Freni ko, o no? Concessionaria ‘silente’, ma l’acquirente deve approfondire...

Rimessa in discussione la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo a favore dell’automobilista. Nessun dubbio sulla condotta poco corretta della venditrice, ma l’acquirente avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione alla vettura e verificare le caratteristiche della stessa.

Occhi aperti! E niente spazio per ipotesi, deduzioni, costruzioni mentali. Perché o il vizio dell’automobile appena comprata è concreto, oppure è impensabile addebitare alla concessionaria venditrice – seppur non proprio ‘candida’ nella condotta tenuta nei confronti del compratore – la risoluzione del contratto Cassazione, sentenza n. 10054/2013, Sezione Seconda Civile, depositata oggi . Difettata. Casus belli è l’acquisto, poco felice, portato a termine da un automobilista, che porta a casa una Volkswagen nuova di zecca – pagata quasi 30milioni di vecchie lire –, ma scopre gravi vizi all’impianto frenante . Pronta la corsa alla sede della concessionaria che effettua due controlli in garanzia e dichiara la insussistenza dei malfunzionamenti . Questione chiusa? Assolutamente no. Perché l’automobilista tiene ferma la vettura, anche per ragioni di sicurezza, e, perciò, invoca la risoluzione del contratto . Richiesta plausibile? Dipende Difatti, in primo grado, la risoluzione viene negata, ma, allo stesso tempo, si ritiene contraria alla buona fede la condotta tenuta dalla concessionaria, che non aveva comunicato, dopo l’ultima revisione, di aver sostituito parti importanti del sistema frenante , così inducendo l’automobilista ad iniziare il giudizio ciò comporta che il deprezzamento dell’automobile , pari a quasi 8mila euro, è da addebitare, secondo i giudici, alla concessionaria. Epperò, in secondo grado, la posizione della concessionaria si aggrava ulteriormente secondo i giudici, difatti, è grave, e contrario alla buona fede contrattuale , il fatto che la venditrice abbia taciuto all’automobilista l’effettuata riparazione , così facendo permanere nel cliente la fallace convinzione della perdurante esistenza del vizio e inducendolo ad iniziare il giudizio e ad astenersi dall’uso dell’automobile, stante la pericolosità della guida . Consequenziale è, in Appello, l’accoglimento delle istanze del compratore così, viene dichiarato risolto il contratto e la concessionaria è condannata alla restituzione del prezzo . Superficiale. Però tale ottica è da mettere seriamente in discussione. A sancirlo i giudici della Cassazione, che accolgono il ricorso proposto dalla concessionaria e fondato sulla considerazione che il deprezzamento della vettura non poteva dirsi causato dai vizi dell’automobile , bensì dalla convinzione della persistenza del vizio, convinzione connessa alla ignoranza, non incolpevole, dell’acquirente . Ebbene, queste osservazioni vengono ritenute fondate dai giudici del Palazzaccio, i quali ricordano che il difetto funzionale, posto a base della pronunzia di risoluzione, deve essere oggettivo e sussistere al momento della proposizione della domanda . Perciò, in questa vicenda, la situazione di apparenza in ordine alla persistenza del difetto , seppur originata dalla condotta contraria alla correttezza commerciale della venditrice , non può essere posta a base di una pronunzia di risoluzione , a maggior ragione se non è stato neanche valutato l’ atteggiamento non diligente dell’acquirente, consistito nel non verificare le condizioni di inutilizzabilità della vettura, rimasta nella sua disponibilità, prima di iniziare il giudizio . Evidentemente, si tratta di una lacuna che va senza dubbio colmata per questo, la questione viene affidata nuovamente alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 marzo – 24 aprile 2013, n. 10054 Presidente Oddo – Relatore Bianchini Svolgimento del processo H.L., con atto notificato il 14 marzo 2002, citò innanzi al Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Merano, la srl Motorunion, concessionaria di zona per la vendita di autoveicoli Volkswagen, esponendo di aver da essa acquistato per il prezzo di Lire 28.777.000, nel marzo 2001, un autoveicolo nuovo Volkswagen Polo TDI il quale aveva presentato gravi vizi all'impianto frenante la venditrice, dopo aver proceduto a due controlli in garanzia, aveva dichiarato la insussistenza dei malfunzionamenti stante la incidenza dei difetti sulla fruibilità stessa dei veicolo ed il tempo trascorso, chiese la risoluzione del contratto ed il pagamento delle spese. La convenuta resistette, opponendo che l'impianto frenante era stato completamente revisionato e che dunque il vizio lamentato non sussisteva più al momento della citazione svolse domanda riconvenzionale per il pagamento del noleggio della c.d. vettura di cortesia per il periodo eccedente quello negozialmente previsto per temporanea sostituzione della vettura in revisione citò in garanzia la importatrice