Firma la cambiale ma non ha i poteri di rappresentanza: la società può opporsi alla richiesta di pagamento

Requisiti per la valida assunzione di una obbligazione cambiaria in nome altrui sono, ai sensi dell’art. 11 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, non solo l’esistenza di una procura o di un potere ex lege, ma anche l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità, ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell’ente, con la conseguenza che a questo ultimo deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l’eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore.

Questo il principio espresso dalla Cassazione, con la pronuncia n. 10388 depositata il 21 giugno 2012, relativa alla opponibilità al terzo prenditore dell’assenza, da parte del sottoscrittore della cambiale, di poteri di rappresentanza della società tale da impegnarla giuridicamente nei confronti del prenditore stesso. I fatti di causa. La vicenda in esame ha origine da una serie di cambiali – per l’esattezza, 13 cambiali – apparentemente sottoscritte dal legale rappresentante di una società che, però, era stato nelle more revocato in forza di tale circostanza, la società si oppone al decreto ingiuntivo ottenuto dal prenditore delle cambiali, sostenendo la propria estraneità alle obbligazioni sopra descritte, delle quali è considerato responsabile, in prima persona, il sottoscrittore, ossia il legale rappresentante revocato. Respinta l’opposizione nel corso dei giudizi di merito, la stessa viene poi accolta dalla Corte di Cassazione, sul rilievo che i giudici dei precedenti gradi di giudizio non hanno effettivamente esaminato l’eccezione relativa all’assenza di un potere di spendita del nome del società da parte del legale rappresentante revocato e, di conseguenza, l’eventuale diretta responsabilità, in proprio, del medesimo. Cambiale e potere di rappresentanza le regole per l’imprenditore . Ai sensi dell’art. 12 del r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, la titolarità del potere di rappresentanza di una società o di ente comprende anche la facoltà di obbligarsi cambiariamente, a meno che l’atto costitutivo del potere di rappresentanza escluda tale possibilità, fermo restando che tale facoltà, se conferita, non è delegabile. In altri termini, gli amministratori di una società, qualora ne abbiano la rappresentanza, possono compiere tutti gli atti previsti dall’oggetto sociale e quindi anche la sottoscrizione di titoli cambiari. Le obbligazioni così assunte sono vincolanti per la società, che si assume il relativo obbligo, se la dichiarazione cambiaria individua con esattezza la società cui è riferita e che il firmatario, appunto, sia titolare dell’organo rappresentativo della società stessa sottoscrizione che può anche essere apposta come sigla. Non sussistendo l’obbligo di adottare particolari formule per l’enunciazione del potere di rappresentanza, nel caso di sottoscrizione di una cambiale in nome e per conto altrui, può essere utilizzata qualsiasi indicazione, purchè idonea ad evidenziare il detto vincolo, così da obbligare, quindi, il rappresentato ossia, la società , che è l’unico legittimato ad eccepire il difetto o l’eccesso di rappresentanza. Cambiale sottoscritta in assenza del potere di rappresentanza chi paga? La Corte di Cassazione afferma, al riguardo richiamando l’art. 11 della legge cambiaria r.d. 1669/1933 che nell’ipotesi di cambiale sottoscritta in difetto assoluto di procura o di eccesso rispetto ai limiti della procura stessa, colui che ha firmato è obbligato come se avesse sottoscritto in proprio. Tale previsione è radicalmente diversa da quella prevista dall’art. 1398 c.c. in tema di falsus procurator , posto che tale disposizione prevede che il falsus procurator risponda del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa sulla validità della procura responsabilità per il danno soltanto – con onere della prova a carico del terzo – ma senza che il falsus procurator diventi obbligato in proprio. Secondo un certo orientamento giurisprudenziale, peraltro, la disposizione dell’art. 11 testè menzionata, trova applicazione in tutti i casi in cui l’esistenza del rapporto di rappresentanza non risulti in modo chiaro ed esplicito dal tenore della cambiale. Analogamente a quanto previsto dall’art. 1399 c.c., è invece ritenuta ammissibile la ratifica da parte del rappresentato, sia che avvenga in forma esplicita, sia che venga attuata implicitamente, ossia sulla base di un comportamento inequivoco che dimostri l’intenzione di accettare le conseguenze giuridiche dell’operato del falsus procurator . Difetto o eccesso di rappresentanza al rappresentato l’eccezione. Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, soltanto il rappresentato – o meglio, lo pseudo rappresentato – è legittimato alla proposizione dell’eccezione del difetto di rappresentanza, non avendo altri interesse giuridicamente rilevante a sollevarla. Tale eccezione può essere opposta a qualsiasi portatore, avendo natura reale, purchè possa in qualche modo rilevarsi dal titolo stesso se invece non risulta rilevabile dal titolo, non può essere opposta ai prenditori in buona fede, non avendo questi l’onere di verificare l’effettiva sussistenza del rapporto fondamentale sottostante l’emissione della cambiale, ma soltanto di controllare la regolarità formale del titolo. Una volta sollevata l’eccezione in parola, spetterà al portatore della cambiale fornire la prova che il sottoscrittore del titolo era munito dei poteri rappresentativi previsti dalla legge e, ove non riesca, potrà comunque rivolgersi, per il pagamento di quanto indicato nel titolo, nei confronti dello pseudo rappresentante, ai sensi, appunto, dell’art. 11 della legge 1699/1933.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 maggio – 21 giugno 2012, numero 10388 Presidente Carnevale – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Imba Sud s.r.l. chiedeva ed otteneva dal Presidente del Tribunale di Salerno decreto ingiuntivo per la somma di lire 146 milioni, oltre interessi e spese della procedura, nei confronti della s.r.l. Raviele Legnami, sulla base di numero 15 pagherò cambiari, di cui 13 di lire 10 milioni ciascuno e 2 di 8 milioni ciascuno,scadenti dal 5/9 al 30/9/92, oltre le spese di protesto. Raviele Legnami proponeva opposizione ed in via riconvenzionale, chiedeva il risarcimento dei danni all'immagine. Si costituiva la convenuta opposta, e chiedeva il rigetto dell'opposizione. In corso di causa, veniva dichiarato il fallimento della Imba Sud s.r.l. si costituiva la Curatela, facendo proprie le conclusioni già rassegnate dalla società. Il Tribunale, con sentenza 14/4/2004, rigettava l'opposizione, e compensava tra le parti le spese. La Corte d'appello, con sentenza 17/7 - 18/9/2008, ha rigettato l'appello principale della Raviele Legnami e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale del Fallimento Imba Sud, ha compensato per la metà le spese del primo grado, condannando l'appellante al rimborso della restante frazione ha infine condannato detta parte al rimborso in favore dell'appellata Curatela delle spese del secondo grado di giudizio, come liquidate. La Corte del merito, nello specifico e per quanto qui interessa, ha rilevato che la prospettazione di falsità delle cambiali a firma A R. per falsità dei timbri, uno con indicazione della ragione sociale e l'altro con la dizione amministratore , pur ammissibile trattandosi di causa di vecchio rito, era infondata, non avendo la Raviele Legnami provato la dedotta falsità, che non risulta accertata in sede penale, risultando dalla sentenza penale che D R. , imputato di calunnia, è stato assolto, ma per ragioni diverse dalla falsità dei timbri e cioè per la mancata individuazione del soggetto incolpato, non individuabile , né al giudizio di falsità poteva pervenirsi sulla base del raffronto tra la grafica dei timbri delle cambiali a firma D R. e quella dei titoli a firma A R. . Pertanto, conclude la Corte d'appello, poiché le cambiali recano accanto alla sottoscrizione di A R. la ragione sociale della società e la qualità di amministratore del sottoscrittore, correttamente il Tribunale ha riferito l'obbligazione di pagamento alla società, e, stante l'astrattezza del titolo, la Raviele Legnami avrebbe dovuto provare la mancanza del rapporto sottostante, che invece non ha provato. Ricorre Raviele Legnami, sulla base di sei motivi. Si difende il Fallimento con controricorso ed avanza ricorso incidentale sulla base di un unico motivo. L'appellante ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 214, 215 e 216 c.p.c., dell'articolo 2697 c.c. e dei principi generali in tema di onere della prova. Secondo Raviele Legnami, Imba Sud non ha dimostrato l'autenticità dei timbri Raviele Legnami s.r.l. e Raviele Legnami s.r.l. amministratore sulle tredici cambiali da lire 10 milioni ciascuna, contestata dalla Raviele sia con l'atto d'appello che con l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo dal 1989, a R.A. è subentrato come amministratore il figlio Domenico ed Imba Sud, che sapeva di detta sostituzione, non ha dimostrato che R.A. fosse amministratore di fatto non la Raviele Legnami, ma il Fallimento Imba Sud deve ritenersi onerato della prova della falsità dei timbri. 1.2- Col secondo motivoy la Raviele Legnami denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, per non avere la sentenza impugnata individuato le ragioni per le quali ha concluso per l’autenticità dei timbri o comunque, per la riconducibilità degli stessi alla società,pur in presenza di espressa contestazione in ordine all'autenticità dei timbri, in difetto di ogni riscontro ed in presenza della prova della totale diversità dei timbri da quelli utilizzati dalla Raviele. 1.3.- Col terzo motivo, la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 11, 1.c, dell'articolo 2697 c.c., dei principi generali in tema di onere della prova, del principio di letteralità dell'obbligazione cartolare, nonché dei principi in tema di amministrazione di fatto di una società di capitali. L’articolo 11 del r.d. 1669/1933 stabilisce, in applicazione del principio di letteralità dell'obbligazione cartolare, che il rappresentante senza poteri di un terzo o di una società di capitali risponda in proprio dell'obbligazione cartolare assunta la Curatela non ha affatto provato che R.A. sia stato amministratore di fatto, anzi, tale assunto è smentito dal rilievo che le altre due cambiali, pure azionate da Imba Sud, sono tratte da R.D. , amministratore e legale rappresentante della Raviele Legnami s.r.l 1.4.- Col quarto motivoy la ricorrente principale si duole del vizio di omessa ed incongrua motivazione sulla indicazione del R.A. come amministratore di fatto, a fronte delle espresse contestazioni e della circostanza che le altre cambiali non contestate dalla Raviele sono state tratte da D R. , quale effettivo amministratore della società. 1.5.- Col quinto motivo, Raviele Legnami denuncia violazione e falsa applicazione dei principi in tema di obbligazioni cambiarie, in specie, degli articolo 1173 e 1174 c.c., 2697, 2721 e 2726 c.c. le cambiali in oggetto costituivano oggetto di uno sconto di favore , non corrispondevano ad un effettivo e reale rapporto obbligatorio, come è incontestato, e nessun obbligo restitutorio aveva il R.A. nei confronti di Imba Sud o altrimenti la società Raviele, nel caso di ritenuta autenticità dei timbri apposti sui titoli. 1.6.- Col sesto motivo la ricorrente principale si duole della omessa ed insufficiente motivazione per l'attribuzione di valore assorbente e decisivo alla astrattezza del titolo, pur nella consapevolezza della natura dei titoli di cambiali di favore. 2.1.- Con l'unico motivo del ricorso incidentale il Fallimento denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.c, per avere la Raviele dedotto inammissibilmente in secondo grado il fatto diverso della falsità dei timbri. 3.2.- Il primo ed il secondo motivo del ricorso principale sono inammissibili. Il quesito di diritto, formulato ex articolo 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis alla fattispecie, avuto riguardo alla data di pubblicazione della pronuncia impugnata in esito al primo motivo, non risponde ai principi affermati da questa Corte secondo i quali, il quesito di diritto deve comprendere sia l'indicazione della regula juris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo in relazione alla fattispecie così la pronuncia delle sezioni unite, 16092/2009, e conformi le precedenti 24339/2008, 19769/2008, e resa a sezioni unite, 6420/2008 altresì, come esposto tra le ultime nella pronuncia 11097/09 in senso conforme, la precedente sentenza 24578/2008 , deve concludersi per l'inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione che si concluda con la formulazione di un quesito di diritto in alcun modo riferibile alla fattispecie o che sia comunque assolutamente generico, dovendosi assimilare un quesito inconferente alla mancanza di quesito. Ciò posto, si deve rilevare che il quesito articolato a pag. 32, nel riferimento al disconoscimento dell'autenticità dei timbri recanti la ragione sociale di una società ed all'onere della prova della autenticità degli stessi, non tocca il punto di causa, che non attiene al profilo della falsità dei timbri, ma al profilo della legittimazione del R.A. a rappresentare la società e quindi ad assumere per essa l'obbligazione cartolare. Il quesito, riassuntivo del motivo, non da conto dell'effettiva regula iuris applicata dalla Corte di appello, ma neppure individua quale sia la regula di cui questa Corte dovrebbe fare applicazione al fine di pervenire alla cassazione della sentenza impugnata. Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto privo del momento di sintesi. Come affermato nella pronuncia 1747/2011, questa Corte regolatrice - alla stregua della stessa letterale formulazione dell'articolo 366 bis c.p.c. - è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall'articolo 360 c.p.c., numero 5 allorché, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità cfr., ad esempio, Cass., sez. unumero , 1 ottobre 2007, numero 20603 . Al riguardo, ancora, è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata. Conclusivamente, non può dubitarsi, che allorché nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l'onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'articolo 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all'illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso In termini, ad esempio, Cass. 7 aprile 2008, numero 8897, nonché cfr. Cass. 10 aprile 2010, numero 8555 Cass. 10 marzo 2010, numero 5794 . 3.3.- Il terzo motivo va accolto, per i rilievi di seguito esposti. L'articolo 11 del r.d. 1669/1933, così recita Chi appone la firma sulla cambiale quale rappresentante di una persona per la quale non ha il potere di agire, è obbligato cambiariamente come se avesse firmato in proprio e, se ha pagato, ha gli stessi diritti che avrebbe avuto il preteso rappresentato. La stessa disposizione si applica al rappresentante che abbia ecceduto i suoi poteri . Nell'interpretazione di detta norma, questa Corte si è espressa con la pronuncia 4763/1993, affermando che i requisiti per la valida assunzione di una obbligazione cambiaria in nome altrui sono, ai sensi dell'articolo 11 del R.D. 14 dicembre 1933 numero 1669, non solo l'esistenza di una procura o di un potere ex lege , ma anche l'apposizione della sottoscrizione con l'indicazione della qualità, ancorché senza l'uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l'avvenuta assunzione dell'obbligazione per conto di altri, come nel caso di collocazione della firma cambiaria sotto il timbro di una società, sufficiente a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell'ente, con la conseguenza che a questo ultimo deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l'eccezione, proponibile soltanto dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore. La Corte del merito non ha reso corretta applicazione della norma e del principio sopra espresso, riferendo tout court l'obbligazione cartolare alla società, pur in presenza della contestazione della società del potere rappresentativo in capo a R.A. , e senza valutare detta eccezione nel merito, alla stregua di quanto risultante dagli atti del processo. 3.4.- Il quarto motivo è inammissibile, per la carenza del momento di sintesi. 3.5.- Il quinto motivo è inammissibile, attesa la novità della prospettazione delle cambiali come titoli di favore, privi del rapporto sottostante tra favorito e favorente. Tale eccezione infatti,alla stregua della sentenza impugnata, non risulta sollevata e resa oggetto del giudizio di merito e della decisione per il principio, vedi le pronunce 12644/98 e, resa a sezioni unite, 16996/06 . 3.6.- Il sesto motivo è inammissibile, per la carenza del momento di sintesi. 4.1.- Il motivo del ricorso incidentale, siccome relativo alla deduzione di falsità dei timbri, in relazione alla quale sono stati ritenuti inammissibili i motivi del ricorso principale, è conseguentemente assorbito. 5.1.- Conclusivamente, dichiarati inammissibili i motivi primo, secondo, quarto, quinto e sesto del ricorso principale, assorbito l'incidentale, ed accolto il terzo motivo del ricorso principale, va cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio detta Corte valuterà gli atti di causa alla stregua del principio di diritto secondo il quale la collocazione della firma cambiaria sotto il timbro della società è idonea a rivelare la volontà del sottoscrittore di impegnarsi in rappresentanza dell'ente, con la conseguenza che a questi deve rivolgersi il beneficiario del titolo, salva l'eccezione proponibile dal rappresentato, del difetto o eccesso di rappresentanza del sottoscrittore, eccezione sollevata nella specie, sotto il profilo della carenza del potere rappresentativo, e che dovrà essere esaminata dal Giudice di rinvio nel merito, alla stregua degli atti di causa. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili gli altri motivi del ricorso principale, assorbito l'incidentale cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione.