Il termine di decadenza per opporre i vizi noti non decorre se non è stato trasferito il diritto

In tema di contratto preliminare, la consegna dell’immobile oggetto del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque quello di prescrizione, perché l’onere della tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del diritto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23162, depositata l’11 ottobre 2013. Il caso. Due coniugi avevano convenuto in giudizio la promittente venditrice di un immobile, chiedendo l’emissione di sentenza costitutiva che tenesse luogo del contratto di trasferimento non concluso in relazione all’immobile oggetto del preliminare di compravendita e altresì la condanna della convenuta al pagamento dell’importo necessario alla eliminazione dei vizi dell’immobile, da detrarsi dall’importo dovuto a saldo del prezzo. La Corte territoriale aveva dato atto della sussistenza di gravi vizi del tetto e della struttura in legno della parte superiore del fabbricato, con conseguenti infiltrazioni. I giudici di seconde cure avevano rilevato che tali vizi configuravano un inadempimento contrattuale da parte della promittente venditrice e che, trattandosi di un preliminare di compravendita di un appartamento, con consegna dell’immobile prima della stipula dell’atto definitivo e correlativo inizio del pagamento rateale del prezzo da parte dei promittenti acquirenti, costoro erano abilitati a opporre alla controparte l’eccezione di inadempimento, senza essere tenuti al rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta. Per la Cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente, sostenendo che la Corte di secondo grado avrebbe frainteso il contenuto della relazione tecnica nella quale il c.t.u. ha dato atto della impossibilità di stabilire se la situazione attuale dell’immobile corrispondesse a quella esistente al momento della stipula del preliminare. L’immobile si trovava già in precarie condizioni. Per la Suprema Corte il motivo è infondato, in quanto i giudici distrettuali hanno fornito adeguato conto delle ragioni per le quali hanno individuato nella promissaria acquirente la parte inadempiente e hanno escluso, invece, ogni profilo di colpa a carico dei promissari acquirenti. Gli Ermellini hanno evidenziato che, in appello, con considerazioni ragionevoli e convincenti, era stato rilevato che i coniugi avevano abitato nell’immobile solo per due mesi, escludendo, così, che le condizioni del tetto e della struttura in legno potessero essere addebitate agli stessi, o ai temporali ricordati dalla ricorrente. Di qui, la conclusione, logica e coerente, secondo cui i predetti manufatti si trovavano in quello stato già all’epoca della stipulazione del contratto . Infatti, a conforto del proprio convincimento, la Corte del gravame aveva richiamato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, da cui era emerso che l’immobile si trovava in precarie condizioni già all’epoca in cui i coniugi avevano preso possesso dello stesso. Con un secondo motivo, la ricorrente ha denunciato violazione di legge in relazione all’affermazione secondo cui i promittenti acquirenti potevano opporre l’eccezione di inadempimento a causa dei vizi dell’immobile, senza essere tenuti alla relativa denuncia nel termine di cui all’art. 1495 c.c. Anche questa doglianza, per Piazza Cavour, è priva di fondamento. Denuncia dei vizi della cosa venduta. Il S.C., a tal riguardo, ha confermato che, nell’ipotesi di contratto preliminare di vendita di un appartamento con consegna dello stesso prima della stipula dell’atto definitivo, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente, senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta, a opporre l’exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita altresì a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest’ultimo a eliminare a proprie spese i vizi della cosa. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 luglio 11 ottobre 2013, n. 23162 Presidente Piccialli – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 19-6-1998 T.L. e B.E. convenivano dinanzi al Tribunale di Verona P.P. , chiedendo, ai sensi dell'art. 2932 c.c., l'emissione di sentenza costitutiva che tenesse luogo del contratto di trasferimento non concluso in relazione all'immobile di proprietà della convenuta sito in omissis , oggetto del preliminare di compravendita stipulato il 23-12-1997. Gli attori chiedevano altresì la condanna della promittente venditrice al pagamento dell'importo necessario alla eliminazione dei vizi dell'immobile, da detrarsi dall'importo dovuto a saldo del prezzo. Con atto notificato il 16-7-1998 P.P. conveniva a sua volta dinanzi al Tribunale di Verona T.L. e B.E. , per ottenere la risoluzione del menzionato contratto preliminare di compravendita del 23-12-1997, per colpa dei convenuti. A seguito della riunione delle due cause, con sentenza in data 10-12-2003 il Tribunale adito dichiarava risolto per colpa dei promittenti acquirenti il contratto preliminare, per essersi i medesimi ingiustificatamente rifiutati di stipulare il rogito di vendita, nonostante l'idoneità dell'immobile e l'assenza di vizi redibitori, peraltro nemmeno tempestivamente denunciati. Il giudice di primo grado condannava, inoltre, il T. e la B. al risarcimento dei danni in favore della P. . Avverso la predetta decisione proponevano appello principale T.L. e B.E. e appello incidentale P.P. . Con sentenza in data 18-6-2007 la Corte di Appello di Venezia, in accoglimento del gravame principale, rigettava le domande proposte dalla P. e, accertato che i consorti T. e B. avevano legittimamente esercitato la facoltà di recesso dal contratto preliminare del 23-12-1997, condannava l'appellata al pagamento della somma di Euro 30.987,41, pari al doppio della caparra versata, oltre agli interessi legali in accoglimento dell'appello incidentale, ordinava al T. e alla B. di procedere alla cancellazione della trascrizione dell'atto di citazione del 18-6-1998. La Corte territoriale, in particolare, dava atto della sussistenza di gravi vizi del tetto e della struttura in legno della parte superiore del fabbricato, con conseguenti infiltrazioni anche nella porzione di fabbricato inferiore in muratura. Rilevava che tali vizi configuravano un inadempimento contrattuale da parte della promittente venditrice e che, trattandosi di un preliminare di compravendita di un appartamento, con consegna dell'immobile prima della stipula dell'atto definitivo e correlativo inizio del pagamento rateale del prezzo da parte dei promittenti acquirenti, costoro erano abilitati ad opporre alla controparte l'eccezione di inadempimento, senza essere tenuti al rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso P.P. , sulla base di due motivi. T.L. e B.E. hanno resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 I controricorrenti hanno eccepito in limine l'inesistenza della notifica del ricorso per cassazione, in quanto non eseguita presso il domicilio eletto in Venezia, ma presso il domicilio di Verona del codifensore di secondo grado. Da tanto conseguirebbe, secondo i resistenti, l'inammissibilità del ricorso. L'eccezione è infondata. Secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, la notificazione dell'impugnazione è inesistente quando avviene in un luogo e nei confronti di una persona che non presentino alcun collegamento col destinatario dell'atto, mentre è affetta da nullità sanabile quando un tale collegamento è invece ravvisabile Cass. 18-4-2000 n. 5011 Cass. 27-7-2001 n. 10278 Cass. 28-7-2003 n. 11623 Cass. 11-6-2004 n. 11175 Cass. 4-4-2006 n. 17818 . In particolare, la notifica del ricorso per cassazione al coodifensore costituito, privo della qualità di domiciliatario della medesima per il giudizio di appello, deve ritenersi nulla e non inesistente, poiché il professionista presso cui l'atto risulta effettuato è pur sempre un difensore costituito del destinatario, con la conseguenza che tale nullità è senz'altro sanata ove quest'ultimo si costituisca in giudizio Cass. 8-3-1999 n. 1944 Cass. 20-1-2006 n. 1108 Cass. 6-10-2010 n. 20731 . Nella specie, pertanto, esistendo un collegamento tra il professionista presso il quale l'atto è stato notificato e la resistente, non ricorre una ipotesi di inesistenza della notificazione, ma di semplice nullità , sanata dalla avvenuta costituzione in giudizio della P. . 2 Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine al ritenuto inadempimento della P. Nel premettere che, nel sottoscrivere il preliminare, i promittenti acquirenti hanno dichiarato di accettare il trasferimento del compendio immobiliare nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, rileva, in particolare a che dalla deposizione dell'agente della Tecnocasa risulta che i promittenti acquirenti erano stati informati che il box auto era abusivo e sarebbe stato demolito b che alla data del 1-6-1998 si sarebbe potuto procedere alla stipula del rogito, essendo stata consegnata al notaio la documentazione comprovante la correzione della errata trascrizione dei mappali e la cancellazione del box in lamiera c che la Corte di Appello ha frainteso il contenuto della relazione tecnica, nella quale il C.T.U. ha dato atto della impossibilità di stabilire se la situazione attuale dell'immobile corrispondesse a quella esistente al momento della stipula del preliminare. Il motivo è infondato. La Corte di Appello ha fornito adeguato conto delle ragioni per le quali ha individuato nella promissaria acquirente la parte inadempiente ed ha escluso, invece, ogni profilo di colpa a carico dei promissari acquirenti. Il percorso argomentativo si snoda attraverso passaggi congruenti, con i quali, all'esito di una compiuta analisi delle risultanze istruttorie, è stato evidenziato, in particolare che inizialmente la stipula del rogito fu rinviata dal notaio a causa delle gravi irregolarità catastali riscontrate e dell'esistenza di un'autorimessa abusiva che alle successive date del 26-5-1998 e del 1-6-1998 i promittenti acquirenti non si presentarono non perché non avevano più intenzione di concludere l'affare, ma perché avevano riscontrato dei difetti dell'immobile e intendevano ottenere una riduzione del prezzo che l'assenza degli odierni resistenti al successivo appuntamento del 29-6-1998 era giustificata, essendo già stato instaurato il procedimento ex art. 2932 c.c. dinanzi al Tribunale di Verona che dalle indagini tecniche espletate in corso di causa è emerso che la porzione di fabbricato superiore realizzato con pareti e tetto in legno si trovava in completo stato di abbandono, con condizioni di grave degrado sia a livello dei rivestimenti esterni che interni, con il materiale coibetante costituito da lana di vetro totalmente degradata almeno per le parti esposte, e con il manto di copertura inadeguato ad evitare infiltrazioni. Con considerazioni ragionevoli e convincenti la Corte territoriale, nel rilevare che i coniugi T. avevano abitato nell'immobile dal 3-4-1998 al 7-6-1998, ovvero solo per due mesi, ha escluso che le condizioni del tetto e della struttura in legno potessero essere addebitate agli stessi, o ai temporali ricordati dalla P. . Di qui la conclusione, logica e coerente, secondo cui i predetti manufatti si trovavano in quello stato già all'epoca della stipulazione del contratto nonché l'ulteriore rilievo secondo cui i T. avevano potuto avvedersi delle condizioni del tetto solo quando erano entrati nell'appartamento per abitarvi e avevano riscontrato, dopo le prime piogge, che l'acqua penetrava all'interno della copertura. A conforto del proprio convincimento, il giudice del gravame ha richiamato le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, da cui è emerso che l'immobile si trovava in precarie condizioni già all'epoca in cui i coniugi T. avevano preso possesso dello stesso, nonché le dichiarazioni rese dal teste Be.Ma. , il quale ha riferito di essere andato più volte a trovare i T. , di cui era amico, e di avere constatato l'esistenza dei detti inconvenienti. Non sussistono, pertanto, i vizi denunciati dalla ricorrente, dovendosi piuttosto osservare che quest'ultima, con il motivo in esame, propone sostanziali censure di merito, che mirano ad ottenere una diversa e più favorevole valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella compiuta dal giudice territoriale. In tal modo, peraltro, viene sollecitato a questa Corte l'esercizio di un potere di cognizione esulante dai limiti del sindacato ad essa istituzionalmente riservato. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, i vizi di motivazione denunciabili in cassazione non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova Cass. 28-7-2008 n. 20518 Cass. 11-11-2005 n. 22901 Cass. 12-8-2004 n. 15693 Cass. 7-8-2003 n. 11936 . 3 Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1491 e 1495 c.c., in relazione all'affermazione secondo cui i promittenti acquirenti potevano opporre l'eccezione di inadempimento a causa dei vizi dell'immobile, senza essere tenuti alla relativa denuncia nel termine di cui all'art. 1495 c.c. Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame. Nell'ambito di un contratto di compravendita cui non sia seguita la stipulazione del definitivo, potevano i promittenti compratori coniugi T. opporre legittimamente l'eccezione di inadempimento senza l'osservanza del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c Invero, non avrebbe dovuto la Corte di Appello sul presupposto che la P. mai ha convenuto i T. perché aderissero alla stipulazione del definitivo e pagassero contestualmente il saldo ritenere gli stessi decaduti dal diritto alla garanzia della cosa e quindi applicare l'art. 1495 c.c. che, al contrario, non ha applicato nel caso di specie? Il motivo è privo di fondamento. Questa Corte ha più volte avuto modo di affermare che, in tema di contratto preliminare, la consegna dell'immobile oggetto del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque quello di prescrizione, perché l'onere della tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del diritto v. Cass. 26-5-2004 n. 10148 Cass. 15-2-2007 n. 3383, Cass. 14-1-2010 n. 477 . Ne consegue che nell'ipotesi, ricorrente nel caso in esame, di contratto preliminare di vendita di un appartamento con consegna dello stesso prima della stipula dell'atto definitivo, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente, senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta, ad opporre l’exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore, che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita altresì a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa Cass. 31-7-2006 n. 17304 Cass. 20-5-1997 n. 4459 . 3 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.