dell'autoveicolo, la spa Autogerma, per esser dalla medesima garantita, in caso di accoglimento della domanda del L. La seconda società contrastò entrambe le domande. Fatta eseguire una consulenza tecnica - dalla quale risultò che, a seguito dell'ultimo intervento in garanzia del luglio 2001, il vizio era stato riparato - ed escussi i testi, l'adito Tribunale respinse la domanda di risoluzione ma, ritenne contraria alla buona fede la condotta, della convenuta, dal momento che non aveva comunicato, dopo l' ultima revisione, di aver sostituito parti importanti del sistema frenante, così inducendo l'attore ad iniziare il giudizio da ciò e dalla conseguente inattività del veicolo - rimasto fermo per tutto il tempo del procedimento di primo grado - giudicò che sarebbe derivato un deprezzamento dell'auto, che quantificò in via equitativa in euro 7.965,00, condannando la Motorunion al pagamento di tale somma, nonché alla rifusione delle spese che vennero liquidate in ulteriori 1.000,00 euro. Furono respinte la domanda riconvenzionale e quella subordinata di garanzia. Detta pronunzia venne impugnata in via principale dalla Motorunion ed in via incidentale dal L. - che insistette nella pronunzia di risoluzione - la Corte di Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, pronunziando sentenza n. 221/2006, accolse l'appello incidentale, dichiarando risolto in contratto e condannando la Motorunion alla restituzione del prezzo, in base alla considerazione che sarebbe stato contrario alla buona fede contrattuale il tacere al L. l’effettuata riparazione – dal momento che anche nella comparsa di risposta la convenuta aveva insistito per l’inesistenza del vizio, non precisando che essa derivava dall’avvenuto intervento sostitutivo – con ciò facendo permanere nel cliente la fallace convinzione della perdurante esistenza del vizio – che rivestiva rilevanza redibitoria - così da in indurlo ad iniziate il giudizio ed a proseguire nello stesso, nonché ad astenersi dall'uso dell'auto, stante la pericolosità della guida. La Corte del mento accolse altresì la domanda di pagamento di canoni di noleggio, pur se per un importo minore rispetto a quanto richiesto respinse infine la riproposta richiesta di manleva nei confronti della Autogerma. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Motorunion sulla base di un unico pur se articolato motivo ha risposto il L. con controricorso, contenente ricorso incidentale, sulla base di un motivo, attinente alla mancata regolazione delle spese del giudizio di primo grado. La Autogerma non ha svolto difese. Motivi della decisione I due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 cpc in quanto diretti contro una medesima sentenza. I –Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1490, 1492, 1512 e 1453 cod.civ. nonché la sussistenza di un vizio di motivazione - ritenuta contraddittoria o insufficiente - in ordine alla necessità che l'inadempimento presupposto della domanda di risoluzione, debba permanere sino al momento della proposizione della medesima deduce altresì la società ricorrente che sarebbe sfuggito alla Corte dei merito che il deprezzamento della vettura comprata dal L. non poteva dirsi causato dai vizi dell'auto quanto piuttosto della convinzione della persistenza dei medesimo e che, sotto diversa ma collegata prospettiva, l'ignoranza dell'acquirente circa la sussistenza dei vizio non poteva dirsi incolpevole e, di conseguenza, l'obiettivo deprezzamento dei bene per non uso non poteva dirsi causato direttamente ed univocamente dalla già eliminata pregressa esistenza dei difetto. I.a.- Il motivo è fondato in quanto il difetto funzionale dei sinallagma, posto a base della pronunzia di risoluzione, deve essere oggettivo e deve sussistere al momento della proposizione della domanda la situazione di apparenza in ordine alla persistenza del difetto, originata dalla condotta contraria alla correttezza commerciale della venditrice, non poteva dunque essere posta a base di una pronunzia di risoluzione, senza oltretutto nemmeno scrudnare se la stessa potesse essere accompagnata da un atteggiamento non diligente dell'acquirente consistito nel non verificare le attuali condizioni di inutilizzabilità della vettura - che pur sempre era rimasta nella sua disponibilità - prima di iniziare il giudizio. II - Il ricorso incidentale, relativo alla ripartizione delle spese del primo grado di giudizio, rimane -assorbito. III - La sentenza va dunque cassata in accoglimento del motivo sopra esposto la Corte di Appello di Trento, come giudice del rinvio, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi accoglie quello principale e dichiara assorbito quello incidentale cassa ín relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Trento, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità Così deciso in Roma il 6 marzo 2013, nella camera di consiglio deh 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione.