è riformata in appello, sul rilievo che nel rogito la stanza oggetto di contestazione non era indicata e che, soprattutto, non era allegata all’atto notarile una planimetria aggiornata, ma solo richiamata una planimetria non aggiornata, visto che l’immobile aveva subito delle modifiche strutturali. La Cassazione conferma la decisione della Corte di appello, sostenendo che nei negozi solenni è possibile individuare l’oggetto del contratto per relationem , purché sia allegato e sottoscritto l’atto al quale il negozio solenne fa riferimento e, in questo caso, invece, la planimetria aggiornata, comprensiva della stanza rivendicata, non era stata allegata. Determinazione del contratto come e perché. L’oggetto del contratto – requisito essenziale ai sensi dell’art. 1325 c.c. - per il quale è necessaria la forma scritta può considerarsi determinabile, benché non indicato specificamente, solo se sia con certezza individuabile in base agli elementi prestabiliti dalle parti nello stesso atto scritto, senza necessità di fare ricorso al comportamento successivo delle parti nei negozi per i quali la forma scritta è richiesta a pena di nullità, si deve escludere la possibilità di applicazione, per la determinazione dell’oggetto del contratto, della regola ermeneutica stabilita dall’art. 1362, comma 2, c.c., che consente di tenere conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi successivo alla conclusione del contratto. Compravendita immobiliare e planimetria allegata. La planimetria allegata al contratto di vendita di un bene immobile e sottoscritta dalle parti con l’espressa indicazione di far parte del contenuto del contratto, ha non solo funzione descrittiva dell’oggetto del contratto ma - ove nella rappresentazione grafica di questo contenga l’indicazione delle misure relative - costituisce anche fonte di diritti ed obblighi per le parti, configurando una manifestazione di volontà contrattuale con riguardo alla sua concreta realizzazione, con la conseguenza che la violazione di alcuno dei limiti indicati nella detta planimetria rende inadempiente il contraente che l’ha commessa. L’oggetto nel preliminare di immobile. Quanto sopra illustrato per l’individuazione dell’oggetto del contratto di compravendita immobiliare può ben trovare applicazione nell’ambito del contratto preliminare ai fini della validità del contratto preliminare di compravendita immobiliare, infatti, è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il richiamo di elementi esterni, che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purché, appunto, l’intervenuta convergenza delle volontà sia comunque, anche aliunde o per relationem , logicamente ricostruibile. Intenzione delle parti e nullità del contratto. Con riferimento ai criteri ermeneutici dei negozi giuridici, nei contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiam , la ricerca della comune intenzione delle parti, effettuabile ove il senso letterale delle parole presenti un margine di equivocità, deve essere fatta, con riferimento agli elementi essenziali del contratto, soltanto attingendo alle manifestazioni di volontà contenute nel testo scritto, mentre – come visto sopra - non è consentito valutare il comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla stipulazione del contratto, in quanto non può spiegare rilevanza la formazione del consenso ove non sia stata incorporata nel documento scritto. Nullità del contratto ed onere della prova. Poiché i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la forma scritta ad substantiam sono nulli, e quindi giuridicamente irrilevanti, se non rivestono tale forma, la prova della esistenza e dei diritti che ne formano l’oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non può essere sostituita da altri mezzi probatori e neanche dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso, anche implicitamente, l’esistenza del diritto costituito con l’atto non esibito. Integrazione contrattuale anche per relationem? Quando i contraenti fanno riferimento alla disciplina fissata in un distinto documento al fine dell’integrazione della regolamentazione negoziale, le previsioni di quella disciplina si intendono conosciute e approvate per relationem , assumendo pertanto il valore di clausole concordate senza necessità di una specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 giugno – 9 ottobre 2014, n. 21352 Presidente Bucciante – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 25.5.2002 F.S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Como, C.R. ed i coniugi R.C. e P.V. esponendo di aver acquistato da questi ultimi, in data 5.9.1988, con contratto trascritto il 29.9.1988, un porzione di immobile sita in omissis , composta da un negozio con retrobottega, magazzino e servizi igienici dopo circa un decennio dalla data di acquisto, in occasione di alcuni lavori di ristrutturazione di detto immobile, esaminando la planimetria unita alla scheda presentato all'U.T.E., espressamente richiamata nell'atto di vendita, si era resa conto che i venditori non le avevano consegnato una parte dell'immobile relativa al vano adibito a servizio igienico aveva poi accertato che la R. divenuta nel frattempo unica proprietaria del bene aveva alienato a C.R. un appartamento adiacente a quello alienato ad essa attrice, attribuendole il diritto di uso esclusivo e perpetuo di tre ripostigli, uno dei quali, corrispondente alla porzione immobiliare ricavata tramite l'interposizione di un tavolato all'interno del vano W.C., riguardava detta omessa consegna. La F. chiedeva, quindi, che a fosse accertato il suo diritto di proprietà su detta porzione immobiliare non consegnata b che fosse, conseguentemente, dichiarata la nullità parziale del successivo contratto intercorso tra la C. e la R. in data 5.9.2009 per impossibilità dell'oggetto e/o carenza di causa c che la C. fosse condannata al rilascio della porzione immobiliare in contestazione nonché al pagamento di un'indennità per l'occupazione sine titulo. Si costituiva in giudizio solo C.R. , quale terzo acquirente di buona fede della porzione di immobile oggetto di causa, contestando la fondatezza delle domande avversarie e rilevando che esse non erano a lei opponibili in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento delle prime due domande formulate dall'attrice, chiedeva di essere garantita dalla sua dante causa, R.C. , con una riduzione del prezzo versato alla stessa, per la parziale evizione subita. Espletata C.T.U., con sentenza 22.11.2004 il Tribunale adito accoglieva la domanda, condannando la C. a restituire alla Pois il ripostiglio, meglio identificato nell'allegato B all'atto di compravendita 18.10.2000, intercorso tra R.C. e C.R. ed a pagare alla F. Euro 1.290,00, oltre interessi, a titolo di occupazione abusiva dell'immobile condannava R.C. al pagamento, in favore dell'attrice, di Euro 1.975,41 oltre interessi, a titolo di indennità per il mancato pagamento dell'immobile in questione dal 1988 al 2000 e P.V. a pagare all'attrice il 50% del valore locatizio annuale della porzione oggetto di causa, per il periodo dal settembre 1988 al luglio 1990, quantificato in Euro 198,72 in accoglimento delle domanda riconvenzionale di C.R. , condannava R.C. a corrispondere gli importi di Euro 8.220,00 ed Euro 1.290,00 oltre interessi legali e rifusione delle spese processuali sostenute da F.S. e C.R. . Quest'ultima proponeva appello cui resisteva solo la F. , contumaci P.V. e B.B.S.M.M. . Con sentenza depositata il 26.6.2008 la Corte d'Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda della F. e compensava fra le parti costituite le spese processuali del doppio grado di giudizio. Osservava la Corte territoriale che il contratto di compravendita intercorso fra la F. e R. P. non comprendeva il ripostiglio poi concesso in uso alla C. , non avendo alcun rilavo al riguardo le contrarie indicazione contenute nella planimetria non allegata all'atto di vendita del 5.9.1988 e dovendosi individuare le esatte dimensioni del bene compravenduto sulla base delle espressioni indicate nel rogito, laddove le parti dichiaravano di acquistare a corpo e non a misura e nella condizioni in cui l'immobile era stato visto e consegnato,ossia con il locale W.C. non comprensivo del ripostiglio in questione. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso F.S. formulando tre motivi. Resiste con controricorso e ricorso incidentale, illustrati da successiva memoria, C.R. . La ricorrente, a sua volta, ha proposto controricorso avverso il ricorso incidentale. Motivi della decisione La ricorrente principale deduce 1 violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte di appello ritenuto erroneamente ed in contrasto con la giurisprudenza della Corte di legittimità, che la determinazione per relationem dell'oggetto del contratto nei negozi formali, possa avvenire solo con riguardo a documenti allegati materialmente al negozio e che, in mancanza, assumano rilevanza le altre risultanze del contratto tale principio non era applicabile al caso di specie, essendo l'oggetto del contratto tra F. e R. P. già esattamente determinato sulla sola scorta del tenore letterale del relativo art. 1 ed essendo C.R. terzo estraneo rispetto al contratto medesimo. La censura si conclude con il quesito il principio che presiede alla determinazione per relationem dell'oggetto del contratto nei negozi per i quali il legislatore prevede la forma scritta ad substantiam fermo restando che il contenuto minimo del contratto deve essere in esso formalmente consacrato dai paciscenti impone solo che le parti ai fini della esatta determinazione dell'oggetto si riferiscano ad un dato exratestuale di natura formale certo e inequivocabilmente rintracciabile ex post, ma non necessariamente che questo dato di natura formale risulti materialmente allegato al contratto e firmato dalle parti 2 erronea applicazione delle norme relative all'interpretazione del contratto di vendita tra F. e R. P. ed alla sua opponibilità ai terzi, posto che le parti stesse nell'art. 1 del contratto stesso, al fine di rappresentarne l'oggetto nei suoi esatti limiti dimensionali , avevano fatto riferimento alla planimetria unita alla scheda presentata al medesimo U.T.E. in data 24.2.1986 e protocollata al n. 650/1 detto contratto era opponibile a C.R. in regione delle esatte risultanze della nota di trascrizione e non di quelle riferibili a planimetrie unite o meno al contratto. Sul punto viene formulato il seguente quesito il principio che presiede alla determinazione per relationem dell'oggetto del contratto nei negozi trova applicazione nei rapporti inter partes ma non in quelli erga omnes di opponibilità ai terzi, per i quali deve aversi riguardo esclusivamente alle indicazioni riportate nella nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio e i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo che, insieme con la nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari 3 contraddittorietà della motivazione, laddove la Corte di Appello aveva fondato la propria decisione sulla mancata allegazione e sottoscrizione della scheda catastale all'atto di vendita F. -R. P. , non considerando che a C.R. era opponibile solo quanto risultante dalla nota di trascrizione, nella quale veniva fatto riferimento alla scheda 650/1 come rappresentativa del bene compravenduto. Con il ricorso incidentale C.R. lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. la Corte di Appello, pur avendo totalmente rigettato la domanda formulata da F.S. , aveva dichiarato compensate le spese processuali del doppio grado di giudizio, motivando con la generica affermazione che la particolarità della questione costituisce giusto motivo per dichiarare compensate le spese , in violazione dell'art. 92, 2 co. c.p.c., che, ai fini della compensazione, richiede la soccombenza reciproca o altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione. Il ricorso principale è infondato. In ordine al primo motivo va ribadito che nei contratti in cui è richiesta la forma scritta ad substantiam , l'oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi riferimento ad elementi estranei ad esso. Ne consegue che ove le parti di una compravendita immobiliare abbiano fatto riferimento, per individuare il bene, ad una planimetria allegata all'atto, è necessario che essa non solo sia sottoscritta dai contraenti, ma sia anche espressamente indicata nel contratto come facente parte integrante del contenuto dello stesso Cass. n. 2900/89 n. 1165/2000 n. 5028/2007 . La Corte territoriale, con motivazione aderente a tali principi, ha affermato che la planimetria indicata era di molto antecedente al contratto e doveva ritenersi superata dalla modifica dello stato dei luoghi nel frattempo intervenuta, con suddivisione in due unità, e apertura di un separato accesso sulle scale, come accertato dal C.T.U., e, quindi, non essendo stata essa neanche allegata al contratto di vendita, non poteva essere ritenuta rappresentativa dello stato dei luoghi, esistente al momento della vendita, peraltro conosciuto dall'acquirente al momento della con conclusione del contratto . Sulla base di tale accertamento in fatto, sor-retto da congrua e corretta motivazione, come tale esulante dal sindacato di legittimità, ha quindi, escluso che il ripostiglio in questione fosse compreso nella vendita 5.9.1988. Il secondo motivo è anch'esso infondato, laddove si fa generico riferimento alle norme sulla interpretazione dei contratti ed è inammissibile, per la novità della questione, non sollevata in grado di appello, quanto alla dedotta opponibilità a C.R. dell'originario atto di vendita in regione delle risultanze della nota di trascrizione . La terza censura è inammissibile in quanto oltre a non indicare il fatto controverso relativo al vizio di motivazione, investe valutazioni di fatto riservate al giudice di merito. Il ricorso incidentale difetta del quesito di diritto ed è comunque infondato avendo il giudice di appello, nel riformare la sentenza di primo grado, compensato fra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio, tenendo conto dell'esito complessivo delle questioni trattate ed avuto riguardo, in particolare, alla particolarità della questione , oggetto del primo motivo di appello. La motivazione sul punto è, quindi, adeguatamente giustificatrice della relativa e non merita censura alcuna. In conclusione, deve rigettarsi il ricorso principale e dichiararsi inammissibile quello incidentale con condanna della ricorrente principale, prevalentemente soccombente, al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale dichiara inammissibile il ricorso incidentale condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.